Sorso d’Eros (“la tremula gemma”, “le radiche del fondo”…) di Plinio Perilli
Ciò che sempre e da sempre mi
colpisce, nella poesia di Ninnj Di Stefano Busà, è la pregnante qualità del
dettato, il rigore fervido delle metafore, la saggezza magnanima e dolente di
cui investe e nutre – forse anche risana – ogni suo lampeggiante scorcio
lirico, ogni pur aspra, purgatoriale balza poematica che, già a una prima
lettura, s’irradiano invece sensibili, benefici, si dichiarano insomma anche nostri,
potentemente fraterni e rispecchianti…
Dove le strade divergono c’è ancora
quella speranza che non s’arrende,
quel grido immenso di libertà
che la fatica del divenire sorprende.
La “fatica
del divenire” – ecco – ma anche “quel
grido immenso di libertà”: concetti, emblemi
gnomici, solo in apparenza divergenti, macerati agli antipodi: …la
fiamma accesa, se l’inverno si affolta… Affolta… Che
squisita citazione montaliana (“s’affolta / il tedio dell’inverno sulle case”…)
nonché scelta verbale! Rara, anticata, eppure già in abbraccio di fervidissimo,
aggiornato travaglio. Nella lunga strada e soprattutto al bivio fra Il
sogno e la sua infinitezza (opera gemma del 2012),
Ninnj conosce fin troppo bene ogni lotta con l’angelo, ogni misura (e mistura) del
dolore… Tende, tenta, inforca l’ossìmoro come una nuova Penelope paziente e
nostalgica, l’arco obliato di Ulisse – poesia come frastornata e imperterrita
arma eroica, angustiata d’immoto al presente quanto più sacro le pare, le parve
il passato: …la nostra gioia è arsura…
Ma potremmo continuare con le sue inesauribili, apotropaiche sentenze gnomiche
(spesso anche gnostiche):
…l’afasia
del sorriso…
…l’infinito esangue del pensiero…
…ogni gravità si riformula da sé…
…una passione che si vuole colorare…
Di questa “acerba sostanza che muove
gli alfabeti”, Ninnj è conscia e magistra, ambasciatrice preclara. I suoi libri
ci compartecipano sempre un talento che è anche, ripetiamo, ricerca inesausta
ed esaustiva, amicizia al maiuscolo del Pensiero e del Tempo. Scelgo ora –
della sua vastissima produzione – pochi titoli ad
exemplum, per suggellare non solo il denso
rito espressivo ma suffragare ancor più la costanza laica della sua fede, un’ars
dictandi affilata e nobilissima, che davvero non le concede (e cui ella stessa
non concede) tregua di sorta…
La parola profonda di pensiero
è grazia che mi salva, fremito
di chiglia che rifrange un’onda
chiara.
Siamo Tra
l’onda e la risacca (2007) di questa sua poesia che è
sempre, un po’ (ce lo confessa, in esergo,
con vera e propria dichiarazione di poetica),
“una cattedrale
per la sofferenza,
una condanna a vedere sempre l’azzurro
di un cielo, attraverso
nubi e cataratte di temperie, pur nei
grovigli di pena e sconforto,
o nel disagio che pure la domina e la
stritola”…
Eppure non si tema malinconica o
peggio mai intristita, la cifra costante e piena della sua opera… Vi è sempre
un montaliano fantasma che ti salva (e che Ninnj battezza L’arto
fantasma, ottimo esito del 2005) per
reclamare e convocare una Vita di perdita-assenza che non è affatto, ben ci
spiegava Raboni, “desertificazione o estinzione”; e “interloquisce nell’ordine
degli eventi a una rara e impalpabile relatività di rango che è la poesia”…
Vite che fervono dove le anime
rasentano
sterpaglie e condividono una loro
esistenza
sotterranea gli insetti sotto le
petraie.
Pur giunge la tremula gemma, a
rimpinguare,
a rimestare la parola più lieve, ché
un’oscura presenza
v’intorbida le radiche del fondo e vi
balugina
qualche nuovo turgore, una
plenitudine cangiante.
…
Ma torniamo all’ultima produzione
della Di Stefano Busà, perfettamente confortati dalla sua capacità strenua e
dolcissima di accordare talenti critici tra i più dissimili ed esigenti:
Giovanni Raboni, per l’appunto (“… è poesia dal profondo. Vi è un’autentica
vocazione che la determina come un flusso magmatico”…); ma anche Marco Forti (“s’interroga
sulla materia cantabile, sull’unicità del concetto di essere anima/corpo di un
tutto drammaticamente nudo”); Walter Mauro (“È la milizia terrena che combatte la
sua impietosa guerra contro la fuga del tempo”); o il più giovane Francesco D’Episcopo
(“ama trapassare e sorvolare la terra per cogliere l’universalità”)… Tutti
singolarmente dediti ed adunati in variegato, convinto plauso.
*********
Il sogno e la sua infinitezza sembrava
già un rilevante
punto d’arrivo per tornare illesa,
ribadisce Ninnj, alla sua
“incandescenza,
/ alla distanza oscura della notte”.
Ma ecco ora questa nuovissima, breve
e ispirata raccolta – che quest’infinitezza e questo sogno li rimette in gioco,
in nome di un febbrile, rigemmante perché sempiterno sguardo d’Amore…
Già il titolo, Eros
e la nudità, ci rimanda come ad una struggente,
impennata dedica – ideale e concreta – al dio che ci appassiona: deità da
intendersi però, squisito e lenito paradosso, anche quale suprema, inquieta e
sorvolante categoria dello spirito…
Sorso d’Eros.
dono d’occhi che accende le tenebre.
Nelle più vecchie teogonie, si sa,
Eros è considerato come un dio nato contemporaneamente alla Terra e fuoriuscito
direttamente dal Caos primitivo… Eros resterà sempre, anche al tempo delle
infiorescenze “alessandrine” della sua leggenda, una forza fondamentale del
mondo – primordiale e raffinata all’unisono… Quell’Amore che assicura non soltanto
la continuità della specie, ma propriamente la coesione interna del Cosmo… Anche
la Ninnj Di
Stefano, sembra dedicare al destino e alla forza rigenerante di cotale deità
(Eros, attenzione, è nato dall’unione di Poro – l’Espediente – e di Penia – la Povertà – nel giardino
degli dèi, dopo un grande festino al quale erano state invitate tutte le
divinità), la fantasia e il rapimento come di un’antica leggenda milesia:
L’amore non è né comodo né facile,
ci arde solamente come scintilla
vitale,
ci scorre tra le pieghe come istante
perfetto
nell’arroganza di solitudini
abissali.
Ninnj Di Stefano Busà insegue ora
questi istanti perfetti dalla memoria del suo passato fino al dono sognante del
proprio umano, ritemprato futuro. All’interno d’un tempo senza tempo (quello
vero della poesia) che chiede al suo e certo anche nostro mito, la linfa e le
radici delle stagioni più belle e fulgide della giovinezza:
Fummo fragranza di terre lontane,
vento di passioni, mere effrazioni,
dentro corpi felici.
Era la giovinezza,
o l’onda del mare alterata dal vento
che inondava di spruzzi il nostro
viso.
Ed ecco la sua vera, coraggiosa e
sapiente modernità: esser capace di rimare, assimilare le passioni alle
effrazioni… …dalla nostra carne sboccerà l’aurora…
evocherà poco più avanti, in una lirica che davvero volge
al contemporaneo il pudore e l’ardore di antiche classiche elegie… Ovunque, in
tutto il suo libro, Ella invoca dunque la carne, il Corpo – e ovunque viceversa
noi cogliamo, capiamo altresì proprio il fiore in luce o il buio eroso dell’Anima…
Sei al centro della carne, celebri il
rito
dell’amore senza tempo né spazio:
come un fiore sbocci dall’oscurità.
*********
Da sempre Eros in qualità di dio
dell’Amore presiede all’essenza stessa della poesia… Giocando come a
intervistare oggi la
Anna Achmatova di sempre, di se stessa e del proprio mito
appassionato (cioè a inventarsi delle attuali eppur fedeli risposte “creative”),
Maria Luisa Spaziani, in Donne in poesia, fa
discettare la grande poetessa russa proprio sul massimo e usuale tema amoroso: “Ma
poi l’amore non è soltanto un fatto di natura. Lo comprendiamo meglio in
seguito, quando il paradiso è lontano, quando l’intelligenza lo rielabora. L’amore
può essere una pianta selvaggia, ma per un poeta come me è più probabile che
sia un’orchidea rara; bisogna coltivarla, nutrirla, difenderla dai venti,
pensarla, farla durare a lungo, il tempo che ci vuole per sentirne davvero il
profumo, per guardarla davvero in tutte le sue impercettibili sfumature, in tutte
le espressioni tenere e terribili che le presta la luce quando ne fa
scintillare il velluto rosa e violetto, lo stame d’oro, quando tenta di
penetrarne gli anfratti, di sondarne le caverne”… Esattamente quello che fa –
peritissimamente – la Ninnj
Di Stefano Busà con questo suo ultimo, ineffabile eppur
profuso Canzoniere… Sguardo continuo, inesorabile all’intima, tenera luce
fluente ondivaga; all’eterno impertinente Contrasto d’Amore:
È tutto qui… questo il canto
amorevole,
sorprende le alchimie senza tempo,
le piccole gioie che catturano i
sensi.
Come uccelli di fuoco sorvoliamo il
caos.
Nonché all’ombra e al buio suo
esatto contrario, smarrimento e certezza, bruniana coincidentia oppositorum, enigma
e sempre nuova motivazione:
Poi la nostalgia ci prende
e non si arrende al silenzio delle
cose,
ai rami spogli, alle stagioni in
corsa.
Bussola appunto tenera e terribile,
ma a indicare una stella polare che per fortuna perde sempre la rotta, e la riassegna…
…
L’ora è breve, la carne solo una
distanza
da colmare, un luogo da raggiungere
quando l’assenza cresce, e il poco è
anestesia
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che esclude le distanze,
e il fuoco è spento.
Una densa, trasfigurata ansia
catulliana le getta in ombra la breve luce… Ma poi – abissale, spasmodica
vertigine dall’antico al moderno – proprio quell’ansia (ansa) la riporta a noi,
le riassapora l’amaro miele di cui già poetò, abbandonando per un po’ il
romanzo, uno scrittore come esualdo Bufalino, che solo da vecchio (altro
sintomatico paradosso amoroso) licenziò i suoi stessi, immemori e furtivi versi
di giovinezza… Amore intelligente e selvatico, raro ma quotidiano – fin troppo…
Un paradiso dove l’intelligenza si aggira inesplicabile, inquieta e irredenta…
Assente è la parola che sorregge il
mondo,
si fa miele amaro sul labbro, se la
sfiori.
*********
Più complesso il discorso “occidentale”
sulla Nudità, che si apre con la possente agnizione biblica della Genesi, 2, 25
(“Ora, ambedue erano nudi, l’uomo e la donna, ma non provavano vergogna”), per
poi in fondo complicarsi col ’900 e la sua fervida ma inesorabile scienza di
Psiche… Otto Rank, freudiano DOC, dedica al tempo un intero saggio che scavalca
ipoteche, rimozioni, inibizioni, pulsioni… per esemplificare un grande,
disvelante assunto di saggezza:
“…non ci proponiamo di cogliere l’utilizzazione
cosciente che viene fatta del tema della nudità nella leggenda e nella poesia.
L’intento è, piuttosto, di seguire le raffigurazioni inconsce del motivo che
trovano il loro modello nella corrispondente situazione onirica e la
contropartita nella nevrosi”… Sì, la poesia si è resa molto esperta nell’addomesticare,
nel domare i liberi destrieri dell’Amore. E da migliaia di anni ogni lirica
ricomincia da capo eppure prosegue come un unico, stravolgente poema immenso e
universale – cui ogni nuovo poeta presta il suo contributo, aggiunge un verso o
un brano, uno sguardo, una carezza, un silenzio, un sussurro e un singhiozzo,
un sorriso indicibile fuori della poesia… Ninnj tesse anche Lei quest’arazzo
mitico, aggiunge un filo, un colore, il suo unicamente e poi anche di tutti:
Dimmi, se sai, la luce che rischiara
i nostri corpi, il viaggio breve dei
ritardi
e dei silenzi, la vita raccolta in
una mano,
come un pugno di grano maturo,
del tempo che non lascia spessore
e nasconde il segreto fino all’ultimo
iato.
Eppure la distanza resta colmata, l’ora
che è sempre troppo breve riacquista, rimerita lunghissima luce. Quando il nudo
corpo è connubio d’anima, fiore che s’infrutta, complicità consacrata dalla
terra al cielo:
“Accanto a
te anche il silenzio
ha voce, / e invidia ciò che avviva i
sensi”.
Poesia rispecchiante ed esplicata.
Dove forse perfino questi due endecasillabi saldano in trasparenza un solo,
duplice verso – un divino, coniugale duale accordato, umanato.
(Dicembre 2012)
A. Baraldi
RispondiEliminaho avuto modo di leggere la bellissima raccolta di Ninnj Di Stefano Busà, prestatami da un amico molto appassionato di poesia. Devo ammettere che talune immagini fanno tremare le vene! tale è la passione che vi trasfonde e la gioiosa verità dell'amore sgorga dal verso come acqua pura, dissetante. Un'opera compiutamente votata all'amore che sa dare sfumature e fascinose immagini. Complimenti anche al critico che ha saputo così bene dipanare il nucleo non sempre facile di questa poesia.
Raffaele Pane,
RispondiEliminauna poetica che sa il fatto suo, dai versi emana una particolare energia che sa catturare anche il lettore più smaliziato. Devo ammettere che prima di leggere ero scettico, dopo la lettura ne sono divenuto un estimatore convinto. Auguri
Ora – c’è solo la tregua che concede
il vento --
Altro non potrei che lasciare
poche parole al foglio,
qualche seme intatto che s’agita
sotto la neve.
Tu affonda i piedi,
spingiti oltre la nostalgia che transita
veloce e incespica sulle cose,
intorno ai giorni, in questa terra
indifesa, che nasconde il carico
dell’ora e si nutre del buio.
colare musicalità che sa catturare l'attenzione del lettore più smaliziato
che sa ispirare