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venerdì 28 dicembre 2012

Il mare d'inverno. "Parla ancora"












Parla ancora 

Nazario Pardini


parla ancora!

Odo rare parole

nel bosco piangente

aghi di pino.

L’acqua calante

sciacquetta e s’allontana

coperta di pianti

dai candidi gabbiani;

parla!

Calde parole

ho bisogno di udire;

la morte divise il mio seno

e il corpo sepolto

lasciò lo spirito randagio.

Alimenta quest’anima deserta

fra le macchie dei pini e degli abeti:

i pruni ostili ricoprono infecondi

le spiagge della nostra rena.

 

Ora ti sento:

semplici parole

sgorgate da profondi affetti

fra le frasche dei mirti

e fra gli arbusti

riprendono i profumi

della mia pineta.

L’anima mia respira,

si fa corpo,

l’acqua non sciacqua,

ma voce chiara

e ben distinta

mi parla

delle lunghe pene

che ti tennero lontana.

I pescatori

di salmastro rosi

ricamano le reti

del tuo perpetuo canto.

La mia anima e la tua voce

sugli ultimi butti

dei giganti pini

guardano il cielo.

Parla ancora!

Il mio corpo si desta

se il tuo respiro

si rafforza e mi pervade.

Andiamo a rivedere il mare

anima in  pena:

libero come sempre

mangia la rena

e ci abbandona.

 

No! Non fuggire!

Non mi lasciar

fra il frammentato albore

dell’acqua tremolante.

Odo parole stanche;

il vento riporta

i soliti rumori

dei remi sulle barche,

dei pescatori intenti,

dell’acqua fredda

sulle marcite foglie.

 

Parla!

Non ti allontanare:

vago di nuovo

e più non ti ritrovo

nell’acuto

dell’odor del mare.

 





6 commenti:

  1. Un colloquio sommesso, dopo un recupero memoriale che strappa a una sfocata lontananza spazio-temporale, e forse all'oblio, una figura femminile, Delia - forse- già fervida di vita in "Foglie di campo, aghi di pino, scaglie di mare", opera prima di Pardini, alla quale ci riportano scelte linguistiche e metriche, argomento e paesaggio naturale di questa composizione. Vi si avverte anche il trepido vibrare di un animo commosso, che riprende tra le mani - per pochi attimi - il bandolo di un passato lontano ma non morto, cristallizzandolo in poesia.
    Pasquale Balestriere

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    1. Cosa si può mai dire di un commento del genere. Da restare di stucco. Senza parole. Un esempio di cosa possono la mente e la sensibilità umana, quando trovano le dilatazioni linguistiche ad assecondare gli scarti emotivi. Ed esserne in possesso non è da tutti. Per questo la Poesia è riservata non a molti. Perchè è questione di suoni e di etimi, di cui l'anima va continuamente in cerca per rivelarsi. Ed il bagaglio verbale non è che nasca per dono divino. Ma è lavoro, cultura, essenza vitale; cultura, sì!, ma quella rivissuta, decantata, rifiorita per farsi nuova di forma e di sostanza. Questo, tutto questo è Pasqquale Balestriere. Leggere la sua poesia significa elevarci alle soglie del cielo. E' là che trasferisce le cose umane, per riportarle a terra sapide di un robusto azzurro.

      Grazie amico

      Nazario

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  2. Carissimo Nazario,
    credo che non possa esserci miglior commento alla tua poesia che l'ultima delle fotografie con la quale l'accompagni. Dico questo perché in quell'ombra, che il Sole proietta sulla sabbia, davvero io ho sentito la tua anima respirare. E farsi corpo, certo: in quel preciso momento tu ed il mare eravate una cosa sola, un unico grande pensiero. C'è - e non potrebbe essere altrimenti - lo spleen, la malinconia che porta con sé ogni onda che d'inverno frange sulla riva: qualcosa in cui, comunque, bisogna inoltrarsi a fatica (sul piano fonetico: "fra le frasche dei mirti") ma, sempre, su tutto, spicca per me quell'ombra: un'anima che immortala se stessa nell'eternità di un attimo.
    Buon Anno, amico mio,

    Sandro Angelucci

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    1. Carissimo Sandro,
      è il mare che abbiamo veduto assieme con Tiziana e Luisella. Quel mare che rimugina continuamente dentro il mio animo e che mi trasmette parole e pensieri che si ripetono continuamente nelle mie poesie. Forse troppo. Quel mare con cui gioco e penso. Con cui medito e rifletto. Con cui dialogo. E senza cui non vivrei. Ma quello che c'è di bello è che amici come te sanno tirar fuori impennate critiche che solo i grandi poeti sanno partorire. E anche se dettate dall'amicizia e forse un po' generose, sinceramente a me fanno un sacco di piacere. Grazie amico della tua costante presenza e tantissimi auguri per un anno zeppo di infiniti successi.
      L'amico Nazario

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  3. Silenzi e voci di mare e pineta per estraniarsi dall’umano e percepire “rare e calde parole” della natura sgorgate da profondi affetti, per alimentare con ritrovati profumi e suoni un’"anima deserta / fra le macchie dei pini e degli abeti”. Sono di Pescara, dunque concittadina di Gabriele D’annunzio: come non ricordare, a commento di questa suggestiva e profonda lirica, “fra le frasche dei mirti / e fra gli arbusti”, anche gli inganni dell’amore che “ieri t’illuse, che oggi m’illude"? I versi di Nazario Pardini mi coinvolgono emotivamente in modo particolare e, parallelamente alle “pene” dell’anima, mi fanno anche pensare all’incalzante degrado ambientale, se “i pruni ostili ricoprono infecondi / le spiagge della nostra rena”, sullo sfondo di un “frammentato albore” e di "marcite foglie”. Ma resta una speranza, perché ci sono ancora giganti pini a guardare il cielo “nell’acuto / dell’odor del mare”.
    Complimenti vivissimi, gentile Nazario, con i migliori Auguri di un Felice e Sereno 2013!

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    1. Carissima Daniela,
      il commento, con i riferimenti che fai al tuo D'Annunzio(l'inteprete e senz'altro il pittore più proficuo di tamerici e mirti in cui vedeva trasformata la grazia di Ermione),è peposo e nutrito di simbologie marine che fissano il dolore e la gioia, l'immensità e la pochezza di noi esseri mortali. Ma anche, e soprattutto, la voce di una natura che cerca, con i mezzi più accattivanti, di avvicinarci ai suoi dettami etici ed estetici. Ad amarla. A sentirla nostra, perché solo in lei possiamo ritrovare la misura del nostro esistere. Ed è proprio dialogando col mare che riusciamo a traslare la nostra solitudine oltre le linee del suo immenso azzurro. E dall'incontro degli aliti dei due amanti (il mare e e la pineta) si sprigiona quell'infuso di poetica elevatura che ci parla di vita e di gioivinezza. Ci dice di riposare, e di trattenerci a meditare su quell'aulente messaggio di ragie marine che sprigiona amore. Amore per la semplicità, per le cose umili, amore per il prossimo. C'è un proverbio al mio paese: "Anche la regina ebbe bisogno della vicina". E spero tanto assieme a te che quei giganti pini alzino sempre più i loro butti verso il cielo per insaporire del suo azzurro anche le radici immerse nelle marcite foglie.
      Ti ringrazio del bellissimo e acutissimo commento. Vi ho ritrovato tanto dei tuoi racconti "ECHI..." che sto leggendo e in cui sto assaporando tutta quella voglia di amore e di umanità di cui l'uomo si dovrebbe reimpossessare.
      AUGURI DI UN ANNO ZEPPO DI GIOIE.
      Nazario

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