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venerdì 7 ottobre 2016

FRANCO CAMPEGIANI: "UNA MOSTRA DI VITTO LOLLI"



Franco Campegiani, collaboratore di Lèucade


"Oltre": la memoria profonda
Mostra di pittura del Maestro Vito Lolli a Marino

Sabato 1 ottobre, in occasione della novantaduesima Sagra dell'Uva di Marino (Roma), si è inaugurata, presso il Museo Civico Mastroianni, una mostra del pittore Vito Lolli che resterà aperta fino al 30 ottobre. Nell'esposizione, che s'intitola "Oltre", balza evidente l'impianto fortemente visionario del noto pittore. Sembra di trovarci di fronte ad un gioco esoterico ricco di allusioni metaforiche, di rimandi e riferimenti coltissimi, ma bisogna sgombrare il campo da molti luoghi comuni. Vito - chi lo conosce lo sa - è senza dubbio un intellettuale di grande spessore, ma la teoria che porta avanti è susseguente all'espressione artistica. Non la precede, la segue. Non ne è il prologo ma l'epilogo. Per ognuno di questi quadri ci sarebbe da parlare per ore, tanto sono ricchi di contenuti simbolici. Sottolineo che sto parlando di simboli, non di metafore. La distinzione è sottile ma profondissima: le metafore sono similitudini, comparazioni, e dunque giochi intellettualistici, per non dire di peggio: giochi da settimana enigmistica. Symbolon invece significa unione, relazione tra cose diverse e contrastanti, altro che analogie!
Il Simbolo è il mistero in carne ed ossa, è la realtà pura e semplice, fisica ed ultrafisica, in cui siamo immersi e da cui siamo circondati. Quella realtà coglie di sorpresa il nostro intelletto prima che inizi a ragionare. Osserviamo il dipinto
"Mater Materia". Vito mi ha detto che la figura che apre il mantello e rivela la meraviglia del mondo visibile ha ronzato nella sua testa per almeno due anni, e lui la disegnava. Poi, successivamente, leggendo del mito di Ferecide di Siro, ne ha ritrovato la medesima descrizione. La stessa cosa gli era accaduta anni addietro con la tela intitolata "Gioco divino". Gli mancava un dettaglio conclusivo che aveva atteso circa quattro anni, e quando improvvisamente gli venne in mente e lo dipinse, qualche giorno dopo fu folgorato dalla lettura della sentenza eraclitea dove si afferma che l'eternità è il regno di un bambino che gioca ai dadi: la stessa immagine. E che dire di "Veritas", un altro dipinto dove una figura femminile è posta all'interno di un panneggio disposto nella forma del simbolo metafisico dell' 8 aperto? Quell'immagine gli è balenata mentre stava andando in farmacia!
Questo per dire che il lampo della visione artistica è imprevedibile. Non è l'evoluzione di un linguaggio, di un pensiero. Ogni immagine fa a sé e non è un passaggio di un discorso. Queste visioni non sono illustrazioni di una teoria, ma sono schegge di una memoria ancestrale che viaggia negli spazi mentali e giunge da chissà dove. Poi interviene lo studio, la comparazione, l'esigenza di farsi un'idea di quanto avviene nel folgorante momento creativo. Ma l'arte in sé non è costruita a tavolino, non è un gioco intellettualistico. E' mitopoiesi, è ispirazione, è ascolto della Musa. E chiarisco che non uso il termine nel senso tradizionale, idealistico-romantico, di trasporto sentimentale o di trastullo onirico. Né tantomeno in quello, caro ad alcune avanguardie, di automatismo psichico. L'ispirazione non è opera del caso. Non basta aprire la bocca e darle fiato, eliminando ogni  fatica intellettuale e fisica. Ispirato non è l'arcade che ozia tra gli augelli ed i fiori olezzanti di un prato. Ai nullafacenti nulla regala la Musa.
Basta dare un’occhiata a questi dipinti per capire l’enorme importanza del lavoro tecnico, della fatica intellettuale e fisica. Se ci soffermiamo a considerare la luminosità di queste tele, o anche la profondità spaziale vertiginosa delle visioni, possiamo intuire di quale eccezionale bagaglio tecnico disponga l’autore (autodidatta e oggi maestro di pittura). Va tuttavia detto che qui la tecnica torna ad essere un mezzo e non un fine. Un mezzo, si badi, non al servizio delle Idee (ne andrebbe di mezzo l'autonomia dell'arte), ma al servizio della Musa, della sapienza universale dimenticata. L'ispirazione è qualcosa di molto profondo. E' il frutto problematico di un azzeramento culturale, di un processo di pulizia mentale che libera dalle pastoie, dalle sovrastrutture e dai pregiudizi culturali, facendo apparire la realtà pura e semplice delle cose. Quello che Vito dipinge non è il risultato di un'elaborazione razionale e meno che mai di una spinta onirico-emotiva. E' la riproduzione di immagini accese nell'intelletto da questa memoria profonda, caduta in oblio.
Non memoria del tempo passato, ma risveglio di un tempo che è fuori dallo scorrere del tempo: il tempo della Creazione perenne, il tempo delle origini sempre originanti che mai ci hanno abbandonato. In questo blog letterario abbiamo avuto modo di leggere, di recente, un saggio di Lolli molto interessante, dal titolo Cos'è l'arte, dove filosofia, mistica, scienza e analisi del linguaggio si fondono in modi insoliti tra di loro. Quale è la matrice delle visioni artistiche?, si chiede l'autore. Da dove nascono le immagini che si animano nella mente del poeta e dell'artista? Da una Memoria, egli dice, anteriore alla nascita del Tempo, una Memoria dimenticata (e addirittura "fatta per dimenticare"). Una sorta di Eterno Presente o di Coscienza Cosmica. Parliamo di quel Logos che, secondo l'etimo, raccoglie e tiene unite tutte le cose prima della loro caduta nello spaziotempo, ovvero prima del loro smembramento. Da qui l'esigenza del ri-membrare, del riunire gli elementi dispersi, che è tipica del fare artistico, quando sia autentico.
Lo sguardo di Vito, allora, come di ogni artista autentico, non si distrae nelle variazioni del molteplice, nella frivolezza del mondo esteriore, ma è tutto puntato sull’unità del molteplice, o, se si preferisce, sulla molteplicità dell’uno. Ciò che all'artista interessa è di immergersi nel mondo fenomenico per prendere contatto con la radice da cui la vita viene. Pittore appartato e fuori da ogni moda, da ogni circuito ufficiale, egli compie percorsi inediti e innovativi. Non in linea con la cultura visiva dei nostri tempi, questi dipinti sono tuttavia legati all’uomo d’oggi, alla sua imprescindibile esigenza di ristabilire un contatto con l'Essere. Una figurazione inusuale, un simbolismo misterico che irrompe dall’Oltre e non ha nulla a che vedere con l'elaborazione culturale. Che poi, a ben guardare, l'Oltre sta qui. Siamo noi che ci bendiamo e non riusciamo a vedere quello che un bambino vede benissimo, quello con cui dialoga costantemente. Noi parliamo di rivelazioni, parliamo di risveglio, ma risveglio diventa perché ci addormentiamo.
Se non ci addormentassimo, faremmo come il bambino che vive il mistero della Creazione e dialoga con ciò che è nascosto, invisibile: parte integrante e imprescindibile della realtà. Tuttavia l'animo umano è fatto così. Ha bisogno di questo movimento altalenante. Ha bisogno dell'oblio e del risveglio, della grazia e della disgrazia, dei tramonti e delle aurore. Ha bisogno di distruggere per costruire, e viceversa. Tutto ciò è detto splendidamente nel mito di Mnemosyne (la Memoria), madre di tutte le Muse, che è anche il nome di una delle due fonti cui è d'obbligo bere per avere accesso agli Inferi. Lei consente di ricordare ciò che si è visto nell'aldilà, mentre l'altra fonte, intitolata a Lete (la dimenticanza), fa scordare le cose del passato. Senza il Vuoto non c'è neppure il Pieno. Senza il Nulla, l'Essere non appare. C'è bisogno, di tanto in tanto, di un blackout, di un cortocircuito, di un'inversione cardiaca.
Osserviamo il teatro del Vuoto dechirichiano: gli ideali sono ridotti a manichini e gli dèi sono fuggiti dal mondo. E' l'intero percorso della cultura occidentale, metafisico e nichilistico nello stesso tempo, a crollare miseramente. Non a caso il nichilismo dechirichiano ha preso il nome di Arte Metafisica. Ora la domanda è: la fine è definitiva, oppure è il prologo di un nuovo inizio, di una nuova avventura? Ebbene, questi dipinti mostrano quale alta tensione morale e vitale possa svilupparsi nei territori del silenzio, nei domini del vuoto e del nulla. Il silenzio è l'unico vero valore da coltivare nella torre di babele in cui oggi viviamo. E' dal silenzio che da sempre germogliano i nuovi linguaggi, le nuove culture, le nuove idee. Le immagini che qui vediamo nascono dal vuoto mentale, da quel nulla che è la condizione indispensabile affinché possa rifarsi il pieno, garantendo la  rigenerazione dell'animo umano.
Lo sguardo di Vito è tutto puntato in questa Dualità, in questo mistero della Creazione universale. Ed è oltremodo interessante, in questa visione, il rapporto rivelato tra Luci e Tenebre, tra Maschile e Femminile, tra Fisico ed Ultrafisico, tra Finitezza ed Infinità. C'è sempre una coppia di opposti in armonia, una Dualità appunto che chiama in causa l'Uno. Un Uno tuttavia non monadico, ma inteso come Tutt'uno, come Riunione delle Parti, come Armonia dei Contrari, come Complementarità. C'è un simbolo ricorrente, fra i tanti che nella mostra è dato vedere: il Sole Nero. Guardiamolo attentamente e lasciamo stare le tradizioni esoteriche che ne parlano a sproposito, finendo per collegarlo addirittura alla Svastica e al Nazismo. Aria fritta, astrusità. Qui il Sole è Nero semplicemente perché anche il Nero è splendente, esattamente come il Bianco, e tutt'e due concorrono all'Armonia. In "Mater Materia" vediamo che Madre Terra discende direttamente da quella luce oscura, dando origine al mondo di capovolte armonie in cui viviamo: luogo di equilibri violenti, dove tutto si afferma e nega, tutto s'avviva e muore.

                                                                                   Franco Campegiani
    



2 commenti:

  1. Ottimo saggio critico, illuminante lettura -guida alla conoscenza dell'artista V. Lolli, che tra l'altro ho avuto modo di apprezzare anche in un suo commento ad un mio racconto comparso proprio su "Leucade". Sento peraltro di dover sottolineare , tra quanto scritto da F. Campegiani, il concetto che segue: "L'arte in sé non è costruita a tavolino...è mitopoiesi, è ispirazione, è ascolto della Musa...ecc" .
    Condivido in tutto. Esprimo il mio sentito augurio di meritato successo al Pittore e complimenti al critico e scrittore franco Campegiani. Edda Conte.

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  2. Ringrazio vivamente Edda Conte per questa sentita condivisione del mio scritto, certo di interpretare anche il pensiero di Vito.
    Franco Campegiani

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