E ti rivissi, vita,con un sentire lieve e tanto amato che in ogni fatto lieto o meno lieto,ma scampato, vidi un superbo dono
Pagine
mercoledì 21 marzo 2012
Tre poesie di Nazario Pardini commentate da poeti e critici
6 commenti:
- Anonimo22 marzo 2012 alle ore 08:06
Ho riportato questo commento che il critico Floriano Romboli gentilmente mi ha inviato per e-mail
RispondiElimina
Per Nazario Pardini
Le tre poesie di Nazario Pardini accolte da Antonio Spagnuolo nel blog testimoniano non soltanto momenti cronologicamente distinti della ricerca artistico-letteraria dell’autore e ne rivelano la maturazione stilistico-compositiva all’insegna di un possesso pieno e sicuro degli strumenti espressivi e di un’attenta elaborazione concettuale; è che i testi ospitati segnalano altresì alcuni fra i fondamentali nuclei d’interesse intellettuale-morale del poeta toscano: la rivisitazione originale e intensamente creativa del mito classico; il culto tenace eppur problematico delle tradizioni locali e dei valori storico-culturali della propria terra; il rapporto intimamente tonificante con l’universo naturale.
Il riferimento all’immensità del mare che attrae e “rapina” lo spirito del poeta focalizza una situazione tipicamente pardiniana, concepita e realizzata in una prospettiva cara a Pascal: l’anima dell’uomo, ad un tempo conscia del suo limite eppur capace di vibrazioni “infinite”, coniuga la fragile condizione del fuscello con il bisogno profondo e irrinunciabile di un’esaltante “fuga negli abissi”.
Floriano Romboli - Anonimo23 marzo 2012 alle ore 11:59
Caro Pardini,
RispondiElimina
pur non potendo credere al prestigio della mia penna, mi fa piacere commentare con un appunto le sue belle poesie.
Incontro tre poesie di Nazario Pardini e mi coglie il perfetto stupore che, sempre, s'accompagna ad un momento epifanico.
I versi grondano classicità e purezza lirica; le immagini si arrampicano lungo sapienti sentieri lessicali e i guizzi espressivi marcano un territorio di originale ricerca compositiva.
E' la sincerità filosofica a creare fascinazione tanto da condurre chi legge verso il benessere dello spirito mentre l'anima non soffre la sovraesposizione.
Un saluto amichevole e cordiale
Eugenio Rebecchi Riporto commenti inviatimi per e-mail
RispondiElimina
Edizioni La ZisaMar 25, 2012 03:42 AM
mai scontato, mai banale... il verso di Nazario Pardini prende e sorprende in continuazione...
Edizioni La Zisa
Dalla lettura delle poesie di Pardini, postare sul blog di Antonio Spagnuolo, emerge che gli affetti familiari, quelli ancestrali, quelli classico-umanistici, e quelli dell’uomo in generale cosciente dei suoi limiti, ma arricchito del senso d’infinito sono i motivi ispiratori dell’autore. Le rappresentazioni di ambienti, di volti e di vicende in simbiosi con sprazzi naturalistici, offrono al lettore quadri icastico-metaforici di notevole spessore classicheggiante, resi fluenti, ritmici e musicali da uno stile di dolce afflato lirico. Il canto del poeta pisano è preziosa memoria di valori antichi e richiamo puntuale per l’uomo del nostro tempo.
(Salvatore Tibaldi, Presidente del Premio Letterario “Santa Maria in Castello”, Città di Vecchiano, Pisa)
Nella poesia di Nazario Pardini, viaggio introspettivo alle radici del sentimento, vi si ritrova la consueta raffinata tessitura poetica che distingue il Poeta e che si eleva a canto armonico come a ricercare con costante tensione e alimentare con rinnovata linfa, i pensieri, le emozioni e le passioni sedimentate nel profondo dell’animo. E noi possiamo leggere l’uomo, che consapevole vive il senso della caducità, vive il tempo con il rischio dell’annullamento in una finitudine tragica, quasi riuscendo a sfiorare la nostalgia della sua nostalgia dove riaffiora infine la consolazione che può nascere dalla memoria degli affetti e delle cose. E che riesce ad aggrapparsi alla speranza di un ritorno dell’anima in fuga negli abissi….”Ritornerà in prigione nel suo corpo/... per pensare di nuovo che la vita/ è quel fuscello breve che dimena/in un’immensità che ti rapina…”
Rosanna Di Iorio- Anonimo28 marzo 2012 alle ore 09:23
Già nel 2011, leggendo "Alla volta di Leucade", del gentile e raffinato poeta ed amico Nazario Pardini, ero stata colpita dal suo coraggio nello scegliere, in modo "inattuale" (alla Nietzsche) un linguaggio e una tematica solo in apparenza conclusi nel solco della nostra più bella tradizione letteraria. Dico "in apparenza" perchè niente è più vivo e moderno di questo impasto linguistico e sintattico in cui affiorano brividi di smarrimento panico, quasi un trasfigurarsi alcionico nel paesaggio del mito, un conforto e un antidoto rispetto alla nostra stressante alienazione metropolitana.
RispondiElimina
Grazie ancora, Pardini, per queste emozioni che ci sai così intensamente trasmettere in una cifra stilistica sapiente ed inconfondibile.
Saluti affettuosi
Luciana Tagle Piace, caro Nazario, andare per i tuoi versi sorgivi, incontrare figure femminili, genti, luoghi altri e ascoltare profonde emozioni sempre, innervate dal tuo amore per il mito e insieme per la vicenda umana. Un passato che così si avvicina, diviene anche nostro presente. E piace pure muoversi in spazi immensi del tuo presente che dicono sentimenti universi sull'attimo-spazio nostro di vita, e respirare in essi un senso di eterno che confonde e conforta l'anima. E tutto questo grazie alla tua scrittura limpida, coerente, come già ti dissi, modulata su registri linguistici colti, antichi e nuovi, su note di un'ormai calibrata musicalità che prende anima-corpo in immagini sempre diverse: sonanti (...o il greve stridere bronzeo dei fanti,/od il nitrire tetro delle guerre ) o leggere (...bianchi uccellli/stendono le ali/sopra i viali di una tarda sera...; ...il mare si avvicina e si allontana,/clessidra della vita...; ...portato sull'onda dall'ala leggera/del novembre ), ma sempre vibranti di riflessioni esistenziali, per ultimo ...la vita/è quel fuscello breve che dimena/in un'immensità che ti rapina. Una poesia, caro Nazario, senza tempo, pur adagiata su una trama di elementi naturalistici di ampio respiro ed innata armonia. Una poesia che mi è cara, intrisa del tuo amore per la vita, che si irradia spontaneo alle persone, a noi amici, e al creato.(Maria Luisa Daniele Toffanin, poetessa, scrittrice, e critico letterario, Padova, 13/04/2012)
RispondiElimina
Giuseppe Grasseschi
Di Nazario Pardini, bastano pochi versi per capire quali
emozioni e sentimenti un grande poeta riesca ad evocare.
I suoi endecasillabi fluiscono con scioltezza, simili ad un
rivolo d’acqua che “alita canti, suoni e incantamenti”.
Una poesia di intimo raccoglimento, per meditare gli
aspetti più o meno dolorosi della nostra precaria esistenza,
“per pensare di nuovo che la vita / è quel fuscello breve
che dimena / in un’immensità che ti rapina”.
Maria Ebe Argenti
Così ho fatto anche questa volta (ho già avuto il privilegio ed il piacere di occuparmi criticamente della sua poesia), ed ancora, questa cascata di suoni armonici, mi ha attraversato, ed io lì, sotto quella doccia di parole rigeneranti.
Nazario ha un dono, sempre più raro al giorno d'oggi: l'umiltà d'essere poeta autentico. E - si badi - non è il solito modo di dire: in lui l'erudizione (si pensi al primo dei testi presentati, tratto da un libro di altissimo spessore, che ben conosco) si sposa, senza fanfare, con i toni appena sussurrati della voce della Natura, dando vita ad un connubio d'amore inseparabile.
D'altro canto, basta leggere la chiusa de "In una immensità che ti rapina" per rendersi conto di quanta e quale forza metaforica si leghi alle immagini evocate "...Forse rincaserà / l'anima mia in fuga negli abissi. / Ritornerà in prigione nel suo corpo /..../ per pensare di nuovo che la vita / è quel fuscello breve che dimena / in un'immensità che ti rapina".
Grazie, di cuore, caro Nazario.
Sandro Angelucci
In queste tre liriche Nazario Pardini ci propone un flashback illuminante che rimanda a momenti diversi del suo itinerario artistico. Potremmo dire che esse ci presentano tre diverse stagioni della vita.
Nella prima (“Il canto di Saffo”, tratta dalla splendida raccolta “Alla volta di Leucade”), Saffo incarna la stagione della passione e dell’amore, dell’evasione e della libertà: è l’esplosione del sentimento, l’incendio dei sensi, la corsa incontro alla luce e al sogno.
Nella seconda, “ Giù per i sassi”, archiviato il furore dell’età giovanile, assistiamo ad una sorta di contrappasso: dal “carro d’oro” di Afrodite, librato in volo sopra la “terra bruna” dal “frullio folto dell’ali” di “passeri lievi”, il poeta è precipitato “in mezzo alle rovine” e a “sassi di marmo”, dove incede con “piede incerto e vacillante”.
E’ la stagione del conto consuntivo, quella inquieta e dolorosa in cui “…la vista si rivolge al cielo / al giorno che termina la sera”.
Nella terza, “In una immensità che ti rapina”, siamo come proiettati nel clima dell’ “Infinito”, e lì respiriamo tutta intera l’immensità e l’inquietudine leopardiana: stilemi e stati d’animo, la sensazione della precarietà e del nulla, l’ansia e il mistero dell’Assoluto (“… Mi prende il largo spazio: / sono nulla e il nulla si dilegua / nel vento salmastroso dell’immenso”).
Ed è, quest’ultima, la stagione che chiude il ciclo dell’esperienza e del contingente, per approdare ad un piano altro dalla conoscenza. E, come nell’ “Infinito”, anche nella lirica di Pardini si aprono scenari in cui la finitezza dell’uomo risulta irrimediabile e terribile.
Eppure, c’è un diverso finale di partita a differenziare l’esito delle due architetture esistenziali: infatti, a leggere in filigrana i versi di Pardini, non si fa fatica a scorgervi un respiro che abbraccia a più ampio raggio le ragioni dell’uomo: è quel filo che collega gli “antenati antichi” (non solo quelli della Tuscia e della Caria, i quali, ancorché cari al poeta, rappresentano pure semplificazioni nominalistiche) ai popoli di ogni tempo e di ogni luogo e ne accomuna il destino e le ragioni, dopo avere ancora una volta preso atto che, di fronte al mistero, non rimane che gettare il cuore oltre l’inconoscibile e, direi, kantianamente credere: “ corte le strade della nostra gente / drizzano templi / sopra verdi mari / immensi altari per i loro dèi”.
Umberto Vicaretti.
Caro, carissimo amico Nazario,
tu sai bene che io non farò una recensione delle tue composizioni, perchè non è nelle mie corde. Quello che posso esprimerti è ciò che si dipana dal mio cuore, sincero e da fanciullo.
Amico mio, è così che ti considero, le tue poesie, o meglio dire le tue LIRICHE, mi hanno sempre lasciato una profonda commozione e indiscutibili emozioni.
I tuoi acquerelli, delicatissimi, mettono a nudo il tuo animo trasparente come “Bianchi uccelli/stendono le ali/sopra i viali di una tarda sera”; ma “il mare si avvicina e si allontana” e tu, “fuscello/che si annulla nell'aria mattutina/portato sull'onda leggera/del novembre” aspetterai quel mare “BALENANDO IN BURRASCA”.
Un abbraccio
Con tutta la mia stima ed amicizia
Giannicola Ceccarossi