venerdì 25 ottobre 2013

FRANCO CAMPEGIANI SU "ELLITTICHE STELLE"


Franco Campegiani

Sono le orbite che ci ruotano intorno o siamo noi che giriamo intorno a noi stessi?”. Così scrive Sandro Angelucci in questa superba recensione a “Ellittiche stelle” di Ninnj Di Stefano Busà. E risponde: “A me piace optare per la seconda ipotesi”. Ebbene, io condivido questa preferenza, in quanto l’orbita dell’angoscia e della pace, di cui in fondo parla la poetessa, non è altro che il percorso metafisico-esistenziale dell’uomo stesso, il viaggio compiuto dalle proprie sorgenti universali al golfo che lo ospita temporaneamente. Un viaggio di andata e ritorno, dove la gioia e il dolore, il bene ed il male, non si separano tra di loro, ma sono facce della stessa medaglia, tappe obbligate della medesima orbita, dello stesso percorso. E’ morendo sulla Croce che si aprono le porte del Paradiso. Una visione, questa, non certamente nirvanica (schopenhaueriana) della vita, come forse potrebbe sembrare, in quanto il dolore, qui, si supera attraversandolo, vivendolo, e non con pratiche più o meno artificiali che tendono ad estirparlo, allontanandolo da noi. Ho letto anch’io “Ellittiche stelle” e sono rimasto colpito dall’andamento musicale del verso, dolcissimo e amaro nello stesso tempo. È l’onda ventosa dell’incalzante andare della vita, che procede dall’alba al tramonto, per tornare perennemente all’alba e al tramonto, giacché non c’è affermazione senza negazione, e viceversa. E se è vero che “il sogno delle favole-bambine / più non cresce tra le nostre braccia, / … / Non è tempo di prodigi / che inondano di luce la città dei vinti”, è altresì certo che noi “inventeremo un nuovo giorno, / un’alba di rinnovato stupore / al sole d’innocenza. / La luce è incorruttibile stasera, / inventa nuove favole, / sgrana rosari / e fiori abbandonati”.

Franco Campegiani 

1 commento:

  1. Pierangelo Gancemi

    è notevole questo giudizio critico, perché fa eco alla bella poesia di Ninj D Stefano Busà, una poesia che sa trovare le corde del cuore per sintonizzarsi sulle onde lunghe di un concerto umano che non ha più le certezze della giovinezza, le suggestive armonie di un'età in cui i sogni sembrano ancora avverarsi in un suggestivo panorama dell'oltre, del domani, del dopo, che sembrano non estinguersi mai. Invece si estinguono e con quale velocità, con quale accelerazione...! Bravo Campegiani, e brava l'autrice a saper interpretare così bene il canto soave del cigno che reclina il capo e si abbandona...stupende immagini...E' un piacere leggere i versi di quest'autrice che è probabile sarà la Merini del prossimo futuro.

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