“Poesia
e società in questo primo
quindicennio
del nuovo secolo”
I coinvolgimenti ed avvolgimenti politici
che distinguono questi primi quindici anni del nuovo secolo credo siano un
indiscutibile intoppo alla dissertazione culturale, qualunque essa sia: dal
semplice discorso sociale, alle elucubrazioni filosofiche, dal tentativo di
critica letteraria, alla scrittura in genere, ed alla poesia in particolare. Aggiungiamo
il dilagare informatico, che partorisce quotidianamente interventi nella rete,
sia a volte particolarmente scorretti , sia più spesso di pregevole fattura,
nel tentativo di diffondere una “sapere” di massa, che molte volte invece è
carente.
La
poesia la si potrebbe definire come autentica
meta antropologica, in quanto espressione di massima solidarietà linguistica.
Se l’uomo si differenzia dalla bestia in
quanto animale politico e dotato di un linguaggio, allora la poesia, che è la
massima espressione linguistica, sarà, appunto, meta-antropologica, capace di
intervenire forse anche involontariamente nel tessuto sociale. Ma tornando alla
questione di fondo si è evidenziata una vera e propria trasformazione nel corso
di questi ultimi venti anni di scrittura Il motivo è stato che la società è passata
da Brecht a Ponge, sotto una veste mite, quasi pavida, di timore
e preoccupazione, in realtà poi sempre
per andare contro. Le due concezioni canoniche
della poesia e della sua «funzione sociale», per così dire – quella del materialismo
storico ingenuo e quella, contraria e simmetrica, del neo-idealistico
universale concreto – si annullano a vicenda. La poesia non è né mero
epifenomeno del sociale né può in assoluto prescinderne. Quindi la poesia, anche
se ignorata da molti, da troppi, continua strenuamente a rimanere caposaldo
del divenire linguistico e del pensiero evolutivo, nel tentativo di dire ciò
che ad altri ancora non è ben chiaro, e nel tentativo di suggerire qualche
passo innovativo che volga al ripristino dei valori morali, spirituali, etici, politici .
Non è
un fronzolo né un accordo casuale e neppure l’espressione metaforica o il «rispecchiamento»
meccanico dei rapporti sociali reali, tutto quanto è avvenuto negli ultimi
quindici anni. La società ha inciso ed incide con le sue trasformazioni quotidiane
anche sulla cultura, in modo tale che possiamo purtroppo riscontrare un degrado
totale della morale, un azzeramento incredibile degli ideali, un capovolgimento
inatteso dei valori, per cui l’individuo si sente padrone di nuove realtà, che
stravolgono finanche i rapporti interpersonali. Cosa attendere allora dalla
poesia? Il testo vada oltre il testo. Chiama e illumina il
contesto, nasce in
una situazione specifica, storicamente determinata, ma la trascende. Per
comprendere la natura e la portata di questo trascendimento, occorre capire, esaminare,
le caratteristiche essenziali della società. Ad uno sguardo superficiale, la società
odierna può apparire flessibile, fluida, catafratta, a-centrata. In realtà, è
una società che tende a porsi come una struttura totalmente amministrata,
dominata da grandi organizzazioni burocratiche, a tutto campo razionali, nei cui meandri si va nascondendo
la ragione quando abbia completamente abbandonato l’individuo. Nella sua imprevedibilità
e nella sua essenziale capacità di risalire dal frammento del caos alla globalità
significativa, la poesia si pone come la smagliatura nella corazza impersonale d’una società
burocratizzata, accenna e aspira ad un possibile recupero della funzione
ideativa originale dell’individuo: l’esperienza effettiva, sul piano
esistenziale, dell’involontarietà del pensiero, e in quanto emanazione luminosa
e inaspettata del subconscio esperienza del taciuto e del sospeso .Dunque, qualcosa di non falsificabile, forse non
trasformabile, ma intrinseco al dato oltre l'istante, dove la funzione
dell'ascolto rimedia all'abbandono nel dolore sempre possibile, sempre incombente.
demiurgo di stile, artefice di compattezze accolte nell'udibile gesto del
linguaggio; come se i giorni e le stagioni aprissero varchi agli incontri e
agli amori.------- Il tempo è pausa, sosta, angoscia, ma anche squarcio sul
velo sottilissimo che ci divide dal destino. Le vittime del profitto gridano,
in una fase del dire poetico che, in vari passi, si fa provocazione civile,
osservazione disillusa di conflitti d'interessi, registri di dati perdibili,
incursioni nel mondo della politica che vorrebbero essere rimaneggiati per un
mondo che le illusioni quotidiane desiderano quale il migliore dei mondi
possibili. In questo ultimo arco di tempo varie voci hanno tentato di creare
nuove modulazioni e nuovi ritmi, nella poesia e per la poesia. Da Ciro
Vitiello , che con il suo ardito impegno ha cercato ( purtroppo molto spesso invano
) di indicare strade percorribili per una nuova logica letteraria, a Raffaele
Urraro, che nell’impegno sociale ha inserito la sua stessa composizione poetica,
a Nazario Pardini , che nella rete ha cercato di proporre interventi sempre lucidamente pertinenti, a
Michele Sovente, (deceduto da poco) , che ha giostrato in maniera encomiabile
con la scrittura, inserendo nel testo le caratteristiche novità della parola
in vernacolo, a Patrizia Valduga, che ha messo in essere una rivisitazione
stilistica degli stilemi, come vetrificazione e teatralizzazione del reale.
L’evolversi del dettato nella poesia per
le nuove generazioni non è recepito, quasi che si pretendesse “tutto e
subito”, come se quanto avvenuto nel
tempo non fosse altro che il rimasuglio di un tentativo ripetuto ed ormai
consumato, senza la curiosità di seguire il progresso culturale dei più avveduti,
che cercano di riempire i vuoti, o meglio ancora i disegni atti ad ampliare le
rotture critico ideologiche, partorite dal post ermetico e rivisitate in forma
didascalica, o addirittura moralistica. Da una neo avanguardia incisa da Edoardo
Sanguineti con il suo sapiente intuito innovativo, alle sostanziali nevrosi di
Andrea Zanzotto, vertiginosamente libero nella creazione poetica, ai tentativi
rifrangenti l’essenza di Flavio Ermini e di Gianruggiero Manzoni, molti autori
hanno cercato di dare corporeità al trauma prodotto dalle storiche restrizioni.
Vorremmo allora che venisse sviluppata progressivamente ed intelligentemente
una modalità “contemporanea” di realizzazione dell’oggetto poesia, tenendo conto
delle necessità che gli attuali modelli istituzionali avviano, illudendoci
nella diffusa sensibilità professionale dei poeti più storicizzati.
Antonio
Spagnuolo
Complimenti a questo articolo di Antonio Spagnulo che cita anche autori che seguo anche attraverso i loro incontri o pubblicazioni (Dire Dio in segreto di Vitiello ad esempio.) Mi viene da dire comunque questa osservazione che ho sentito dire da molti editori, che considerano rischioso, anche oggi pubblicare o investire nella poesia. Le considerano un prodotto invendibile, nonostante il fatto che sono molti che decidono di affidare ai versi le loro emozioni, i loro sentimenti, le loro gioie e le loro angosce ed anche il loro modo di carpire la realtà. Forse l’unica possibilità per la poesia di ritagliarsi un futuro è quella di superare le proprie barriere, di irrompere nella scrittura in prosa, di diventare un evento raro e prodigioso e insieme un effetto di cosciente assimilazione dei fermanti di un’epoca. Complimenti.
RispondiEliminaSimona