domenica 13 dicembre 2015

GIUSEPPE UNGARETTI: "NATALE"



Giuseppe Ungaretti

Ungaretti racconta  del suo ritorno a casa dal fronte della Prima Guerra Mondiale


Natale

Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade

Ho tanta
stanchezza
sulle spalle

Lasciatemi così
come una
cosa
posata
in un
angolo
e dimenticata

Qui
non si sente
altro
che il caldo buono

Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare



3 commenti:

  1. Lasciare vuota la casella dei Commenti quando è postata un'opera di un grande poeta mi sembra un sacrilegio.
    BUON NATALE anche a Te, caro immenso Ungaretti
    Ubaldo de Robertis

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  2. Non sarebbe rimasta vuota la casella, caro Ubaldo, perché avevo già deciso di intervenire su questa poesia di un Poeta davvero grande. Che si trovava a Napoli in licenza di guerra,quando il 26 dicembre 1916 scrisse questi versi che fanno parte della raccolta "L'Allegria". Il poeta ha ormai frantumato l'endecasillabo tradizionale che riteneva usurato e si è affidato a versi brevi, addirittura versicoli per lo più di tre/quattro sillabe, tanto che il verso più lungo è un settenario tronco. Scelta felice, perché esalta la capacità di scavo e ricerca verbale del poeta e, proprio per la minima parte di spazio occupata da questi versi brevissimi, favorisce la valorizzazione degli spazi bianchi che vanno "letti" anch'essi come completamento della parte scritta. Sicché, nelle poesie di Ungaretti, almeno in buona parte di quelle de "L'Allegria", la parola ( che si fa "verbum") viene ricercata, scavata, individuata e isolata nel verso e ci appare scolpita e semanticamente ricca, in grado di riempire di sé la restante parte di spazio bianco. Se proviamo a rileggere "Natale" un po' come faceva lui, cioè molto lentamente, indugiando in breve pausa dopo ogni verso, noi sentiremo il verso estendersi, non sotto il profilo grafico ma sotto quello fonico/semantico. La parola, insomma, si amplierà a dismisura in notazioni suggestive e allusive, e il soldato Ungaretti potrà per un po' sfuggire alla guerra e al ricordo che se ne porta addosso; e finalmente trovare riposo e pace vicino al focolare, in compagnia delle " ...quattro / capriole / di fumo ..."
    Pasquale Balestriere

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  3. Basterebbe la strofa "Qui/non si sente / altro /che il caldo buono" per dare senso al Natale di un uomo reduce dallo strazio della guerra. Ungaretti ha frantumato i versi,rendendoli simili a singhiozzi e ha lasciato spazi bianchi... simboli del tempo sottratto alla vita, concesso alla morte. Una lirica che rende visibile un Natale lontano anni - luce dal nostro. Anch'io, come Ubaldo, vorrei augurare un Natale di pace all'immenso Ungaretti... e ai miei compagni di viaggio.
    Maria Rizzi

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