Duende
E’ un fuoco di terra il mio dio.
Dalla caverna mi chiama
con scosse telluriche,
assiso tra fiasche panciute
nei più segreti grottini.
E sta con la vergine luna,
colmo il calice
dell’argenteo suo sangue.
Con lei danzerà,
con lei annegherà
dentro i limpidi specchi
delle botti là fuori a stagnare.
Tra i filari domani
verrà l’alba versando
quel suo fresco vino turchese
nella coppa del mio cranio.
Con il cuore a galla,
fra onde di gioia,
scoprirò quanto si amino
il cielo e la terra.
Nel mio fascio di nervi e di sangue,
tra resti di folla esultante,
allora si che potrò dileguarmi
sul dirupo più alto del mondo.
Dove nessuno saprà che risorgo.
NESSUNO
Quando sarò nessuno,
io senza identità,
povero diavolo e cristo in croce,
ultimo degli ultimi
destato da un sogno vanaglorioso,
io merdoso superuomo
scaraventato a riva dal maroso
e gettato sotto un dattero
senza corazza né ancile,
allora mi sovverrà che Ulisse
è il nome di Nessuno.
Potenza numinosa
eterno combattente eroe divino
io nano e gigante di me stesso
io nulla e tutto
riprenderò lo scudo e l’armatura.
E in cerca d’avventura,
via dalle sabbie mobili,
fuori dalle illusioni andrò
di queste craniche prigioni!
Prendere il vento forte di maestrale,
poi nella scia
della macchina astrale,
nel pensiero che vola e che mi pensa,
perché io possa, stanco di pensare,
lasciarmi pensare dal pensiero.
Svuotare la mente, rifare il pieno,
piombare nella fine
per tornare a capo…
L’una nell’altra si confondono
l’alfa e l’omega.
Tutto è immutabile
e tutto è in mutazione.
Giunge l’essere al tempo
e torna all’assoluto il relativo.
IL MALE D’OGGI
Il
male d’oggi è chiuso in un recinto
di
plastificate muraglie,
ghetto
refrattario in una cupola
agli
spiragli di luce.
E
solo tenebre incontri
senza
più coscienza delle tenebre,
case
nere lungo i viali asfaltati
senza
più finestre,
un
dolore inconsapevole,
una
notte senza sbocchi
che
rifiuta l’impasto con le aurore,
un
nulla radicale in estinzione,
un
nero che più non genera nero,
un
incubo, un’oscura follia
superba
e paga di se stessa
che
rifiuta il bacio dell’alba
e
si occulta all’amplesso lievitante,
al
groviglio fremente della vita,
e
muore…
Quanti
gridi di dolore nelle notti
si
schiudevano all’alba in battiti d’ali!
Mai
mi dicesti
che
c’è un male che fa bene,
ma
lo capivo dai tuoi gesti,
padre
contadino,
dall’urlo
muto
delle
viti che potavi,
dal
sudore vivo della fronte,
dalle
doglie della terra partoriente
che
con amore coccolavi
affinché
tutto risorgesse
nuovo
e bello dalle brume invernali.
Quanti
gridi di dolore nelle notti
esplodevano
all’alba in battiti d’ali.
Brevi cenni biografici di Franco Campegiani
Franco
Campegiani è nato nel ’46 e vive a Marino, nei Castelli Romani. Ha pubblicato svariati testi poetici con le
seguenti Editrici: Mario dell’Arco; Rossi & Spera-Carte Segrete; Ibiskos;
Sovera. Coltiva interessi nel campo delle arti visive, come critico d’arte, ed
è giurato in alcuni premi letterari. Ha inoltre svolto, e svolge tuttora,
un’intensa attività giornalistica presso testate specialistiche. Animatore
culturale, ha curato rassegne e collane letterarie per conto di Editrici e
Gruppi Culturali. Ha inoltre dedicato particolari attenzioni all’organizzazione
di eventi multimediali (tra questi, nel 2001, la prima edizione del festival Frammenti nella città di Frascati e, nel
2009, la Fiaccolata Dionisiaca con performances di poeti, di musici e di
artisti, nella città di Marino). Campegiani ha promosso manifestazioni sia
artistiche che letterarie, nonché iniziative ecologiche, dando fra l’altro
impulso a svariati cenacoli culturali. In campo filosofico ha pubblicato nel
2001, con l’Editore Armando, un saggio dal titolo “La teoria autocentrica”,
sviluppando una particolare interpretazione dell’Armonia dei Contrari. Nel 2005 ha dato vita, insieme
allo scrittore Aldo Onorati e al sociologo Filippo Ferrara, al Manifesto
dell’Irrazionalismo Sistematico, ispirato all’opera del Maestro Bruno Fabi. Di
costui ha anche curato la postfazione a Il
Tutto e il Nulla”, nella ristampa dell’Anemone
Purpurea del 2006, nonché la prefazione a Delirium, della stessa Editrice, nel 2008. Sempre nel 2008, il Progetto Athanòr, in collaborazione con
l’Accademia Internazionale “Città di Roma”, gli ha conferito una laurea honoris causa in filosofia.
Con grande piacere trovo pubblicati questi testi del caro amico Franco Campegiani. Li conosco tutti (ci vediamo di frequente e conservo larga parte della sua produzione, non solo poetica). Per queste poesie, mi piace evidenziare i passaggi che ritengo fondamentali e, attraverso i quali, per me, farò parlare la poesia. Da "Duende": praticamente l'intera terza strofa e, in particolare, la chiusa, il suo svanire con il "fascio di nervi e di sangue" di una vita, di cui nessuno sospetta né il come né il luogo della resurrezione; da "Nessuno": il volo del pensiero, un pensiero, però, non passivo ma che pensa, al punto tale che - intuizione geniale -, sia il poeta in posizione di felice passività ("perché io possa... / lasciarmi pensare dal pensiero"); da "Il male d'oggi": apice, al momento, per me, della sua poesia, invece, metto in rilievo l'aspetto fonetico e stilistico (tanto intimamente legato ai contenuti) della ripresa: "Quanti gridi di dolore nelle notti / si schiudevano all'alba in battiti d'ali", poi, distico di chiusura della composizione; tacendo, per non dilungarmi, sulla totale validità e pregnanza della stessa. Tutto ciò per dimostrare quanto profonda sia la stima che nutro per questa scrittura.... Il resto: la fratellanza di pensiero, Franco la conosce perfettamente.
RispondiEliminaSandro Angelucci