Poesia e non poesia
a cura
di
di
Nazario Pardini
Scrivere
di poesia oggigiorno è una cosa abbastanza difficile. Prima di tutto perché ci
sono migliaia di poeti, per così dire, che si avventurano in questo campo tanto
variegato; e tanti ne sminuiscono certamente l’affidabilità. Si leggono poesie,
di frequente, su antologie varie, che danno un chiaro esempio di cosa non dovrebbe
essere la poesia. E anche a proposito di tali antologie, tanto ci sarebbe da
dire. Un’abbuffata. Editori improvvisati che bandiscono concorsi editoriali il
cui premio è la pubblicazione in un libro che l’autore senz'altro acquisterà a
prezzi, direi, non vantaggiosi. Un vero commercio e una vera speculazione sulla
testa di queste centinaia di concorrenti che, per vedersi pubblicati in un’opera,
che poi è destinata al macero, chissà cosa farebbero. Io stesso ho avuto
l’occasione di misurare le vere intenzioni di uno di questi pseudo editori. Ho
inviato una poesia, la più brutta possibile, senza capo né coda, senza un
contenuto preciso, con un linguaggio ovvio e scolorito, e, naturalmente, sono
stato prescelto per la pubblicazione. Mi si potrebbe osservare che ciò che per
me è brutto per altri può apparire bello. Ma io penso che una base di dignità
sia necessaria a livello etimo-fonico e contenutistico. Non avendo acquistato
l’antologia e avendo rivelato le mie intenzioni con interventi sul blog
dell’editore, mi sono attirato l’ira dell’uno e di quella di tutto il popolo
dei prescelti.
Quindi cosa è mai questa poesia? Si
possono delineare alcuni confini fra quello che è e quello che non è? Io credo che uno degli elementi portanti e
comun denominatore di ogni espressione poetica sia una forma suggerita da
un’anima disposta per inventiva e creatività a un “aveu” sincero e spontaneo. Ma
è estremamente necessario possedere un substrato linguistico non indifferente
per accompagnare la nostra interiorità e non cadere nel semplicistico. Una
forma che si articoli in figure retoriche e significanti metrici compatti e
originali. In parole povere, una forma che denoti padronanza del verbo e dei
suoi legami. E’ senz’altro la parola lavorata, ritagliata, ricercata,
armonizzata in un contesto a dire il tutto. Ed è la graduale e sostanziale maturazione
che porta ad essere padroni di una forma che identifica l’autore. Intendendo
per forma una simbiosi inscindibile fra dire e sentire. E quanto è più ampio il
linguaggio, quanto più ricco il patrimonio lessicale, tanto più cresce la
possibilità di parlare di noi. E non è detto che fare poesia libera, senza
misure metriche predisposte, senza vincoli, sia sufficiente a far scavalcare i confini
fra un fasullo e un vero poeta.
La stessa poesia così detta libera deve contenere al
suo interno quella magica fluidità, quella ricchezza lessicale, quella
compattezza armonica che può rivelare, ad esempio,un’alternanza metrica di
endecasillabi, settenari e novenari. Alternanza che tenda ad evidenziare, dopo
brusche rattenute, vere cascate musicali di versi adatti a tale funzione.
Adatti ad accompagnare momenti di vita, moti esistenziali ora più intensi ora
meno. La poesia allora deve essere guidata da regole? ma non è che con le regole la si distrugge? se
ne annienta l’anima? Mi si potrebbe
obiettare. Ma la regola è insita, non
estranea alla espressione poetica, nasce contestualizzata e col solito sangue
del vero poiein. Quindi è estremamente
necessario formarsi su una solida cultura letteraria, arricchirsi di esperienze
di vita e di lettura, di traslati e parole. E’ estremamente necessario
conoscere la metrica, educare l’animo ai suoi strumenti, per fare nostra questa
vena sonora finalizzata alla scoperta di noi stessi. Se sono in boccio dentro
di noi vanno coltivati, attraverso un esercizio fonico-verbale, vanno
indirizzati verso l’armonia che è il momento più importante dell’attività
estetica, perché è proprio quello che avvince il fruitore, e lo rende partecipe
del messaggio. Insomma, facendo il percorso inverso, non è certamente poesia
una scrittura che stride all’orecchio, che non riesce a combinare la parola con
l’interiorità, che non è all’altezza di creare quei guizzi folgoranti che sanno
andare oltre il testo. La musica è
dentro l’uomo fin dalle sue origini. E deve essere partorita da uno spartito le
cui note volgano a una composizione umanamente
coinvolgente. Quante volte diciamo: “Questa non è buona musica”. Perché è il
nostro animo che tiene fin dalla nascita il germe dell’armonia, e questo germe
va educato a più complesse orchestrazioni. Non si può fare poesia buttando giù
frasi più lunghe o più brevi come fossero versi. Anche la poesia così detta
libera deve attenersi a dei principi, e chi la scrive non è libero da vincoli espressivi
e da conoscenze di armonia e fluidità; deve aver presente il valore del verso
in tutte le sue funzioni di forma e di regole che la poesia stessa contiene in
quanto tale, e che tiene nell’anima, innate, il vero poeta. E proprio su quel
tessuto devono essere cucite parole che non sono più semplici grafemi, ma
involucri che contengono immagini, frutto di realtà macerate nella nostra
intimità. E quando si ricorre alla natura (ai suoi grandi spazi, ai suoi
misteri, alle sue infinitezze o debolezze, ai suoi momenti ora fulgidi ora
decadenti, ora brumosi, ora sfolgoranti) deve essere più vicina possibile al dipanarsi
della vita umana. Al suo consumarsi. La natura deve aiutare, con il suo
linguaggio, la confessione. Ed è sempre disposta, la natura, ad assecondarci, ad
affiancarci con quello che vuole dire. Ed il binomio è fatto, la simbiosi è
completata. Descriverla col solo scopo idillico-elegiaco significa partorire un
prodotto senz’anima.
Poi, per quanto concerne i contenuti,
di solito si tende a delle suddivisioni secondo me piuttosto inutili: poesia
oggettiva. d’impegno, poesia lirica. La poesia tutta deve essere lirica, sia
religiosa, sia oggettiva, sia laica, sia civile. Se non la si sente e se la si
deve fare solo per una missione religiosa o politica o civile o altro non
raggiungerà mai le vette del Parnaso, ma sarà solo, tutto al più, una semplice
manifestazione di pensiero. Ma mai una forma artistica.
E
lirico può essere qualsiasi contenuto, qualsiasi argomento, sia politico che
religioso o erotico, è indispensabile che sgorghi dall’animo, è indispensabile
che sia frutto di una passione, di un forte sentimento. Perché a indicarci le
strade contorte, ora melmose, ora lucide di sole, ora tenebrose, ora albate di
prima luce, a far riaffiorare quei sentieri
rimasti a decantare in silenzio per anni, è l’interiorità, anche quella portata
agli estremi, quale la follia; e nasce da là la vera poesia: da quelle immagini
irrobustitesi nel fondo della memoria, da quella realtà che si è fatta nuova, e
riadattata e forgiata dentro noi dal fuoco dei sentimenti. Non certo dalla
ragione che tende, semmai, a raffreddare quel fuoco, a dimostrare che la strada
dell’arte è dettata da impulsi, da moti eccessivi, anche se rivissuti, su cui
la ragione stessa non ha avuto né il tempo, né la forza d’intervenire.
E tanti sono i poeti contemporanei che
dimostrano padronanza linguistica e originalità intuitiva. Ma fra i tanti che
rispettano i cardini fondamentali della poetica, un po’ frettolosamente
espletata, ci sono nomi degni di un percorso
letterario da tramandare; quelli le cui opere per forma, contenuti,
significanti metrici, stili, cultura, motivazioni umane, e soprattutto linguaggi,
esemplificano i fondamentali della poesia. Se si dovesse citare ci sarebbe l’imbarazzo
della scelta. E forse ci avventureremo, in seguito, anche a stilare dei nomi da inquadrare in indirizzi stlistico-letterari. Lo faremo! Un po’ di tempo e vedremo.
Certamente ognuno misurabile per un suo stile ben preciso, unico e
inconfondibile, ma tutti accomunabili per alcuni punti fondamentali: spontaneità, ricerca
linguistica, naturalismo intimistico, motivazioni esistenziali, simbologia
panica, rappresentazione di una modernità che, ereditata dall’altro
secolo, fonda insieme tradizioni
classiche e inquietudini della società dei consumi; e quindi lavoro, lavoro e lavoro, che non è affatto in antitesi alla spontaneità. E per intenderci dico di un mondo in cui il
messaggio poetico, pur personale e liricamente valido, faccia, nella forma più
accessibile per una platea, di una propria storia una missiva di vita e di afflato universale. Una ricerca verbale inglobata nel mistero della poesia. E raffiguri, in questo spazio ristretto, l'inquietudine di un Uomo labilmente umano e impossibilmente ultra/umano. Naturalmente sarebbe necessario, attraverso un lavoro filologico,
effettuato sulle opere dei singoli, estrapolare degli indirizzi che emergerebbero con connotazioni ben precise: alcuni più propensi ad un discorso
idillico-elegiaco in forma metrica ben calcolata; altri ad una visione più
intimistica ed esistenziale in forma libera, ma rigorosamente ricercata nel
verbo e nei suoi intrecci; altri strettamente legati ad una poesia più vicina
ai nostri poeti del novecento per il répechage della funzione del memoriale legata
alla visione di una vita fuggevole e ingannevole. Già, prestando attenzione alle
varie forme espressive utilizzate, e alle poetiche personali sarebbe possibile
questa suddivisione. Ad esempio una buona parte di scrittori fa dell’endecasillabo
la base metrica con cui combinare pensieri e sentimenti: ed è già un buon gruppo accomunabile. Anche perché questi poeti fanno della natura una voce
importante per simboleggiare stati
d’animo e poetiche.
Sì!, cercheremo di farli questi raggruppamenti, anche se in questo blog esiste già un lavoro avviato con tanto di nominativi che primeggiano nei premi letterari.
Nazario Pardini
Anche se ci vedo alcune contraddizioni, il saggio è lineare, ben costruito, e al solito, cosa che ti contraddistingfue, è espresso con un linguaggio chiaro, preciso, ed arrivante. E non ti perdi nei meandri imnpossibili della filosofia ad uso e consumo di pochi addetti ai lavori. (Che si parlano spesso addosso)
RispondiEliminaCiao e complimenti
Antonio