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martedì 29 agosto 2023

Maria Rizzi Su “Gli altri trentaquattro” di Corrado Casabuoni – Paolo Sorba Editore

 

 Ho ricevuto in dono da Corrado Casabuoni, che vive nella bellissima isola sarda de La Maddalena, il suo ultimo romanzo “Gli altri trentaquattro” edito da Paolo Sorba Editore. Dell’eclettico scrittore, funambolo delle parole e delle storie della vita, avevo già letto “Il delfino del Serengeti” del 2020 e le due Opere si differenziano totalmente. Innanzitutto sento il dovere di tributare ogni lode all’Artista Cecilia Prete, che ha corredato il testo con diciotto tavole realizzate con matite acquerellate, acrilici e collage. La scelta di coadiuvare la lettura con le illustrazioni deriva dalla volontà di rendere il giusto tributo alla vasta cultura dell’Autore, infatti molte di esse rappresentano antichi cartigli, lettere… Le conoscenze storiche di Corrado, in effetti, sono incredibili e farciscono il libro consentendo a noi lettori di vivere le realtà dei paesi citati e dei protagonisti. Inizierei spiegando il titolo. Deriva dal libro di uno scrittore maddalenino, “L’inviato del Regno” che i due protagonisti hanno letto, nel quale si narrava di trentasei Giusti che abitavano il Pianeta Terra. Alice era convinta che il suo scopo fosse quello di trovare gli altri trentacinque e Riccardo si identifica subito in uno di loro, per cui alla splendida siciliana resta da cercare “gli altri trentaquattro”.

I due personaggi conducono esistenze parallele, ma nel corso della storia si incontrano tardi. Entrambi sono nati il due aprile, sotto il segno dell’Ariete e hanno caratteri espansivi, avventurosi, appassionati, a tratti aggressivi, incuranti del pericolo. Entrambi sono isolani: lei di Siracusa, lui maddalenino. Scorrendo le pagine del testo non ho avuto dubbi che fosse autobiografico e sono rimasta ipnotizzata dalle esperienze di Corrado, alias Riccardo, nella sua isola sospesa sul mare e con la sua numerosa famiglia, che lo spinge a credere di essere un antenato di Annibale. Come il generale cartaginese ha tre sorelle maggiori e due fratelli minori e a scuola iniziano a chiamarlo “Barca”, un soprannome che diviene il suo vestito. Va detto che le rocambolesche vicende di Alice e Riccardo si svolgono in luoghi e situazioni diverse, ma hanno un comune denominatore: la tendenza all’infedeltà e alla vita libertina. Alice non rispetta le amiche. Diviene con naturalezza l’amante dei loro fidanzati e possiede la faccia tosta necessaria per continuare a reggere senza disagio i rapporti con loro. Ha grandi aspirazioni, tant’è che si iscrive alla facoltà di ingegneria aeronautica di Pisa con il proposito di diventare astronauta e, nell’attesa  di realizzare l’ambizioso sogno, prende l’abilitazione al lancio con il paracadute. Lei è insondabile, sfuggente, imprevedibile. L’ambiguità costituisce la fonte inesauribile del suo fascino, in quanto non esiste bellezza senza mistero e tutti preferiscono l’ignoto. Riccardo conduce un’infanzia irresistibile nella grande casa di famiglia, uscendo in mare con il gozzo sin da piccolo, possiede strani poteri dei quali prende atto mentre dorme nella casa della nonna Anna, con la quale matura un rapporto speciale. Corrado si è fuso con la mia interiorità e l’ha trascinata sulla via dei ricordi, nonostante le origini diverse, grazie all’amore per il mare che ci spinge a “contemplare le nostre  anime nello svolgersi infinito dell’onda” - Charles Baudelaire -,  e grazie al rapporto con la nonna materna, figure magiche venute da lontano, che per prime ci hanno aiutato a indagare i misteri della vita. Per il resto il Barca conduce altra vita. Si dedica con successo alle avventure amorose e conduce gli studi universitari per diventare Allievo Ufficiale di Complemento a Bracciano per seguire le strade dei nonni e del padre: i primi avevano combattuto nel Secondo Conflitto, il babbo nella Campagna di Russia. Negli anni successivi di Ferma Volontaria nell’Arma nasce il rapporto indissolubile con Marco e Giovanni. Gli amici sono di costumi licenziosi come Riccardo e, lavorando all’aeroporto di Fiumicino, possono contare sulle hostess di volo e di terra, sull’andirivieni incessante delle turiste, consapevoli che sedurre è un incantesimo, le donne sono vulnerabili al sussurro dello spirito e occorre essere raffinati. Alice e Riccardo nei loro continui cambiamenti amorosi sembrano consci che la conquista non è luogo fisico, ma una vertigine, un’eclissi, un’apparizione cui farà seguito una scomparsa. Fino all’incontro. Al giorno in cui si ritrovano, d’estate, entrambi a La Maddalena, il paradiso al profumo di mirto. Due isolani, nati lo stesso giorno, belli e senza remore si ritrovano dove è impossibile salvarsi. Un’isola può sempre sparire. Entità talattica, essa si regge sui flutti, sull’instabile. Per ogni isola vale la metafora della nave, vi incombe il naufragio. E la Sardegna, paese di roccia, anziché dare il senso della realtà sembra fatta con il tessuto impalpabile dell’ immaginazione. Riccardo non aveva idea di una turista splendida e impetuosa come Alice; lei era certa che un giorno avrebbe visitato La Maddalena. Il libro era stato galeotto. E i giorni di gite tra le varie calette dell’arcipelago: isola di Spargi, Cala Corsara, Cala Ciaccaro (che i turisti chiamano Cala Soraya), e soprattutto Cala Coticcio, favoriscono i primi approcci tra i due ardimentosi protagonisti. Corrado scrive: “Quello che era successo tra loro non era stato fare l’amore. Avevano suonato con una sincronia miracolosa, le corde che governano l’armonia del cosmo”. Di colpo Alice e Riccardo divengono le partiture l’uno delle giornate dell’altro. Se non erano vicini la vita taceva. Il romanzo scava ancora nella storia, regala colpi di scena, visionari e reali al tempo stesso, ma per ovvi motivi è meglio tacerli. Credo sia opportuno mettere il mio personale punto sull’estate rovente su quel lembo di terra ancora umido di freschezza verginale. I libri non vanno raccontati. Indegnamente finiamo per farlo privando i lettori dell’elemento - sorpresa.  Di certo quando finiamo un romanzo e lo chiudiamo, sappiamo che dentro c’è una pagina in più: la nostra. I libri, come “Gli altri trentaquattro” rappresentano ponti ostinati: uniscono, creano legami. Io so di essere molto più vicina al cuore di Corrado, di aver visitato con lui tanti luoghi… eppure non ci conosciamo ancora di persona.

 

Maria Rizzi

Premio Mimesis: successo di partecipazione e di critica

 

SI è svolta al museo del brigantaggio di Itri la premiazione  del premio Mimesis. Alta  la qualità delle opere a concorso e veramente eccellenti le Opere presentate. Il cospicuo numero degli spettatori presenti  sta a dimostrare il successo della manifestazione e ha messo anche a dura prova l’organizzazione. Mi sento in dovere in qualità di presidente della giuria di ringraziare tutti i colleghi che con non poca difficoltà hanno contribuito a stendere i giudizi sulle opere. Un ringraziamento particolare va a Patrizia Stefanelli vera anima della manifestazione e organizzatrice infaticabile. Per ultimo, ma non per importanza, un delicato ricordo a Nicola Maggiara. Nostro dovere, per ricordarlo nel migliore dei modi, e’continuare nel nostro impegno per il premio Mimesis.

Nazario Pardini

 

















giovedì 17 agosto 2023

Anna Guzzi " L’umile vero, Luzi"

 

L’umile vero, Luzi

La mia poesia parla per ferite e bagliori

intermittenti d’una Eternità che battezza

ogni dire, ma nessuno può coglierne l’enigma.

La parola non arriva al cuore del reale,

cede, inerme, a finzioni che spezzano

i profumi arancio nei campi di provincia

lì, intorno a Firenze dormiente fra colline.

 

Scrivo immerso nei grani di un deserto:

è il silenzio pieno di una voce

divina a parlarmi. Sospeso, non vedo

più l’acqua corrente dove poggiavo

il legno di prua, in mobile attesa

d’un minimo segnale, d’una vita,

di una innocente natura.

Dove si trova l’umile vero?

 

In un giglio dei campi toscani

o nella falce che sogna

a lato una primizia dei prati?

O forse è nel passo sapiente dei Magi

di creta in viaggio: dentro un presepe.


Tratta da  "Riscriver bianconeve. La poesia degli scrittori", Leonida Edizioni, 2012

sabato 5 agosto 2023

Giovanna De Luca " Civetta, D'estate, I Poeti "

 

CIVETTA

 Singhiozza in mezzo ai rami, il piccolo rapace.

 Ogni estate lo sento, accompagna le ore

 con quel grido in due tempi.

 È un richiamo d’amore?

 Da un albero ad un altro, più vicino e lontano

 lo perdo e lo ritrovo sopra l’onda del vento.

 Tu mi piaci, civetta, né ti penso notturna,

 oppur malaugurante.

 Io vorrei decifrare quel tuo singulto

 continuo e misterioso, che talvolta mi prende

 e quasi mi affratella.

 


D’ESTATE

 

Le lunghe sere d’estate

screziano l’aria che lenta s’imbruna.

Attendo il cielo scuro

e l’aereo che brilla tra le nuvole.

Di te il ricordo prende forma

- così, senza dolore.

Altro amore batte dietro

quella finestra che s’accende,

altro pensiero, altre parole.

Sia con loro il tempo,

ripeto piano,

lunghi l’estate - e i giorni .

  

I POETI

 

I poeti scrivono la notte,

il corpo stanco e la mente in subbuglio.

Cercano nel silenzio le risposte

indagano nel buio le ragioni.

I poeti scrivono la notte

parlano con il cielo e con le stelle

invocano la luna e l'ombra scura

di un cipresso piantato nel giardino.

Se una fessura s'apre tra le nubi

brillano le parole

come diamanti dentro un campo incolto.

 

 

XXVI Premio Nazionale MIMESIS di poesia anno 2023 VERBALE DI GIURIA

 

Associazione Culturale Teatrale Mimesis

sito web: www.associazionemimesis.com

e-mail: info@associazionemimesis.com

FB https://www.facebook.com/premiomimesis/

blog: http://nazariopardini.blogspot.com/

 

XXVI Premio Nazionale MIMESIS di poesia anno 2023

VERBALE DI GIURIA

 

La segreteria del Premio comunica che le commissioni di giuria presiedute dal Prof. Nazario Pardini (ex ordinario di Lingua e Letteratura Italiana, poeta, saggista, critico letterario, blogger) composte da: Patrizia Stefanelli (vice presidente), Emanuela Dalla Libera, Federico D’Angelo Di Paola, Vincenzo Mastropirro, Giuseppe Napolitano, Gianpaolo Mastropasqua, Serenella Menichetti, Francesco Terracciano, Antonio Villa,

in data 29/07/2023 hanno completato l’esame delle 539 poesie della sezione poesia inedita e       delle 373 poesie della sezione poesia edita.

Le poesie della sezione A, per quanto è stato possibile, sono state poste a verifica secondo le indicazioni del bando di concorso: "Per poesia inedita s’intende mai divulgata tramite qualsiasi mezzo. In ogni caso, l’opera non dovrà mai essere associabile all’autore, ma se prima della pubblicazione della classifica finale fosse divulgata, l’autore avrà cura di avvisare la segreteria che la sposterà nella sezione B (è stato fatto per chi ha avvisato).

Il presidente Nazario Pardini, vista la correttezza delle valutazioni, ha approvato la seguente graduatoria di merito:

 

POESIE VINCITRICI SEZIONE A (inedita) 539 opere

 

1ᵃ classificata ‘I Smirni a Cutrona di Alfredo Panetta

2ᵃ classificata Tutto ciò che siamo stati di Vincenzo Screti

3ᵃ classificata Mejtime të Pasiqyrtur di Giovanni Troiano

4ᵃ classificata Quanto bisbiglia il mondo nel mio petto di Monia Casadei

5ᵃ classificata Dopo le mille notti di Danilo Francescano

6ᵃ classificata È silenziosa la liturgia dei naufraghi di Cesare Cuscianna

7ᵃ classificata Matta di Paolo Emilio Urbanetti  

8ᵃ classificata Peppino di Fabrizio Cacciola

9ᵃ classificata dell’insondabile Mistero di Enzo Bacca

9ᵃ classificata ex aequo I fogli dei poeti di Domenico Sessa

10ᵃ classificata L’onorevole e la gazza ladra di Maurizio Fora

10ᵃ classificata ex aequo A ’ƞ zédar dal Liban di Edoardo Penoncini

 

POESIE VINCITRICI SEZIONE B (edita) 373 opere

 

1ᵃ classificata Perdonaci Signore del perdono di Vittorio Di Ruocco

2ᵃ classificata Enigma dell’assenza di Carlo Giacobbi

3ᵃ classificata Trittico dell’evoluzione di Vito Sorrenti

4ᵃ classificata Di mia madre di Nunzio Buono

5ᵃ classificata Betlemme è ovunque di Rodolfo Vettorello

6ᵃ classificata Il trentasette (Bologna, 1980) di Veruska Vertuani

7ᵃ classificata Ora che i giorni cadono di Rosanna Di Iorio

7ᵃ classificata ex aequo Due novembre di Franco Fiorini

7ᵃ classificata ex aequo Essere visto di Gianluca Mantoani

8ᵃ classificata Lettera a ‘mi padre di Ernesto Pietrella

9ᵃ classificata Monet di Carmela Laratta

10ᵃ classificata Music for hope “Il pianista di Yarmouk” di Floredana De Felicibus

 

 

Per ricordare degnamente il Presidente dell’Associazione Culturale Teatrale Mimesis, il Premio Speciale Provincia di Latina sarà a lui intitolato:


PREMIO SPECIALE NICOLA MAGGIARRA PROVINCIA DI LATINA

 

Il premio è conferito alla poesia La ballata del soldato di Gianfranco Domizi - voto 160,3

 

Durante la serata di premiazione si conoscerà il titolo della poesia alla quale sarà assegnato il

PREMIO SPECIALE STAMPA

Targa IPLAC conferita alla poesia (tra le 24 vincitrici) di maggiore impatto comunicativo.

Giuria Stampa

 

Franco Cairo (giornalista di Lazio TV- Europa TV)

Orazio La Rocca (giornalista, vaticanista, scrittore)

Orazio Ruggieri (corrispondente locale per H24, Tele Free)

 Gaetano Orticelli (giornalista, scrittore)

 

PREMI Sezione A

1° PREMIO: € 500 offerti dal Comune di Itri, targa, motivazione e 5 copie dell’antologia

2° PREMIO: € 200, targa, motivazione e 5 copie dell’antologia

3° PREMIO: € 100, targa, motivazione e 5 copie dell’antologia.

DAL 4° AL 12° PREMIO

Targa ricordo con incisione della poesia premiata, 5 copie dell’antologia, vini pregiati.

 

PREMI Sezione B

 

1° PREMIO: Contratto editoriale con Caramanica Editore che prevede la pubblicazione

gratuita di una silloge di 64 pagine, in 100 copie per l’autore, targa, motivazione e 5 copie

dell’antologia

2° PREMIO: € 200, targa, motivazione e 5 copie dell’antologia

3° PREMIO: € 100, targa, motivazione e 5 copie dell’antologia.

DAL 4° AL 12° PREMIO

Targa con incisione della poesia premiata, 5 copie dell’antologia, vini pregiati.

 

Per i premi in danaro è richiesta la presenza dei vincitori. In caso di assenza la graduatoria

resterà immutata e saranno spedite, a spese dell’Associazione C. T. Mimesis, solo le targhe

e i volumi.

Tutti i vincitori e i partecipanti al concorso sono invitati alla Cerimonia di Premiazione

confermata per sabato 19 agosto 2023 alle ore 21:00 presso il Museo del Brigantaggio di

Itri (LT).

Ore 19:00 Conferenza stampa per LAZIO TV presso il Museo del Brigantaggio con l’Assessore alla Cultura prof. Salvatore Mazziotti, i poeti e i giurati presenti.

Ore 20:00 Buffet offerto dall’Associazione C. T. Mimesis

Si richiede, gentilmente, ai poeti di confermare la propria presenza entro il 16/08/2023.

Le liriche saranno declamate dai poeti che ne faranno richiesta entro il 16/08/2023 e dagli attori della compagnia teatrale Mimesis.

DIREZIONE ARTISTICA PATRIZIA STEFANELLI

SI RINGRAZIANO LE GIURIE PER L’IMPEGNATIVO E SERIO LAVORO DI VALUTAZIONE SVOLTO SENZA ALCUN COMPENSO ECONOMICO

NAZARIO PARDINI

Presidente di giuria

GIOVANNI MARTONE

Segretario del Premio

Giusy Frisina " Inediti "

 COSTA VIOLA

Qui non c'è nessuno
Che non voglia esserci .
Pure se qualcuno prova a disturbare
Con un tuffo distratto
Ma il suono di crepitante seta
Nessuno lo ascolta davvero
Se non chi si fa trascinare
Dalla musica di tutti i mari
Su questo mare viola 
Scosciante tra i mitici scogli
Che solo risponde
A chi non fa domande
E che non vuole altro
Che solitudini di sassi
E silenzi d'alghe 
E parole mute nuotanti
Coi pesci trasparenti a pelo d'acqua.



.ESTATE INFUOCATA


Un'ombrellone chiuso
E un tramonto di fuoco
Ma non è  ancora notte.
Ora imperversa un'estate 
Interminabile e feroce
Come l' amore che non muore



AGOSTO

Agosto finisce appena arrivato
Nel chiasso indiavolato
Perduto in un bicchiere d'acqua 
e stanchezza di sale
Se non ci sei tu a raccoglierlo
Con un cucchiaino
Come si raccoglie inutilmente
L'acqua del mare



Giusy Frisina (inedite)

Maria Rizzi su “Diario pandemico al vento dei fiori “di Maria Luisa Daniele Toffanin - Valentina Editrice -


 

Maria Luisa Daniele Toffanin mi ha donato l’ennesimo prodigio nato dalla sua attività culturale e mi permetto di esordire sottolineando che mai come in quest’occasione il termine Cultura è strettamente legato alla coltivazione,  con la quale condivide la radice etimologica che significa ‘coltivare la terra’. Cicerone stesso asserì che la filosofia - e quindi per estensione la conoscenza - sarebbe servita per coltivare gli animi, e solo successivamente la metafora agricola è venuta a comprendere lo sviluppo del linguaggio e della letteratura. Ho ritenuto opportuno fare questa precisazione parlando della nostra Poetessa, visto che in lei l’arte è sempre coniugata alla natura, ai fiori in particolare. Si direbbe che questi ultimi rappresentino i testimoni di ogni periodo della sua esistenza e della sua produzione letteraria. In questo album dei sentimenti collettivi l’Autrice dimostra ancora una volta di essere consapevole che le idee racchiuse in se stesse si inaridiscono e si spengono. Solo se circolano e si mescolano, vivono, fanno vivere, si alimentano le une con le altre e contribuiscono alla vita comune. L’Opera è un meraviglioso testo, dalle dimensioni del diario, corredato dallo splendido quadro di copertina di Luciana Filippi e prefato da un ottimo Stefano Valentini, editore del libro, che sottolinea con acribia e passione quanto questo diario rappresenti  “Una poesia che, tra canto lirico pieno e lucidità di analisi (e, quando necessario , cronaca), non soggiace al generico e scaramantico ottimismo dell’”andrà tutto bene”, ma esprime una fiducia basata sui valori solidi e certi, in grado di mediare tra ‘affanni e prodigi’, di delineare gioia e armonia, nonostante l’attesa “scesa a quota minima”e il morbo “usurpatore”, che attenta alla psiche.”La Toffanin ha concepito un libro che non è di sola Poesia, ma anche di ricordi e di narrazione dei momenti salienti degli anni pandemici. Ne risulta un unicum, un documento che consente di non dimenticare il male del “terzo conflitto globale”. L’Autrice si sofferma sul proliferare di virologi, i sapienti che rendevano ancora più confuse le nostre esistenze; “sui “dati letti per televisione… Parole scandite come se fossero numeri al lotto, senza umana partecipazione”; sui lutti strazianti della città di Bergamo; “sui negazionisti… purtroppo istigati da dubbie figure politiche”. Nell’Opera torniamo ai termini resi noti dall’estendersi del Coronavirus: ‘la mascherina’, nostra triste, perenne compagna di viaggio, il lockdown, che nasce dall’unione di due termini inglesi, lock e down e verbalmente si traduce come confinamento. Il nostro paese l’ha vissuto da subito, infatti è entrato in vigore dall’8 marzo 2020 al 4 maggio nella prima ondata e poi sono subentrate le restrizioni per zone; l’uomo nuovo, buono, che sarebbe dovuto nascere da tanto strazio e infine il vaccino, sinonimo di speranza, che ha rappresentato una corsa contro il tempo e ha innescato gli atteggiamenti dei negazionisti. Purtroppo lo strazio del vivere separati, spesso soli, non ha generato persone desiderose di costruire l’Arca per la salvezza, ma sentimenti contrastanti e spesso divisivi. Nel 2022 si è aggiunta la guerra mossa dalla Russia contro l’Ucraina e i mali che piovevano e piovono tuttora mettono in risalto quanto l’opposto dell’amore non sia l’odio, ma  l’indifferenza. Non ci rendiamo conto che il senso della nostra vita comincia a finire il giorno che diventiamo silenziosi sulle cose che contano. Nel suo album Maria Luisa Daniele Toffanin dimostra il potere del dire, e tra le tante testimonianze inserisce uno struggente scambio epistolare con la nipote Giulia. Quest’ultima le scrive una lettera per starle vicina il giorno del suo compleanno, un giorno “un po’ strano, ma non meno speciale, perché noi, anche se non fisicamente, ci siamo, ti teniamo nel nostro cuore”.Le epistole della ragazza e della nonna rappresentano dolcissime dimostrazioni affettive e inducono a profonde riflessioni. La Toffanin fa riferimento al padre, il bisnonno di Giulia, Gino, internato in Germania nel corso del Secondo Conflitto, che nelle lettere non esternava “disperazione, piuttosto la fiducia nella provvidenza, nei miracoli, la certezza nella sacralità della famiglia, la preghiera come conforto”. Il diario diviene memoria storica, parente della Storia, ma meno intellettuale, precisa e più carica di affetti e passioni politiche. L’Autrice ripercorre il percorso di crescita collettivo, collegandolo a eventi antichi come la peste, l’Olocausto, nella consapevolezza che solo il ricordo può rendere gli uomini e le vicende immortali. La memoria archivia le cose, al contrario degli esseri umani, le conserva e le richiama a sua volontà. Presumiamo di avere una memoria, in realtà è essa ad avere noi. E passiamo all’aspetto poetico del diario della Toffanin. L’equazione uomo - natura, come già detto, rappresenta l’essenza dei versi della Nostra, e anche in questa circostanza il suo rifugio, la sua riserva personale di Speranza sono stati i fiori, simboli inequivocabili di vita e rinascita: “Vago tra il verde – mio ozio / smemorata del mio stesso pensiero/ fra camelie rosse rosate a cascate sulle azalee carminio / accanto all’azzurro rosmarino accaldato lungo il muro / e davanzali di primule e viole / e generose timide macchie di nontiscordardi me” - versi tratti da “Inno al Creato conforto”. Baudelaire asseriva che “La tempesta rinvigorisce i fiori”, la nostra Autrice insegna che ogni fiore è un’anima che sboccia in natura e ci rammenta che il mondo non è ancora stanco dei colori, dei profumi. Essi hanno un’influenza misteriosa e sottile sui sentimenti, analogamente a certe melodie musicali. Rilassano la tensione della mente. Nel tempo lungo e grave del Coronavirus il lirismo dell’Autrice cerca di trasformare l’attesa ‘nel vento dei fiori’ : “Bianchi arpeggi vibranti / nel vento fruttuoso di semi / squillanti nel verde dei colli / ai tuoi occhi magia: fiori di cotone / quello raccolto dai nei” - versi tratti da “Mi innamoro ancora della vita”-.  Germogliano i semi sui bordi del tempo e guariscono i mali. “Miriadi di stelle cadono dal cielo / splendono nel sole del mattino / fra il verde fogliame / il rosarancio dei gerani / accese da nuova rara luce / alla brezza di sillabe lievi” - versi tratti da “Nel cielo del mio giardino”- . Leggo le straordinarie liriche della Toffanin e comprendo che certi spiriti sublimi si alimentano del rapporto con il Creato.. Se scende la notte dentro di noi i Poeti sanno che quel buio semina stelle… La Nostra riesce ad allungare la mano per raggiungere il cielo e non dimentica i fiori che la circondano. Ella sa del mare, infinito libro di libertà: “L’attimo dell’onda selvaggia / smorzata carezza sui piedi / nell’illuminato moto dei marosi / nella voce del vento infinita / fra riflessi di luce abbagliante / alla serenità degli occhi - anima./ l’attimo dell’onda leggera sul piede / è l’umano nostro limite / l’umano nostro infinito” - la lirica “Il nostro attimo d’infinito”-. Come non inchinarsi di fronte a un’Artista che rende il diario della pandemia un viaggio attraverso meditazioni e versi di seta sui miracoli dell’universo. Arthur Rimbaud diceva che “L’eternità è il mare mischiato con il sole” e la Toffanin, consapevole che la riva del mare è da sempre un confine indefinibile, sembra narrarci che i pensieri sono spiriti in movimento come le onde, che fanno sentire la loro voce infrangendosi sulla riva. Di certo è pura visione il mare che cerca di baciare la sabbia, non importa quante volte venga mandato indietro. Non posso evitare di citare il “Diario di San Silvestro 2021 in prosa o poesia non conta” nel quale l’Autrice recita: “Colmo il vuoto delle assenze, che un po’ strizzano dentro / con simboli di identità ancora più cari ora in questi straniti / giorni per onorare questa vita in noi viva, desta, benedetta: / le gioiose bacche rosse del pungente agrifoglio / altre più minime residui di rami sottratti all’avido merlo / così nel loro ruolo presente azzerato l’antico turgore / e una manciata di pigne nobili di larice là del mitico prato / raccolte ante Vaia impietosa altra furia che tutto sradica e devasta”. Questi versi dimostrano che è senza dubbio alta Poesia e, trattandosi di un’Artista come la Toffanin, non poteva essere altrimenti. Mi ha trafitto nella lettura dell’intero album, del Natale e del Capodanno pandemici, la capacità della donna di rimanere salda al timone della propria esistenza grazie alla Fede, alla certezza che il dolore è un gran maestro degli esseri umani, sotto il suo soffio si sviluppano le anime. Tanta forza è senz’altro anche eredità degli insegnamenti paterni. Il dolore insegna a viaggiare a marcia indietro. Da grande a piccolo. Da ricco a povero. Dal superfluo all’essenziale. L’Autrice tiene vicini gli affetti con il collante dell’amore, attraverso i fili del telefono, le email, e soprattutto non rinunciando ai riti quotidiani: accudire le piante, ascoltare le stelle e la risacca, imbandire la tavola per il Natale e per la notte di San Silvestro. Il testo ha sapore didattico per infiniti motivi, e insegna soprattutto che la libertà non è nella catena al piede, ma nel perdere di vista ogni punto di riferimento. Trasformando gli atti consueti in piccole cerimonie la splendida Poetessa dimostra di essere riuscita a passare oltre il fenomeno virale, - non a livello di consapevolezza - , proiettandosi al di là del divenire, nell’eternità.

 

Maria Rizzi

Eugenia Serafini :" Il preside che camminava sui rami di pino e i racconti della luna " di Silvana Lazzarino

 

Grande successo per Eugenia Serafini artista internazionale alla Galleria Arte Sempione a Roma. dove lo scorso 24 giugno 2023 è stato presentato il suo libro di racconti “Il Preside che camminava sui rami di pino e  i racconti della luna” (edizioni Artecom 2019)

Dove si rincorrono ricordi e nostalgie di poetiche emozioni tra passato e presente, in cui ridisegnare il nuovo tempo nel ricontattare la propria autenticità, conduce l’opera di Eugenia Serafini artista di fama internazionale molto appressata dal pubblico e dalla critica, per il saper restituire ogni volta attraverso i diversi linguaggi della sua arte aspetti vicini e lontani, tangibili e sognati legati al percorso dell’uomo tra speranze, desideri e attese. Poeta, performer e installazionista ambientale di gran talento e spessore emotivo, nonché autrice di fiabe, racconti e giornalista, Eugenia Serafini ha restituito il respiro della vita nella sua concretezza e nella sua chiave metafisica tra luci e ombre, verità e mistero dove recuperare quell’ascolto di sé e degli altri a partire da un nuovo dialogo con la Natura basato sull’armonia e il rispetto.

Alla Galleria Arte Sempione a Roma lo scorso 24 giugno 2023, è stato presentato il libro di racconti di questa straordinaria artista in cui il tempo sembra fermarsi per ritrovare la magia della fiaba e del sogno da cui lasciarsi trascinare, mettendo da parte logica e condizionamenti dettati da principi e schemi cui spesso si è ancorati per condizionamenti e abitudini anche sociali. Il titolo di quest’opera “Il Preside che camminava sui rami di pino e i Racconti della Luna.” (Ediz. Artecom. 2019)“ già sintetizza l’atmosfera dalle tinte surrealiste che si respira nei racconti dove anche un personaggio reale può essere parte di un universo in cui tutto accade e si sviluppa spontaneamente e in modo inaspettato, mentre  la natura conduce  sguardi e pensieri entro scenari sospesi tra la terra e ill cielo.

 Ad accompagnare il pubblico presente all’incontro in questo viaggio dentro ricordi e sogno tra realtà e immaginazione dove si muovono e agiscono personaggi di fantasia, ma anche realmente vissuti, come pure ambienti e luoghi ancora presenti, e altri frutto dell’immaginazione, sono stati la moderatrice dell’evento Maria Rizzi, famosa scrittrice, Silvana Lazzarino giornalista, autrice e poeta che ha dedicato all’artista una relazione sul suo percorso, Sandro Angelucci poeta, saggista e critico letterario che ha rivolto alla protagonista Eugenia Serafini alcune domande in riferimento ai racconti dandole l’opportunità di descrivere  molto della sua ricerca artistica e della sua passione per la Natura e per Galilei. Le letture dei racconti da parte della stessa Eugenia Serafini con Nicolò Giuseppe Brancato, dall’interpretazione eccellente, hanno permesso ai presenti di calarsi emotivamente nelle vicende dei protagonisti.

Se da una parte si è potuto constatare come un uomo quale Bernini manifestasse un carattere deciso e irascibile dietro quella sua genialità, dall’altro non è mancata l’ironia con cui viene ricostruito l’incontro tra due figure di grande spessore del cinema e della letteratura quali Fellini e Marialuisa Spaziani, senza dimenticare la magia del sogno racchiusa negli sguardi del vecchio e della bambina nel racconto di chiusura “Storia di un cuore bambino”.

A guidare il lettore entro queste storie ironiche e visionarie, empatiche ed emozionanti sono la prefazione di Marcello Carlino e la postfazione di Nicolò Giuseppe Brancato, unitamente alla copertina e alle illustrazioni della stessa Eugenia Serafini. Disposti in ordine cronologico, i racconti racchiudono disincanto per aprire alla meraviglia e allo stupore con cui guardare fatti e accadimenti ripensandoli sotto un’altra visione, distante da ogni previsione e calcolo appartenenti al lato mentale che rallenta quell’aspirazione alla libertà di pensiero e improvvisazione proprie dell’intuizione. Se alcuni di essi aprono all’inverosimile, altri proiettano entro scenari inattesi e fantastici, ma tutto è sotteso da un respiro di leggerezza dove ogni situazione accade per caso e dove le emozioni sono imprevedibili nel loro esprimersi.

I racconti di Eugenia Serafini aprono a nuove prospettive che mettono in campo le indagini mentali ed emozionali talora imprevedibili e sorprendenti. Come scrive Marcello Carlino nella prefazione: “L’infanzia e il meraviglioso, indotto dalla fiaba, scandiscono il racconto di una bambina e di un vecchio che finisce per recuperare una dimensione bambina: entrambi hanno lo sguardo rivolto al cielo, che è l’oltre in cui si proietta la loro speranza, che è la figura stellata della loro utopia. Siedono il vecchio e la bambina dinanzi ad uno spazio interminato nel quale una promessa di felicità sembra potersi tenuamente delineare, bucando la realtà; e intanto un violino suona: Eugenia Serafini guarda a Chagall. Si ispira alla sua grazia”.

Proprio perché nell’arte di Eugenia Serafini è centrale il tema della natura con cui ritrovare una vera e propria armonia, dopo i saluti iniziali dell’organizzatore e coordinatore degli eventi della Galleria, Mario Borgato, è stato proiettato il videoNuvola” che testimonia uno dei progetti più interessanti riguardo le installazioni ambientali, portato dalla Serafini nel 1994 a Roma all’Eur al Colosseo quadrato. In questo video si osserva come l’installazione, composta da tre lunghi cartoni che scendono lungo le gradinate accompagnati dall’artista in una danza armoniosa, restituisca i cicli della natura nell’espressione dei suoi elementi quali aria, acqua, terra e fuoco. Le immagini riprodotte su questi cartoni che scendono dai gradini diventano l’immagine di una cascata di onde, mostrando colori vivaci in cui sono impresse farfalle, piante, delfini a simboleggiare il percorso della vita nei suoi elementi dove ad ogni notte segue il giorno.

A proposito di installazioni, da citare anche “Fossili di Petrolio nel Giardino InCANTATO e Domino- Dominio” realizzata da Eugenia Serafini con il gruppo dei Poeti-Performer “l’Ensemble Eugenia Serafini e I poeti dell’Onda” al MACRO Asilo di Roma in occasione della IV edizione del Festival delle Arti Nuvola creativa soltosi nel settembre 2019 ideato e curato dall’architetto Antonietta Campilongo. Sempre al Macro di Roma nel dicembre del 2019 Eugenia Serafini ha restituito il suo “Autoritratto” ripercorrendo i momenti più significativi della sua attività, con la partecipazione di Luigi Rendine attore, regista e direttore dell’Accademia di Arte Drammatica Pietro Scharoff di Roma, e con “l’Ensemble Eugenia Serafini e I poeti dell’Onda”,

Coniugando diverse espressioni dell’arte figurativa, visiva, gestuale, l’artista ha definito una prospettiva emozionale dove la corporeità, il gesto e la voce riacquistano nuova espressione per un discorso di arte totale portata dalla sinergia tra performance, teatro e poesia. Questo per sottolineare come Eugenia Serafini abbia guardato nel proprio percorso ad una contaminazione tra le arti utilizzando e fondendo gli apporti di diversi rami creativi: da quello visivo-digitale a quello teatrale e poetico e musicale. In questo senso le sue installazioni performance mirano a creare una nuova sinergia di emozioni coinvolgendo più sensi e in questa prospettiva rientrano opere di performance e recitazione di grande suggestione come quelle riferite a “Canti di cAnta stOrie”, Roma 2008 e l’installazione “Nuvola” di cui si è parlato prima, portata fuori presso l’ambiente dell’Eur sotto il Colosseo quadrato a Roma.  Accanto a tematiche legate alla natura e all’ambiente, vi sono altri contesti da lei affrontati come il discorso sulla donna e su diritto di libertà, e poi il tema delle migrazioni o quello drammatico dei Desaparecidos degli anni ’70 in America Latina. Tematiche che lei ha restituito entro un linguaggio legato ai ritmi della performance mettendo in scena i suoi testi poetici raccolti in buona parte nel testo “Canti di cAnta stOrie”.  L’aspetto del sogno viene sottolineato nella premessa a quest’opera dal Professor Mario Verdone con queste parole: “Il sogno- come appare dalle sue composizioni scritte-  è l’’humus’ vero che produce le ‘rivelazioni’: il sogno di Alice, del viaggiatore, della sposa e dell’immigrato calabrese, dell’esule e del ‘pescatore di sogni’: sogni dalla tensione alta vibrante, che svelano originalità e personalità, femminilità e ingenuità mai perduta, linfa vitale di ogni momento di vita, vissuto in un tempus dove cerca instancabilmente, naturalmente, la sorpresa e l’armonia.”.  


Silvana Lazzarino

(giornalista pubblicista, autrice, poetessa)