martedì 5 giugno 2018

M. GRAZIA FERRARIS LEGGE: "LA CORTE DEI MIRACOLI" DI M. ELENA DANELLI



Maria Grazia Ferraris,
collaboratrice di Lèucade

 Lettura de La corte dei Miracoli, di M.Elena Danelli


La poetessa Maria Elena Danelli presenta la sua ultima opera creativa, La corte dei miracoli, una plaquette edita da Rplibri che si articola in ventidue poesie, e che ha come sottotitolo “ Ventidue fiammelle di cui due transiti”;  un modo certo originale per definire la sua poesia, ponendo l’attenzione sullo strumento linguistico-espressivo prescelto, sulla parola, la parola, densa e pregnante,“nuda”.
“Fiammelle e transiti”- termini di ascendenza vagamente dantesca-, non ci riconducono, ed è una volontaria scelta, immediatamente al canto poetico, bensì al tema della luce e del viaggio  e all’attenzione alle cose più piccole e “inguardate” (notare: non dimenticate, trascurate, offese, rimosse: inguardate)- sottolineano l’indifferenza e la superficialità  con cui ci mettiamo in rapporto con cose e persone, atteggiamento mentale  che  non ci permette di penetrare nella complessità misteriosa e miracolosa delle “cose” che stanno silenziosamente intorno a noi e che pure hanno voce autonoma e spesso misteriosa.
La poesia che fa da incipit è a questo proposito esemplare:
Una rosa in bottiglia guarda
Appassendo la finestra.
Da quel vetro,
maestosi uccelli.
Con foglie rinsecchite abbozza il volo
nell’acqua intorbidita
voce minerale
acqua ferma che non va da nessuna parte.

Ho colto poi quei petali
In panni stesi ad asciugare.

E già questa poesia ci offre le coordinate in cui leggere la dimensione poetica della nostra sensibile Autrice.
Una poesia in particolare ci immette nel suo mondo:

La vita
si sgretola in altro.
Lo vedo,
lo vedo.
Ma continuo a far libri
tra le foglie
di un redivivo cortile.
Hanno detto che è morto il sole
è morto il silenzio
lacerato da vocali di vento
sulla pelle del mare
abiti nudi e scarpe vuote
sono monti di niente
tra spettri di case e alberi d’osso.
Dio ha taciuto
ogni volta che un agnello ha vagito.

Appaiono parole chiave della sua poetica, scelte, preferenze  consapevoli e rivissute: libri (tra le foglie), cortile (redivivo), finestre (opache) che non aprono, sgretolamento,…e  soprattutto oggetti (la rosa, foglie, fornelli accesi, abiti nudi, scarpe vuote, alberi d’osso, sassi oscuri,  panni ad asciugare..) di cui ci parla con  sinestesie potenti che rasentano il paradosso, e che nell’accostamento del nome  con l’aggettivo  fanno deflagrare la contraddizione.
Le  conclusioni aforistiche di massima concentrazione sono un’ulteriore chiave di lettura.
L’aforisma è molto amato dalla poetessa, ed è  usato a conclusione di quasi tutte le poesie proposte.( L’enigma del vento/ tocca foglie che non vedo- Ogni farfalla reca /il peso della Speranza- Dio, mi assomigli tu?)
Sono  immagini spiazzanti, talvolta di forza espressionistica, talaltra  impalpabili come il silenzio o la misteriosa voce del vento, nate da un’intima sensibilità che coinvolge nondimeno tutti i sensi:  con le sue vibranti allucinazioni ( voci che parlano da finestre d’occhi- tracce trans-umane) la poetessa ci porta in un cortile, storico,(Milano  dei Navigli ) poi vivente nella sua attualità,la sua casa - il redivivo cortile-  che diventa cosmico (  sussurri e folate di vento, odori, suoni, colori…). Sono nondimeno realtà tangibili, frammenti , spazi di concentrazione, che si dileguano secondo un loro personalissimo ritmo e rinascono nondimeno, alla ricerca di senso, come è naturale che sia nel  ciclo della vita, come in un viaggio. - Fiammelle e transiti- appunto.( sangue nelle nubi/ scontorna sagome di transito.)

Le parole: sono per lei come un occhio che brilla improvvisamente tra passato e futuro.
“ Le parole nel petto chiuse in un sasso di dolore.
Il tuo nome, due sillabe nel vento “( PER Giulio REGENI)

Le  domande esistenziali non sempre sanno dare risposta:

Ho lasciato Cristo alla sua croce
nascosta in misere cose
nella polvere
alla luce di finestre opache
dimenticando un fornello acceso
nei transiti fumosi di bivacco
in dita ingiallite e barbe pungenti.
Dio, mi assomigli tu?”

Rimane tuttavia, pur consapevoli di essere noi solo “radici che si spostano nel vento”, la Speranza. “Sul mio davanzale metterò sempre/ anche nell’ultima luce dell’ultimo giorno,/ briciole”

Maria Elena Danelli. Nata ad Arco di Trento, è  milanese d’adozione, avendo vissuto la sua infanzia tra la Barona e i Navigli: scenografa teatrale, laureata a Brera, ha lavorato per quasi trent’anni presso la “Scenografie Ercole Sormani” di Milano, collaborando con Teatri di tutto il mondo e set cinematografici. Artista a tutto tondo presta la voce per reading poetici ( è stata allieva di Dario Fo e Franca Rame) ed ha  avviato un progetto editoriale ed artistico con Gaetano Blaiotta, la “GaEle Edizioni”. È  stata pubblicata in Antologie poetiche, tra cui “Novecento non più – Verso il Realismo Terminale” con Guido Oldani, dell’Editore “La vita felice” di Milano e “Rise – Antology” dell’Editore Vagabond, Los Angeles, nel 2017. Dipinge, fotografa, scrive poesie, sceneggiature e testi critici.

M. Grazia Ferraris



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