Franco Campegiani,
collaboratore di Lèucade
CONSIDERAZIONI DEL DOTT. MARIO SILVESTRI IN MERITO AL POST DI FRANCO CAMPEGIANI SULLA CONCRETEZZA DELLA POESIA
http://nazariopardini.blogspot.com/2022/01/franco-campegiani-concretezza-e.html
Carissimo Franco,
solo
alcune considerazioni di chi, pur ammirando la filosofia e i filosofi, percorre
strade umanistiche, antropologiche e relazionali da mattina a sera e che, con
l'andar del tempo, mette tra parentesi nozioni apodittiche e che guarda e si
coinvolge sempre di più con la persona che ha davanti. Queste mie sono
considerazioni frammentarie, a caldo, certamente non esaustive, prive
totalmente di intenti polemici, per i quali non ho i mezzi culturali né tanto
meno il desiderio; anzi, per la verità, un desiderio ce l'ho, ed è quello di
comunicarti sentimenti di considerazione e ammirazione per il tuo lavoro,
profondo, mai gridato, frutto di riflessioni prolungate e ponderate, mai
preconcette o banali, sempre piene di fascino e di poesia.
Mi
son posto più volte il quesito dell'arte astratta, senza trovare una
definizione, per me, soddisfacente, come ti sarà evidente nello svolgimento di
quanto sto per dirti. Arte astratta fa pensare ad un processo creativo che non
usa mezzi consueti o usuali per comunicare idee o sensazioni proprie dell'animo
e della mente. Mi riferisco ad Afro, a Moore o a Klee che esprimono sentimenti di armonia, di tristezza, di gioia,
di paura usando mezzi diversi da Raffaello, Caravaggio, Giorgione, Van Gogh.
Ciò che sente l'artista (ma siamo tutti artisti, diceva Kant) è qualcosa di
astratto, ma i mezzi per esprimerlo sono diversi e legati al tempo, al periodo
storico, al vissuto dell’artista. La Pietà Rondanini mi sembra più vicina all’astrattismo
moderno che al figurativismo di un artista quale è stato Michelangelo. Non mi pare che ci sia grande differenza tra
l'arte astratta e l'arte figurativa. La differenza, forse, sta solo nel mezzo
espressivo, l'unico aspetto che può, e deve, essere coltivato e migliorato, e
su cui può agire l'apprendimento. "poeta nascitur..." C'è l'idea e
l'espressione di essa. La prima può, ed è per sua natura, astratta, ma
l'espressione di essa è sempre, ma non può essere altrimenti, concreta, laddove
per concreta intendo di essere percepita dai cinque sensi, mediante i quali
distinguiamo i vari tipi di arte. L'artista non fa distinzione tra astratto e
figurativo. È semmai il critico o il semplice fruitore della sua opera a fare
la distinzione, che è, in fin dei conti, un mezzo per capire meglio e, di
conseguenza, apprezzare e vivere dal di dentro, l'opera, di mettersi in certo
senso nei panni dell'autore e vivere le stesse emozioni di lui.
Poesia
e creatività sono molto vicine come concetto, ma non identiche. Creatività è un
processo mentale o manuale che produce oggetti o figure nuove, mai viste prima.
È la caratteristica principale del Creatore per antonomasia, e che attribuiamo,
per traslato, anche all’artista, con la differenza che quest’ultimo ha bisogno
della materia per esprimere la sua idea, a differenza del Creatore che crea
senza di essa. Picasso ha creato modi espressivi diversi senza per questo
essere un astrattista. Tutti gli impressionisti si sono espressi in modo nuovo
usando immagini e colori usati anche nel passato. Il loro modo di esprimersi
era nuovo, ma i sentimenti o le idee erano gli stessi dei classici, si pensi a
Rouault, a Klimt, a Munch. E per estensione, qualunque attività umana, superate
le regole e inventandone di nuove, è un atto creativo e l’autore può essere
definito artista. E artista può essere il poeta e il letterato, ma anche
l’avvocato, il medico, l’architetto, l’insegnante, il padre di famiglia: nel
momento in cui creano percorsi nuovi a problemi antichi sono veri artisti.
Artista può essere dunque il cuoco, il contadino, l’atleta, l’idraulico, il
falegname, il fabbro, a patto che abbandonino o superino le regole codificate
dall’uso e si avventurino su percorsi nuovi e inesplorati. In altre parole
cessino di essere artigiani e diventino artisti. In tal senso il fare (poiein)
può diventare creare.
Quando
parli di psicosomatica non posso fare a meno di riandare a concetti derivati
dalla patologia e dalla fisiologia (mi scuserai l’aggancio professionale…). È
nozione comune che molte malattie hanno una genesi primariamente psichica
(ulcera gastrica, rettocolite ulcerosa, infarto, psoriasi, etc). e
manifestazioni fisiche, tant’è che se la cura fosse rivolta solo all’aspetto
fisico la guarigione sarebbe incompleta e transitoria. Cureremmo i sintomi e
non le cause. Con l’andar del tempo e aumentando l’esperienza si nota che il
numero delle malattie psicosomatiche non solo aumenta, ma qualunque malattia o
disturbo ha una risonanza psichica. In altre parole la psiche influenza il soma
e il soma influenza la psiche. Ogni persona reagisce alla stessa malattia in
modo diverso e peculiare, fino a porre in dubbio l’esistenza di malattie
diversificate ed è in uso l’assioma: “non esistono malattie ma malati”, con ciò
recuperando il primato dell’individuo con la sua psiche, la sua sensibilità, il
suo vissuto e, per usare un concetto sempre più di moda in ambito scientifico,
il suo DNA. E qui il soma e la psiche si toccano.
RICEVO E PUBBLICO
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Carissimo Mario, ti ho chiesto il permesso di rendere pubblica questa tua missiva per i risvolti di interesse generale che contiene e che sicuramente interesseranno i redattori e i lettori del presente blog letterario. Sei medico di professione e sei andato in pensione non molti anni fa con la qualifica di Primario del Reparto Medicina dell'Ospedale "San Giuseppe" di Marino, per cui sentir avallare da uno come te, di formazione squisitamente scientifica, l'assioma "non esistono malattie ma malati" non può che incuriosire favorevolmente chi - poeta, letterato, umanista o artista che sia - è portato a dare maggior risalto ai lati soggettivi e psichici della persona che non a quelli oggettivi e fisici. Non potrebbe essere altrimenti, aggiungo, per chi, come te, dedica da sempre il proprio tempo libero alla pittura, dando corpo nel tempo ad un'apprezzata produzione artistica. Ti sono molto grato per le attenzioni che hai voluto dedicare al mio scritto, il cui orizzonte riflessivo - ti assicuro - viene impropriamente definito "filosofico", essendo dominato da intenti tutt'altro che apodittici e ricusando platealmente il principio di "non contraddizione".
Franco Campegiani