PASSI
PERDUTI
DI
RODOLFO VETTORELLO
È forse nel succo della
poesia, che introduce la silloge, il leit motiv della poetica di Vettorello.
Una poesia carica di significati umani ed esistenziali ben arginati da un
poetare musicalmente avvincente nella sua stesura endecasillaba. La nave, il
mare, (La mia tristezza è il mare),
che simboleggia l’estensione, l’infinito, il viaggio, il ritorno, la chiusura
di un cerchio, l’impossibilità dell’orizzonte. E le navi che si perdono in
acque aliene, senza ritorno, le lamiere erose dallo scorrere della nostra vita nei vani tentativi
di solcare odissaiche colonne. E forse, alla fine, la miglior cosa è una rada
solitaria dove posare la nostra esistenza nelle sue ultime meditazioni: “Io
sceglierò un ormeggio nella rada / e che nessuno venga a visitarmi. / La mia
nave / ama altre rotte, sceglie altre contrade”. Quali accostamenti metaforici
più veri e più calzanti alla vita. Ci consumiamo giorno dopo giorno nelle acque
salmastre dell’esistere, volgendo lo sguardo oltre i confini. Ma quanto
ristretti gli spazi! Rimpianti, nostalgie, melanconie, memorie che ci
accompagnano. “E mi domando: cosa sono?” “Non c’è un’uscita a questo labirinto”.
Sarà il sogno, allora, a rimediare
alla tristezza
de I passi perduti, per “Un piccolo uomo che vive per stare a
sognarti. / Di più non so fare. / Ti chiedo perdono.”.
Nazario Pardini
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