Poesia in transito. Inserisci la tua poesia vincitrice, classificata, segnalata ad un premio letterario, o nuova: avrai un commento
Verso corse saporite di cielo
All'aria dolce di pineta e mare,
al refolo che inviano le Apuane
su questa piana scaldata da un sole
che invia raggi fecondi
sulla superba Toscana, odi battere
zoccoli allegri di sauri puledri
sulle dune renose. È proprio qui,
su questa terra baciata da Dio,
che corrono scattanti,
collo eretto, criniere svolazzanti,
i cavalli selvaggi. Quando giungi,
o forestiero, fra questi dolci suoni
di scalpitii fugaci, azzarda il cuore
sulle groppe irrequiete
verso corse saporite di cielo.
Nazario Pardini
19/10/2007
Questa poesia, tratta dal libro L'azzardo dei confini edito in aprile 2011, è stata composta dopo una visita ai meravigliosi scenari paesaggistici della scuderia "Mori".
Macchia di Migliarino
Alla battigia
E mi rivolge il mare il suo saluto
mentre mi porta l’anima al fruscio
dell’onda sua perenne. Ascolto il suono
lento di quell’acque, mentre lontano
mi appare qual fuscello in mezzo a un prato
la sagoma ondeggiante di un veliero.
“Sei tu forse mio Enea, di una stirpe
remota fondatore, che ti aggiri
col peso delle fiamme e dell’amore,
in cerca dei tuoi eroi? O forse vaghi
col tuo animo inquieto, puro spirito,
a memorare la sorte? Dall’onda
un ticchettio di corde mi raggiunge
per parlarmi di Dido, e di una fuga
che volle il fato a scapito di un lido
dove giace il tuo cuore. O forse credi
di sconfiggere il giorno e la clessidra
di ritorno alla vita. Vieni avanti
eroe dei tempi in cui i miei giorni andati
si cibarono di miti. Era allora
che ti seguii estasiato e nel tuo mondo
nascosi i miei pensieri. Non andare
peregrino nel mare, non fuggire
il mio sguardo incantato e il mio ritorno
alle soglie del giorno.”. Ma il fruscio
di un’onda stanca copre ogni messaggio,
e il tramonto, che fuga ogni illusione,
allontana la vela del mio sogno
Ed io rimango solo alla battigia
a immaginare suoni ormai lontani.
(Da L'azzardo dei confini)
18/05/2007
Sul mare della Versilia
In una immensità che ti rapina
Il mare si avvicina e si allontana,
clessidra della vita. Io sono qui,
sulla spiaggia umidiccia del mattino.
Seduto su un pattino, guardo il piano
appena increspato dall’aria frizzante
del novembre. Mi prende il largo spazio:
sono nulla e il nulla si dilegua
nel vento salmastroso dell’immenso.
Non odo più la battima né provo
sogni e tristezze in questo diluirsi
del cuore nel mio mare. Son fuscello
che si annulla nell’aria mattutina
portato sull’onda dall’ala leggera
del novembre. Forse rincaserà
l’anima mia in fuga negli abissi.
Ritornerà in prigione nel suo corpo,
riprenderà i suoi occhi per mirare
l’immensità del mare,
per pensare di nuovo che la vita
è quel fuscello breve che dimena
in un’immensità che ti rapina.
(Da L'azzardo dei confini)
22/11/2009 h. 9,30
Tramonto sul mare
Pisa
Dai campi in fiore dove scorre il Serchio
tra i pini profumati del Tirreno
e poi si spegne, ombreggiare si vede,
o mia città, sulla terra di Golgota
la torre. L’Arno ammira
Santa Maria brillare nei suoi gorghi
speculari alle mura che sul mare
vide possenti contro i Saraceni.
Fu là quel centro dove i Cavalieri
ebbero sede e diedero a Buscheto
e poi a Rinaldo il compito più arduo
con l’oro delle guerre. Caterina
splende in nostrani marmi da romana
e accanto ai Francescani si scolora
per l’umiltà di un tempio consacrato.
Lascio alle rughe i lontani pensieri
e torno spesso all’ultimo tuo sguardo
sopra di me che ascolto scalpitare
i passi in Borgo Stretto. Il campanile
annuncia il mio partire
da studente irrequieto.
E si slarga il pensiero sopra le acque.
Anche se l’Arno volle allontanare
coi suoi detriti sguardi alla marina
che padrona ti volle, ancora geme
col flebile lamento e l’ala ferma
il canto del gabbiano; lungo il fiume
compie il suo corso, ammira i tuoi riflessi
e poi la sera torna a riposare
nascosto al sole che si rompe in mare.
(Da Elegie pisane)
Nazario Pardini
25/02/1993
(Pisa: Piazza dei miracoli)
Fiume
(Al Serchio)
Zampillano le tue acque
alla sorgente,
sui sassi luccicanti
ai raggi inumiditi dal tuo brio.
Tra l’erbe vergini
di prati in fiore
corri e rispecchi arzille
chiome affollate
di cinguettanti verdi
o cariche
di nivali speranze.
Conosci poi le piene,
d’aspri veleni i flussi,
o le secche
di estati arse e letali.
Quanto brameresti una diga
per riposare gli arti
o meditare ai cori
di una chiesa vicina
o un casolare!
Ma corri alla tua foce
dove si perde il cielo,
dove immenso non ti conosce il mare.
Quanto somiglia al tuo il mio corso, fiume!
Già ne vedo la foce,
l’aperto gorgo
che ingolla le speranze.
Ma tu sublimi fiume
a goccia a goccia al colmo,
e poi rinasci
a zampillare ai sassi
canterino e vitale.
Il mio corso
dopo che lascia l’alito dei pini,
si perde tra i marosi,
dimentico di giovani sorgenti.
Nazario Pardini
20/05/2006
Sul Serchio
Alla Liguria di Montale.
Ossi di seppia rosi dai tramonti
biancheggiano su rene e dentro
l'anima aride rocce a respirare cieli
l'anima aride rocce a respirare cieli
stondate dai salmastri vagabondi.
Liguri cimiteri arrampicati
con l'anima stordita da risacche
con voi respiro il giallo dei limoni.
E mi confondi lucido orticello
tra scrimoli di bianchi muriccioli
al vesperare tenero di canti
sul mare chiaro d’ali di gabbiani.
Vani gli spazi e cocci di bottiglie
riflettono gorgogli e tremolii
di libertà mancate oltre la vita,
felicità appassite ove quel muro
ci limitò parvenze d’infinito.
Ancora mi risuona il silenziato
scalpello di lesene dentro il petto
di te che l’aria aperta mi portava.
(Da Alla volta di Leucade)
Nazario Pardini
25//05/1999
Scogli della Palmaria dal mare
A Vernazza
Sul tuo battello ti protendi al mare,
vecchia Vernazza, carica di porpora
d’orizzonti fenici. Ancora evadi .
acre l’aroma del falò dell’esule
poeta che ti elesse per le ceneri
di un eterno riposo. Dalla prua
levi il tuo labbro roso sopra il verde
dei gorghi che di giada t’incastona
più venusta di Laura. E ai dolci assenzi
di timi, di corbezzoli, e ginestre
tu richiami papilli variopinti
dalla mite Palmaria. Se ti immagino,
io navigante ai flutti verso scogli
sciacquati da levante, vedo ancora
picconare sui greti diroccati
genti abbronzate all’aria dei salmastri
di lontani libecci. E pini e lecci
e di ginepri bacche e larghi svoli
di agavi e stente vigne più sembianti
ad edere abbarbate sulle argille.
Tu mi sai dare nettari divini
coi fulvi sguardi aperti ai cieli liguri
spersi sui mari dai levati picchi.
Nazario Pardini
Tellaro visto dal mare
In Azzardo dei confini la sezione più riuscita sia a livello lirico che formale è Elegie pisane, dove immagini di tempi passati ritornano fresche e rinnovate sorrette da una metrica robusta e estremamente musicale.
Carlo
In Azzardo dei confini la sezione più riuscita sia a livello lirico che formale è Elegie pisane, dove immagini di tempi passati ritornano fresche e rinnovate sorrette da una metrica robusta e estremamente musicale.
Carlo
Dalla lettura dei post del suo blog dedicati alla poesia, sono stata invogliata a inserirne una, che ho sempre tenuta nel cassetto e mai ho letto, nemmeno ai miei cari. Sono abbastanza timida ed è la prima volta che sottopongo uno scritto ad un eventuale giudizio.
RispondiEliminaA mia madre
Cara mamma, ti dedico i miei versi,
ora che non ci sei più,
mi sento un aquilone senza venti.
Lo so che ascolterai questo mio canto,
quando da sola,
lo leggerò a una foto emozionata.
Sai, sono grande, ormai sono una donna,
ho una figlia, un marito generoso,
ma quando penso a te,
ai baci che mi davi,
alle carezze sulle guance,
mi mancano i miei giorni giovanili,
mi mancano i tuoi incontri quotidiani,
mi mancano le tue mani a benedirmi,
al mattino della vita.
Franca da Salerno
Cara Franca da Salerno, ho apprezzato la schiettezza e la spontaneità della tua poesia. Si sente che possiedi un grande animo, ricco di profondi sentimenti. Ma devo aggiungere che la poesia non è solo sentire, non è solo profondità interiore, ma è anche, e soprattutto, una fusione, una stretta ed equilibrata simbiosi fra anima e parola. Il tuo componimento ha bisogno di essere più articolato, per sorreggere un contenuto tanto debordante quale il tuo. Un'interiorità così intensa ha bisogno di argini più robusti per essere contenuta. Non credere che la poesia sia tutta nell'espressione più immediata, e che dall'ispirazione venga fuori perfetta senza bisogno di revisione. Ti consiglio di lavorarci di più, di rivederle le tue espressioni poetiche,di aggiungere, togliere, sostituire, magari con l'aiuto di strumenti quali dizionari, o dizionari dei sinonimi e dei contrari. E poi in un tema come quello della mamma, si può cadere facilmente nel sentimentalismo eccessivo. Quindi apprezzo molto la tua sensibilità, ma bisogna crescere a livello fonico-lessicale e strutturale. Grazie per la tua partecipazione. E poi credimi il fatto di scrivere è già una grande ricchezza per chi sente il bisogno di esprimersi. Direbbe il poeta: "Nel silenzio dell'anima, esiste sempre la possibilità di cercare una voce".
RispondiEliminaNazario Pardini
Gentile Nazario Pardini, vorrei ringraziarla ancora una volta per la sua stupenda recensione, direi è più bella della poesia stessa. Potrei tentare di inserire una poesia più modesta? Delle sue poesie mi è piaciuta di più e a me più vicina “In una immensità che ti rapina” da "L’azzardo dei confini". Non lascio nel blog questo commento per una solo ragione: non sono sicura della correttezza della situazione. Forse è più opportuno lasciare il mio commento nel salotto letterario? Faccio tutte queste domande perché non sono pratica né di internet né del blog. La rassicuro che lei non è obbligato a rispondermi, intendevo solo ringraziarla ancora una volta.
RispondiEliminaSinceri saluti, Nina Amarando
OLTRE COLLINE
RispondiEliminaOltre colline discende il disco raggiante
Sulla distesa dei desideri svaniti,
Con mille frammenti fiammeggianti
Sprofondando nella dondolante magenta. Nell'alone vibrante sciolta,
Scende la sera col sussurrare il buio,
Si inchina il vento davanti alle colline,
Ora, che la sera cala con ultimi bagliori
E la terra trasuda del sangue di uva,
La tristezza passa.
Fluisce il buio dell'incantesimo,
E la notte imprigiona le stelle
Per farli rinascere nel sole lontano,
Ora, che scende silenzio e tace il vento.
Nina Amarando
Commento alla poesia “Sorriso della luna” di Nina Amarando Rimane l’udito graziato e l’occhio stupito Dalla lunare sonata del sorriso impenetrabile Nel gioco interstellare dell’imperituro cosmo. La poesia offre un senso di grandezza, di totalità, di “smisura”, di estrema contemplazione estatica, di cui la luce è l’anima. L’uomo, essere infinitamente piccolo, graziato e stupito di fronte al miracolo stellare, si eleva a un cosmo imperituro, a un concerto di Vivaldi donato dalla lunare sonata dal sorriso impenetrabile. I versi, con la loro estensione ipermetrica, sono di supporto alla concretizzazione di questo ampio respiro di cui gioisce l’autrice. E le parole, i sintagmi, le assonanze di immagini colorate, e vissute con intensità, concorrono ad evidenziare l’ascesi verso il mistero del superbo e debordante naufragare nell’universo. Il linguaggio ora semplice, ora più ricercato denota un lavoro di scavo e cesellatura, di intonazione alla complessità della tematica trattata. Non è il solito lavoro su una luna vista e vissuta come semplice afflato idilliaco-elegiaco, o erotico-romantico, ma va ben oltre: contiene tutti i tasti del sentire umano; e il chiarore lunare è un motivo per estendere il pensiero a quelli che sono i quesiti dell’essere e dell’esistere, a quelli di una vicissitudine esistenziale che pone l’uomo al centro dell’universo come essere pensante, con l’onere di subirne la grandezza e il mistero. Dalla visione pacata di un panorama lunare di pianure, valli, angoli architettonicamente strani, castelli, palazzi di cristallo in aria, alla visione cosmica di un sorriso lunare che unisce estremi inconciliabili, ci arriva lo slancio di un’anima, che sa di far parte del tutto, seppur cosciente dei limiti dell’essere umani. Nell’explicit, l’enigma, l’occhio stupito, il senso impenetrabile, il gioco interstellare, l’imperituro cosmo, sono tante unità fonico-sensoriali, e percettivo-emotive del raffronto fra l’essere e il “disumano” senso dell’oltre. Direbbe il poeta: “Gli spazi ristretti del soggiorno e il chiaro di luna sono il tormento e la gioia, sono il terriccio fertile dei dire poetico e dell’estasi” .
RispondiEliminaNazario Pardini Arena Metato 29/09/2011
Commento alla poesia: OLTRE COLLINE La poesia di Nina Amarando OLTRE COLLINE è frutto di una contemplazione estatica, partecipativa di grande raccoglimento. La natura qui ha il compito di raffigurare stati d'animo trasferiti su foglio con l'aiuto di un dire ricco di metafore, sinestesie, e metonimie che ne rafforzano la valenza. Intenso il verso: "E la terra trasuda col sangue di uva." La completa metamorfosi di un'anima nei giochi serali, il perdersi, abbandonarsi al sapore di una sera che gradatamente scivola nella notte, fa svanire la tristezza di essenza vitale. La rinacita dell'explicit è demandata al sole futuro, speranza e gioia di vivere. Nazario Pardini 06/10/2011
RispondiEliminaGentile Nazario Pardini, vorrei ringraziarla ancora una volta per la sua stupenda recensione, direi è più bella della poesia stessa. Potrei tentare di inserire una poesia più modesta? Delle sue poesie mi è piaciuta di più e a me più vicina “In una immensità che ti rapina” da "L’azzardo dei confini". Non lascio nel blog questo commento per una solo ragione: non sono sicura della correttezza della situazione. Forse è più opportuno lasciare il mio commento nel salotto letterario? Faccio tutte queste domande perché non sono pratica né di internet né del blog. La rassicuro che lei non è obbligato a rispondermi, intendevo solo ringraziarla ancora una volta. Sinceri saluti, Nina Amarando
RispondiEliminaGentilissima Nina Amarando,
RispondiEliminalei inserisca pure le sue poesie sui post o pagine che più ritiene opportune, non abbia timore; le poesie sono sempre manifestazioni di grande sensibilità umana. Dare la possibilità agli altri di leggerle, credo che sia l'obiettivo principale dell'attività estetica.
Va bene! Il suo commento lo inserirò nel salotto culturale, come lei chiede.
La ringazio per il suo apprezzamento alla mia poesia: "In una immensità che ti rapina".
Cordiali saluti
Nazario Pardini
Dalla lettura dei post del suo blog dedicati alla poesia, sono stata invogliata a inserirne una, che ho sempre tenuta nel cassetto e mai ho letta, nemmeno ai miei cari. Sono abbastanza timida ed è la prima volta che sottopongo uno scritto ad un eventuale giudizio.
RispondiEliminaA mia madre
Cara mamma, ti dedico i miei versi,
ora che non ci sei più,
mi sento un aquilone senza venti.
Lo so che ascolterai questo mio canto,
quando da sola,
lo leggerò a una foto emozionata.
Sai, sono grande, ormai sono una donna,
ho una figlia, un marito generoso,
ma quando penso a te,
ai baci che mi davi,
alle carezze sulle guance,
mi mancano i miei giorni giovanili,
mi mancano i tuoi incontri quotidiani,
mi mancano le tue mani a benedirmi,
al mattino della vita.
Franca da Salerno
Stanotte la luna
RispondiEliminaStanotte la luna si è distesa
Col suo mantello sopra la mia terra.
Mi sono seduta sul gradino
Davanti al palcoscenico dei sogni
A godermi lo spettacolo che il cielo, Abbracciato alla mia piana,
Mi ha offerto generoso.
Non chiederò di più.
Darò tutta me stessa alle mie zolle
Per essere lisciata dal suo manto.
Loredana da Pontassieve
Cara Loredana,
la tua poesia, anche se può essere definita un idillio (mi riporta agli studi classici di Saffo o Alceo che io ho amato ed amo tuttora), la trovo piuttosto semplice come immagine. Forse da apprezzare l’explicit con questo riferimento di fusione panica fra cielo, luna, e metamorfosi umana. Non credere che la dea della lirica ti dia un’ispirazione sufficiente per una poesia definitivamente compiuta. Non è che nel cuore della notte uno, o una , ispirati, e di getto buttino giù versi così perfetti da non dover essere ritoccati. La poesia è lavoro, è vita, è invenzione, creazione, revisione, cesellatura; il verso ha bisogna di essere riveduto, aggiustato, coccolato, nutrito con flebo di scintille e figure che gli diano quel che di novità creativa e immaginativa da sorprendere. Posso dire che il tuo componimento è apprezzabile per musicalità, per la fluidità del percorso. Gli endecasillabi, ben costruiti, tessono nell’insieme un tracciato piacevole alla lettura. Ma ha bisogno di un’architettura lessico-figurativa, e di un messaggio gnomico-traslato che sortisca immagini più frizzanti e innovative. E per ciò che riguarda lo spartito formale, spezzare la successione endecasillaba con versi di diversa misura, non solo settenari, non è male. Il significante metrico ne guadagna in rendimento e lo stesso endecasillabo acquista più robustezza e incisività. Attendo altre sue opere.
Nazario Pardini Arena Metato 03/10/2011
Vi invio una mia poesia, sperando di leggere un commento
RispondiEliminaTRAMONTO
Hai steso la tua mano sulle palme cadenti,
gli esseri racchiusi dal tepore di esistere
hanno rannicchiato la loro vita
nell'intimità della loro coscienza.
Poi hai ritirato la tua crosta di smalto
ed hai lasciato essenze di pino più acute
sui calici avvolgenti il silenzio.
La fine ritorna sul mare
che vede uccelli errare per il cielo
stanchi in attesa di potersi posare.
Simone
Caro Simone, la tua poesia è schietta, sentita e frutto di immagini concrete vissute e ridate al foglio con sensibilità. Il linguaggio è ricco, e la versificazione è moderna, tessuta soprattutto di settenari ed endecasillabi che contribuiscono non poco a darle quella musicalità piacevole alla lettura. Incisiva la quartina finale: Il novenario iniziale fa da supporto all'endecasillabo successivo, contribuendo a fargli rappresentare quell'armonia diffusa fra mare, uccelli e cielo, in una specie di concerto conclusivo. Nazario Pardini
RispondiEliminaFoto meravigliose e scelte con grande sintonia. Ho letto le poesie del post. E mi piacerebbe avere un suo testo (ho notato che sono tutte tratte da libri editi). Io non sono un pooeta ma mi piace leggere poesie e ho apprezzato molto soprattutto quelle che riguardano la Liguria. (Le mie origini sono liguri, e il mio cuore resta appeso alle agavi della strada dell'amore tra Riomaggiore e Manarola). Le metto il mio indirizzo con la speranza di ricevere il suo: "Alla volta di Leucade". Franco Celestino, via Alberto Liri, 8 16145 Genova
RispondiEliminadi Anonimo su Poesia in transito. Inserisci la tua poesia vincit... il giorno 26/09/11
SORRISO DELLA LUNA
RispondiEliminaSi riversa il sorriso pallido
Sulla viscerale presenza dell’anima nell’astrale,
Di mille raggi argentei protesi da lontano
Dagli influssi scorrevoli,
Offerti nell’offuscare le stelle.
Trabocca di luce neon sulle chiome e sulle valli
Incurvando pianure e smussando angoli
Delle architetture strane,
Nei castelli trasformando rovine,
Innalzando palazzi di cristallo in aria.
Infonde un’armonia aliena della luce anomala,
Nel sorriso occultando la propria essenza,
Diventa più vicina,
Fondendo degli estremi inconciliabili,
Regina dei piani diversi e dei concorsi alti
Sul pianerottolo del Cosmo.
Nell’alone silenzioso del sorriso astrale confinata,
L’enigma della Luce e del Suono.
Rimane l’udito graziato e l’occhio stupito
Dalla lunare sonata del sorriso impenetrabile
Nel gioco interstellare dell’imperituro cosmo.
Nina Amarando
Caro Pardini,
RispondiEliminavedo che sul tuo blog sono state inserite poesie di autori vari, e che hanno avuto i tuoi commenti.
Io sentirei il bisogno di inviarti una mia poesia, ma sinceramente penso che un inedito messo sul blog possa essere copiato facilmente senza garanzie. Mi piacerebbe inviarti la poesia tramite e-mail senza essere inserita sul post. L'avrò il tuo commento?
Franco Cecchi
Caro Franco,
RispondiEliminanon è da oggi che ci si conosce. Potevi inviarmela senza tante storie. Senz'altro mi farebbe piacere commentare i tuoi versi. Comunque le poesie inviate sul blog sono garantite da tanto di data, e di autenticità. Per cui se uno le copia è passibile di denuncia per plagio. Attendo i tuoi versi per e-mail e avrai la mia risposta.
Nazario
UNA DONNA
RispondiEliminaSai, si fa presto a dire carpe diem
Perché il tempo, allorquando ti è fuggito
supera tutto e tutto ripropone.
E se poi siamo tra i non sorteggiati,
ci costringe ad esistere. Ignorando
che solo dopo un tocco, una scintilla,
dopo un battito, siamo differenti.
Ma tu sei sempre ferma sulla soglia.
In un’attesa, come una distanza,
un distacco, un non essere. Sospesa.
E quando viene sera e il sogno non
si è avverato, ritorni dentro casa
come se nulla fosse. Non ti crea
spavento il ticchettio dell’orologio
che ti ricorda che fra poco sta
per farsi giorno e tutto come prima.
Sempre pronta a partire, a scavalcare
ardui gradini e ciò che all’occhio appare,
culli infiniti abbracci anche se celi
le lacrime silenziose nella tasca.
Cerchi una scorciatoia per altri mondi,
tentando di sfuggire al trabocchetto
del desiderio che ti fa sperare
mete lontane e inconsistenti. Ma
poi ti accorgi di essere in balia
di un miraggio che crea nel frattempo
nostalgie per quel tanto tralasciato.
Così rinneghi sogni ed amarezze
e ti abbandoni alle tue sorti già
decise con vesti da commiato.
Ritrovi abilità da equilibrista
rapidamente in una vita che
non avevi intuita, piena di
contraddizioni ignote e senza specchi:
Come Cassandra tu non puoi sapere
la tua bellezza sconosciuta. Tu
solamente dall’alto sai amare
e riesci ad accendere le stelle.
Rosanna Di Iorio
Gentilissimo Professore,
RispondiEliminale ho mandato una mia poesia senza annunciarmi e Le chiedo scusa. Comunque spero in un suo commento e Le rinnovo tutta la mia stima. A presto, Rosanna Di Iorio.
Commento alla poesia UNA DONNA di Rosanna Di Iorio
RispondiEliminaQui si tratta di una poesia tutta volta ad una specifica analisi psicologica, più che ad una descrizione psicologica. E gli elementi di questa analisi si susseguono con ritmo incalzante fino a delineare un’anima nella sua inquietudine assillante di speranze e desideri, di illusioni, e abbandoni. Assenti le descrizioni, abbondanti i patemi interiori che gradatamente contribuiscono a creare un castello compatto e lineare. Il tempo fuggito, i non sorteggiati, un’attesa, viene sera, il sogno, lo spavento, ardui gradini, una scorciatoia, mete lontane, un miraggio, abilità da equilibrista, e riesci ad accendere le stelle sono i tanti ingredienti di un’ascesa tormentata e infinita per scalare la montagna di uno spleen forte e inquietante.
Poesia schietta, arrivante come messaggio artistico, e umanamente spontaneo. Il filo emotivo, ricco e commovente, è arginato da una metrica robusta, innervata di tocchi tecnico fonici e figure stilistiche che danno sussistenza e circolarità al substrato esistenziale. Il carpe diem oraziano s’insinua nel pentagramma musicale del testo con sapore ossimorico, e con dicotomia di vita se riferito al pensiero dell’essere donna e dell’esistere nelle sue tante inquietudini “piene di contraddizioni ignote e senza specchi.” “Sai, si fa presto a dire carpe diem / …”, ma è “il ticchettio” che domina su tutto, creando trabocchetti all'esistenza; e il piacere di vivere, e “il desiderio che ti fa sperare” spesso, vengono “intaccati” dalla coscienza della precarietà, della fugacità, delle illusioni e delusioni del tempo e della vita stessi. E se per giunta si aggiunge un preavviso di sorte, l’esistenza non è più la stessa; è contaminata da un dolore di un probabile addio. Ed è allora che abbracci i volti, gli amori, le parole, gli sprazzi vissuti, o i propositi futuri per portare con te il patrimonio irripetibile di una storia, “…anche se celi / le lacrime silenziose nella tasca.” E resti in bilico nell’attesa, perché “Come Cassandra tu non puoi sapere / la tua bellezza sconosciuta. Tu / solamente dall’alto sai amare / e riesci ad accendere le stelle.” Sembra proprio che per Rosaria Di Iorio, alla fine, sia l’amore a dominare, e ad essere l’attore primo sulla scena di un percorso trafitto da inquietudini di donna a tutto tondo. La sua poesia, oltre a trasmettere emozioni, fa di un aveu personale una voce dall’intonazione liricamente oggettiva. Direbbe il poeta:
”Nel silenzio del mondo, risuona forte la parola dell’anima”. Lo stilema dall’architettura classicheggiante, che richiama alla grande letteratura, è nutrito di un significato e di un significante estremamente innovativi per verbo e cifra introspettiva.
NazarioPardini
Il suo commento, caro Professore, mi lusinga e mi commuove, soprattutto per l'eccezionale capacità d'introspezione con i più reconditi tumulti del mio animo. Grazie di cuore e buona giornata, Rosanna.
RispondiEliminaPremio Nazionale di Arti Letterarie
RispondiEliminaArte Città Amica
8a Edizione 2011
PREMIAZIONE -- Sezione Volume di poesie --
1º Nazario Pardini
di Arena Metato (PI) Con l'opera: L’azzardo dei confini
Edizioni: Book Sprint
premiato con trofeo, diploma d’onore e assegno di 500€
E’ un viaggio a folle velocità costante, nell’arte della costruzione poetica. Leggo appassionato una canzone trascinante, ricca di immagini e riferimenti vivi di storia di strada e di vita vissuta. Non si può terminare la lettura di nessuno di questi versi, se prima non ci si è calati in questa spelonca dei sogni (da L’isola di Crono). Non è difficile perdersi estasiati nella ragnatela d’emozioni che Nazario Pardini ci confeziona con amore. E’ come un film in “3D”: chi legge è vicino al protagonista, vive con i suoi occhi, diventa scenografia, ne fa parte. L’azzardo dei confini entra nei nostri cuori, non solo come il libro più votato dalla giuria tecnica, ma anche come compagno di giochi nel percorso, fino alla frontiera dell’azzardo personale.
2º Bartolomeo Smaldone
di Altamura (BA) Con l'opera: Atomi
editore: Gelsorosso Editore
premiato con targa d'argento, diploma d’onore e con il quadro di Isidoro Cottino
La poesia di Bartolomeo Smaldone per un verso è diario dell’anima che elabora la rete delle emozioni costituenti gli atomi della materia e le occasioni della vita, ma per altro verso è calepino di annotazione dei modi mediante cui si ricostruisce l’artificio di rappresentazione letteraria del mondo, tra significato e significante, in un gioco di rimandi che è ricco di fascino e di perfette prospettive tra le idee e le cose, anche organizzato in una forma visiva di assoluto pregio artistico.
3º Natino Lucente
di Cosenza Con l'opera: Il canto di un sosia
Edizioni Genesi;
premiato con targa d'argento,diploma d’onore e con il quadro di Giorgio Viotto
In una misura di suprema eleganza giocata nell’interazione di ironia e dramma, la poesia di Natino Lucente è stupenda rappresentazione della condizione di spaesamento e di entropia del poeta moderno che si muove nell’ambivalenza dei valori e nell’anfibologia degli approdi cui conduce il suo canto apparentemente privo di identità, perché lacerato dal possibilismo prospettico di una cultura sempre più relativistica e sempre meno certa dei valori che vorrebbe rappresentare e tramandare ai posteri.
4º Flavio Vacchetta
di Bene Vagienna(CN) Con l'opera: Akeldamà
editore: Passi puntoacapo
premiato con medaglia d'argento e diploma d’onore e con il quadro di Maria Scalia
Brevi e lancianti squarci di vita vissuta, assaporata, bramata: il poeta si fa interprete con vigorosa ricettività di ogni stimolo che si traduce sovente in effusioni sentimentali. E la musa dell’amore è percettibile, ma al tempo stesso indefinita: un po’ amante e un po’ sposa, un po’ amica e un po’ guerriera. Tra castità e ardore, tra silenzi e sogno.
5º Ivana Brigliadori
di Bologna Con l'opera: Letras de tango
editore: Il ponte vecchio
premiato con medaglia d'argento e diploma d’onore
Il volume, con versione a fronte in spagnolo, colpisce per le suggestioni forti, fatte di rabbia e delusioni, nostalgia e voglia di vivere. Il ritmo implosivo finisce per trascinare come un tango, perché dietro alla musicalità, dalle interruzioni brusche, c’è un mondo di personaggi innamorati ma maldestri, eroici ma illusi. Quasi a rimarcare il costante smarrimento umano.
I PITTORI
Che doneranno una loro opera ai vincitori
Egidio Albanese
Corrado Alderucci
Isidoro Cottino
Gaetano Lanatà
Alfredo De Leonardis
Carla Gentile
Attilio Lauricella
Gabriella Lucatello
Maria Scalia
Mary Morgillo
Gianni Sesia della Merla
Giorgio Viotto
Segnalazione di merito a:
RispondiEliminaAntonietta Capuzzo Picello di Ferrara
con il libro: Come Uccelli d’inverno
Edizioni: Este Edition
Poesia capace di unire il nitore e l’essenzialità espressiva della tradizione con la densità e la complessità pluriprospettica della visione moderna, fino a ricostruire la pienezza del linguaggio poetico che appare proiettato in una dimensione di magia, realizzata con una visione della vita fatta di nostalgia e bellezza, e rappresentata in una condizione di accettazione e di temperanza nei confronti del male di vivere che tutto racchiude in sé, in una morsura raffinatissima di stile espressivo.
Segnalazione di merito assegnato a
Giannicola Ceccarossi di Roma
con il libro: Aspetterò l’arrivo delle rondini
Edizioni: Ibisko
Il poeta non finisce mai di stupire: è il genio della lampada, ci indica strade sempre nuove, può essere mostro e detective. Mi piace questo libro, è immediato d’immagini e sogni. E’ semplice e complesso, è un mistero che affascina e che non impaurisce; non pesa leggerlo: “Credevo che gli spini dell’astragalo/fossero gli occhi della luna/e i serti delle betulle/dita che si piegavano.” Ti incalza, pretende lo spazio migliore del tuo cuore: “Ma di lontano chiama il giardino degli aranci e la bocca urla sbalordisce e piange.” Aspetterò l’arrivo delle rondini, ti cerca, ti trova, quindi ti offre attimi di vera emozione. E’ premiante dal primo all’ultimo verso, e non ti lascia più.
Segnalazione di merito assegnato a
Lucio Giuliodori di Perugia
con il libro: Alchimia surrealista
Edizioni Bastogi
Una raccolta enigmatica e affascinante realizzata attraverso una sorta di percorso in versi dell’arte surrealista. Dalle opere pittoriche che ispirano il poeta nasce una silloge capace di intersecare le stesse in una relazione sinergica e costante di simboli e archetipi, tattili e visivi al tempo stesso. Così la poesia si fa immagine, luce, colore.
Segnalazione di merito assegnato a
Roberto Pelo di Roma
con il libro: In cerca di altri autunni
Senega Edizioni
Nella poesia di Roberto Pelo s’accavallano i colori e i sapori di terre diverse, protese nella ricerca continua di un’identità, attraverso riflessioni che portano ineluttabilmente lontano, dall’altra parte del mondo, quando - come scrive il poeta - “i venti del sud ci portano squame oceaniche di battelli che sciano, petroliere o galeoni fantasma”.
Segnalazione di merito assegnato a
Silvia Venuti di Cadrezzate (VA)
con il libro: Oltre il quotidiano
Edizioni: Moretti & Vitali
Oltre il quotidiano vuole essere più di una raccolta di versi. La raccolta di Silvia Venuti è un percorso, un tramite con un’altra dimensione di noi stessi. Spesso si tratta di quel piano tempo/spazio che ci trae in salvo; è quella zattera sulla quale non siamo soli in mezzo all’oceano quotidiano, dove resteremmo senza risposte. Non ci sono titoli per il lettore, è sufficiente perdersi nelle trame della poesia per restarne affascinati, subito colpiti dall’essenza antica del valore della parola. C’è inoltre il senso della misura, ogni verso è calibrato nell’apprezzamento della natura madre che spesso non è stata obiettiva nei nostri confronti, lasciandoci decidere destini diversi: “Così gli uomini potessero seguire la vita!” (come fanno i gabbiani
PREMIAZIONE -- Sezione Poesia singola --
RispondiElimina1º Stefano Innocenti
di Uzzano (PT) Con l'opera: La ballata dell’amor disperato
premiato con trofeo, diploma d’onore e assegno di 500€
Una delicata ballata, dal finale apocalittico. Protagonisti di un amore impossibile i due astri che da sempre accompagnano la nostra vita e i nostri sogni. Il sole e la luna sono protagonisti assoluti dei palcoscenici diurno e notturno. Averli insieme è un paradosso azzardato, ontologicamente improponibile. Il sole è ardore, potenza, temerarietà. La luna è frescore, fragilità, meditazione. Così il giorno e la notte costituiscono per noi una bilancia salvifica, pretendere una fusione forzerebbe irrimediabilmente il nostro campo limitato e contingente. Un salto a cui non possiamo essere preparati. Come dire che ora non ci spetta l’Infinito.
2º Annamaria Cardillo
di Roma Con l'opera: Ti cercherò
premiato con targa d'argento, diploma d’onore e con il quadro di Gianni Sesia Della Merla
La poesia “Ti cercherò” è un inno all’amore ostinato, che non si ferma di fronte ai primi ostacoli, che va a cercare braci per tenerlo acceso dove domina l’aridità della solitudine. La meta anche se iperbolicamente lontana è sempre possibile. Mette a dura prova le nostre capacità di lottare, ma il premio ripagherà del lungo peregrinare.
3º Rodolfo Vettorello
di Milano Con l'opera: Dannata terra
premiato con targa d'argento,diploma d’onore e con il quadro di Gabriella Lucatello
Il paradiso esiste ed è la culla che ci ha visto nascere. E’ la nostra massima identità: prima o poi la si riconosce, gli affanni si stemperano, la gratitudine sublima. Questo è il messaggio forte della poesia “Dannata terra”. Paese natale come croce e delizia. Croce nella aridità ancestrale del torrente, nella povertà di spazi, nella fame che conosce il limite delle patate. L’apparente libertà prende il binario del peso dell’emigrazione. Ma poi il poeta guarda il suo cielo ed è un garrire lieto di rondini, è la trasparenza assoluta degli spazi azzurri. La terra possiede magicamente le volte gotiche dell’erba, richiesta umile e silente d’infinito.
4º Rossella Tamponi Maiore
di Genova Con l'opera: Ardente
premiato con medaglia d'argento e diploma d’onoree con il quadro di Corrado Alderucci
“Ardente” affronta il tema doloroso della veglia del morto. Intorno alla cara salma si compie un rito carico certamente di pietas, attraverso un codice consolidatosi nel tempo, in frasi iterative che dal sommerso della coscienza ritornano implacabilmente alla superficie. Il ruolo della neo vedova è ben delineato, la donna che appunto come donna, porta da sempre le stigmate delle pie donne piangenti sul corpo del Cristo deposto. Ma intorno c’è la folla dei parenti più lontani, degli amici. Il poeta coglie bene i taciti sorrisi che emergono dagli astanti, una sorta di adiuvante affinché il senso definitivo della morte non si diffonda dalla rigidità del cadavere.
5º Marco Dazzani
di Imola (BO) Con l'opera: Come un ricordo
premiato con medaglia d'argento e diploma d’onore
“Come un ricordo” è un testo poetico decisamente ben strutturato. Calibrato esemplarmente in sette quartine con il primo verso indicante un’azione umana e i successivi tre una similitudine con un animale che procede in un perimetro angusto, per concludersi con un climax ascendente di sorprendente fattore emotivo che spiega l’arcano della digressione. Il poeta traccia così il ricordo della madre. A tinte forti l’amara constatazione di un rapporto difficile, di non aver capito i ruoli fondamentali dell’asse primario della famiglia. Un messaggio in bottiglia per il lettore perché non cada in una così raccapricciante deriva.
Menzione d'onore assegnata a
RispondiEliminaLoriana Capecchi di Quarrata (PT)
con la poesia: Madre
Ecco un ritratto, forse leggermente oleografico, ma intensamente sentito della figura della madre. Di una figura di madre che ha attraversato indenne lo scorrere dei secoli almeno nella nostra penisola. La donna a cui il nero della veste connota una robusta sopportazione del dolore, una fede scarna ma totalizzante. Una donna capace di amore biblico in notti ubriache di stelle e di amare le leggi cicliche della vita. Una donna che canta il dono della maternità e la raccolta rassicurante del grano.
Menzione d'onore assegnata a
Bruno Lazzerotti di Milano
con la poesia: La strada di nebbia
“La strada di nebbia” è un inno all’indistinto, al fragile ma fecondo confine fra mondi opposti, in cui tutto sembra magicamente compenetrarsi in quella opacità che è l’essenza della poesia. E qui la poesia ci regala immagini davvero suggestive in un crescendo trattenuto; ci lasciamo cullare, ripensando al nostro destino di viandanti provvisori su “l’orlo disunito dell’orizzonte”.
Menzione d'onore assegnata a
Maria Grazia Lupetti di Parma
con la poesia: Vento marino
Un concentrato di simbolismo francese. Le “Corrispondenze” di Baudelaire nella compartecipazione di sensazioni di elementi della natura, il “Cimitero marino” di Valery per le suggestive evocazioni del mare, il “Battello ebbro” di Rimbaud per il viaggio visionario. Solo che in “Vento marino” il viaggio non è una catabasi in spettri infernali, ma una portentosa anabasi verso una magica vallata, che è poi quella del poeta, dopo ascese fra dirupi montani e boschi verdeggianti. E sull’onda ( e qui ci vuole proprio) del simbolismo sprazzi di ossimori (“mare d’aria”) e di sinestesie (“respiro le onde”).
Menzione d'onore assegnata a
Tristano Tamaro di Trieste
con la poesia: Il pentagramma vuoto
John Cage oltre mezzo secolo fa aveva ritagliato nelle sue sperimentazioni foniche la musicalità del silenzio. Tema affascinante che affidato al linguaggio della poesia può produrre immagini di incredibile suggestione. “Il pentagramma vuoto” ne è una felice testimonianza. Vento, acqua , giostre abbandonate, azzurrità estremamente rarefatte si dispiegano nel pentagramma del silenzio. Aprile, il più crudele dei mesi di eliotiana memoria, ne è la chiave di violino.
Menzione d'onore assegnata a
Paola Zanoia di Verbania Intra
con la poesia: Lasciatemi andare ora
La drammatica parabola conclusiva dell’esistenza di Giorgio Welby ha fatto scorrere fiumi di inchiostro sul delicatissimo problema dell’eutanasia. La poesia “Lasciatemi andare, ora” può offrire a un tema così scottante la dignitosa leggerezza del suo linguaggio. Il poeta entra nell’io dell’uomo Welby di fronte alle porte dell’al di là. Diventano leggere anche le piaghe del dolore, dignitoso l’anelito estremo di libertà.
Un grazie di cuore alla collega in Poesia Rosanna Di Iorio per i libri inviatimi con dedica. Presto verranno inseriti sulla pagina:
RispondiEliminaLIBRI RICEVUTI: VETRINA DI POETI CONTEMPORANEI
Nazario Pardini
Grazie a Lei caro Professore, per me è stato un piacere e un onore. Buone cose,
RispondiEliminaRosanna Di Iorio
Giorgio Caproni
RispondiEliminaRicordo
Ricordo una chiesa antica,
romita,
nell'ora in cui l'aria s'arancia
e si scheggia ogni voce
sotto l'arcata del cielo.
Eri stanca,
e ci sedemmo sopra un gradino
come due mendicanti.
Invece il sangue ferveva
di meraviglia, a vedere
ogni uccello mutarsi in stella
nel cielo.
Tanto gentile e tanto onesta pare
RispondiElimina(Dante Alighieri)
Tanto gentile e tanto onesta pare
la donna mia quand'ella altrui saluta,
ch'ogne lingua deven tremando muta,
e li occhi no l'ardiscon di guardare.
Ella si va, sententosi laudare,
benignamente d'umiltà vestuta;
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare.
Mostrasi sì piacente a chi la mira,
che dà per li occhi una dolcezza al core,
che 'ntender no la può chi no la prova:
e par che de la sua labbia si mova
un spirito soave pien d'amore,
che va dicendo a l'anima: Sospira.
Credo che una bella poesia come questa non abbia tempo. A me forse piacerà anche perché mi ricorda momenti particolari del liceo, quando la leggevo col cuore in mano al mio primo amore.
Ma, nonostante i fatti miei, io credo veramente che una lirica, quando arriva alle corde dell'anima, riesca a vincere la velocità degli anni.
Giancarlo Fornai da Piombino
Credo proprio che tu abbia ragione, caro Giancarlo; certamente ogni opera va contestualizzata nel tempo in cui è stata composta, e Dante fa parte di una corrente letteraria, in questo caso il Dolce Stl Nuovo, che va capita per gustare l'autore. D'altronde il linguaggio stesso riguarda un certo periodo del basso medioevo, lontano, quindi, dal nostro vocabolario. E il capolavoro di Dante resta tale e resterà, considerando, anche, la situaziine storico-letteraria, in cui il grande poeta ha agito.
RispondiEliminaDopo la tristezza
RispondiElimina(da Trieste e una donna, 1910-12)
Questo pane ha il sapore d'un ricordo,
mangiato in questa povera osteria,
dov'è più abbandonato e ingombro il porto.
E della birra mi godo l'amaro,
seduto del ritorno a mezza via,
in faccia ai monti annuvolati e al faro.
L'anima mia che una sua pena ha vinta,
con occhi nuovi nell'antica sera
guarda una pilota con la moglie incinta;
e un bastimento, di che il vecchio legno
luccica al sole, e con la ciminiera
lunga quanto i due alberi, è un disegno
fanciullesco, che ho fatto or son vent'anni.
E chi mi avrebbe detto la mia vita
così bella, con tanti dolci affanni,
e tanta beatitudine romita!
Umberto Saba
Ho sempre amato questa poesia di Saba, perché l'ho sempre ritenuta presente ed arttuale. Il pane, l'amaro della birra, il porto, il bastimento. Tutte immagini che richiamano la vita reale, magari rivista da Saba con un po' di melanconia. Mi è vicina.
Luca Marini, da Firenze
Venezia
RispondiEliminaÈ la luce che
puntuta e leggera
cuce la bocca
e scuce gli occhi,
così che la lingua biforcuta
resta muta e
l’occhio tocca appena
e sfonda
trascina e impasta
onda su onda
la città fluida alla deriva
in movimento
luce cangiante
che quasi si dissolve.
Paolo Ruffilli
Ho sempre amato la poesia di Ruffilli, il suo discorso lungo,(quasi esigenza di espandere l'anima oltre), fatto di esagerazioni verbali, di scintille emotive che ti agguantano. Ma Venezia per me è esemplare.
RispondiEliminaGrazie Poeta
Nazario
Colloquio con il mare
RispondiEliminaInedito
Mi trovo qui davanti alla tua piana
frammentata da scaglie ed azzannata
da becchi di uccelli voraci
ed insaziabili. Mare! Mio mare!
Quanto mi sei vicino!
Tu che vivi di rivoli di cielo
tormentato e irrequieto.
Chiederti qualcosa è sempre poco.
Ma parlare con te dell’immenso
forse mi è più caro. E stamani
la mia voglia è quella di ammirarti;
tu, eternamente immobile,
umano e disumano.
Lo sai? Se ti sono lontano,
ti sogno come amico,
o ti vedo, alla mia assenza,
come assenza di amore
della donna che amo.
Ma torno sempre eguale, quando torno,
sempre poco,
davanti a te che immenso mi rapini
e porti via il mio seno.
Tu l’accarezzi, lo invogli
a sfiorare l’eterno.
Ma quando scende a terra,
ancora più ne soffre
di questa sua miseria;
se torna a rimirarti,
ancora più ne soffre,
misurando col giorno il tuo cammino.
Ed io ti chiedo,
ti chiedo del mistero,
ti chiedo della vita,
tu che contieni anni
che ancora non parlavano:
di quando la tua nascita?
da quando il mio destino?
A volte mi rispondi
ed io ti ascolto
disposto a fuggir via col tuo salmastro.
Dimmi, quindi, anche stamani,
qualcosa del colore
che ti frantuma a sera,
qualcosa del tramonto,
per te solo bellezza, forse,
pere me giorno che fugge.
“I miei pensieri, uomo, sono eguali
a quelli che tu provi quando tenti
di misurarti a Dio. Anch’io
vado da un mondo a un altro senza pace,
ma mai tace
la voglia né si appaga
di copularmi al cielo. Solo a sera
mi quieto in esplosioni
di luci e di colori,
arancio le mie guance
e mi sprofondo
in un riposo umano:
sogno inquieto per te,
per me solo riflesso di una luna
nel mio perpetuo moto”.
Nazario Pardini
10/11/2011 h. 14
Nuda sei semplice
RispondiEliminaNuda sei semplice come una delle tue mani,
liscia, terrestre, minima, rotonda, trasparente,
hai linee di luna, strade di mela,
nuda sei sottile come il grano nudo.
Nuda sei azzurra come la notte a Cuba,
hai rampicanti e stelle nei tuoi capelli,
nuda sei enorme e gialla
come l'estate in una chiesa d'oro.
Nuda sei piccola come una delle tue unghie,
curva, sottile, rosea finché nasce il giorno
e t'addentri nel sotterraneo del mondo.
come in una lunga galleria di vestiti e di lavori:
la tua chiarezza si spegne, si veste, si sfoglia
e di nuovo torna a essere una mano nuda.
- Pablo Neruda
Paolo da Fucecchio per la mia ragazza.
Della poesia Colloquio con il mare apprezzo soprattutto la modulazione dei versi e l'umanizzazione del mare che, identificato più di ogni altra visione con lo spirito della libertà e con l'idea dell'immenso, offre delle risposte, seppur sempre incerte, a quelli che sono gli interrogativi dell'uomo in quanto tale. Mi è piaciuta!
RispondiEliminaGiantonio liceale di Roma
Oh terra di novembre
RispondiEliminaSi raccoglie in campagna il cimitero
dei tanti miei vicini. Oggi è novembre,
il giorno dei defunti, ed ogni anno
mi chiamano all'incontro. In mezzo ai campi,
fra le distese di terra coltrata
e all’aria fresca di sole e cipressi,
sono da voi, miei cari,
sorridenti sul marmo. Mi avvicino
alla tua effigie consunta, fratello,
per parlarti dei nostri tempi in terra.
Forse allora poco dicemmo;
presi dalla vita,
dimenticammo forse quanto breve
sarebbe stato il fascino del sole.
Ma il tuo sorriso ancor di più ricorda
la maschera al dolore. La mia voglia
è quella di restare assieme a te,
di abbracciare il tuo volto,
di parlarti di noi con il rimorso
di un silenzio passato. E tu padre,
vicino alla tua terra, le cui zolle
battesti con il maglio; e tu madre,
sempre lesta alle brine mattutine,
ascoltate dal figlio,
che veglia accanto a voi,
il pianto suo perenne ai vostri marmi.
Oh terra di novembre! Il tuo riposo
sia vigile ai miei cari. Ti respiro
ora che vanno i roghi di fascine
a perdersi lontano. E ti rivivo
novembre di dolore e di riposo.
Mi aiutano gli stecchi volti al cielo,
i campi abbandonati ai sagginali,
le gazze sopra magre prode spente,
e i canti delle tortore mi aiutano,
che lugubri rintoccano nell’aria,
a vivere la morte,
con voi, miei cari,
di questo mio novembre.
Nazario Pardini
Da L'azzardo dei confini
Poesia bella, ricca di significato. Mi piace soprattutto la conclusione che delinea un quadro palpabile del novembre.
EliminaFiorenzo Magli, Voghera
LA POESIA DI NOVEMBRE
RispondiEliminaGémmea l’aria, il sole così chiaro
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l’odorino amaro
senti nel cuore.
Ma secco è il pruno, e le stecchite piante
di nere trame segnano il sereno,
e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante
sembra il terreno.
Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
odi lontano da giardini ed orti,
di foglie un cader fragile. E’ l’estate,
fredda, dei morti.
Giovanni Pascoli
Autunno
RispondiEliminaAutunno. Già lo sentimmo venire
nel vento d'agosto,
nelle pioggie di settembre
torrenziali e piangenti
e un brivido percorse la terra
che ora, nuda e triste,
accoglie un sole smarrito.
Ora che passa e declina,
in quest'autunno che incede
con lentezza indicibile,
il miglior tempo della nostra vita
e lungamente ci dice addio.
Vincenzo Cardarelli
Io credo che questa poesia di Cardarelli sia tra le più appropriate a queto autunno che incede con pigrizia indicibile. E poi vedo, dal blog, che l'autunno è una stagione molto vicina anche a Pardini che nelle sue poesie ne fa un motivo ispiratore frequente.
Dal Prof Mario Petruzzelli
Foglie gialle
RispondiEliminaMa dove ve ne andate,
povere foglie gialle
come farfalle
spensierate?
Venite da lontano o da vicino
da un bosco o da un giardino?
E non sentite la malinconia
del vento stesso che vi porta via?
(Trilussa)
Paolo S. da Roma
Ottobre
RispondiEliminaEra d’estate quando della vita
riflessero i barbagli. Allora vissi
la fantasia che esplose lucentezza.
Poi giunto è ottobre a mietere le foglie
di una stagione che ha reciso il sole.
La vigna saccheggiata lascia i resti
dell’ultimo raccolto. Muta e scarna
nei suoi colori morti mi dà il senso
di un suo perpetuo addio.
(L’autunno mio trabocca di ricordi
che evadono invecchiati all’imbrunire)
Niente di più vicino, ora che freme
sulla distesa vana del mio piano
il tramonto del gelso, a me risulta
che il palpito ottobrino. Scorre languida
dei riflessi marciti sotto il platano
l’acqua che è sonnolenta. Va a scurire
all’ombra della volta abbandonata
del suo vecchio mulino. Il frutto cade
del giorno ormai maturo ed è la notte.
Nazario Pardini (Da "Alla volta di Leucade")
ARIA DI NATALE
RispondiEliminaE’ nato! Alleluia!
di Guido Gozzano
E’ nato il sovrano bambino,
è nato! Alleluia, alleluia!
La notte che già fu sì buia
risplende di un astro divino.
Orsù, cornamuse, più gaie
suonate! Squillate, campane!
Venite, pastori e massaie,
o genti vicine e lontane!
Non sete, non molli tappeti,
ma come nei libri hanno detto
da quattromill’anni i profeti,
un poco di paglia ha per letto.
Da quattromill’anni s’attese
a quest’ora su tutte le ore.
E’ nato, è nato il Signore!
E’ nato nel nostro paese.
Risplende d’un astro divino
la notte che già fu sì buia.
E’ nato il Sovrano Bambino,
è nato! Alleluia, alleluia!
Guido Gozzano
Da Carlo Maneddu da Cagliari
Natale
RispondiEliminaSalvatore Quasimodo
Natale. Guardo il presepe scolpito,
dove sono i pastori appena giunti
alla povera stalla di Betlemme.
Anche i Re Magi nelle lunghe vesti
salutano il potente Re del mondo.
Pace nella finzione e nel silenzio
delle figure di legno: ecco i vecchi
del villaggio e la stella che risplende,
e l’asinello di colore azzurro.
Pace nel cuore di Cristo in eterno;
ma non v’è pace nel cuore dell’uomo.
Anche con Cristo e sono venti secoli
il fratello si scaglia sul fratello.
Ma c’è chi ascolta il pianto del bambino
che morirà poi in croce fra due ladri?
Salvatore Quasimodo
da Renza (Pisa)
Le invio una mia poesia con la speranza di un pur breve commento.
RispondiEliminaStefani Annamaria (Livorno)
L'aqutunno ha rapito il cielo terso
di un'estate variopinta di colori
e si dona stanco, e il cuore perso,
al dicembre povero di fiori.
Ma per le vie del centro alle vetrine
dona le foglie morte per guarnire
alberi a ciuffi e palle di Natale.
Ed è un profumo caldo che trasale
d'arrostite che torna a farmi male.
Porta con sé il ricordo di mia madre.
Cara Annamaria,
RispondiEliminala poesia è musicalmente valida, con un uso giusto dell'endecasillabo. La rima insistente contribuisce ancora di più alla sua scorrevolezza. Bella comunque la chiusura di un Natale, che, già emotivamente coinvolgente, porta, associato al suo profumo, il ricordo di una persona cara come la madre.
Il contenuto denota grande sensibilità e come impostazione la poesia non è male alla lettura.
Ciò fatto, in cava buca
RispondiEliminale posero, e di spesse e grandi pietre
un lastrico vi fêro, e prestamente
il tumulo elevâr. Le scolte intanto
vigilavan dintorno, onde un ostile
non irrompesse repentino assalto
pria che fosse al suo fin l’opra pietosa.
Innalzato il sepolcro dipartîrsi
tutti in grande frequenza, e nella vasta
di Prïamo adunati eccelsa reggia
funebre celebrâr lauto convito.
Questi furo gli estremi onor renduti
al domatore di cavalli Ettorre.
Prof. Franco Petruzzelli
Credo che gli ultimi versi del Poema si addicano
al suo blog tanto vario. (La traduzione è del Monti)
Riportiamo gli eccezioinali risultati letterari conseguiti in appena due mesi (gli ultimi due)dallo scrittore Pasquale Balestriere
RispondiElimina1) finalista (con altri quattro poeti) al Rhegium Julii ;
2) terzo per l'inedito all Histonium;
3) finalista al Dionysiakos-Antonio Cinque;
4) finalista per l'edito all'Antica Badia di San Savino:
5) menzionato (d'onore) al Laudato sii, o mi Signore;
6) segnalato al Città di Sant'Anastasia e al Città di San Bonifacio;
7) secondo al Guido Giustiniano di Napoli;
8) secondo al Marilianum di Marigliano (Napoli);
9) terzo al Sant'Elia Fiumerapido (primo Elio Pecora);
10) secondo all' "Alessandro Manzoni- Il Club dei Cento", Milano;
11) secondo al Nelso Tracanelli, San Michele al Tagliamento;
12) primo posto al Mino de Blasio, San Marco dei Cavoti, Benevento;
13) quarto posto al Satura- Città di Genova.
-
Complimenti all'amico Pasquale Balestriere
RispondiEliminaNazario Pardini
Anch'io mi associo ai complimenti per Pasquale Balestriere; deve avere una penna d'oro; io partecipo ai premi di poesia da due anni ma non ho mai ricevuto nessun riconoscimento. Lo invidio, perché a me basterebbe una segnalazione, intanto, per prendere un po' di coraggio. Forse, essendo io giovane, (ho 21 anni), devo ancora fare un po' d'esperienza. Vorrei che quel signore mi desse qualche consiglio: cosa leggere, che contenuti toccare, insomma qualcosa. Comunque le faccio i miei più sentiti complimenti, e lo invidio.
RispondiEliminaGiancarlo Tofanelli di Viareggio
CAPIT
RispondiEliminaPREMIO LETTERARIO "CITTA' DI FUCECCHIO" 2011
CAS. POST. 4
CHIAR. ARTISTA NAZARIO PARDINI
Con la presente desideriamo informarLa che la Giuria del Premio Letterario Le ha assegnato il Premio Finalista, Poesia Edita, per l'Opera Alla Volta di Leucade. Detto riconoscimento Le verrà consegnato sabato 10 dicembre pv nel corso di una cerimonia che si terrà nell'Auditorium del Poggio Salamartana alle ore 16.
Voglia gradire i più sinceri rallegramenti e saluti.
p. il Comitato CAPIT
Giulio Panzani
Il tramonto
RispondiEliminaHo visto dal colle
il tramonto confuso
disfarsi su zolle.
Non eri presente.
La mente mia stanca
ritorna assetata
sul colle di allora.
Mi manca quel giorno
di un tramonto diverso.
Si stagliava nel cielo,
mangiava le nubi,
e ci portava sul carro suo rosso.
Non sapeva la terra,
si stagliava nel cielo.
Lo so che questa mia poesia è piuttosto melanconica e forse un po' superficiale. Ma a me piace ed io l'ho voluta inserire fra le tante del suo blog. Spero di non apparire presuntuosa. E spero che la legge una persona in particolare.
Loredana da Sanremo
Cara Loredana l'ho letta, sei la stessa romantica inguaribile. Ho anche in mente "il tramonto diverso" della tua poesia. Mi hai commosso!! Veramente bella. Un abbraccio.
EliminaA Giancarlo Tofanelli di Viareggio
RispondiEliminaCaro Giancarlo,
mi permetto, data l'età (sono ormai un pensionato!),di darle qualche consiglio, come lei peraltro richiede. Premetto che i miei risultati non sono eccezionali (l'amico Nazario è sempre troppo buono!)e che altri poeti hanno fatto meglio di me.
Veniamo a ciò che le preme. Per imparare a scrivere non c'è una ricetta. Tuttavia mi sento di raccomandarle la lettura attenta e meditata, tanta lettura, soprattutto dei nostri classici (da Dante in poi, fino al Novecento) e, in più, l'amore per la lingua, per la nostra lingua italiana. La poesia è innanzitutto forma e una cattiva o insufficiente conoscenza della lingua è un gravissimo limite e non permette di incarnare il fantasma poetico. A provar sentimenti siamo tutti capaci: difficile è tradurli in vera poesia. Ma se abbiamo salda competenza linguistica l'impresa non è impossibile. E poi, prima che scrivere, occorre aderire profondamente alla vita; perché è la vita che ci "obbliga" poi a scrivere.
Queste cose, se gliele avesse chieste, gliele avrebbe potuto dire, anche meglio di me, il bravissimo Nazario Pardini, che naviga con padronanza e successo i mari della scrittura.
Con i migliori saluti e auguri
Pasquale Balestriere
Ringrazio di cuore il sign Pasquale Balestriere per i validi suggerimenti che mi ha dato e soprattutto per la gentilezza che lo distingue. Senz'altro deve essere una persona di grande umanità. Sa, io sono diplomato all'Istituto Tecnico Nautico, e di letteratura non è che ne abbiamo fatta tanta e neppure di lingustica, avendo avuto tante ore di tecnica nautica ed altre discipline connesse. Ma senz'altro ha ragione da vendere quando dice di affinare la lingua, perché io penso che sia un po' come la vanga per il contadino. Può avere tutte le buone intenzioni per la sua terra, ma se non possiede il mezzo per coltivarla, irrisoria sarà la produzione. Seguirò il suo consiglio e appena conseguirò un riconoscimento glielo farò sapere.
RispondiEliminaPer ora la saluto e le faccio tanti auguri di Buone Feste.
Giancarlo Tofanelli, Viareggio
Poesia di Giovanni Pascoli
RispondiEliminaGennaio
Nevica: l'aria brulica di bianco;
la terra è bianca, neve sopra neve;
gemono gli olmi a un lungo mugghio stanco,
cade del bianco con un tonfo lieve.
E le ventate soffiano di schianto
e per le vie mulina la bufera;
passano bimbi; un balbettio di pianto;
passa una madre; passa una preghiera!
Mi piacciono le poesie di Pascoli e questa in particolare. Anche se non proprio adatta al clima attuale, credo che sia la poesia che meglio rappresenta il mese di gennaio.
Vincenzo Isola d'Elba
PRENDI UN SORRISO
RispondiEliminadi Gandhi
Prendi un sorriso,
regalalo a chi non l’ha mai avuto.
Prendi un raggio di sole,
fallo volare là dove regna la notte.
Scopri una sorgente,
fa bagnare chi vive nel fango.
Prendi una lacrima,
posala sul volto di chi non ha pianto.
Prendi il coraggio,
mettilo nell’animo di chi non sa lottare.
Scopri la vita,
raccontala a chi non sa capirla.
Prendi la speranza,
e vivi nella sua luce.
Prendi la bontà,
e donala a chi non sa donare.
Scopri l’amore,
e fallo conoscere al mondo.
Ho postato questa poesia perché ritengo che sia la più adatta per ogni stagione.
Prof. Franco Petruzzelli
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
RispondiEliminaBello il titolo, e bella la poesia.
EliminaAngelo, Roma
Caro Lunardi,
RispondiEliminasenz'altro mi fa piacere leggere poesia. Il post è nato per questo. Tra l'altro la sua poesia è luminosa, allusiva, e musicalmente piacevole. Inoltre i riferimenti allegoricamente nascosti sulle illusioni e delusioni dell'umano vivere la rendono ancora più attuale. Incisivi i due versi finali.
Mi è piaciuta la poesia "Stanotte la luna" di Loredana di Pontassieve. Ci trovo una bella simbiosi di sentimento e concretezza.
RispondiEliminaRoberto, Lucca
Mi è giunto un inedito dello scrittore Pasquale Balestriere (nome affermato ormai sulla scena della poesia contemporanea)e sono orgoglioso e onorato di averlo sul mio post. E' certamente motivo di soddisfazione ospitare opere di grande prestigio. Certi nomi contribuiscono non poco ad accrescere la credibilità e il valore di questo ambito letterario. La poesia, fra l'altro, ha ottenuto importanti riconoscimenti in Premi Letterari Nazionali: un secondo, un terzo, un quarto posto, segnalazioni e menzioni di merito.
RispondiEliminaPasquale Balestriere
MEMORIE DI ULISSE
(Di navi e lombardi navigli)
E giaccio qui sul cuore di Penelope
alla tardiva fiaccola che brucia
l’ultimo buio della notte. Stanca
è però questa donna della tela.
La trama della vita anch’io ripongo
e ancora il tempo misuro tra luna
e luna, nel ricordo di violenti
schiaffi d’onda sul ben contesto guscio
che sbanda e salta e affonda con sussulti
di cuori e tenui speranze d’approdi.
Ah, pianure di Troia, dove in neri
grumi s’estinse tanto chiaro sangue,
dove i migliori compagni lasciarono
la vita, sciolte membra, per la via
maestra! Torti e canuti sentieri
a me il fato prescrisse, senza gloria.
(Ogni viaggio è compiuto. Sei venuto
a capo d’ogni rotta, i tanti sfagli
di cuore dominati dai ricordi.
Le stelle non ammiccano, silenti.)
Ci sono storie di navigli, presi
dalla terra e domati dai bardotti,
vènule di città, invasi un tempo
da grida di fatica, ora dismessi,
d’alzaie spenti e vedovi. Neppure
in quelli c’è più respiro di vento.
E’ tempo d’acquietarsi nella sera.
La sua poesia, sign. Balestriere, mi richiama i bei momenti dell'Istituto Nautico, quando "veri" professori recitavano brani di Poemi ricchi di storia e di cultura quali l'Iliade, l'Odissea o l'Eneide (anche se in quel tipo di scuola altre materie ci impegnavano di più). Ho avuto l'occasione di apprezzarla, sul post, per gli innumerevoli Premi da lei conseguiti, ed ora ho la conferma del suo valore. Intendiamoci bene, non è che io apprezzi la sua poesia solo perché mi richiama quella classica. Sarebbe poco. E' la trama moderna, con i suoi riferimenti, sottintesi, ad una attualità priva di valori, (come lei afferma) che la completa. La vedo come opera dettata da una notevole preparazione metrica e culturale. Si legge tanta poesia che nella intenzione di apparire nuova scade nell'ovvio, e nel semplicistico. Sarebbe l'ora di tornare un po' a infarinarsi di classicismo e dare una veste solida a dei valori che il modernismo con la sua fretta e superficialità rischia di invalidare.
EliminaMi scusi se ho scritto qualcosa che non torna, ma quello che ho detto lo sento veramente.
Giancarlo Tofanelli, Viareggio
P.S.
Finalmente l'ho ottenuta quella segnalazione a cui aspiravo. (Ad un Premio di Spezia).
La ringrazio, Sig. Tofanelli.
EliminaHa visto che il primo riconoscimento è arrivato?
Legga molto e "viva" la vita!
Pasquale Balestriere
Mi piace questa poesia. E' bella e molto simbolica.
EliminaAntonio
Poesia bella, costruita con grande sentimento, e piacevole a leggersi.
EliminaLuigi, Buccino
Questa poesia del sign Balestriere è la diomostrazione che si può fare vera arte senza avventurarci in sperimentalismi o ismi, ismi inconcludenti e arruffoni che la letteratura contemporanea ci ha proposto e continua a proporci; tipo la poesia di uno Zanzotto, o quella di correnti (se Dio vuole finite nel macero) che hanno continuato ad esaltare la parola, il suono, senza dare alcuna importanza ai contenuti (vedi Sansonetti).
EliminaLa proposta di Balestriere è la dimostrazione che non si può prescindere da una simbiotica fusione di parola, cultura, armonia e rispetto del bello per fare buona poesia.
Prof. Franco Petruzzelli
Caro Pasquale,
RispondiEliminaè una poesia che può valorizzare solamente una giuria competente. Il lessico è puro e calzante nella sua complessità d'armonia metrica e compattezza stilistica. Grande l'aderenza fra parola e attualizzazione del mito. Il prolungamento dei versi sa sciogliere efficacemente l'endecasillabo in narrazione avvincente e persuasiva.
E' una poesia che ti appartiene; è tua; fa parte del tuo modo di sentire e scrivere; è una poesia che emana sapore di scrittura classicamente moderna. Il senso della vita e anche di un ritorno oraziano sempre vivo "Dum loquimur fugerit invida aetas", permeano l'andamento del tema al punto che il tuo Ulisse o la tua Penelope possono essere benissimo due personaggi di una moderna trama pirandelliana, dove l'allusione alla precarietà del vivere è motivo dominante della poesia contemporanea.
L'amico Nazario
Caro Nazario,
Eliminala tua ben nota acutezza critica ti ha suggerito subito la lettura giusta. Sì,i due personaggi mitologici travalicano ogni barriera temporale per situarsi, con la loro problematicità, in ogni contesto storico che abbia come elemento fondante l'uomo e la sua precaria vicenda, oggi più che mai avvertibile anche per il tramonto di miti, ideologie e valori.
Con grande stima e amicizia
Pasquale
Caro Pasquale,
Eliminaè facile interpretare una bella poesia come la tua. Ti ringrazio per la tua assidua presenza.
L'amico Nazario
Poesia per la Candelora
RispondiEliminadi Renzo Pezzani
La Candelora
Due febbraio. Accendete
la candelina di purificazione...
Farà lume a un'orazione,
d'innocenza splenderete.
...Non è ancora primavera.
Ne è dolce promessa:
fiamma accesa, odor di cera
come in chiesa la prima messa.
Da Giancarlo Tofanelli, Viareggio
Attero
RispondiEliminaAttero languo e da dove pioggia e fango
intrisi di morte alimentano
la mia terra, ti ammiro al sommo falco
che stendi le tue ali. Puoi vedere
baluginare il piano oltre il crinale
del monte cinerino. Ti puoi alzare
oltre le cime bianche e sopra il vuoto
antalgico al livore. Gli occhi miei
vedono ombre errare oppure odono
le gazzarre di uccelli dissolventisi
tanto piccoli sono. Ma sul suolo
i piedi, infitti nella terra umida
di rugiada che scopre, s’impaludano.
Tu gioisci dell’aria. E tutto breve,
tutto piccolo miri dagli spazi
diafani. Ti precipiti
con volo a picco sulla preda rapido
non arido nell’animo, soltanto
lontano. E il male sfugge dalla vista
oltre le cime. Immerso nelle vene
come stiance nei laghi, io terreno
mi sento. Ed il mio volo
è affidato soltanto alle memorie
che languiscono dentro. Io credo che
tu non conosca proprio l’ombra nera;
che la porti semmai con il tuo sfaglio
repentino e immediato. Circolare
ho visto spesso in cielo il tuo natare
sopra di me che pavido m’interro.
Giancarlo Tofanelli, Viareggio
Da una mia silloge inedita: "Attero"
La poesia mi sembra un po' abbondante di significati e alquanto difficile alla lettura.
EliminaAntonio
Questa poesia è alquanto abbondante e troppo forbita, secondo me, anche se il contenuto invita alla riflessione. Infatti è una verità che la nostra terra risulti un miscuglio di terra e morte; basta pensare a quanta morte ha dovuto assorbire dalla sua nascita: e noi viventi camminiamo sulle morte stagioni.
EliminaLeonardo, Vada
La poesia rivela indubbie capacità, da affinare, però.
EliminaC'è attenzione un po' eccessiva all'aspetto verbale (che è piuttosto barocco), con qualche ricercatezza non sempre ben intonata al contesto. Ne risulta un certo sbilanciamento tra significante e significato. Conviene puntare più sull'essenzialità, su ciò che è veramente necessario alla poesia. Senza nulla di più.
Pasquale Balestriere
O FALCE DI LUNA CALANTE
RispondiEliminaGabriele D'Annunzio
O falce di luna calante
che brilli su l’acque deserte,
o falce d’argento, qual mèsse di sogni
ondeggia al tuo mite chiarore qua giù!
Aneliti brevi di foglie,
sospiri di fiori dal bosco
esalano al mare: non canto non grido
non suono pe ’l vasto silenzio va.
Oppresso d’amor, di piacere,
il popol de’ vivi s’addorme...
O falce calante, qual mèsse di sogni
ondeggia al tuo mite chiarore qua giù!
Ho sempre amato l'arte forbita, ricercata e culturalmente densa del D'Annunzio. Ho voluto lasciare una mia testimonianza d'affetto ricordandolo con una delle sue più brevi ma incisive poesie.
Luigi Sacco, Pescara
Liguria
RispondiEliminaVincenzo Cardarelli
...Il mare in certi giorni
è un giardino fiorito.
Reca messaggi il vento.
Venere torna a nascere
ai soffi del maestrale.
O chiese di Liguria, come navi
disposte a esser varate!
O aperti ai venti e all'onde
liguri cimiteri!
Una rosea tristezza vi colora
quando di sera, simile ad un fiore
che marcisce, la grande luce
si va sfacendo e muore.
Mario Andrioli, Manarola (Cinque Terre)
Questa poesia la si può leggere, scendendo giù al mare, in alto aggrappata al cimitero a dominare la vastità dell'orizzonte marino della mia Manarola.
Le mitiche Cinque Terre: Riomaggiore, Manarola, Corniglia, Vernazza, Monterosso. Aiutatele venendo a trovarle. A Manarola potrete commuovervi davanti al Presepe animato che copre una intera collina.
La poesia estemporanea popolare in ottava rima si sviluppò soprattutto in Toscana e in maniera particolare nel senese.
RispondiEliminaSi facevano delle vere sfide proprio in ottava rima fra contadini e popolani e tutto andava a finire in un bel pranzo rusticano. L'ottava rima consiste in una strofa di otto versi di 11 battute così rimati: ABABAB con un distico finale CC.
L'Ottava rima è una metrica utilizzata da poeti e cantori, in maniera particolare nel Senese, che appartiene al folklore toscano e non solo.
Ancora oggi molti poeti si sfidano a colpi di ottava in quanto questa metrica e questo stile permettono l'improvvisazione.
L'ottava vima è costituita da endecasillabi, cioè da versi di 11 battute che non corrispondono sempre al conteggio delle sillabe, bensì alle "emissioni".
Facciamo un esempio (vi divido il verso per il conteggio):
"Vi-ta-tre-men-da-vi-ta-di-spe-ra-ta (11)
chi - 'un l'ha-pro-va-to-'un lo-può-imma-gi-na-re (11)"
allora... il concetto dell'endecasillabo mi è chiaro, inteso non come "battute" ma "emissioni"...
L' Ottava Toscana
Lo schema rìmico più utilizzato è quello dell’ottava a rima toscana, detta anche ottava o stanza, è una strofa composta di otto endecasillabi rimati,
che seguono lo schema ABABABCC, quindi i primi sei endecasillabi sono a rima alternata, e gli ultimi due a rima baciata ma diversa da quelle dei versi precedenti.
Un esempio di ottava a rima toscana in ABABABAB, senza distico finale.
Or, se mi mostra la mia carta il vero,
non è lontano a discoprirsi il porto;
sì che nel lito i voti scioglier spero
a chi nel mar per tanta via m'ha scorto;
ove, o di non tornar col legno intero,
o d'errar sempre, ebbi già il viso smorto.
Ma mi par di veder, ma veggo certo,
veggo la terra, e veggo il lito aperto.
(Ludovico Ariosto Orlando Furioso 6,1)
Mi piacerebbe leggere un esempio di ottava rima popolare, e non quella di un Ariosto o di un Tasso.
Elimina"Un esempio di ottava a rima toscana in ABABABAB, senza distico finale"?
EliminaSicuramente per distrazione, l'anonimo ha postato un'ottava ariostesca ABABABCC, non "senza", ma "con" distico finale.
Pasquale Balestriere
Eccolo un vero esempio di ottava rima popolare
RispondiEliminaBella sarò per te quando fa sera
non oscurare d'ombra la tua gioia
se il sole cola dentro la sua giara
ti inonderò di luce e a primavera
bella sarò con te stella guerriera
luciderò la spada e l'armatura
furia dei mari splendida sirena
ti spaccherò di baci a luna piena
Fabry
RISUONA NCORA
RispondiEliminaDalla Silloge: “Le stelle del cielo e del mare”. Booksprint Ediztore. Buccino 2012. Pp. 41. Euro 12,40. Di Nina Amarando
Ancora nel cuore risuona il Mare
Con il tumulto della sua mancanza.
Si placa all’istante per qualche secondo,
Per entrare di nuovo
Nel brontolio gigantesco delle onde.
Nell’affievolirsi del ricordo nitido
Udirò la sua mancanza,
E nelle acque lustrali dei ricordi
Mi abbandonerò
Alle raffiche capricciose dei venti
Che portano un saluto perpetuo
Da parte del Mare.
Come una coppa piena di lacrime,
Il Mare traboccherà delle stelle,
Sgorgate dai rombi alti,
Nella nube dorata delle sabbie.
Incamminerò le terre lontane,
Navigherò le onde dell’esistenza,
Dell’acqua limpida custodirò il segreto
Nell’ammarrare alle rive sicure.
Rimpiangerò le onde schiumeggianti,
Scatenate nella danza fatale dell’acquamarina
Del fracasso di liberazione.
Il silenzio dell’istante sfuggente
Canterà della libertà emanazione.
Un’altra tempesta accoglierò
Che coinvolgerà i punti luce della mia essenza.
Nel vortice gigantesco entrerò,
Pervasa dai sogni rimossi,
Di aver viaggiato per un trilione di universi,
Per non dimenticare nelle avventure terrene
Che proveniamo dalle Stelle …
Del Cielo e del Mare.
Nina Amarando
Sono Franco di Cagliari e anch'io mi diletto di poesia e partecipo a qualche concorso. Ho letto le molte poesie che sono presenti su questo post ed ho apprezzato in particolare
RispondiElimina"L'autunno ha rapito il cielo terso", "Oh terra di novembre", e "Memorie di Ulisse". Naturalmente considerando quelle di autori meno conosciuti, perché ci sono componimenti di poeti quali Ungaretti, Cardarelli, D'Annunzio e altri che arricchiscono il post dandogli un sapore letterario di alto livello. Ma queste tre poesie mi hanno veramente convinto:
La prima per la semplicità e la naturalezza con cui l'autrice riesce ad associare l'atmosfera del Natale al ricordo della madre. La seconda nella parte finale, soprattutto, dove ci sono delle pennellate sul novembre veramente da pittori. E convince questa atmosfera dei campi crudi e dei richiami melanconici delle tortore associata al periodo dei morti. "Le memorie di Ulisse" è una poesia che tutti vorrebbero sapere scrivere. Non è appesantita dal condimento storico, ed è vicina all'uomo come essere fatto di presente e di ricordi. Scusate se sono stato un po' prolisso, ma leggendo poesia mi viene tanto da scrivere. Gradirei anche dei confronti con i lettori, che vedo ce ne sono; che mi contraddissero se necessario o confermassero i miei giudizi, o mi ribattessero con altre scelte.
Viva la poesia, Franco.
A presto mi farò leggere anch'io con la speranza di ricevere qualche giudizio positivo.
E' giunta l'ora. E' tardi sai bambina.
RispondiEliminaLa vetrina è impossibile per noi.
Dobbiamo solo andare. Il carnevale
è ricco di coruiandoli e colori,
di cose ingigantite; amdiamo via.
E' triste questa gioia esagerata.
Facciamo sia la fine. La giornata
finirà in un grande freddo. Andiamo via.
Torniamo alla tua vita,
fatta di cose semplici ed umane.
Franco da Cagliari.
Forse triste, ma questo è un po' il mio modo di scrivere.
Poesia intensa, molto sentita. Credo che i personaggi siano due: un adulto ed una bambina. Siamo a carnevale che invece di procurare gioia è visto come una festa forzata e illusoria. L'adulto penso sia il padre che rivolgendosi alla figlia le dice di tornare alla vita semplice, lontana da gioie fasulle ed eccessive. Fra l'altro c'è una vena, nel sottofondo, di indigenza: "La vetrina è imossibile per noi" a rendere deamicissiano l'insieme. Forse un po' troppo triste. E' vero che il carnevale fa più tristezza che gioia, ma qui sono troppe le note a suscitare melanconia.
EliminaGiorgio di Piano di Sorrento
Poesia troppo triste.
EliminaAlessandro Pisa
Non è vero che il carnevale è triste. Io ho una bimba e non vede l'ora di andare a Viareggio all'appuntamento annuale. E come si diverte. Ed io come gioisco nel vederla felice.
EliminaSirio da Pontedera
Invio questa poesia di Rodari per me un doloce ricordo, perché la maestra ce la fece imparare a memoria circa 26 anni fa, ed ancora la ripeto ai miei figli.
RispondiEliminaFilastrocca di Carnevale di Gianni Rodari -
Carnevale -
Carnevale in filastrocca,
con la maschera sulla bocca,
con la maschera sugli occhi,
con le toppe sui ginocchi:
sono le toppe d'Arlecchino,
vestito di carta, poverino.
Pulcinella è grosso e bianco,
e Pierrot fa il saltimbanco.
Pantalon dei Bisognosi
Colombina, dice, mi sposi?
Gianduia lecca un cioccolatino
e non ne da niente a Meneghino,
mentre Gioppino col suo randello
mena botte a Stenterello.
Per fortuna il dottor Balanzone
gli fa una bella medicazione,
poi lo consola: E'carnevale,
e ogni scherzo per oggi vale.
Rossana Filidei di Costalpino (Siena)
Invio la mia poesia che ho composto ispirandomi ad una veduta mozzafiato da una collinetta sul lago di Como.
RispondiEliminaVedo dal monte il cielo che si rompe
in cocci di bottiglia e gli aironi
che dolcemente planano nel lago.
Vedo le chiome argentee degli ulivi
che corrono sul piano e dentro me
vivo tanta bellezza.
Non ho altro che gli occhi,
non altro che l'animo,
ma è qui la mia ricchezza e non ambisco
ad essere il più ricco al cimitero.
Ettore da Menaggio (Como)
Invito i frequentatori a correggere bene prima di postare, per evitare refusi.
RispondiEliminaNazario Pardini
Leggo tanta poesia. Ma cosa intendete per Poesia? Da quello che leggo mi sembra che la maggior parte di voi esprimano sentimenti, anche se belli, puramente personali, lirici: ricordi, amori, riflessioni esistenziali... Ma io per poesia intendo qualcosa di più "sodo". La poesia non significa né piangersi addosso, né ispirarsi alla storia o alla mitologia solo per attualizzazioni personali. La poesia deve essere impegnata, deve prendere spunto dalla realtà, e farsi messaggio sociale. La poesia deve avere come obiettivo quello di migliorare il mondo, che tanto ne ha bisogno. Deve parlare dei problemi da risolvere, deve parlare di quella gente che non ha niente, e che non arriva alla fine del mese, deve parlare di tutti coloro che soffrono e cercare di stimolare questa politica fasulla a dare la possibilità ai giovani di credere, e agli anziani di sperare. Questa è la vera poesia utile alla società.
RispondiEliminaE la sola che possa avere una giustificazione.
Enrico Bongianni, Castelletto Molina, (ASTI)
Caro Enrico,
RispondiEliminaio capisco il tuo sfogo estetico. Hai ragione quando affondi il coltello nelle piaghe della nostra società. Ed hai ragione quando dici che bisogna cercare di migliorare le condizioni dei più deboli e dare più speranze concrete ai giovani. Ma l'arte, abbi pazienza, non è solo messaggio politico-sociale. L'arte è l'espressione più schietta di quello che sentiamo, significa tradurre in parole, in musica, in scultura o altro quella parte più intima della nostra esistenza. Se tu mi costringi a fare dell'arte l'ancella della politica o dei problemi della società, viene a mancare proprio l'elemento primo, basilare dell'arte stessa: la libertà. L'arte non può essere mai a comando. Se tu mi dai un tema ed io su quel tema ti devo scrivere una poesia, non riuscirò mai a comporre qualcosa di bello. Ed è proprio col Romanticismo che nasce l'idea della libertà artisica, per cui da là in poi è l'artista che offre il suo prodotto al fruitore, e non il fruitore che comanda un'opera all'artista. I tuoi principi sociali credo che siano basilari per una società corretta e democratica, ma l'arte è altra cosa.
Nazario Pardini
Credo sia appropriato riportare una delle poesie più conosciute e più belle della nostra letteratura, a proposito. E credo che Leopardi no si ponesse tanti problemi sociali quando la compose. (Prof. Franco Petruzzelli)
RispondiEliminaA Silvia
Silvia, rimembri ancora
quel tempo della tua vita mortale,
quando beltà splendea
negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
e tu, lieta e pensosa, il limitare
di gioventù salivi?
Sonavan le quiete
stanze, e le vie dintorno,
al tuo perpetuo canto,
allor che all'opre femminili intenta
sedevi, assai contenta
di quel vago avvenir che in mente avevi.
Era il maggio odoroso: e tu solevi
così menare il giorno.
Io gli studi leggiadri
talor lasciando e le sudate carte,
ove il tempo mio primo
e di me si spendea la miglior parte,
d'in su i veroni del paterno ostello
porgea gli orecchi al suon della tua voce,
ed alla man veloce
che percorrea la faticosa tela.
Mirava il ciel sereno,
le vie dorate e gli orti,
e quinci il mar da lungi, e quindi il monte.
Lingua mortal non dice
quel ch'io sentiva in seno.
Che pensieri soavi,
che speranze, che cori, o Silvia mia!
Quale allor ci apparia
la vita umana e il fato!
Quando sovviemmi di cotanta speme,
un affetto mi preme
acerbo e sconsolato,
e tornami a doler di mia sventura.
O natura, o natura,
perché non rendi poi
quel che prometti allor? perché di tanto
inganni i figli tuoi?
Tu pria che l'erbe inaridisse il verno,
da chiuso morbo combattuta e vinta,
perivi, o tenerella. E non vedevi
il fior degli anni tuoi;
non ti molceva il core
la dolce lode or delle negre chiome,
or degli sguardi innamorati e schivi;
né teco le compagne ai dì festivi
ragionavan d'amore.
Anche peria tra poco
la speranza mia dolce: agli anni miei
anche negaro i fati
la giovanezza. Ahi come,
come passata sei,
cara compagna dell'età mia nova,
mia lacrimata speme!
Questo è quel mondo? questi
i diletti, l'amor, l'opre, gli eventi
onde cotanto ragionammo insieme?
questa la sorte dell'umane genti?
All'apparir del vero
tu, misera, cadesti: e con la mano
la fredda morte ed una tomba ignuda
mostravi di lontano.
- Giacomo Leopardi
Ho letto la diatriba sull'arte: impegnata e lirica. Io credo che non ci sia distinzione fra poesia impegnata e poesia lirica; la poesia è tutta lirica di qualsiasi argomento tratti, purché sgorghi spontanea dall'animo dell'artista. Anche un argomento impegnato, quindi, sociale o politico, se fortemente sentito si fa lirico, soggettivo e in quanto arte oggettivo. Certo è necessario che tale argomento non sia forzato, e che la poesia non sia sottomessa al contenuto.
RispondiEliminaLuisa Lombardo (Passirano Brescia)
Vorrei inserirmi nella discussione sulla poesia, rivolgendomi direttamente a chi l'ha provocata.
RispondiEliminaLa poesia,egregio Sig. Enrico, non accetta alcun "deve", verbo che lei ripete più di una volta. E sa perché? Perché la poesia è per sua natura libera, essendo essa stessa atto creativo. Ciò non significa che la poesia non possa trattare i temi che lei cita, proprio perché essa non conosce limitazioni o confini, ma neppure può essere obbligatoriamente finalizzata a tali temi né da essi determinata. Dunque niente poesia organica a tesi da dimostrare e a finalità precostituite. Insisto sul concetto di libertà e di spontaneità dell'arte.
Fatte queste premesse, affermo che si può far poesia su tutto. A patto di essere spontanei e onesti con sé stessi e con gli altri, cercando di realizzare vera arte. Ognuno come sa e può.
E, in ultimo, ricordi, Sig. Enrico: la poesia è sempre "personale", ed è tanto più riuscita quanto più è condivisa.
Pasquale Balestriere
Tutti i vostri interventi, mi dispiace, non mi convincono. Libertà. Ma di quale libertà si parla. Dove trovate la libertà per scrivere poesia. In un mondo dove non c'è libertà sociale, dove mancano gli elementi principali per vivere, dove i diritti essenziali sono calpestati? Come si può fare poesia scrivendo di rore o fiordalisi in tale mondo? La poesia può ritrovare la sua valenza se veramente, quale messaggio massmedsiatico, contribuisce con il suo potere a cambiare il volto di un paese ingiusto, senza morale, e dove i poveri sono sempre più poveri e i ricchi si beffano della nostra miseria. Fossi un poeta, o uno scrittore questo sarebbe il mio obiettivo.
RispondiEliminaEnrico Bongianni
Questo, Sig. Enrico Bongianni, è un mondo con tanti difetti, ma certamente più libero di quanto lo fosse cinquanta o venti o solo dieci anni fa. Tuttavia non abbastanza libero, non almeno quanto dovrebbe. E con ingiustizie sociali e altre negatività.La poesia può contribuire, certo, a migliorare questa realtà. Ma la poesia non è un tema in classe,con il prof. che detta la traccia e gli alunni che eseguono. La poesia è libera, ama la libertà, vive per la libertà, esiste solo nella libertà.Che in (discreta) parte esiste, anche se lei non la vede. Lei invece vuole a tutti i costi una poesia finalizzata alla redenzione e al miglioramento del popolo. Questa poesia già esiste ed è spesso retorica almeno quanto quella delle "rose" e dei "fiordalisi".
EliminaCerchiamo di essere realisti e onesti con noi stessi; e soprattutto chiari. La poesia può trattare qualsiasi argomento, ed è bene che tocchi anche le realtà che lei dice e che , caro Enrico, stanno a cuore non solo a lei. Ma se essa (cioè la poesia) è insincera, se è forzata,se è enfatica, come pure se è sdolcinata, zuccherosa, leziosa,falsa, essa è disonesta e indegna. Senza scampo.Ripeto: il poeta crea come sa e può, come gli detta la coscienza, l'arte e la vita. Spero di essere stato chiaro questa volta.
Pasquale Balestriere
GIOVANARDI: Mi chiamo Stefano Giovanardi. Sono docente di Letteratura italiana moderna e contemporanea all’Università di Pavia, e "critico letterario" presso il quotidiano "La Repubblica" e il settimanale "L’Espresso". La puntata odierna è dedicata al tema "Poesia e impegno civile". Prima della discussione osserviamo una scheda filmata.
EliminaPoesia e impegno civile non trovano facilmente un accordo, poiché ciò che vi è di autentico nell’espressione poetica sembra parlare una verità dell’uomo e del mondo, che trascende sempre la visione a una sua particolare verità storica. La poesia vive della possibilità di trasfigurare in ogni momento un modo di dire e una visione delle cose in un evento completamente nuovo. Perciò, molte volte, nella storia della cultura occidentale, qualcuno si è arrogato il compito di mettere in riga i poeti, bandendoli dalla Repubblica o predisponendo per loro uno spazio legittimo di espressione. La poesia e la letteratura vivono, quindi, nella lotta contro la loro degenerazione nel moralismo e nella falsificazione della realtà. Ma questa battaglia per la sincerità dei gesti e degli sguardi, per l’autenticità per ciò che ci attrae e riempie la nostra vita, oppure che la svuota e la rende vuota, questa battaglia ha un’importanza capitale per la difesa degli esseri umani. La poesia ci racconta della dimensione contingente e particolare degli interessi umani, della molteplicità e la diversità degli orizzonti di vita. Da essa, come dalla buona arte, apprendiamo come distinguere tra ciò che è profondo e ciò che è banale, tra il sentimento autentico e il sentimentale, tra l’equanime e il tendenzioso. Apprendiamo lo sforzo di superare le fantasie personali per descrivere la realtà nella sua varietà, che nessuna ideologia o religione può mai racchiudere in una formula. Ma questo insegnamento trae la sua forza dall’indipendenza della poesia dalla politica e dalla morale, dalla sua libertà. Come apprendere tale insegnamento senza mai rovesciarlo nel suo opposto, nell’arte per l’arte, nella chiusura dell’estetica alla vita?
STUDENTESSA: Perché un poeta dovrebbe scegliere proprio la poesia come mezzo di trasmissione dei valori sociali?
EliminaGIOVANARDI: L’essere poeti significa entrare comunque nella sfera dell’estetica, entrare comunque nella produzione artistica. Non credo che si decida di essere poeti. La poesia non deve subire una decisione, ma una forza interiore. Considerate la forza interiore e la decisione del poeta di assumere un ruolo sociale, e pertanto di entrare nel circuito comunicazionale, l’espressione artistica viene caricata di una serie di valori, scelti, di volta in volta, in base alle contingenze storiche o alle esigenze psicologiche dell’autore. Non ritengo che si diventi poeti per essere "impegnati". Si è poeti anzitutto, e, in determinate circostanze della propria vita, si è anche poeti "impegnati".
Non è forse Ungaretti colui che meglio esprime l’impegno civile in una poesia? La poesia di guerra ungarettiana non è già un modo per dimostrare l’impegno civile?
EliminaGIOVANARDI: La poesia può sicuramente essere patriottica. Del resto, la poesia del Romanticismo Italiano è una poesia patriottica per elezione. Sull’impegno civile di un poeta come Ungaretti io avrei francamente qualche dubbio. Con ciò non intendo svalutare la poesia ungarettiana. "Soldati, si sta come d’autunno sugli alberi le foglie" si riferisce alle condizioni della trincea e alla precarietà delle vite umane in guerra, ma in un alone di soggettività del poeta fortemente imperante. L’io del poeta domina la scena. Sono atomi di una emozione fortemente soggettiva, sensazioni di un attaccamento alla vita dell’io che emergono in primo piano. In tutte le poesie di trincea di Ungaretti, raccolte ne Il porto sepolto, è presente il protagonismo del soggetto, il protagonismo dell’io, che inevitabilmente relega in secondo piano il dramma collettivo della guerra. Un effetto di "impegno" può scaturire da qualsiasi cosa. Si può recepire un messaggio "impegnato" anche da Il porto sepolto. Tuttavia, avendo a mente la volontà di partenza dell’autore e la destinazione che l’autore ha inteso dare a queste poesie, ho più l’impressione che siamo sul piano dello sfogo privato e dell’esaltazione della soggettività, che su quello della denuncia degli orrori bellici
Mi pare che i miei due interventi siano una sintesi di quanto autorevolmente afferma il prof. Giovanardi. Sono contento di questa convergenza di idee e convinzioni. E grazie all'anonimo, che con tre post consecutivi ha portato un contributo chiarificatore ala discussione.
EliminaPasquale Balestriere
In attesa di inviarle come promesso il mio libro
RispondiEliminaE' tempo
è tempo che sverni il cuore
nelle lusinghe dell'alba acquartierato già lungamente,
e per ogni canto vada
ravvivando secchi sospiri
già colmi di neve;
è tempo che insegua gli uccelli
salendo lascivi
nella brezza nuova carezzati,
tutti per la festa azzurra del cielo;
è tempo che la nuvola corra
innamorato il sole con essa
si nasconda più infondo del monte
più lontano nel tempo
dove i baci non si appagano nei tramonti,
dove è tempo che si sogni ancora
mirando una tenue stella,
è tempo che si guardi oltre la notte.
c.
La poesia è pregna di profondi significati. E' intrecciata da una sottile musicalità che la rende piacevole alla lettura, anche se nutrita di un liberismo strutturale moderno, che di solito non è in simbiosi con armonie endecasillabe o settenarie. L'afflato che si respira a prima lettura è un amore libero e partecipativo per tutto ciò che manifesta bellezza ed esistenza; il poeta esprime questo senso di libertà affidandosi alla natura, che si rende estremamente partecipe della sua confessione: ...è tempo che insegua gli uccelli / salendo lascivi / nella brezza nuova carezzati...". La struttura ben tessuta di un dire metaforico denota una certa convinzione e padronanza lessico-fonica. E' tempo che sverni il cuore, ma non solo, è tempo anche che si guardi oltre la notte. La chiusura allude certamente ad un azzardo che vada oltre lo spegnersi del cielo. Oltre gli spazi ristretti dei confini. Poesia che suscita emozioni e riflessione.
EliminaSpero giungano dei commenti da parte dei lettori.
I miei complimenti.
Nazario Pardini
Ho letto la poesia or ora giunta sul post e sinceramente mi è piaciuta. Dà un senso di apertura primaverile, di vita che si dona al cielo, al sole, alle nuvole, alla natura insomma vista come realtà umanizzata. E' molto simbolica, e positiva, per cui anche la notte per il poeta non dece essere impedimento alla gioia di vivere. Mi è piaciuta anche la breve critica del Prof. Pardini
EliminaComplimenti al sig. c.
Prof Franco Petruzzelli
Per me questa poesia nasconde allegoricamente l'uscita da momenti di tristezza e la volontà di aprirsi alla vita. La notte rappresenta la fine, ma per il poeta è il tempo di guardare oltre.
EliminaInes, Fianello (Rieti)
Elimina
Sì, sono d'accordo con l'ultimo commento. E' una poesia che denota bisogno di libertà e di apertura a sogni. E' tempo che il cuore esca dal suo torpore e si slanci verso la vita e oltre. Anche la notte, metaforicamente, non sia un ostacolo. Il pensiero vada oltre.
EliminaGraziella, da Trento
Credo sia quello conclusivo il verso-chiave di questa poesia: "è tempo che si guardi oltre la notte" esprime (anche metricamente) il desiderio dell'autore di unirsi al canto della Natura, che sempre rigenera e infonde amore nel cuore dell'uomo.
EliminaSandro Angelucci
S'increspa il lago verde dei tuoi occhi
RispondiEliminaS'infrasca il vento dentro scorciatoie
di rami sottilissimi vibranti
ed è lamento d'arpe pizzicate
da imperiose e pur frementi dita.
S'increspa il lago verde dei tuoi occhi
s'incupisce
e mi risucchia l'anima leggera
che vola a te con ali di farfalla.
Carla Baroni, da: Canti d'amore per San Valentino
Ho inseguitom pensieri
RispondiEliminaHo inseguito pensieri
i miei pensieri
con la strisciante identità di un serpe
che con colpo di reni li travolge.
Ho inseguito pensieri
altrui pensieri
con la ronzante identità dell'ape
che vi penetra e dentro sugge il cuore.
Soltanto i tuoi attendo
che tu me li regali ad uno ad uno
sfiorando fiducioso le mie dita
gli occhi negli occhi liquidi dell'onda
che già appartiene ad uno stesso mare.
Carla Baroni, da: Canti d'amore per San Valentino
Fra la seconda metà del Settecento e la prima metà del Novecento la poesia occidentale si trasforma completamente e, al termine di un processo che in un breve arco di tempo distrugge convenzioni millenarie, i poeti acquistano possibilità del tutto nuove: possono scrivere in modo oscuro, infrangere le regole del metro e della sintassi, rinnovare continuamente il lessico, eliminare ogni mediazione fra la propria persona biografica e il personaggio che nei testi dice "io". La poesia diventa così il genere più egocentrico della letteratura moderna, una forma d'arte che rappresenta frammenti autobiografici in uno stile soggettivo.
RispondiEliminaHo trovato su internet questa sintesi sulla poesia contemporanea, che spero vi faccia piacere leggere.
Franco da Portina, Arezzo
Commento ad alcune poesie di Sandro Angelucci sul Blog
RispondiEliminaantonio.spagnuolo.com
Scrivere di Poesia, e fare Poesia sono cose serie; non si improvvisa, se poveri di mente o di emozioni. E basta questo? No di certo. Lo scoglio più grande è forse la parola, che il poeta, come giocoliere, lavora, rintaglia, smussa, arrotonda, dilata, inventa insomma, fino a darle quel senso umano che dell'umano ha qualcosa di più. Se poi la Natura ti s'aggrappa all'anima, la fa sua, la raspisce e la trascina fra colline aspre di mare, o su montagne brillanti di neve, o su piane che non hanno limiti oltre cui si azzarda il cuore, quella Natura generosa e umanizzata te la ridona la tua anima, ma carica di sostanza e di colori che parlano di te, della tua storia. E' lei che dice tutto, e tu, silenzioso e in estasi, l'ascolti mentre proficua ti rende la sua preda.
"Se non si può
almeno ci si provi con il cuore
ad intuire:
ci scopriremo non formati ancora
proiettati come luce nel futuro." E' tutto là il grande senso della poesia: andare oltre i confini dello spazio ristretto del soggiorno.
Ed è quello che fa Angelucci con le sue impennate verbali, con le sue intuizioni etimo-foniche, con le sue vibrazioni interiori e con quel grande slancio estetico-linguistico vòlto a completare quell'equilibrio eternamente umano e dis/umano fra l'anima che canta e la parola che suona. Ed è proprio Angelucci a dimostrrarci che la Poesia non è uno scherzo, è proprio lui che con i mezzi umani, forse troppo umani, cerca con una vertginosa verticalità, di allungare lo sguardo oltre quei limiti che esigono l'apporto dell'anima. Se poi l'abbondanza di emozioni è sorretta e controllata da intrecci metrici di grande impatto armonico si fa esemplare il dettato poetico. E parlo dell'impiego di una saggia varietà versificatoria, che passando da misure brevi quali quinari o senari, prepara il terreno a una cascata di armonie endecasillabe, epicentri e culmini di luminosa liricità.
"Forse il segreto
è quello di non porsi le domande
che non possono avere una risposta
o, se ce l’hanno,
è quella che sappiamo,
che da sempre fingiamo d’ignorare"
Direbbe il poeta: "La vita ha bisogno del sogno, come la morte ha bisogno della vita.
Ma è proprio la morte a far sì che il sogno vada oltre l'umano per farsi sostanza, e pezzo di un cuore che vinca la sorte."
Nazario Pardini
A tutti i lettori questi sentiti auguri di Buona Pasqua per mano della scrittrice Fulvia Marconi:
RispondiEliminaChe pace…qual ‘’Madre Divina’’
conduca quell’’alba sul mondo,
sognata dall’anime quiete
nel casto cercare rifugio
in brezze celesti d’amore.
Buona Pasqua
Fulvia Marconi Ancona
La poetessa Fulvia Marconi ha conseguito un brillante successo al Premio Letterario "Il Golfo", La Spezia:
RispondiEliminaSecondo posto nella Poesia Inedita.
Sinceri complimenti
La Giuria della 18°edizione del premio nazionale di poesia e narrativa Il Golfo 2012.
RispondiEliminaPer la prima sezione -Silloge Inedita -la Giuria ha deciso all'unanimità di assegnare il primo premio alla Silloge -Sopra l'erba di TRAINA TINO di Trapani.
Per la seconda Sezione -Poesia singola- la Giuria ha deciso all'unanimità di assegnare il primo premio alla Lirica -Ode alla mia terra-di BACCINO PIETRO di Savona.
Per la terza Sezione-Libro ediito di Poesia-la Giuria ha deciso all'unanimità di assegnare il primo premio al volume-L'ultima fuga-di QUIETI DANIELA di Pescara.
Per la quarta Sezione-Narrativa e Saggistica-la Giuria ha deciso all'unanimità di assegnare il primo premio all'opera -Scuola di Poesia-di SANNELLI MASSIMO di Genova.
Al fine di fornire un'immagine più completa della partecipazione ,la Giuria ha deciso di assegnare altri premi.
Sezione Silloge Inedita
Sono risultate assegnatarie del secondo e del terzo premio le sillogi-Per il colore del grano-di CACCIA ANGELA di Cutro e -Labirinti di ZANELLO DONATELLA di Lerici.
Sezione Poesia Singola
Sono risultate assegnatarie del secondo e terzo premio rispettivamente le liriche-S'accorda il verso libero e sincero di MARCONI FULVIA di Ancona e -Il giardino segreto di POGGI FABRIZIA della Spezia
Sezione Libro Edito di Poesia
Sono risultate assegnatarie del secondo e del terzo premio rispettivamente i volumi-Senza sponde -di GRASSI TIZIANA di Roma e Animamante di DI CASTRO FRANCESCA di Roma
CITTÀ DI PONTREMOLI
RispondiEliminaPremio di Letteratura a carattere internazionale
Prima Edizione 2012
Sezione Poesia Edita
PRIMO PREMIO
Nazario Pardini di Arena Metato (PI), per “L’azzardo dei confini”
SECONDO PREMIO
Sandro Angelucci di Rieti , per “Il cerchio che circonda l’infinito”
TERZO PREMIO
Giovanna Colonna di Stigliano di Bee (VB), per “In altro modo”
Sezione Poesia Inedita
PRIMO PREMIO
Lorenzo Cerciello di Marigliano (NA) per “Requiem per un primo amore”
SECONDO PREMIO
Rodolfo Vettorello di Milano per “A Rimbaud”
TERZO PREMIO
Roberto Gennaro di Genova per “Tu in ottobre”
Sezione Narrativa Edita
PRIMO PREMIO
Pierre Turcotte di Bassano del Grappa (VI) per “Isole”
SECONDO PREMIO
Lillia Beggi di Carpi (MO) per “Personale elettronico cercasi Ovvero come vivere da precari”
TERZO PREMIO
Adriana Assini di Roma per “Il mercante di zucchero”
Sezione Racconto Inedito
PRIMO PREMIO
Emilio Chirilli di Brindisi per “Cardiopatia”
SECONDO PREMIO
Maria Chiara Firinu di Iglesias per “Mont-Martre”
TERZO PREMIO
Raffaele Caputo di Saint-Cristhophe (AO) per “La lettera mai spedita”
Città vecchia
RispondiElimina(Umberto Saba)
Spesso, per ritornare alla mia casa
prendo un'oscura via di città vecchia.
Giallo in qualche pozzanghera si specchia
qualche fanale, e affollata è la strada.
Qui tra la gente che viene che va
dall'osteria alla casa o al lupanare,
dove son merci ed uomini il detrito
di un gran porto di mare,
io ritrovo, passando, l'infinito
nell'umiltà.
Qui prostituta e marinaio, il vecchio
che bestemmia, la femmina che bega,
il dragone che siede alla bottega
del friggitore,
la tumultuante giovane impazzita
d'amore,
sono tutte creature della vita
e del dolore;
s'agita in esse, come in me, il Signore.
Qui degli umili sento in compagnia
il mio pensiero farsi
più puro dove più turpe è la via.
(da Trieste e una donna, 1910-12)
Ho sempre amato le poesie di Saba. Musica per le mie orecchie. Le leggevamo insieme io e la mia prima ragazza da studenti. Ma questa in particolare l'ho sempre vista come una foto scattata in un locale, oi per una via del porto. Vivo a Livorno e il porto l'ho nel sangue e forse io riesco a leggerla in maniera più personale. Sarà per questo che mi piace. Ed è per questo che ho voluto proporla.
Carlo, Livorno
Se tu mi dimentichi
RispondiEliminaVoglio che tu sappia
una cosa.
Tu sai com’è questa cosa:
se guardo
la luna di cristallo, il ramo rosso
del lento autunno alla mia finestra,
se tocco
vicino al fuoco
l’impalpabile cenere
o il rugoso corpo della legna,
tutto mi conduce a te,
come se ciò che esiste
aromi, luce, metalli,
fossero piccole navi che vanno
verso le tue isole che m’attendono.
Orbene,
se a poco a poco cessi di amarmi
cesserò d’amarti poco a poco.
"Se d’improvviso
mi dimentichi,
non cercarmi,
chè già ti avrò dimenticata"
Se consideri lungo e pazzo
il vento di bandiere
che passa per la mia vita
e ti decidi
a lasciarmi sulla riva
del cuore in cui ho le radici,
pensa
che in quel giorno,
in quell’ora,
leverò in alto le braccia
e le mie radici usciranno
a cercare altra terra.
Ma
se ogni giorno,
ogni ora
senti che a me sei destinata
con dolcezza implacabile.
Se ogni giorno sale
alle tue labbra un fiore a cercarmi,
ahi, amor mio, ahi mia,
in me tutto quel fuoco si ripete,
in me nulla si spegne né si dimentica,
il mio amore si nutre del tuo amore, amata,
e finchè tu vivrai starà tra le tue braccia
senza uscire dalle mie.
Pablo Neruda
Questa è la poesia che ho sempre amato e che ho letto e riletto assieme al mio primo, innocente amore.
Franco Bruni da Genova
E quella a me: Nessun maggior dolore
RispondiEliminache ricordarsi del tempo felice
ne la miseria; e ciò sa 'l tuo dottore.
Ma s'a conoscer la prima radice
del nostro amor tu hai cotanto affetto,
dirò come colui che piange e dice.
Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.
Per più fïate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.
Quando leggemmo il disïato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante.
Dante Alighieri, Divina Commedia, V canto inferno
Io credo che sia uno dei pezzi d'amore più avvincenti e che vincerà, come ha dimostrato fin'ora, il tempo dei tempi.
Nicola di Bari
Io non sono capace di andare a reperire poesie e fare copia e incolla. Quindi vi propongo questa mia semplice poesiola. Siate clementi!
RispondiEliminaStasera mi son posto al davanzale
con gli occhi spersi ad un tramonto strano
che miscelava nubi all'orizzonte
con sprazzi rimanenti di giornata.
Gli uccelli, a branchi, facevano ritorno
ai loro incavi nascosti fra le fronde.
E con quale affanno facevano il ritorno.
E' ciò che la Natura vuole dire?
Forse, che dopo tanto viaggiare,
alla scoperta di chissà che cosa,
quello che cercavamo è proprio lì,
fra quattro mura, le più sgangherate.
Ferruccio da Genova
A Ferruccio.
RispondiEliminaLa poesia, che tu definisci semplice, contiene una bellissima e profonda verità.
Annarosa da Milano
GIOVANNI PASCOLI : NOVEMBRE
RispondiEliminaGemmea l'aria, il sole così chiaro
che tu ricerchi gli albicocchi in fiore,
e del prunalbo l'odorino amaro
senti nel cuore...
Io non ho mai provato a scrivere poesie. Ma leggendole, alcune mi sembrano mie, tanta è l'intensità con cui rispecchiano i miei sentimenti.
Lucia da Voghera
Ma secco è il pruno, e le stecchite piante
di nere trame segnano il sereno,
e vuoto il cielo, e cavo al piè sonante
sembra il terreno.
Silenzio, intorno: solo, alle ventate,
odi lontano, da giardini ed orti,
di foglie un cader fragile. E' l'estate
fredda, dei morti
RispondiEliminaÈ la Liguria terra leggiadra.
Il sasso ardente, l'argilla pulita,
s'avvivano di pampini al sole.
È gigante l'ulivo. A primavera
appar dovunque la mimosa effimera.
Ombra e sole s'alternano
per quelle fondi valli
che si celano al mare,
per le vie lastricate
che vanno in su, fra campi di rose,
pozzi e terre spaccate,
costeggiando poderi e vigne chiuse.
In quell'arida terra il sole striscia
sulle pietre come un serpe.
Il mare in certi giorni
è un giardino fiorito.
Reca messaggi il vento.
Venere torna a nascere
ai soffi del maestrale.
O chiese di Liguria, come navi
disposte a esser varate!
O aperti ai venti e all'onde
liguri cimiteri!
Una rosea tristezza vi colora
quando di sera, simile ad un fiore
che marcisce, la grande luce
si va sfacendo e muore.
Vincenzo Cardarelli
Questa è la poesia che amo. Perché è dedicata alla mia terra. E gli ultimi 6 versi sono incastonati in alto, alle intemperie, aggrappati al cimitero della mia Manarola. Vieni a questa mia fiorita terra, dove il mare rispecchia le casupole pastello, e leggili. Ti commoveranno.
Andrea da Manarola (La seconda delle Cinque Terre)
RispondiEliminaMeriggiare pallido e assorto
Meriggiare pallido e assorto
presso un rovente muro d’orto,
ascoltare tra i pruni e gli sterpi
schiocchi di merli, frusci di serpi.
Nelle crepe del suolo o su la veccia
spiar le file di rosse formiche
ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano
a sommo di minuscole biche.
Osservare tra frondi il palpitare
lontano di scaglie di mare
m entre si levano tremuli scricchi
di cicale dai calvi picchi.
E andando nel sole che abbaglia
sentire con triste meraviglia
com’è tutta la vita e il suo travaglio
in questo seguitare una muraglia
che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia.
E. MONTALE
da Giovanni, Camogli