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mercoledì 5 marzo 2014

GIORGIO LINGUAGLOSSA: "POESIE INEDITE"



Giorgio Linguaglossa

Caro Giorgio,

scusa il ritardo, ma ormai il mio tempo, tra scuola, famiglia, rivista, salute, è poco e quel poco me lo mangia lo studio, così finisco per trascurare i pochi amici veri che ho, come te.
Sono contento che tu ora tiri fuori i tuoi versi con continuità, il Girone dei morti è un'altra tua importante scommessa, trovo che la strada scelta confermi il tuo tentativo di trovare alla Poesia un passo nuovo, siamo in effetti ad un punto di svolta, oggi, come lo erano a fine Ottocento i simbolisti francesi e, in Italia, più formalista, Carducci. Credo che la 'multistrutturazione' a cui vai incontro sia molto interessante, lega e oppone il lirico, il dialogico, la narratività, ecc., e ciò, oltre ai suoi vantaggi gnoseologici, risulta più adescante per il lettore e nobilita la sua emotività, a differenza degli emozionalisti, dei sentimentaleggianti. In particolare mi è piaciuta molto "Dalla finestra entrava il vento del Nord", ma questa predilizione è un fatto secondario. Di primario c'è che sei portatore sano di poesia e di questo sono contento perché sono uno di quelli che ti ha spronato verso il tuo più profondo amore.
Appena riesco ti telefono, così ci facciamo una bella chiacchierata.

A presto e grazie per le  poesie.

Un abbraccio,

Roberto Bertoldo



La dama esce dal quadro

  
Rotola la luna sul lenzuolo del cielo
steso ad asciugare sul terrazzo dell'albergo veneziano.
Grandi camion portano un carico di stelle
e le scaricano proprio qui sopra il terrazzo.
Venezia. Laguna di vetro e di maiolica.
Una gondola dondola.
Il remo del gondoliere imprime all'acqua
un movimento a vortice e, miracolosamente
la barca va.
Sulla banchina un moro vende cappelli colorati,
bastoni da passeggio col pomo di avorio,
cofanetti in argento, mappamondi in madreperla.
Ad Utrecht, un pittore fiammingo dipinge
una natura morta con violino.
Nella lontana Fiandra un bianco cavallo
a galoppo giunge
su un tappeto di fiori; una bellissima dama
accompagnata da valletti e cicisbeo
esce da un quadro del Tiepolo, si incontra con Johannes Vermeer
che indica la luna...
che ha appena dipinto la ragazza con l’orecchino di perla...
La dama si volta verso di noi che osserviamo il quadro
dall'altro lato del mondo e ci guarda sorpresa:
«che stagione è questa»?, chiede al pittore;
«è vento di primavera», risponde l'usignolo
che canta a squarciagola sull’albero.
Ma non è così; lo sappiamo noi
che consideriamo le cose dalla finestra
del XXI secolo dei tempi futuri.




Siamo ancora vivi?


 Grandi camion con autorimorchio trasportano le stelle
le scaricano qui nel nostro giardino dove abbiamo
seppellito il sole.
Una cornacchia solitaria batte il becco
sul vetro della finestra;
tu coltivi le rose e le viole sulla staccionata
del giardino, Osip Mandel'štam scrive
poesie per bambini, le chiama «Il fornello
a petrolio»; le armate bianche
e le armate nere hanno smesso di combattere,
le guerre non sono finite si sono moltiplicate,
Paganini prova l'archetto del suo Stradivari
per un pubblico di oziosi
e Rembrandt ci osserva da una cartolina.
«Siamo ancora vivi», mi dici, «non è straordinario?».
Le porte si spalancano su altre porte,
l'atrio dà sul giardino...
e la veranda si apre sul mare;
tu sei dentro un abito di seta blu 
a fiori cinesi con le maniche ampie, svasate,
i capelli color rame, l'ampia scollatura del décolleté
e un chapeau de paille blanche...
«È un fatto del tutto trascurabile», ti rispondo
come da un altro mondo mentre
un sole bianco sale allo zenit, un passero
cinguetta sull'albero...
«Sai, a volte ho il sospetto che siamo tutti morti
che la nostra vita sia il pensiero di un premoriente
defunto tanto tempo fa».
Sulle chiome degli alberi sventolano gli uccelli
come bandiere colorate per la festa della Repubblica.
«E c'è differenza, dimmi Giorgio, e se anche fosse?» 

 Giorgio Linguaglossa



 Una maniera estremamente originale di trattare la realtà. Qui Linguaglossa la fa sua questa realtà, la utilizza in modo espanso, ampliato, abbondante; la elabora e la rielabora con azzardi iperbolici, con impennate verbali, e con acribia creativa, trasferendo la parola oltre il senso, oltre i nessi dell'ordine canonico della morfosintassi. Un porsi dall'altra parte della poesia, intrufolandosi in esagerazioni architettoniche di grande resa visiva ed emotiva, ora impegnando grandi camion nel  trasporto  delle stelle, ora facendo uscire una bella dama dal quadro del Tiepolo. Insomma la scoperta di una nuova novità in un mondo che non gli appartiene. In un mondo in cui gli viene da chiedersi se siamo ancora vivi; o se siamo diluiti nella nullità dell'uniformità. E sventola queste sue perplessità con aggressione di metafore, con dilatazione d'immagini, con forzature allusive. E' così che Giorgio evita di cadere nelle grinfie di una globalizzazione disumana dell'essere, nella sottrazione del suo esser(ci); ed è così che si crea una sua identità; lo fa col non essere poeta, o con l'esserlo uccidendo la consuetudine.


Nazario Pardini 

9 commenti:

  1. A volte ho il sospetto che per sentirsi vivi bisogna avere il coraggio di sperimentare, di porsi fuori dalle regole strutturali e personali, fuori dalla realtà di un mondo che per alcuni come Giorgio Linguaglossa, forse, è troppo poco onirico, e allora si può apprezzare la realtà che il poeta ci propone, senza fronzoli e belletti, con descrizioni condivisibili e parole taglienti, e chiederci se questa pacata indifferenza non sia l'unica risposta plausibile al caos. Mi piacciono molto le immagini che entrambe le poesie, (come in un corto), generano e trovo stimolante il linguaggio e i riferimenti.

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  2. Questi due componimenti sono la perfetta incarnazione del credo poetico di Czesław Miłosz che Giorgio Linguaglossa condivide e difende. Ho qualche conoscenza del Linguaglossa critico per aver letto qualcosa di qua e di là, apprezzandone la sincerità a volte ruvida e puntuta e, naturalmente, competenza e cultura. Nulla però sapevo del poeta. Che ora mi balza davanti con questo pastiche onirico-visionario, aperto da immagini insolite e stranianti, che rimbalzano dal piano della realtà a quello dell’invenzione, assumendo valenze singolari e creando atmosfere surreali, in un gioco allusivo che vede coinvolti vari livelli semantici. A dimostrazione che il poeta c’è. Indubitabilmente. E allora è giusto che sia lui a cercare le misure e a crearsi una sua metrica, magari (ma non necessariamente) aspirando, come dice Miłosz, “ a una forma più capace, /... non.. troppo poesia né troppo prosa” che permetta “ di comprendersi senza esporre nessuno, /né l'autore né il lettore, a sofferenze insigni”. Io sto, per vocazione, dentro i versi tradizionali. Che poi di tradizionale non hanno proprio niente, se dentro ci sono lingua poetica e forza creativa.
    Comunque, complimenti a Linguaglossa.
    Pasquale Balestriere

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  3. Come è stato acutamente individuato da Pasquale Balestriere la mia ricerca poetica segue la direzione di marcia indicata da Milosz nella poesia "Ars poetica" del 1956, ovvero, trovare "una forma più capace" con la quale narrare le cose. In questo tentativo si trattava di allargare il verso italiano della tradizione e della anti tradizione, l'endecasillabo (lineare) per reinventarlo e travasarlo in una "forma più capace"... circa 30 anni di lavoro e di riflessione, tentativi a zig zag, e poi improvvisamente, due anni fa, sono nate delle poesie nelle quali ho trovato il modo di inserire il parlato del discorso poetico dentro uno spazio tridimensionale, quello spazio indicato per primo da Mandel'stam negli anni Venti del Novecento... e dentro quello spazio occorreva costruire una diversa temporalità ("la poesia è arte del tempo" aveva detto Fenollosa) e uno spazio curvo, che si curva e si deforma in relazione alla quantità di materia verbale espansa che ci si versa... in questo modo anche le immagini (che entrano dentro la forma tridimensionale) acquistano un loro movimento, anzi, acquistano una loro propria velocità... se si guarda bene in queste composizioni sono le immagini che dettano la velocità della poesia... le immagini hanno una loro accelerazione e decelerazione in rapporto alla materia verbale, e la materia verbale è strettamente connessa alla velocità delle immagini in movimento... in questo modo, per dirla in breve, si ottiene una volatilità e una accelerazione della velocità delle immagini che si incastrano l'una nell'altra, escono l'una dall'altra e vi rientrano, come in un labirinto, come in un sistema di vasi comunicanti... scompare il tempo lineare (e di conseguenza anche il verso lineare della tradizione italiana) che viene sostituito dalla equivalenza dell'attimo con l'eternità, scompare, o meglio, viene a modificarsi anche il concetto (lineare) di durata che viene sostituito con un complesso spazio temporale inerziale. Tutto così diventa contemporaneo di tutto, Scompare il presente e il futuro, i quali sono conglobati in una super dimensione temporo-spaziale, in una super dimensione tridimensionale.
    Le immagini assumono così una concatenazione di temporalità e di spazialità e si dispongono all'interno del discorso poetico secondo la legge della loro struttura interna...

    Grandi camion portano un carico di stelle
    e le scaricano proprio qui sopra il terrazzo.
    Venezia. Laguna di vetro e di maiolica.
    Una gondola dondola.
    Il remo del gondoliere imprime all'acqua
    un movimento a vortice e, miracolosamente
    la barca va.
    Sulla banchina un moro vende cappelli colorati,
    bastoni da passeggio col pomo di avorio,
    cofanetti in argento, mappamondi in madreperla.
    Ad Utrecht, un pittore fiammingo dipinge
    una natura morta con violino.
    Nella lontana Fiandra un bianco cavallo
    a galoppo giunge
    su un tappeto di fiori; una bellissima dama
    accompagnata da valletti e cicisbeo
    esce da un quadro del Tiepolo, si incontra con Johannes Vermeer
    che indica la luna...
    che ha appena dipinto la ragazza con l’orecchino di perla...
    La dama si volta verso di noi

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  4. Non conosco la poesia di Giorgio Linguaglossa, ma dai componimenti che oggi leggo credo di individuare anch’io (come egregiamente Balestriere nel suo intervento), la sua convinta adesione ai dettami poetici di Milosz, adesione che si traduce nella puntuale declinazione della “direzione di marcia” indicata dal poeta polacco. In queste due poesie Linguaglossa dà dunque sostanza e corpo a quella forma poetica più “spaziosa” e “capace”, “ibrida”, cioè a quella “forma ampia (…) che consenta l'ingresso nella forma-poesia della forza rigenerante della «prosa»”. Sulla scorta di questi dettami, il poeta riesce così perfettamente a “prendere le distanze dalla poesia dell'ego”, per approdare in quella del non ego(/non nego) e in tal modo realizzare quella forma poetica “tridimensionale” in cui “scompare il presente e il futuro”, e dove, quindi, “tutto diventa contemporaneo di tutto”. Scompare, come detto, soprattutto l’ego. Come in un sogno, infatti, quasi precipitati nelle atmosfere surreali di un Magritte o di un Dalì, si assiste ad uno spettacolo che non ha sequenze logiche, né un prima e un dopo, un perché o un senso, e dove le “immagini … escono l'una dall'altra e vi rientrano, come in un labirinto, come in un sistema di vasi comunicanti...”. Balzano così sul proscenio, impreveduti ma decisi protagonisti, “camion” e “bastoni da passeggio”, “una bellissima dama” e “una cornacchia”, “Rembrandt” e “Paganini”, “un quadro del Tiepolo”, “Johannes Vermeer” e “la ragazza con l’orecchino di perla”... Tutti ‘attori’ che recitano a soggetto, collocati in un ‘non tempo’ e in un ‘non luogo’, proprio come la “bellissima dama [che] esce da un quadro del Tiepolo”. Ecco, quella dama che “si volta verso di noi” è l’immagine plastica, il fotogramma abbacinante con cui Linguaglossa libera e “sdogana” la storia (e l’arte, e la cultura, “i piccoli fatti del quotidiano”…). E sembra proprio di sentirla, quella dama, mentre rimprovera il poeta (il lettore?, lo spettatore?, il ‘sognatore’?...) per essersi fatto vivo solo ora, dopo una così lunga, imperdonabile ‘latitanza’. Relegato così l’ego, per così dire, ‘fuori campo’, è stato però necessario dare ‘voce’ a quegli elementi finora privi di cittadinanza piena nella forma poetica; è stato dunque indispensabile trovare un ‘faber’ che animasse la scena, le desse vita. E il faber si è incarnato in quella stessa voce fuori campo del poeta, il polo decisivo per poter compiutamente realizzare la forma poetica tridimensionale, una sorta di direttore d’orchestra che ha sostituito il malefico “daimon” dell’ego, divenendo il provvidenziale ‘medium’ benigno, lo sciamano in trance che ha convocato/evocato quegli “spiriti buoni” di Czeslaw Milosz capaci di fare “di noi il loro strumento”.
    Missione egregiamente compiuta, dunque, quella di Linguaglossa, a cui va tutta la mia ammirazione. Con l’avvertenza, però, che per ogni ‘concerto’ così realizzato, il successo dipenderà dalla ‘terzietà’ e dal talento del direttore d’orchestra; talento che, con la replica degli spettacoli, acquisterà via via visibilità e ‘riconoscibilità’, proprio come un inconfondibile ‘marchio di fabbrica’: non si tratterà forse di quell’ego che, cacciato dalla porta, tenterà di rientrare dalla finestra?...
    Umberto Vicaretti

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  5. C'è il respiro della grande poesia europea in questi versi di Giorgio Linguaglossa. Una ambientazione larga e ampia nello spazio, nel tempo e nella storia. Una dimensione completa e tridimensionale nella quale l'io e il tu si inquadrano. E, forse, anziché passare in secondo piano diventano maggiormente protagonisti della storia dell'intera umanità. E non di un pezzetto soltanto.

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  6. grazie a Umberto Vicaretti a Balestriere e alla Evangelisti, sempre stimolanti le vostre considerazioni e penetranti e pertinenti... il rischio per un poeta è sempre quello del tradimento del proprio narcisismo, ogni qual volta entra in scena il narcisismo, esce la poesia... l'io è nemico della poesia, per catturarla bisogna legarla alla sedia, relegarla nello scantinato e reimparare a guardare le cose del mondo.
    Se, come scrive Brodskij "la poesia è una grande scuola di incertezza e insicurezza", è anche vero che la poesia guida il poeta verso l'integrità delle proprie scelte nella vita. Nella vita puoi anche fare il traditore, il baro, il furfante, ma nella poesia no. E se il poeta lo fa, subito la poesia lo tradisce, lo abbandona e se ne va a spasso con un altro Signore.
    Ho interrotto i rapporti con chi ha con la poesia una relazione utilitaristica e parassitaria... purtroppo (o per fortuna) ogni qual volta ciò si manifesta, subito la poesia vola via dalla finestra, se ne va via

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  7. Concordo, anche io penso che la poesia sia uno specchio nella quale autenticamente si riflette l'immagine della persona, così come è.

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  8. Si può riscattare / sdoganare l'ego con la parola ,ma solo con quella che fa esperienza del Mondo e la descrive ; al che l'ego diventa storia di tutti , in cui tutti possono riconoscersi . Linguaglossa ci riesce spesso e volentieri ; volentieri perché lui scrive come vive e non potrebbe essere altrimenti .

    leopoldo attolico -

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  9. Gent.le Giorgio Linguaglossa, poeta del verso: Un uomo in nero è accanto al letto di morte del poeta. Non ho ancora avuto il piacere di leggere la Fisica quantistica per poeti di Leon Lederman, Nobel per la Fisica, però posso immaginare che sarebbe ben lieto di sapere che ci sono poeti, come Lei, che studiano la Poesia e la realtà del mondo in cui viviamo con l'occhio lucido dello scienziato.
    Espongo alcuni rilievi. Secondo la quantistica lo spazio si piega e si incurva sotto il peso della materia; quando questa è troppo concentrata può sprofondare in un black hole. Nel caso della poesia la materia è per Lei materia verbale /lo spazio si curva e si deforma in relazione alla quantità di materia verbale che ci si versa.../
    Reinventare il verso, indica Lei. Ripensare alla grammatica della nostra comprensione del mondo, ci chiedono i fisici. E ancora Lei: La materia verbale è strettamente connessa alla velocità delle immagini in movimento...
    In effetti spazio e tempo variano in funzione della velocità con la quale si muove l’osservatore rispetto ad un altro in quiete. Tanto maggiore è la velocità tanto più estremi saranno gli effetti misurati: la dilatazione del tempo e la contrazione delle lunghezze. Lei sostiene che :scompare il tempo lineare e anche il verso lineare.../ Il concetto di durata viene sostituito con un complesso spazio temporale./ Scompare il presente e il futuro conglobati in una super dimensione spazio temporale../ Le immagini assumono una concatenazione di temporalità e di spazialità ... A livello fondamentale, infatti, non c'è più spazio che contiene il mondo e non c'è più il tempo(lineare) lungo il quale avvengono gli eventi; ci sono processi elementari in cui i quanti di spazio e materia interagiscono in continuazione.

    I miei complimenti, Ubaldo de Robertis

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