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venerdì 18 luglio 2014

FLORIANO ROMBOLI: LETTURA DI "UN SOGNO CHE SOSTA", DI G. RESCIGNO


Nota critica
a
Gianni  Rescigno: Un sogno che sosta
Genesi Editrice. Torino. 2014
                                               
                                   


A cura di Floriano Romboli

Mi è parso dominante nei testi un intenso e coinvolgente amor vitae, che di frequente si concretizza nella disposizione etico-intellettuale dell’attesa, cioè in una maniera vigile e interrogativa di accogliere e vagliare la qualità delle esperienze quotidiane:

    E’ quest’attendere
      che la notte svanisca
      e il giorno nuovamente t’inviti
      ad essere cocchiere di nuvole al sole
      che ti rafforza il desiderio
      d’allungare le braccia
      a stormi di rondini (Rondini e rose, vv.1-7, cors. mio)

Il poeta è lontano da una superficiale rappresentazione idillica della vita, della quale individua con lucida incisività l’ambivalenza costituzionale, l’intimo, anche aspro, moto dialettico:

   Minuto dopo minuto
     in ogni ora c’è dolore,
     c’è la faccia della vita:
     qua la guancia della sera
     là il versante illuminato (Stanze e corsie, vv.10-14, cors.mio)

L’amico Sandro Angelucci, di me ben più assiduo e competente conoscitore della vasta opera di Gianni Rescigno a cui ha di recente dedicato un attento studio monografico (Di Rescigno il racconto infinito, Piacenza, Blu di Prussia, 2014), segnala nel componimento ad un tempo eponimo e incipitario l’indicazione inequivoca della caratteristica non contingente, non limitata in se stessa e quindi auto-giustificata di ogni esistenza terrena, giacché questa appare incardinata in un disegno superiore che la trascende e prospetticamente la perfeziona e la definisce.
Per parte mia vorrei in special modo sottolineare la grande ricchezza di momenti significativi, di episodî sollecitanti, di acquisizioni fortificanti, di liete sintonie, e, altresì, di amarezze e sofferenze di cui consta quel “viaggio senza sosta del pensiero” che è la vita secondo la visione rescignana.
L’importante è non subire i tanti avvenimenti, le tante situazioni, tutti gli attimi dei quali essa è portatrice inesausta; occorre piuttosto investire tutto ciò con l’energia spirituale che sappia dargli senso, finalità e continuità, sul fondamento di una tensione ideale che l’autore definisce nei termini di “un sogno che sosta”.
La fede in Gianni Rescigno è anche apertura umana e viva partecipazione alla dinamica multiforme e imprevedibile del vivere e la poesia risulta infine in quest’ottica l’esercizio di una vitalità potenziata, una testimonianza carica della forza illuminante insita nella sua super-sensorialità:

 Segno sull’anima
  tracciato da Dio
  la poesia ha occhi
  dove tu non vedi,
  naso dove tu non odori,
  orecchie dove tu non ascolti (Segno sull’anima)

E ancora:   

I poeti accendono gli occhi
nella notte.
Supini vegliano i mali
della terra, li trasmettono
al cielo.
Sprofondati nel silenzio
rincorrono parole
nel pensiero  (I poeti accendono gli occhi, cors. mio)

L’ultimo mio corsivo intende richiamare quello compreso nella seconda citazione, allo scopo di porre in risalto come la rilevazione critica della dialetticità del reale si sostanzi nei versi a livello formale in un sistema ordinativo e organizzativo del discorso poetico che predilige la figura dell’antitesi e specificamente ( e non casualmente, stante quanto si è detto in precedenza) quella di luce e buio.
Mi limito a una scarna esemplificazione dalla valenza puramente indicativa:

Ti nascondi nella notte
le cui stelle tengono accesi
in eterno fuochi di speranze
e dagli angoli di buio
attendi che ogni mia parola
ti trapassi il cuore (Un giorno di primavera, vv.6-11);

Il mare: una strada
per gli occhi che vanno
al suicidio del sole
e l’onda scompare nel buio (Una strada per gli occhi);

Farfalle
verso il sole
così di notte
vedo in volo
le parole  (Parole in volo).

La contraddittorietà dell’esistenza è sovente dura e dolorosa, ma non respinge l’animo di chi sa cogliere in essa occasioni di impegno costruttivo:

 Quanto più si vaga               
 ad occhi chiusi nell’insonnia
 tanto più chiaro riesci
 a vedere il buio della vita.
 Ne abbiamo accese stelle
 con preghiere mia cara
 nell’arrancare nel dolore
 per risvegliare la speranza in coma! (Chiaro e buio, vv.9-16).                                                                                                                                                                                                Floriano Romboli



                                                          .     .     .     .     .     .     .     .     .     .     .
                                                                                                  




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