tag:blogger.com,1999:blog-8291667872930653212.post4982405357166064695..comments2024-03-27T02:02:35.206-07:00Comments on Alla volta di Leucade: VITO LOLLI: "LA MORTE DI UN DIO, LA NASCITA DELL'UOMO"nazariopardinihttp://www.blogger.com/profile/16507694449914844380noreply@blogger.comBlogger2125tag:blogger.com,1999:blog-8291667872930653212.post-34799322996190784482015-07-03T04:58:22.993-07:002015-07-03T04:58:22.993-07:00Complimenti a Vito anche da parte mia. Un saggio, ...Complimenti a Vito anche da parte mia. Un saggio, questo, che unito agli altri recentemente pubblicati nel blog, danno l'idea di una ricerca estetico-ascetica originalissima e di raro spessore. Conosco Vito da circa un ventennio e non mi meraviglio più di tanto di fronte a prove letterarie e a guizzi di pensiero ardui e geniali come questo. Molte cose ci accomunano nella ricerca, in primis il superamento del razionalismo (che ha dato tutto quello che poteva dare all'umanità), nella speranza di accendere una nuova spinta mitopoietica (e spirituale) che possa consentire il ritorno del divino (non nel mondo, ma tra gli uomini, perché nel mondo il divino c'è già). In un punto, tuttavia, sul quale ci confrontiamo da anni, le nostre ricerche si divaricano, ed è stupenda questa diversità. Lui sostiene, in linea con la ricca tradizione ascetica, sia orientale che occidentale, che l'annullamento della Parte è l'unica strada che abbiamo per accedere alla Totalità. In questo straordinario articolo, egli ci parla della trance dionisiaca come mezzo per giungere all'assorbimento dell'umano nella divinità: una "trasmutazione di stato". Ebbene, io ritengo che esista un'altra tradizione misterica, alla quale Vito pure accenna (non distinguendola da quella "orfico-dionisiaca", però): quella "gianica" e "taoista", che parla di Equilibrio, o di Armonia di Contrari, parla di Incontro delle Parti, di Cooperazione, di Dialogo e non di Fusione o di Unità. La differenza fra Parmenide ed Eraclito, fra Taoismo ed Induismo, pur nei contatti inevitabili, è tutta qui. L'annullamento della Parte genera a mio avviso una distorta visione dell'universalità. Ciò che bisogna annullare è il Particolarismo, non la Particolarità. E' l'Individualismo, non l'Individualità. C'è un modo di essere universale dell'individuo, e viceversa. La parte è nel tutto e il tutto nella parte. Non dobbiamo annullare né l'uno né l'altra, ma solo riconoscere quello che è. Con il mistero (che è poi il mistero che noi stessi siamo) noi possiamo e dobbiamo stabilire un contatto, un rapporto confidenziale. Non dobbiamo farci assorbire totalmente da esso, anche perché in tal modo perderemmo la facoltà di riflettere sul mistero stesso. Credo sia chiaro che sto parlando di un'altra tipologia di trance: una trance non allucinatoria ma cosciente, che non annulla la ragione, ma che la rende "saggia" (e va bene anche "folle", se è comunque alla "saggezza" che alludiamo). E' questo il "buon senso" che oggi ci manca e che il divino può portare ancora nel mondo. Il "buon senso", sinonimo di "sesto senso", di spirtualità.<br />Franco Campegiani <br />Anonymousnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-8291667872930653212.post-90080636970626101812015-07-02T09:06:26.115-07:002015-07-02T09:06:26.115-07:00Una trattazione pluridisciplinare che coinvolge il...Una trattazione pluridisciplinare che coinvolge il sapere in tutta la sua polisemica valenza: filosofia, letteratura, escatologia, mistero, mitopoiesi… dalla vita la morte dalla morte la vita. Una dualità: luce, buio; giorno notte; bene male;… una simbiotica fusione di elementi che sono alla base del divenire vitale. « Il male, dunque, che più ci spaventa, la morte, non è nulla per noi, perché quando ci siamo noi non c'è lei, e quando c'è lei non ci siamo più noi. » afferma Epicuro; mentre Voltaire: “La vita è un naufragio, ma nelle scialuppe di salvataggio non dobbiamo dimenticare di cantare”; Cicerone: “La vita dei morti si trova nella vita dei vivi”; Alda Merini: “portiamo i nostri morti con noi fino a quando moriamo noi stessi”; Anassimandro – “..Principio di tutte le cose è l’àpeiron (infinito, illimitato, indeterminato) che comprende in sé tutte le cose e a tutte le cose è guida. Immortale e imperituro. Da dove infatti gli esseri hanno l’origine lì hanno anche la distruzione secondo necessità…”; il fatto sta che è il pensiero della morte ad inquietare l’uomo nei momenti delle grandi riflessioni; è l’idea del niente, del nulla o del troppo a renderlo cosciente della sua precarietà; nato, egli, per misurarsi con le cose caduche, lui stesso caduco, si sperde facilmente nell’immensità dei cieli dove non concepisce la fine. Come non riesce ad ingoiare il rospo del non esistere più, per sempre; tutto questo perché siamo esistiti, abbiamo avuto i contatti col tempo e con le cose che ci circondano, abbiamo preso parte a circostanze, a fatti a emozioni, a trasalimenti, anche, che ci hanno dato il senso di quella eternità che proviamo di fronte alla Bellezza, sindrome di Stendhal, sperdimenti di noi stessi in cospirazioni che più si avvicinano al “tutto”. Pascal definiva la nostra posizione di fronte all’universo “Un milieu entre rien e tout”. Ed è questa la nostra sofferenza esistenziale: vivere con l’animo rivolto al cielo e con i piedi inchiodati nel fango. Potrà morire un dio per dare vita ad un uomo rinnovato; ad un uomo convinto di essere pedina di una piramide che crollerebbe senza il suo apporto; ma io credo che sia ora e sempre lo stato d’animo del caduco, la sua saudade, il suo nostos, e la sua voglia di toccare l’impossibile a renderlo artista, e umanamente vivo; vivo nella sua infelicità; in quello stato di mortalità che gli consente di elevarsi alla grandezza del canto. Complimenti a Vito per il suo immenso articolo. <br />Nazarionazariopardinihttps://www.blogger.com/profile/16507694449914844380noreply@blogger.com