DANTE MAFFIA – “Poesie torinesi” – Ed. Lepisma 2011 - pagg. 96 – € 16,00
Liana De Luca
Dante Mafia canta la malìa e la magìa di
Torino nel presente, con recuperi dal passato rivisitato nell’attualità.
L’autore sosta nei luoghi più noti: Piazza Galimberti, Via Po, il Museo Egizio,
Porta Nuova, Corso Unione Sovietica, Via
Lagrange, Porta Palazzo, il Valentino, i Murazzi, Via Tunisi, Palazzo Reale, il
Cambio, ritornano in queste poesie e rivivono nelle soste del tempo. Ora l’autore
rievoca episodi lontani, ora descrive i suoi stati d’animo contemporanei in uno
scoraggiante confronto. Il Caffè Florio, per esempio, è occasione per una dissacrante disamina: “Inutile
rivangare...Poi sputai per terra e me ne
andai” ( I caffè )
La presenza femminile si insinua spesso, ma
resta distante, quasi estranea ( Seduto
al caffè Florio). Certo le donne non devono dispiacere a Maffia, che
pure non riesce a realizzare con loro un rapporto costruttivo, non occasionale.
Resta estranea La dirimpettaia o
la donna casualmente incontrata in Via Roma o la studentessa di giurisprudenza accasciata
davanti al portone (I mondiali
dell’82 ). Anche quando la
sensualità è appagata, l’insoddisfazione predomina ( Incontro casuale nei
dintorni di Via Lagrange ) e a volte crea reazioni violente non si sa
fino a che punto dettate dalla fantasia (La commessa di Via Tunisi ).
Perfino con la morte il confronto è contestatario: Fra noi due facciamo un
patto chiaro: / non svelerò a nessuno il tuo segreto (Alla morte ). La
composizione termina con un richiamo dantesco: “O tu che poi sarai
mia sposa eterna”. E la citazione dantesca altre volte compare, diventata
parte integrante del testo: come se avesse il mondo in dispetto ( Getto
).
Ma il bagaglio culturale di Maffia si rivela
anche nel dettato, di ampio respiro, costruito spesso con versi lunghi sempre
di incisiva musicalità. Singolare, a volte provocatorio, è l’uso della rima.
Così delitto rima con profitto, puttana con tramontana,
reietto con ghetto, Via Sacchi con pacchi. Originali sono certe immagini:La cerbiatta
sostava ai bordi del laghetto / senza cautele e brindava / con l’acqua
intorbidata dalle immagini / degli alberi specchiati nella superficie ( o nel
fondo). (Quarta lezione: l’assalto del dubbio ). A volte l’autore provoca la curiosità
del lettore: “ Fogola mi ascoltò paziente, poi mi regalò / una copia della
falconeria di Federico / che utilizzai per un falò / due giorni dopo nelle
vicinanze di Stupinigi/ dove assistetti a dodici prodigi / di cui però non dico
una parola, / ne va di mezzo la vita” (Fogola ). L’ironia è sempre tagliente: Facile la
battuta, / ma a me sarebbe piaciuto / nascere Agnelli e non agnello ( In
corso Unione Sovietica ).
La narrazione si svolge intorno al degrado
della città nei confronti della situazione
conosciuta
nella giovinezza, anche se la nostalgia è frutto più che di una situazione
reale delle alchimie del ricordo: Per giorni e giorni ho vagabondato / per
strade strette...Intanto prendevo a calci le cartacce abbandonate al vento
...le cicche e le scatole di latte vuoto ( Porta Palazzo ). Ma in
contrapposizione nel presente Ho corso per i corsi di Torino, - non esiste
un’altra città con tanti corsi / uno dentro l’altro, larghi disperati. Ma
c’è un’occasione di salvezza: Fortuna che all’angolo con Via Cernaia /
incontrai una donna quasi svestita. Per tutta / la notte mi spiegò la bellezza
della città, / mi disse e ridisse dove s’annida / il fuoco sacro che dà linfa ai torinesi. ( Notturno
).
Nella panoramica, non in definitiva
propiziatoria, il pedale batte sul tasto
del passato con tonalità sociali e anche civili. Esemplare in questo senso è la
poesia introduttiva, In cucina. Il tono è dimesso, l’atmosfera è quella del
quotidiano, il lessico è di una semplicità ricercata, accattivante la
descrizione centrale dei prodotti ortofrutticoli. Ma il finale rimbalza
con un colpo di coda nel richiamo a Primo Levi, che imposta una seconda
lettura, più profonda oltre la rievocazione
ambientale e temporale : Poi prendo / le bucce dei pomodori e delle
pesche / e le butto nel secchio dell’immondizia / Se mi vedesse primo Levi? /
Se...oh dio, mi sento colpevole /oh, dio, queste bucce avrebbero salvato /
almeno due bambini, dio, che spreco! / Mi toglierebbe la sua amicizia.
LIANA DE
LUCA
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