tag:blogger.com,1999:blog-8291667872930653212.post4483127643772412999..comments2024-02-27T05:17:01.565-08:00Comments on Alla volta di Leucade: N. PARDINI LEGGE: "CHE RIMARRA' DI NOI?" DI MARCO DEI FERRARInazariopardinihttp://www.blogger.com/profile/16507694449914844380noreply@blogger.comBlogger5125tag:blogger.com,1999:blog-8291667872930653212.post-48041389417538927172018-10-12T10:11:41.692-07:002018-10-12T10:11:41.692-07:00Che cosa resta dopo la morte e che cosa c’è oltre ...Che cosa resta dopo la morte e che cosa c’è oltre la vita? Sono due interrogativi strettamente legati, che la filosofia si è posta da sempre chiedendosi: perché esistiamo? Dai versi di Marco dei Ferrari emerge quanto lo stesso poeta sia attanagliato da queste domande. In realtà si tratta di questioni in compagnia delle quali vivere può risultare pesante, tuttavia senza di esse la vita non avrebbe senso.<br />L’artista formula diverse ipotesi su ciò che saremmo costretti ad abbandonare alla fine della nostra esistenza. In effetti ciò che lasciamo dietro di noi rappresenta la nostra eredità ed è certamente più importante di quanto portiamo via da questo mondo. <br />Senza entrare nel merito delle congetture espresse in questi versi, è sufficiente una prima lettura per comprendere la profondità del sentire dell’autore, che spesso ci regala autentiche perle di riflessione sulla vita. Gli interrogativi posti dall’artista aprono a un ampio ventaglio di risposte, peraltro strettamente legate al soggettivo orientamento religioso e ideologico. Tuttavia, sebbene ponga la sua prima domanda in maniera diretta (e provocatoria?) già nel titolo della sua composizione, Marco dei Ferrari lascia aperti i suoi quesiti a qualsiasi possibilità, terminando con un intrigante “Forse...” che vale tanto quanto l’intera lirica.<br />Maria FantacciAnonymoushttps://www.blogger.com/profile/10306924692334910905noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-8291667872930653212.post-55239212084839199752018-10-06T02:11:12.580-07:002018-10-06T02:11:12.580-07:00Questa lirica di Marco dobbiamo solo leggerla e me...Questa lirica di Marco dobbiamo solo leggerla e meditarla: magari per farci (dum obdurat) più essenziali, leggeri e buoni. Non aggiungiamo una parola, non un commento, per non far finire in vana filosofia quotidiana dei massimi sistemi l’espressione accorata e vera di una sensibilità, quella di Marco, a cui tutti dobbiamo qualcosa.<br /><br />Grazie”<br />P. StefaniniAnonymousnoreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-8291667872930653212.post-28186059961775153402018-10-03T06:44:44.698-07:002018-10-03T06:44:44.698-07:00La domanda iniziale della poesia di Marco dei Ferr...La domanda iniziale della poesia di Marco dei Ferrari è unìesca troppo invitante per Nazario Pardini che scrive di filosofia di etica e di cultura con la consueta passione. Tante sono le citazioni dotte in questo commento ( Ovidio..Cicerone..) a dimostrazione del grande impegno che il tema richiede..e il pezzo, di esemplare bravura, risulta di notevole interesse.<br />Ma quanta tristezza in quelle riflessioni...e quanta amarezza nella considerazione della vicenda umana, che attraverso i suoi molteplici interrogativi non trova risposte al suo passaggio nel mondo..Desolante!<br />E' un niente, dunque,tutto il nostro correre , che alla fine risulta privo di ogni scopo dello stesso nostro esistere..Ma perché, allora, si continua a piantare la vite, perché e per chi si coltiva l'olivo?<br />Nazario, Poeta da par suo, anche dopo tanta filosofica dissertazione, sembra affidarsi ad uno spiraglio, ricorrendo a quel "forse" che ricalca la poesia di Marco, da cui è partito, per chiudere con un significativo AMEN.<br />Di altra natura sembra il dettato poetico di Marco dei Ferrari. Più realistico, più crudo nelle sue allusioni, forse persino più sofferto nella enumerazione nuda delle cose , che dopo l'uomo non hanno più alcun significato. Il Poeta estende il concetto di morte alle cose stesse.<br />Per lui sembra che tutto finisca con l'uomo, resta la domanda retorica iniziale..nessun riferimento ad un ipotetico "dopo", eccetto un semplice dubbio racchiuso in un avverbio ripetuto : quel "forse" enigmatico che fa anche un po' paura.<br />Edda Conte.<br />edda contehttps://www.blogger.com/profile/04135137929043442500noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-8291667872930653212.post-48101060744920300542018-10-03T04:00:35.439-07:002018-10-03T04:00:35.439-07:00Ringrazio la Prof. Maria Grazia Ferraris per la su...Ringrazio la Prof. Maria Grazia Ferraris per la sua illuminante e profonda riflessione ricca di citazioni estremamente interessanti.<br />La sua riflessione amplifica a dismisura orizzonti e dimensioni di un problema di cui l'essere umano è stato ostaggio dalla sua origine.<br />MarcoMarco dei Ferrarihttps://www.blogger.com/profile/07449895880662027536noreply@blogger.comtag:blogger.com,1999:blog-8291667872930653212.post-63769772009382748222018-10-02T00:05:41.969-07:002018-10-02T00:05:41.969-07:00La domanda “Che rimarrà di noi?”, -domanda eterna-...La domanda “Che rimarrà di noi?”, -domanda eterna- che apre il dire di Marco dei Ferrari appare nella sua forma diretta, esplicita, non solo spiazzante, ma provocatoria. Una domanda che si preferisce generalmente non fare o sorvolare con apparente indifferenza. L’uomo medio non ha risposta, se non quella datagli dalle varie fedi.<br />Infatti nella successiva e disarmonica elencazione dei possibili “oggetti” cui trasferire la nostra attenzione argomentativa l’Autore ci sottopone a tutta l’impotenza della risposta. <br />Nella successione degli oggetti che incalzano spietati in un climax ironicamente ascendente riesce a rallentare l’ansia nella ricerca dilatata dell’appiglio? Crea ponti per arrivare a certezze? Chiarisce il geroglifico labirintico della nostra vita? porta a oasi di sopravvivenza nel deserto della nostra vita? No.<br />Gli oggetti che ci circondano e a cui ci affidiamo sono sempre tanti, ma poveri e deboli: “scaffali di scarpe mucide, letti sfatti, cimeli per madie e fornelli.. giacche a brandelli..orfani di grucce…echi difformi di fati conformi” e anche quelli che appaiono meno quotidiani e scontati “fogli parole scompigli/ nella polvere del cuore…ex voto di ombre raminghe”, sono gravati dall’angoscia del senso e dell’impotenza e dalla cupezza del silenzio.<br />L’immagine surreale e disperante dell’orologio penzolo sospeso nel tempo non dà certo consolazione.<br />Ci salva la poesia? L’Arte ci sottrae al disfacimento? Forse…<br />Il commento di presentazione di N. Pardini sembra negarlo: “…Oggetti che contengono memorie. Loquaci. Disposti a raccontare storie; angoli donati all’amore, a ciò che pareva eterno in una vita precaria e passeggera…..E ci si affida alla memoria, al canto, alle dolci illusioni per cercare di ovviare alle aggressioni del tempo. C’è sempre la speranza di prolungare una vicenda con i ritmi dell’Arte” . Una speranza più che una certezza. <br />La fiducia, la salvezza comunque è da riporre nell’Arte?<br />Gli oggetti. Le cose che diventano significativamente parole: un grande rapporto dialettico che implica riflessione filosofica e poetica, l’alternativa al nichilismo disperante.<br />Commenta N. Pardini: “L’uomo non ha mai accettato passivamente l’idea del nulla. Dalla preistoria ai nostri giorni dai graffiti rupestri fino alle opere più ricercate dell’arte moderna, il dilemma del poi ha sempre generato l’insolubile interrogativo della vicenda umana. Cosa resterà di noi? Rimarrà certamente quel forse che ci ha tormentati per tutta la vita.”<br />Il problema infinito del nichilismo. Io mi accontento di accettare quello che scriveva Leopardi: “Pare un assurdo, eppure è esattamente vero, che, tutto il reale essendo un nulla, non v’è altro di reale né altro di sostanza al mondo che le illusioni.”<br />Come sempre però rimane vero che la poesia ci può offrire lettura obliqua ma motivante, (almeno per me, piccola lettrice)…<br />Rileggo pertanto Czesław MiłoszMiloz che in Notizia, scriveva:<br /><br /> Della civiltà terrestre che diremo?<br />Che era un sistema di sfere colorate, di vetro affumicato,<br />Dove si avvolgeva e svolgeva il filo di liquidi luminescenti.<br />O un agglomerato di palazzi raggiformi<br />Svettanti da una cupola coi portali inchiavardati<br />Dietro cui camminava un orrore senza volto.<br />E che ogni giorno si gettavano i dadi, e a chi capitava un numero basso<br />Veniva condotto al sacrificio: vecchi, bambini, ragazzi e ragazze.<br />O forse diremo così: che abitavamo in un vello d’oro,<br />In una rete iridescente, nel bozzolo di una nuvoletta<br />Appeso al ramo d’un albero galattico.<br />E questa nostra rete era intessuta di segni:<br />Geroglifici per l’occhio e l’orecchio, anelli d’amore.<br />…O forse della civiltà terrestre non diremo nulla.<br />Perché cosa fosse non lo sa realmente nessuno.<br /><br />AMEN.<br /><br />Maria Grazia Ferrarishttps://www.blogger.com/profile/17803499441626376026noreply@blogger.com