Atque in perpetuum, frater...
Atque in perpetuum, frater...
Quanto inverno, quanta
neve ho attraversato, Piero,
per venirti a trovare.
Cosa mi ha accolto?
Il gelo
della tua morte, e tutta
tutta quella neve bianca
di febbraio - il nero
della tua fossa.
Ho anch'io
detto le mie preghiere
di rito.
Ma solo,
Piero, per dirti addio
e addio per sempre, io
che in te avevo il solo e vero
amico, fratello mio.
Quanto inverno, quanta
neve ho attraversato, Piero,
per venirti a trovare.
Cosa mi ha accolto?
Il gelo
della tua morte, e tutta
tutta quella neve bianca
di febbraio - il nero
della tua fossa.
Ho anch'io
detto le mie preghiere
di rito.
Ma solo,
Piero, per dirti addio
e addio per sempre, io
che in te avevo il solo e vero
amico, fratello mio.
Giorgio Caproni
Giorgio Caproni è nato a Livorno nel 1921 ed è morto il 22 gennaio 1990 a Roma. Al
magistero di Torino seguì il filosofo antifascista Alfredo Poggi. Poi si dedicò
solo agli studi di violino. Insegnò a Rovegno, e a Roma prima di essere richiamato
alle armi e vi rimase fino alla fine della guerra con i partigiani. Dopo tornò a
Roma, con la moglie e i figli, facendo il maestro elementare. Per la sua
formazione furono importanti “Ossi di seppia” di Montale e le letture dei poeti
francesi e spagnoli, Apollinaire e Machado, e dei filosofi Schopenhauer,
Nietzsche, Kierkegaard de "Il concetto dell'angoscia". La sua prima
poesia fu pubblicata nel 1933. Le sue pubblicazioni di versi: Come un'allegoria (1936), Ballo a Fontanigorda (1938), Cronistoria (1943), Stanze della funicolare (1952), Il passaggio di Enea (1956), Il seme del piangere (1959), Il muro della terra (1975), Il franco cacciatore (1982). Del 1983 è
l'edizione di Tutte
le poesie
edito da Garzanti. Seguirono Il conte di Kevenhuller (1986) e, postumo, Res amissa (1991). Egli è uno
scrittore del disincanto. E’ stato anche un ottimo traduttore. Nella sua poesia attua un melange particolare fra linguaggio popolare e lessico ricercato da ottenere risultati di coinvolgimento emotivo. La mancanza di veri punti di riferimento escatologici fanno dei suoi versi il tatuaggio di un sentire esistenziale sofferto e umanamente vissuto con intensità.
Come si può tacere, come si può non restare affascinati da tanta poesia?
RispondiEliminaE' di questo - vogliamo dirlo, spargerlo come seme nei campi - che si ha bisogno! Di questa voce limpida, innocente, evocativa, dolcemente triste e tristemente soave.
Quando si sente cantare così, si capisce perché c'è ancora speranza; a dispetto di tutto e di tutti, e del niente in cui vorrebbero farci annegare.
Giù il cappello, allora, consentitemelo.
E grazie, grazie mio Dio per esserti fatto udire attraverso queste parole, questa preghiera che Caproni ha insegnato anche a noi.
Sandro Angelucci
Condivido in pieno il felice commento di Sandro Angelucci a questa struggente e nitida lirica di Caproni sulla quale àlia, leggera, la figura del grande e sfortunato poeta veronese.
RispondiEliminaPasquale Balestriere
Mi associo ai due commenti che precedono il mio, in particolare a quello di Sandro, che non è meno commovente della poesia di Caproni. Piangere i morti in questo modo, non significa altro che essere grati alla vita e a tutto il bene che ci è stato dato in dono, ivi compreso il male, necessario per la sua affermazione. Ricordiamolo oggi, che è il 2 novembre, mandando un pensiero ai nostri cari.
RispondiEliminaFranco Campegiani