13 agosto
Accettura vola con la poesia di Luciano Nota
Al tramonto tutti in villa, si fa
Poesia. Tutti in silenzio, rapiti. E
l’incantesimo a Luciano Nota è proprio riuscito. Nella Villa Comunale di
Accettura, ha avuto luogo, il 13 agosto, la presentazione della silloge poetica
“Tra cielo e volto” (Edizioni del
Leone, Prefazione di Paolo Ruffilli,
postfazione di Giovanni Caserta), alla presenza del sindaco Buonanova, del
vicepresidente della Provincia di Matera ass. Bonelli e dello stesso prof.
Caserta.
Nato ad Accettura, Luciano Nota
vive da dieci anni a Pordenone. Torna a casa, dove tutto ha avuto inizio. Vola
oramai Luciano, lo sguardo vispo sotto il cappello di paglia. Vola e compone ascoltando i Pink Floyd; il
suo album preferito è Atom Heart Mother, “madre
dal cuore atomico”. E volano le parole che popolano i suoi versi: facile leggere nel frequente motivo
del volo – ha detto il prof. Caserta - un ritrovato slancio verso la vita.
Ancora struggente, eppure ormai liberatorio, il ricordo della mamma,
onnipresente, tanto da intitolarle una lirica “25 agosto”, data della morte della mamma. Ricorrenza spartiacque
nella vita di ciascuno, perché un senso di solitudine entra nelle viscere,
irreversibile.
Alla lettura di “25 agosto” Luciano si commuove. Un brivido d’emozione attraversa l’aria, si
propaga e scuote tutti. Ed ancora: la
rabbia dell’artista che, inesausto, interroga
Dio, indifferente alle vicende umane (“ci adocchia ancora fango / l’Imperituro”). Eppure, l’ottimismo della volontà sta prendendo il sopravvento sul pessimismo dell’intelligenza (Ruffilli),
il poeta può finalmente librarsi in volo, sollevarsi al di sopra della terra
nera (“Sopra la terra nera”,
Campanotto 2010). La rondine diviene simbolo. Ad ogni primavera riporta con sé
la madre: resurrezione della rondine in croce di un altro ben noto “X Agosto”.
Che Nota sia cresciuto
consumandosi sui versi di Leonardo Sinisgalli e Raffaele Carrieri, lo si
intuisce dall’intensità delle sue parole, dalle conclusioni inattese, dal
sapiente, raffinato, inusuale adoperare significanti e significati. E lo
slancio è solo una trasfigurazione del concreto: grandiosa consacrazione
poetica di una natura morta.
La nostalgia sfinisce il pubblico
alle rievocazioni potenti di ciò che una volta era la Lucania. I giochi da
bambini, mangiare pere e mollica, mangiare i cardi. Avrà fatto un certo effetto
anche a tutti gli emigrati tornati ad agosto, nella terra che ancora chiamano
“casa”. Avranno forse pensato: qui il tempo si è fermato. Le donne lucane soprattutto
– dice Luciano Nota - ”le puoi ancora
incontrare / con le bluse rammendate e scialli neri / poggiate agli usci delle
case. / Col santino nel grembiale / parlano ligie dei figli lontani / limano
con cura i grani dei rosari. / Sono loro le anziane lucane / abili querce che
sfuggono i tempi. / Con gli occhi dipinti d’antico /e la tremola mano / sembrano tutte mia
madre”.
Maria Grazia Trivigno
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