Catullo da Lesbia, dipinto di Lawrence Alma-Tadema(1865)
Gaio Valerio Catullo nacque a Verona nell'87 a.C. (666
ab U.c.) da una famiglia benestante e morì tra il 58 e il 54 a.C. Probabilmente
non ancora ventenne, si recò a Roma per approfondire la propria istruzione; qui, iniziò a
frequentare i poetae novi, che
stavano perfezionando la poesia romana sulla base del rinnovamento di quella
greca ellenistica (Catullo è il primo che desume l'introspezione psicologica
dalla cultura greca). Durante la sua vita, Catullo decise di non partecipare
alla vita politica e neanche il viaggio in Bitinia, intrapreso nel 57 a.C.,
segnò l'inizio di una carriera in quell'ambito. L'evento
più significativo e anche distruttivo della sua vita fu l'incontro con Lesbia,
una donna di facili costumi il cui vero nome era Clodia (fornitoci dalle fonti
di Apuleio). La loro relazione fu molto turbolenta, dominata da tradimenti,
gelosie e anche intensi attimi d'amore; egli morì prematuramente all'età di
trent'anni.
"Odi et amo. Quare Id
faciam,fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior".
Nescio, sed fieri sentio et excrucior".
(Carmen LXXXV)
"Odio e amo. Forse mi chiedi come io faccia.
Non lo so, ma sento che ciò accade, e mi tormento".
Non lo so, ma sento che ciò accade, e mi tormento".
"Miser Catulle, desinas ineptire,
et quod vides perisse perditum ducas.
Fulsere qondam candidi tibi soles,
cum ventitabas quo puella ducebat
amata nobis quantum amabitur nulla.
Scelesta, vae te! Quae tibi manet vita?
"Quis nunc te adibis? Cui
videberis bella?Quem nunc amabis? Cuius esse diceris?
Quem basiabis? Cui labella mordebis?".
(Dal carmen VIII)
"Cessa di vaneggiare, e quel che, o misero
Catullo, ormai perì, lascialo perdere.
Fulgidi Soli a te già un tempo risero,
quando a un cenno di lei correvi subito,
che tanto amai quant'altra non può essere.
Guai, scellerata! oh giorni che t'aspettano!
Da chi ora te ne andrai? A chi parrai bella?
Chi ora amerai? Di chi si dirà che tu sei?
Chi bacerai? A chi morderai le labbra?".
G. V. Catullo
"Cessa di vaneggiare, e quel che, o misero
Catullo, ormai perì, lascialo perdere.
Fulgidi Soli a te già un tempo risero,
quando a un cenno di lei correvi subito,
che tanto amai quant'altra non può essere.
Guai, scellerata! oh giorni che t'aspettano!
Da chi ora te ne andrai? A chi parrai bella?
Chi ora amerai? Di chi si dirà che tu sei?
Chi bacerai? A chi morderai le labbra?".
G. V. Catullo
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