A proposito di poesia.
Un incontro a più voci, emozionante, quello che si sta
dipanando su questo blog…che diventa sempre più intrigante ed interessante.
Trovo commovente la lirica di Liana De Luca, "DE LA
MUSIQUE AVANT TOUTE CHOSE" che passa dai consigli “tecnici”… all’invito al
rigore, alla misura delle emozioni, delle effusioni, per attingere a quel
cielo, che davvero pochi sanno vedere e raggiungere, che è il cielo della
poesia:
“… e fra i metri
preferisci lo sdrucciolo
…L’endecasillabo sia la tua valenza
e non ti manchi
qualche settenario…
Ma soprattutto tieni le emozioni
bene esulate fuori dalle righe …
Siano i versi tuoi l’abrogazione
d’ogni
miraggio d’ogni delusione
d’ogni pur breve pausa d’un illuso
incantamento di
felicità…..”
L’invito è perentorio. Chissà che cos’è davvero la poesia!
Quali siano i suoi ingredienti preferiti! Diceva la grande Emily Dickinson
parlando di questo mistero:
“Per
fare un prato che ci vuole?
Un’ape
e un trifoglio, un trifoglio e un’ape.
E
un sogno.
Anzi,
il sogno soltanto può bastare
se son poche le api.”
Mi chiedo meditando e dubitando: è possibile tenere le
emozioni “fuori dalle righe”? Prova a rispondere Serena Siniscalco, quasi a commento,
ne La
poesia innamora :
"Vorrei parole, sol per me parole
di nettare e
d’ambrosia, sussurrate
da labbra dolci sapide di miele,
da disfiorar di mani,
da carezze
poi che essenziale linfa per sognare,
come versiera, la poesia
innamora.”
Coglie magistralmente
la portata delle interpretazioni e la forza della radicalità delle
affermazione il commento di Nazario Pardini, che sottolinea il tema proposto
dalla De Luca: “La parola sta alla poesia come il colore al quadro”, ed incalza incisivamente: “È questo lo
strumento primo del poeta: la parola. Lo ha chiarito con una proporzione
calzante. Ed io…ho ribadito il concetto, insistendo sul lavoro che la poesia stessa richiede; il
poeta, da vero artigiano, deve smussare, sostituire, ampliare, far riposare e
riprendere. Riprendere per lavorare. E lavorare ancora, finché non raggiunge un
appagamento”
Ma non basta naturalmente, lui, da poeta, ne è ben
consapevole: … “ occorre proseguire oltre il sintagma, oltre il suono; occorre
abbracciarne gli spazi, confondervisi, annullarvisi, anche, per agguantare la
coda dell’impossibile; farlo con cifre di scrittura per niente “normali”, ma
spinte oltre i limiti della sintassi. È dal reale, rappresentato con tenacia
descrittiva, che il lettore trae il patema giusto per sintonizzarsi al di lei
pensiero… alla sua interiorità…”
Nella poesia c’è altro, ci ricorda di nuovo N. Pardini
commentando Oggi è l'antico una preghiera
di N. D. S. BUSA', ricca di pluralità di intenti emotivi:
“C'è il sacrosanto peso della memoria, dell'antico, c'è
tutta la vibrazione di un'avventura che vuole farsi perenne e con la poesia e
con gli allacci al domani. E c'è il sogno. L'atto onirico. Quella parte di noi
che più ci avvicina all'imponderabile; il limen, la sottrazione implacabile del
presente, il recupero con l’atto creativo”…c’è preghiera.
La parola sottintesa, interdetta, mai pronunciata è
<ispirazione>. Che cos’è l’ispirazione? Che cos’è la poesia? Perché piace
la poesia? Sono infinite le risposte a queste inquietanti eterne domande.
Vale la penda di rileggere le parole che il premio Nobel W.
Szymborska pronunciò per la sua premiazione:
“… non ci sono professori
di poesia. Se così fosse, vorrebbe dire che si tratta d'una occupazione che
richiede studi specialistici, esami sostenuti con regolarità, elaborati teorici
arricchiti di bibliografia e rimandi, e infine diplomi ricevuti con solennità.
E questo a sua volta significherebbe che per diventare poeta non bastano fogli
di carta, sia pure riempiti di versi più eccelsi – ma che è necessario, e in
primo luogo, un qualche certificato con un timbro.
…. L'ispirazione, qualunque cosa sia, nasce da un incessante
“non so”.
Apprezzo tanto due piccole paroline: “non so”. Piccole, ma alate. Parole che estendono la nostra vita in
territori che si trovano in noi stessi e in territori in cui è sospesa la
nostra minuta Terra.
….
“La poesia-
ma cos'è mai la
poesia?
Più d'una risposta
incerta
è stata già data in
proposito.
Ma io non lo so, non
lo so e mi aggrappo a questo
come alla salvezza di
un corrimano.
Ci sono dodici persone
ad ascoltare, è tempo ormai di cominciare.
Metà è venuta perché
piove, gli altri sono parenti.
O Musa. […]
In prima fila un vecchietto dolcemente sogna
che la moglie buonanima,
rediviva, gli sta per cuocere la crostata di
prugne.
Con calore, ma non
troppo, ché il dolce non bruci, cominciamo a leggere.
O Musa –“
Maria Grazia Ferraris
*
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