La
famiglia, oggi.
La famiglia può essere
identificata, senza tema di essere smentiti, come la prima delle Istituzioni
Sociali. Questo assunto non è, concettualmente, qualcosa di cui si è preso
coscienza di recente, ma esiste, riteniamo, da, quando l’umanità ha deciso di
organizzarsi in comunità e di regolarizzare i propri rapporti sociali, privati
e pubblici. Sicuramente la famiglia, come
nucleo centrale della Società, risponde oltre all’esigenza di perpetuare la
specie umana, ad alcuni bisogni fondamentali dell’aggregato sociale, che non si
possono risolvere in un modo diverso: l’esigenza di vivere in comunità per
combattere la solitudine, quella di procreare, educare i figli e di inserirli
proficuamente nel mondo degli adulti, quella di cercare la felicità
nell’instaurazione di un rapporto duraturo, che racchiuda in sé un affetto
profondo ed una forte attrazione fisica con l’altro sesso.
La famiglia, quindi, definita dal
dizionario della lingua italiana come “nucleo sociale rappresentato da due o
più individui, legati tra loro con il vincolo del matrimonio o di rapporti di
parentela o di affinità” costituisce, dal punto di vista sociologico, la più
importante e antica tra tutte le istituzioni.
Storicamente, la famiglia era
additata come il più elementare degli aggregati sociali e, come tale, presenta
in ogni tempo caratteristiche etiche, sociali e giuridiche, conseguenti al
legame tra padre, madre e figli che è essenzialmente affettivo e di sangue.
Nella Grecia Antica - per avere un riferimento ai primi aggregati sociali
derivati da una delle più evolute società del mondo allora conosciuto- la
famiglia formava un aggregato sociale comprendente persone, cose, riti, allo
scopo di perpetuare la stirpe, di conservare riti e tradizioni familiari. Gettandoci alle spalle tutto
l’insieme delle notizie storiche originarie dell’istituzione familiare, che
pure hanno valore fondante della stessa, occorre occuparci della famiglia di
oggi che, per motivi molteplici, di natura economica, sociale, politica ed
antropologica, non è più, per molti versi, la stessa famiglia di due o tremila
anni fa. Per capire perché questo è
avvenuto, bisogna andare indietro nel tempo, almeno di duecento anni. La
famiglia, ha assunto svariate configurazioni nel corso dei secoli, già alla
fine del 1800, in
quasi tutti i paesi dell’Europa occidentale - volendo considerare questa parte
del mondo più avanzata dal punto di vista civile e sociale- era iniziato il
primo dei più profondi processi di trasformazione della struttura familiare.
In Italia, il territorio che più
ci riguarda strettamente, questo processo di modificazione della cellula
familiare prese il via nel primo ventennio del 1900 e più segnatamente,
continuerà, dopo la prima guerra
mondiale caratterizzato da una costante accelerazione. La cosiddetta famiglia patriarcale contadina,
sulla quale essenzialmente si fondava l’economia agricola del paese, era già in
trasformazione. Le cause determinanti di questi
mutamenti che nel passare degli anni diventeranno oltre ché sociali, generazionali,
sono diverse ancorché spesso concomitanti. Si può parlare di urbanesimo e
industrializzazione, di miglioramento degli standard di vita, sicuramente di
progresso sociale, certamente di miglioramento economico. Alla vecchia famiglia
contadina che, nonostante la sua funzione sociale di sostentamento del paese,
aveva in comune un profondo stato di duro lavoro e di miseria, si andava pian
piano sostituendo la famiglia operaia. I giovani provenienti
dall’agricoltura emigravano nelle città, dove, nelle immediate periferie
sorgevano le prime industrie, presso le quali trovavano un lavoro che
permetteva loro di affrancarsi dalla famiglia d’origine e di crearsi una
propria famiglia con caratteristiche nuove e più premianti. Il decollo dell’industria e lo
sviluppo del commercio portarono ad un miglioramento economico generale e, al
modello delle famiglie operaie, cominciò a farsi strada un altro tipo di
famiglia, di condizione sociale più elevata: la famiglia borghese. Quest’altro
modello costituiva ciò cui tutti aspiravano e che, in breve volgere di tempo
formò l’ossatura di quella che sarebbe divenuta la “classe media” italiana, i
cui appartenenti non erano né poveri né ricchi, ma di certo potevano godere di
una vita relativamente più facile e fruire di comodità e beni di consumo
impensabili da raggiungere fino a pochi decenni prima.
Il periodo che va dalla fine
della seconda guerra mondiale alla fine del 1900 è storia di oggi e, la famiglia,
pur rimanendo tuttora la maggiore cellula di aggregazione sociale, non è più
quella di una volta, come contenuti etici, economici, affettivi e di costume.
L’avvento del cosiddetto “miracolo economico” che conteneva in sé i semi del
nuovo edonismo culturale e pragmatico della nuova società italiana, conteneva
anche le spinte innovative del costume e la rivoluzione culturale della
sessualità del 1968 insieme con usi e costumi
provenienti dall’America. Il progresso, tecnico,
scientifico o sociale che sia, accorpa il complesso delle situazioni
ambientali, politiche e antropologiche che sono contestuali al periodo
temporale di riferimento con gli influssi, le pressioni, i comportamenti e le
importazioni di qualunque genere, che tendono a modificare il modo di vivere,
le aspirazioni e i modelli da imitare o da raggiungere per essere “alla page”. Dall’America abbiamo importato di
tutto, dall’elettrodomestico alla carne in scatola, dalla tecnologia al
costume, ma anche la droga, un modo di vivere tutto particolare, dove un
eccesso di democraticità porta a vivere spesso da “single” indipendente e
ribelle, con una promiscuità di rapporti sentimentali e sessuali sia etero che
omo.
Persino il modo di alimentarsi è
cambiato: anche qui c’è la tendenza ad assimilare comportamenti d’oltre Oceano,
con un assurdo disordine sia nel modo di mangiare sia in quello che si mangia.
Tutto è contestualizzato da un sistema di vita convulsa e caotica, dove ogni
cosa deve essere fatta in fretta, perché il tempo, che è sempre tiranno, non
consente pause. I giovani, diretti discendenti della famiglia, sono in genere
di difficile identificazione, scontenti, irrequieti, desiderosi di godere oltre
ogni limite, per una caduta verticale di valori irrinunciabili ed eterni, si
ubriacano e si impasticcano di droghe nelle varie discoteche, per finire il più
delle volte, dopo una folle corsa in macchina, contro un muro o in uno scontro
frontale, gettando alle ortiche la loro vita. Fra le altre storture e devianze
dell’odierna società non va sottovalutato il fatto che, quasi ogni giorno,
salga alla ribalta della cronaca un episodio di cruda brutalità tra gli uomini
e, quello che fa rabbrividire di più e, che molte di queste crudeltà a volte
sono compiute a danno di bambini, piccole vittime innocenti di “orchi” redivivi
da favole ancestrali. Vogliamo soffermarci brevemente
sui reati di violenza sui minori in genere, di per sé orrendi ed esecrabili
che, purtroppo, spesso vengono perpetrati in ambito familiare. Sono note,
infatti, le conseguenze psicologiche sul minore che patisce le violenze, che si
possono successivamente trasformare nell’età adulta, in scompensi della
personalità, con condotte aberranti. E nel peggiorerei casi si presenta il
rischio di far diventare il soggetto, non solo uno psicopatico ma, anche un
efferato serial killer. L’aumento dei fatti criminosi e
dei delitti più spaventosi della nostra epoca è stato messo in relazione
contestuale alla odierna globalizzazione, la quale non porta soltanto benefici,
notizie, informazioni ed immagini utili, bensì anche episodi criminosi e
cruenti nella loro più deleteria espressione, che possono anche servire da
stimolo alla emulazione per quei soggetti già deviati mentalmente o addirittura
affetti da gravi patologie psichiatriche. Questo fenomeno sconvolgente ed
in continuo aumento si configura come momento di follia, ormai purtroppo
consolidata come ordinaria e nel degrado di esseri umani generati, ahimè, da
una società malata, per molti versi non evoluta e più civile, ma regredita per
una serie di motivi molteplici. Questi sono molto variegati e
possono essere di natura familiare, sociologica, di costume, di mancanza di
educazione formativa o di mancanza di identità. Tutti, in ogni modo,
contestuali e generati dall’attuale società dei consumi, del benessere, dell’informazione
globalizzata ma anche della droga, della delinquenza, della mancanza di valori
e di certezze, di una giustizia troppo garantista e permissiva. Se andiamo, infatti, ad
analizzare le varie componenti che interagiscono nel fenomeno che si può
definire complessivamente come “violenza assoluta”, giova iniziare sempre dalla
famiglia perché in essa alberga il germe della vita che i genitori daranno ai
loro figli che dovranno crescere ed educare. Che la prima cellula della
società sia in crisi ormai da diverso tempo è un fatto notorio; che questa
cellula non sempre adempia a quelle funzioni educative, formative e d’indirizzo
verso i valori universali di una volta è altrettanto una cosa conosciuta. Si può disquisire sui motivi di
queste discrepanze che appaiono fondamentali nella formazione del carattere e
della personalità dei figli che nascono e crescono in queste famiglie nelle
quali esiste un deficit di educazione, di moralità, di cultura, di socialità di
buon costume. E’ chiaro, tuttavia, che da queste famiglie, in ogni modo, con
buona probabilità e in una quantità statisticamente prevedibile, usciranno i
nuovi “orchi” della società. Il ruolo ed il significato della
famiglia, nella nostra società, si sono modificati nel corso degli ultimi
decenni, motivo per cui essa, come oggetto/soggetto della società, si presenta
oggi di complessa interpretazione e di difficile connotazione. Il ruolo dei genitori,
nell’ambito delle relazioni interpersonali ed affettive con i propri figli e,
di vitale importanza nel compito essenziale di educatori ed è diventato di una
difficoltà impensabile e incredibile. Infatti, se è già improbabile non avere
dei rapporti conflittuali ed esistenziali in una famiglia, di tipo tradizionale, immaginiamo come possano
essere gli stessi rapporti con i figli, in una famiglia dove i coniugi sono
separati o divorziati ossia in una famiglia, così detta allargata. Per quanto riguarda le coppie dei
separati o dei divorziati, i figli, ora assegnati ad uno o all’altro dei
coniugi, sono quanto meno disorientati, non hanno più un riferimento preciso
per entrambi i genitori ma per uno solo di loro che, non sempre, è la persona
migliore per la loro educazione. Inoltre non è trascurabile il trauma
psicologico e la sofferenza che una separazione crea nei figli, destinatari
innocenti dello sfacelo della loro famiglia. Ciascuno dei coniugi tende, in
genere, ad andare per proprio conto, rendendo più alienante e incomprensibile
il rapporto genitore-figlio. Quest’ultimo rischia, a causa di risentimenti
personali fra i coniugi, di essere snaturato di degenerare, con l’instaurazione
tendenziosa ad opera di uno dei coniugi a danno dell’altro, di sentimenti ostili
nella mente e nel cuore del figlio medesimo. Tra i problemi, quindi, che
assillano la nostra società e che sono al centro di dibattiti, conferenze e
studi da parte di sociologi, educatori, giuristi e legislatori, c’è
l’espressione di un disagio generazionale che attraversa obliquamente tutto il
tessuto sociale del Paese.
Nell’ambito, poi, di questo
disagio generico è ancor più marcata ed avvertita l’espressione di un “disagio
giovanile” che è alla base di taluni comportamenti deviati, asociali e spesso
delinquenziali. Basti pensare all’assunzione
abitudinaria di droghe da parte di alcune frange di giovani che, purtroppo, si
estendono pericolosamente ad intere genie di adolescenti. Il quadro sociale,
dunque, che si presenta agli “addetti ai lavori” non è dei più rosei e,
sicuramente, di difficile interpretazione esaustiva. Le difficoltà vanno dal degrado
ambientale alla corruzione politica e di alcuni membri delle Istituzioni, alle
mancate integrazioni multi etniche, alla crisi nel mondo del lavoro, al
dilagare preoccupante della criminalità a tutti i livelli, alla illusoria
prospettiva di benessere e di eccellente qualità della vita, fondata esclusivamente
sul consumo e sull’ampia disponibilità di beni economici e finanziari. Nella società di oggi, una
cultura dell’immagine e dell’apparire, il crescere dei messaggi negativi che
giungono ai giovani dal mondo degli adulti, ingenerano il sorgere di miti
utopistici e alimentano comportamenti di violenza gratuita come il “bullismo”. La cultura della legalità, i
principi di rettitudine e solidarietà, “le regole” del vivere in comune ed il
rispetto degli altri, tutti corollari di una società sana e progredita, sono
sempre stati proposti e mai realmente attuati. La causa determinante di questo
fallimento di “obiettivi” viene identificata nella mancanza o- se si vuole
essere più buonisti- nella scarsa collaborazione di due pilastri fondamentali
come motori essenziali e necessari della società: la Famiglia e la Scuola. Questo “normale disagio
quotidiano” che affligge ormai da anni molte famiglie italiane, è fin troppo
ovvio che tanto “normale” non sia. Non vorremmo essere pessimisti ma, di questo
passo, dove andranno le famiglie, i giovani, la società del domani? Il futuro
del mondo non è certo roseo. In una società ormai cosmopolita si riscontrano
problemi d’incomunicabilità, disinteresse, mancanza di moralità (che poi, chi
sa più cosa sia?), di onestà anche intellettuale: esiste solo la precarietà del
tutto. Parlando della famiglia come
“soggetto sociale” da parte di sociologi e politici, si è fatto spesso solo
retorica, utile magari ad accaparrarsi i consensi, senza pensare, invece, a focalizzare
i nodi cruciali dell’attuale crisi e promuovere una concreta attività che
coinvolga la società, la politica, e la legislazione per un adeguato sostegno
alla famiglia. Oggi, si parla spesso della
violenza che determinate frange di giovani esercitano, specie negli stadi e
fuori di essi, in una sorta di contestazione ancestrale e, per certi versi,
incomprensibile, verso le forze dell’ordine. In questa deprecabile guerriglia
urbana intervengono, senza dubbio, fattori molteplici, anche di matrice politica
tendenti a destabilizzare e affiora un sottobosco delinquenziale latente, che
si mescola all’interno di quella che può sembrare un’azione semplicemente
dimostrativa. Anche in quei deprecabili episodi
di inciviltà e di disordine sociale, bisogna intervenire cercando di
identificare, alla base, che cosa generi questi fenomeni e qui, come si suole
dire, “casca l’asino”. Ci troviamo di
nuovo, di fronte alla mancanza di educazione adeguata che, prima di tutto, deve
venire dalla famiglia e poi dalla Scuola, di fronte alla mancanza di attenzione
per determinati valori che, una volta, costituivano i cardini essenziali del
vivere civile. Ma, la famiglia e la scuola di cinquanta anni fa non erano le
stesse istituzioni di adesso. La famiglia di oggi, poi,
anch’essa per svariati fattori non del tutto contingenti, un po’ disattenta e
superficiale, anzichè avocare a sé la funzione importantissima dell’educazione
genitoriale, delega alla scuola la sua funzione educativa che è insostituibile
in una realtà sempre più critica e complessa e di difficile comprensione
sociale. La mancanza di indirizzi chiari e
precisi, la scarsa considerazione dell’autorità dei genitori e dell’autorevolezza
degli educatori istituzionali, spesso derisi e messi alla berlina da
scolaresche ribelli e reazionarie, hanno contribuito al disordine sociale e
civile delle nuove generazioni, le quali mancano di punti di riferimento certi
e di modelli sicuri nei quali identificarsi. Viviamo, purtroppo, in una
società nella quale sono saltate tutte le regole e questa “deregulation”, di
fatto, ha portato ad un’insicurezza diffusa. Molti ragazzi appaiono come
sbandati, in balia di se stessi, la loro vita è costantemente provvisoria,
saltano da un’esperienza all’altra, come un insetto passa da un fiore all’altro
per gustarne il suo nettare e subito passare ad un altro. Questa smania irrefrenabile di
fare sempre nuove esperienze, deriva da un’ormai diffusa, insoddisfazione esistenziale, per la mancanza
di valori e obiettivi da raggiungere, di
esempi da seguire e, spesso, proietta i giovani verso l’uso della droga, nella ricerca sfrenata di nuove
sensazioni sempre più forti e sconosciute e nel presupposto, purtroppo vano,
della ricerca di un appagamento totale. In questo clima di estremo
disorientamento, alcuni finiscono con il seguire “il branco” alla guida del
quale c’è chi grida più forte: il “Capo”. Un’inchiesta sociologica europea ha
definito i giovani di oggi, “generazione senza bussola”, per questo è urgente
la restaurazione dell’ordine, la necessità di seguire le ”regole” che devono
essere poche ma essenziali e applicate fin dalla più tenera età. I genitori devono essere capaci
di prendere decisioni chiare: in una famiglia tutto è più sereno ed ordinato se
c’è chi, quando si presenta la necessità, ha il coraggio e l’autorevolezza di
fare da bussola e indicare la via da prendere. I figli, in fondo, hanno bisogno
dei limiti e, inconsciamente, li vogliono; i limiti costituiscono l’ordine del
quale i ragazzi necessitano e danno il senso della sicurezza e della protezione. Occorre ridare entusiasmo ai
figli per gli ideali che contano e che danno senso alla vita, bisogna dare dei
punti di riferimento, dei valori, che concettualmente sono astratti, ma la loro
comprensione è importante, dei modelli da seguire che devono essere concreti,
visibili e convincenti. I primi modelli sono i genitori stessi e poi, le
persone che i genitori ammirano e stimano, non per quello che sono ma per
quello che fanno e l’esempio che danno. Nelle famiglie, oggi, si tende a
concedere molto forse perché la vita caotica e convulsa che si è costretti a
vivere, fa dei genitori degli individui stanchi di lottare, anche con i figli,
di mostrarsi con loro duri e risoluti. Questo atteggiamento, per altro comporta
fatica, e di fatica se ne fa già tanta. L’educazione, tuttavia, è anche saper
dire di no, non soltanto sì, educare significa anche saper essere duri e
risoluti. E’vero, dunque, che l’istituzione
familiare è in crisi per una serie di motivi e di fattori che ci siamo sforzati
in precedenza di ricercare ma, è altrettanto vero, che è la Società di oggi che è in
crisi, anzi, se si volesse andare più a fondo, si potrebbe dire che la società
di adesso è malata e di questa malattia, purtroppo, si conoscono solo i sintomi
nefasti e, non solo non si è pensato a curarla
ma quasi nessuno sembra essersene accorto.
Secondo il nostro parere
personale, quindi, se si vuole venir fuori dal tunnel buio e senza sbocchi,
bisogna affrontare il problema alla fonte, certo non è un’impresa facile né
semplice, ma si deve ricominciare tutto daccapo, tornare alle origini per
quanto attiene ai principi e ai valori intrinseci, irrinunciabili ed eterni
dell’umanità. La famiglia, quella vera, quella
sacra, quella unica, fondata sui cardini essenziali costituiti dai genitori,
deve prendere in mano le redini della vita dei propri figli, educarli con
passione e rigore, reintroducendo i valori attualmente mancanti o scarsamente
attenzionati, in pratica deve fare la sua parte, assumendosi la responsabilità
di creare la società di domani. Il fine dell’educazione è la costruzione di una
personalità autonoma e responsabile.
I genitori, quindi, hanno un compito
importantissimo, guidare i figli, sinda piccoli, in tutto dipendenti da loro,
alla piena e responsabile indipendenza. Essi vanno aiutati nel loro processo di
crescita, incoraggiati ad affrontare rischi, ad assumersi responsabilità sempre
più proporzionali alla loro età, vanno stimati ed aiutati ad accettarsi,
facilitati ad acquisire quella indipendenza che permetta loro di inserirsi,
autonomamente e con piena responsabilità nel mondo degli adulti, consapevoli
della loro crescita e del loro ruolo sociale. L’altra parte, non meno importante
della prima, deve svolgerla la
Scuola che va considerata come il tempio della cultura e
dell’istruzione, dove in un ordinamento più responsabile, ordinato e
lungimirante, gli educatori facciano fino in fondo il loro dovere, consapevoli
del compito delicato loro affidato che oltre l’insegnamento, quello serio, comprende
anche una necessaria, giusta disciplina e un’adeguata ripartizione dei ruoli.
Non ci deve essere più posto per insegnanti svogliati e disattenti, né per
alunni rivoluzionari e contestatori, negligenti e irriguardosi verso gli
educatori. Se un discorso di questo tipo può
suonare come un tentativo di restaurazione o una difesa a spada tratta del
conservatorismo più ostinato, ebbene- a volte crediamo che sia utile- fare un
passo indietro rispetto alle correnti progressiste e riformiste. Un ritorno al
senso del dovere, all’obbligo della correttezza e dell’onestà, al rispetto per
gli altri, anche ai correttivi “antichi”, se si vuole, per le eventuali
devianze non costituirebbe certo uno scandalo, tenuto conto che talune idee,
travisate da ideologie profondamente errate della nuova tendenza progressista,
non solo non portano da nessuna parte ma piuttosto arrecano danni alla
programmazione della nuova società.
Lo stato infine e le sue
Istituzioni guardino, con maggiore attenzione a quella cellula elementare che è
la famiglia, che deve essere protetta e difesa, perché dispensatrice di uomini
e donne, di cervelli, energie e laboriosità, che costituiscono la linfa vitale
per la società di domani. Infatti, i giovani che escono dalle Università o dai
laboratori artigianali o dalle varie scuole professionali costituiranno le
nuove classi sociali emergenti
del futuro. Senza programmazioni
lungimiranti, sia politiche che sociali, non si va da nessuna parte. Se
l’Italia vuole continuare ad essere considerata uno dei paesi più
rappresentativi del mondo occidentale e come tale ottenere prestigio e rispetto
internazionale, le scelte su menzionate sono irrinunciabili; contrariamente,
per tutti noi, per i nostri figli e i nostri nipoti non si prospetta certo un
avvenire sereno e auspicabile. Molti giovani oggi, di sesso
diverso che si amano e vogliono vivere la vita insieme, preferiscono la convivenza
al tradizionale matrimonio; ciò non fa altro che accentuare la precarietà del
rapporto che, in questo modo, manca del valore fondante che tiene conto di
quello che questa unione produrrà: i figli. La necessità di sentirsi “liberi”
di fare quello che si vuole, anche di interrompere quindi un rapporto al quale
sono legati dei figli, ci da il senso di questa nuova e, secondo noi, errata
interpretazione del vivere in comune, in una società civile che ha le sue
regole e i sui dettami etici che vanno rispettati. In conclusione, dai nostri
politici è lecito attendersi qualcosa di meglio di quanto, finora, è stato
fatto che è poco e si configura come un tentativo raffazzonato di equilibrismo
politico, tendente più che altro alla conservazione della “poltrona”, piuttosto
che essere utile alle necessità incombenti. Ad integrazione di quanto
precedentemente espresso, occorre ricercare e sperimentare nuove forme di
interventi legislativi socio-familiari per far fronte ad una trasformazione
della famiglia che richiede soluzioni nuove capaci di rispondere, in tempi
brevi, ai rapidi cambiamenti in atto. In questi tentativi di mettere a
posto le cose, si è notata una sorta di emulazione, nei confronti del mondo
occidentale, facendo vedere che anche l’Italia si sta ponendo al passo con gli
altri paesi, per quanto riguarda il progresso sociale, se di questo si può
parlare, nella circostanza. A ben vedere, non si può privare
la famiglia “legittima” del suo ruolo fondante di programmare e organizzare la
società del domani, si rischia di mandare in tilt il sistema, di far perdere
l’orientamento alla società stessa, all’ordinamento giuridico e alle altre
istituzioni, di accorgersi improvvisamente che regole e leggi non vanno più
bene. Al punto in cui siamo, è necessaria una riflessione profonda ed un alto
senso di responsabilità, da parte di tutti, per evitare che la prima
istituzione sociale creata dall’uomo scada nel degrado e vada,
irrimediabilmente, verso una lenta ma progressiva disgregazione. Questa
eventualità e le altre storture sociali che si stanno attestando in nome di un
falso progresso, secondo noi, avrebbero un effetto “domino”, devastante, nei
confronti dell’ordine e delle istituzioni sociali che sovrintendono al
benessere ed al giusto progresso dei popoli.
In fine, a voler trarre delle
conclusioni valide, è fin troppo evidente che l’intera società attuale è
attraversata da una profonda crisi di valori fondanti e fondamentali: nel caos,
apparentemente ordinato, in cui oggi viviamo dove sono poche le cose certe che
valgono ancora e che funzionano, dove la litigiosità politica e la lotta per il
potere non permettono l’attuazione di riforme necessarie, progetti validi, promulgazione di leggi e provvedimenti
veramente utili e necessari alla collettività, è necessaria una svolta epocale,
forte e decisa che crei un’inversione di tendenza all’attuale declino di valori
e di principi. La Società , in fondo, siamo tutti noi per cui,
nessuno può esimersi dalle proprie responsabilità. E’ auspicabile, quindi, che
ciascuno faccia la sua parte con coscienza e serietà d’intenti per ciò che gli
compete, perché la complessità del mondo giovanile e i suoi mutamenti
generazionali esigono una improcrastinabile, urgente e necessaria attenzione,
costante ed impegnata, e non soltanto superficiale ed episodica.
Vittorio Sartarelli
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