Le cose semplici
Era il
profumo delle cose semplici,
del caffellatte caldo nella tazza,
del pane abbrustolito sulla stufa
a riscaldare l’aria dell’ambiente,
un’aria che sapeva di carezze
e di felicità fatta di niente.
C’erano le galline nel pollaio
e l’orto steso al sole lungo l’argine
ed io non seppi mai dove finiva
quel sentiero tracciato dal passaggio
di gente del paese o di chiunque
saltasse loro il ticchio di sorprendere
il mormorio del fiume che fuggiva,
fuggiva verso il mare;
non seppi mai la varietà dei fiori
che punteggiavano il trifoglio, soffice
sotto i piccoli passi di una bimba,
ma conobbi il gradevole profumo
sottile e persistente di quei fiori
quando, dalla finestra, una ventata
faceva entrare le odorose essenze
a voler dire, forse, che la vita
ama il profumo delle cose semplici,
che fanno meno amara l’esistenza
nel momento in cui deve armonizzare
con la complessità dell’universo,
a gloria di
Colui che tutto move,
in una parte
più e meno altrove.
Fascino di vita
Un pomeriggio intenso ad osservare
artistiche
vetrate contro luce.
La fragranza dei
gigli era ristoro,
m’invogliava
a percorrere i gradini
fino alla Madonnina tutta d’oro.
Splendevano,
le guglie, sotto il sole
suscitando
memorie di pioppeti
che
assorbivano il canto degli uccelli
e ritagli di
musiche lontane
mentre di
bioccoli fioriva l’aria.
E’ là, nella
pianura, il mio rimpianto
dove le
spighe scherzano col vento,
dove, la
notte, gridano gli assioli
diramando
messaggi sibillini.
Fu calata una
pietra sul passato
che non si
può rimuovere;
ma se
qualcuno spinge per entrare,
perché il
cardine accenna un cigolio
che pare
quasi un gemito?
E se mi
coglie un attimo di gioia
che nella
vanagloria del momento
vorrebbe
forse esistere per sempre,
di nuovo il
cigolio s’indispettisce
come una
serratura che s’inceppi
o il premere
da dentro di un ostacolo
che non mi
faccia uscire.
Fra le guglie,
del
fantastico Duomo di Milano
è una delizia
il sole che tramonta,
l’aria è
dolcissima, par di sentire
il profumo
dei gigli sull’altare
e,
camminando, si ridesta il cuore
a ciò che
ancora è fascino di vita.
Era il fiume che amavo e me n’andai
verso i
palazzi di città in tumulto
mentre lui
proseguiva la sua corsa
mormorando
parole di mistero
alla luna,
che in acqua si specchiava.
Anche le
svelte rondini migravano
nel lungo
inverno, gravido di neve
e, appena l’aria
si faceva tiepida,
sfidavano l’impresa
del ritorno.
Nello
scaldavivande della stufa
la sera
riponevo la mia bambola
e poi la
riprendevo al mio risveglio
ed era calda,
come fosse viva.
Ma la
preziosità di una memoria
che il Tempo non sgualcisce
non dà
risposte a certe mie domande
le cui vene
hanno buchi d’amarezza
nascosti da
silenzi insostenibili.
Non sono che
una foglia ancora unita
all’albero
svuotato d’ogni linfa,
strapazzata
dal Tempo che rintuzza
l’orgoglio di
volare e gettar semi
al vento, per
far fiorire il cielo.
Le stelle che
profumano di sogni
fanno
brillare i fiori sugli steli,
ma la vita ci
dà molto di più
dei profumi
di viole e gelsomini.
Cosa riesce
ancora a darle un senso
per farla
rifiorire nella luce?
Se potessi
vestirmi di ricordi,
quante
carezze avrei sulla mia pelle.
Piove sui
tetti e sulle cose mute;
mi manca da
morire quella luna
che si
specchiava dentro il fiume in corsa.
Nota
biografica:
nel piacentino ed ora vive a Varese, ai piedi del Sacro Monte, con
la
famiglia. Da alcuni anni, si lascia
travolgere dalla passione per la poesia
in metrica e pubblica: 2003, Ebe
D’Autunno, Edizioni Marna, prefazione
di Silvio Raffo; 2004, I
Luminosi Accenti, Edizioni del
Leone,
editoriale di Paolo Ruffilli; 2006, Il Sogno
Clandestino, Edizioni del Leone,
prefazione di Paolo Ruffilli; 2012, C’era
una volta il bozzolo, Edizioni ETS,
prefazione di Nazario Pardini: 2012, E se
volasse libero il pensiero,
Genesi-Editrice, prefazione di Sandro Gros-Pietro.
Partecipando
ai concorsi letterari, vince alcune decine di Primi Premi.
Sue liriche sono declamate in emittenti
radiofoniche.
Il
29.10.2010 è stata insignita della “Laurea Apollinaris”
per meriti poetici,
presso l’Università Bicocca
di Milano.
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