tag:blogger.com,1999:blog-8291667872930653212.post1135099024314450414..comments2024-03-27T02:02:35.206-07:00Comments on Alla volta di Leucade: G. LINGUAGLOSSA: " E' POSSIBILE IL COLLOQUIO IN POESIA?"nazariopardinihttp://www.blogger.com/profile/16507694449914844380noreply@blogger.comBlogger3125tag:blogger.com,1999:blog-8291667872930653212.post-70036005778085861872015-06-20T22:11:54.969-07:002015-06-20T22:11:54.969-07:00Caro Giorgio,
a mio parere la nominazione sorgiva ...Caro Giorgio,<br />a mio parere la nominazione sorgiva (poetica) del mondo è un atto profondamente problematico teso a rompere gli schemi della fissità e delle datazioni storiche, bloccate nelle forme ripetitive e stanche del rito, per aprirsi all'irruzione tumultuosa e innovatrice dell'infinito. La nominazione aurorale del mito va pertanto distinta dalla nominazione pedissequa e stagnante del rito. Concordo con te: "La ripetizione trasforma un VISSUTO in un RAPPRESENTATO". Purtroppo il Nome, che alla sua apparizione (poetica) non è distinguibile dall'azione o dall'evento che appunto nomina, immancabilmente degenera, sclerotizzandosi, irrigidendosi e trasformando la mitopoiesi in mitologia. La mente umana sembra avere bisogno di questa strana pulsazione. Ti saluto, grato per gli approfondimenti che sempre induci a fare.<br />Franco Campegiani<br />Anonymousnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-8291667872930653212.post-77548161368673942562015-06-19T00:59:30.895-07:002015-06-19T00:59:30.895-07:00Caro Franco,
il "dominio" del Nome di c...Caro Franco,<br /><br />il "dominio" del Nome di cui parlavo è una forma di "chiusura", è il modo mediante il quale l'uomo delimita e circoscrive la forza quantica di un Evento.<br />Ecco cosa scrivevo commentando la tesi di un illustre filologo filosofo, Carlo Diano in un suo libro del 1968 ormai introvabile "Forma ed evento" (Neri Pozza):<br />La chiusura dell'Evento è il Nome.<br /><br />Per gli Stoici “il predicato è sempre un verbo, anche quando ha la forma di un nome. Socrate è virtuoso, equivale a Socrate sta esercitando la sua virtù”.<br />Carlo Diano nei Quaderni preparatori per Forma ed evento e Linee per una fenomenologia dell’arte (1968) ricorda che per gli stoici l'essenza della proposizione risiede nel verbo e che il nome è considerato del tutto secondario, infatti, per Aristotele «l'uomo cammina» equivale a «l'uomo è camminante». Ancora Diano: <br /><br />«Nome e verbo. Difficoltà in cui si trovano i linguisti nel definirli - Con la mia teoria si spiega tutto - Il verbo è sempre τό συμπίπτον = τό συμβεβεκός - eventum – Il nome è per eccellenza la forma, la struttura – ciò che non significa senz’altro la sostanza – o la significa in senso lato - Bisogna ritornare alla logica dei sofisti fino ad Aristotele - La logica sofistica non distingue la sostanza dall’accidente – il nome dal verbo - Ogni percezione ha una sua struttura temporale – il nome e il verbo si sono confusi: l’acqua scorre è un unico fatto - separate le due dimensioni e avrete il nome e il verbo - Ma è una separazione precaria perché il loro rapporto è dinamico».<br /><br />«Il mito ha sempre forma storica, ed è nei tempi in cui l'evènit del mito si rifà èvenit nel rito, che i luoghi e gli oggetti sacri sono sentiti per eccellenza augusti. Lo stesso vale per noi: nella nostra vita i luoghi hanno tutti una data, e sono reali solo in quanto e nelle dimensioni in cui quella data è attuale e presente come evento... solo lo spazio è rappresentabile»<br /><br />Per liberarsi dallo stupore e dall’horror generati dal trovarsi di fronte all’infinità, al gorgo in cui tutto è possibile, al fatto di sentire, dietro la cosa come evento, l’azione di una potenza inafferrabile, l’uomo cerca di superarne l’infinità, dando a essa un Nome e specificandola. Il nome è una forma di chiusura, circoscrive la cosa e permette di individuare l'evento. Specificando la potenza che si rivela nell'evento, il nome ne supera l'infinità, rendendo così possibile all'uomo di liberarsi dallo stupore e di dare una direzione alla propria azione. Non a caso la categoria dell'Evento viene ripresa da Heidegger e posta in posizione centrale quale «struttura» del Dasein nell'In-der-Welt-sein (Essere-nel-mondo).<br />Il Nome è la forma eventica (l'hic et nunc) che si dà nella ripetizione (ubique et semper), come ad esempio nel rito. La ripetizione chiude la forma eventica restituendoci il Nome.<br />Il nome permette di riprodurre l’evento e di farlo presente (ed è per questo, sottolinea Diano, che alcuni nomi sono tabù). La ripetizione trasforma un «vissuto» in un «rappresentato»: alla fine di questo processo di trasposizione da un livello (il vissuto) all’altro (il rappresentato) la ripetizione cede il passo alla specularità che l’arresta.<br /><br /> giorgio linguaglossahttps://www.blogger.com/profile/15496613805588057103noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-8291667872930653212.post-89862095473228545282015-06-16T10:58:12.409-07:002015-06-16T10:58:12.409-07:00A mio parere, la nominazione del mondo tipica dell...A mio parere, la nominazione del mondo tipica della poesia non è un atto di dominio, ma un atto di adesione stupita al mondo e alla vita. Non è l'io del poeta a nominare autoritariamente e di suo arbitrio il mondo, ma è il mondo stesso a rivelarsi nella sua poesia. Non è il poeta a scegliere l'oggetto della poesia, ma è l'oggetto a catapultarsi nel suo mondo, a captare il suo entusiasmo e le sue attenzioni. Per questo motivo l'atto poetico sfugge alle usuali categorie razionalistiche dell'oggettivo e del soggettivo. Oggetto e soggetto sono totalmente spiazzati e posti fuori gioco dalla poesia. Ne segue che la nominazione poetica del mondo è un atto profondamente problematico in quanto è chiamato ad attraversare e a liberarsi di tutti i luoghi comuni. Problematico, e dunque colloquiale. <br />Franco Campegiani<br />Anonymousnoreply@blogger.com