Pubblicato il 22/03/2014 15.24.57 "LA RECHERCHE"
http://www.larecherche.it/testo.asp?Tabella=Proposta_Articolo&Id=396 Considerazioni conclusive sull’antologia “Nuovi Salmi” e progetto di una nuova antologia su temi di impegno civile
Sulla
scia del notevole riscontro ottenuto dall’antologia di poesie Nuovi Salmi, da me curata assieme a Giacomo Ribaudo
(CNTN, Palermo 2012), nella quale sono raccolte voci laiche del mondo della
poesia contemporanea, nel coro antico delle preghiere del Salterio, avanzo
ora il progetto di una nuova e similare pubblicazione, su temi sociali e
civili.
Ma
forse questo flash non basta a dare l’immagine dei Nuovi Salmi né chiarisce cosa sia stata l’avventura
poetica, spirituale, teologica, che si è concretizzata nel portare a termine
il libro di poesia dedicato, appunto, ai Salmi. Tenterò di chiarirlo più
avanti. Urge invece sottolineare la gioia, contagiosa, che è venuta fuori
dopo aver portato a buon fine la suddetta opera, divulgata in tutta Italia,
anche con la collaborazione di amici poeti e scrittori, i quali mi comunicano
che dopo aver aderito a Nuovi Salmi si sentono più liberi, sereni, nonché
motivati a voler ripetere altra esperienza attinente ad argomenti connessi ai
libri della Sacra Scrittura.
Eppure
all’inizio la proposta di varare un’antologia sui Salmi, secondo precise
modalità, era apparsa lunatica e controcorrente, come un seminare nell’acqua.
Solo dopo vari e insistenti contatti epistolari, informatici e telefonici,
sono riuscito a far passare il messaggio che il progetto culturale sui Salmi
non era un lavoro poetico blasfemo, un remare contro Dio, la Religione, la
Teologia, ma al contrario un lavoro di grande impegno spirituale poetico e
teologico, di testimonianza e di ricerca. Oggi tutto questo è chiaro, ma solo
dopo aver aperto una breccia, con Nuovi Salmi, nella muraglia della tradizione e aver
rimosso dal cuore annosi fantasmi e moralismi che legavano le mani a poeti e
scrittori che erano e sono alla ricerca di Dio, che vogliono interrogarlo con
la poesia e desiderano abitarlo ed essere abitati da Lui.
È
la prima volta, nella storia della letteratura, che 150 poeti e scrittori,
parecchi molto noti, di tutta Italia (alcuni stranieri), si accostano ai 150
Salmi quanti sono i testi del Salterio in un unico libro, non solo per
leggerli e interpretarli, ma per riviverli secondo il proprio sentimento e la
propria dimensione umana, spirituale ed estetica, entrando nel cuore dei
Salmi, per rivisitarli, dopo averli, appunto, meditati e metabolizzati
secondo una personale visione.
I
Salmi, come è noto, sono le più belle preghiere dell’Antico Testamento. Fin
dai tempi più remoti non c’è stato pittore, drammaturgo, musicista, poeta,
scrittore, regista che non ne abbia derivato metafore o si sia avvalso di
richiami in qualche sua opera. In effetti i Salmi sono le preghiere più
lette, recitate e cantate in ogni parte del mondo, oltre che oggetto di studi
esegetici sempre più approfonditi e aggiornati. Grandi poeti, nel corso degli
ultimi secoli e in particolare del secolo scorso, sono approdati a questa
meravigliosa isola della Bibbia con bei lavori di traduzione. In Italia
abbiamo autorevoli nomi quali David Maria Turoldo, Gianfranco Ravasi, Guido
Ceronetti, ma ci sono altri nomi di autori noti e meno noti che si sono
cimentati con lavori importanti sui Salmi e anche sulla poesia del sacro.
Proprio in questi ultimi trenta anni, non solo in Italia, si sono viste
nascere importanti antologie di poesia religiosa, di poesia sulla fede o di
poesia di ispirazione cristiana. Ma un’antologia sui Salmi con la portata e
con le caratteristiche che ha il libro Nuovi Salmi è la prima volta che si realizza nella
storia della letteratura di tutti i tempi.
E
posso ben testimoniare che sia stata un’avventura culturale non facile, per
difficoltà di diversa natura incontrate strada facendo. Ora che tanti dubbi e
ostacoli sono stati superati con la realizzazione dell’opera, penso che i
coautori salmisti che hanno contribuito, si sentiranno fieri di aver offerto
un lavoro nuovo e originale rivoluzionario e controcorrente nel panorama
attuale della poesia e della teologia.
“Giovanni
stai attento è molto pericoloso e imprudente quello che vuoi fare”, mi facevano
notare diversi preti di mia conoscenza, quando ancora prospettavo il
desiderio di realizzare Nuovi Salmi. Ma per fortuna anche i preti, come tutti
gli uomini, non sono tutti uguali, come non lo sono le dita della mano.
Infatti anni dopo, parlando di questo progetto culturale anche con padre
Giacomo Ribaudo, poeta-scrittore, ho trovato in lui la persona che, oltre ad
aver sposato l’idea, ne è stato l’editore. Il libro reca l’introduzione e la
prefazione di due autori molto noti in campo nazionale, uno del mondo dei
chierici e l’altro della letteratura, che ne danno una lorobenedizione,
per così dire, con i loro testi introduttivi. “Questa apprezzabile antologia
è divenuta sinfonia di voci di poeti, poetiche e perciò merita un encomio,
anche perché va letta come un eccellente esempio di dialogo tra vangelo e
cultura.” (dalla Introduzione di Vincenzo Bertolone, Vescovo di
Catanzaro).
“L’idea
di proporre ai poeti d’oggi la riscrittura di tutti i salmi, dopo aver
riascoltato la voce di quelli antichi, a uno a uno nella loro molta varietà
da identificare e da reinterpretare alla luce della nostra concezione della
poetica e della responsabilità attuale del sacro, nel tempo tanto
contraddittorio e drammatico, è stata una sfida ardua e grandiosa, sublime e
ansiosa; e il risultato che ora possiamo verificare mirabilmente appare una
conquista al tempo stesso glorioso in poesia ed esemplare come risposta alla
domanda della durata ancora o della compresenza di bellezza e di verità nella
tradizione biblica, l’altra fondamentale manifestazione di quei valori in
tutta la vicenda religiosa, letteraria, figurativa e musicale dell’Occidente,
accanto all’altra lezione che è quella greca e romana del paganesimo” (dalla
prefazione del prof. Giorgio Bárberi Squarotti).
“Il
poeta oggi più che mai è uomo libero che viaggia nell’anima attraverso le ali
della poesia e con essa interroga l’uomo i suoi sentimenti interroga la vita
i suoi misteri. È l’esploratore per antonomasia dei tanti perché che
tormentano l’uomo. Oggi più che mai è il poeta che tocca con la parola i
meandri più nascosti e misteriosi dell’anima riuscendo qualche volta a
tradurre in una ragionevole inquietudine i grandi temi che tra ragione e
fede, tra certezze e zavorre logiche agitano il nostro pensare. Il poeta va
controcorrente, esce dagli schemi, trascende l’anima e ogni dubbio e le sue percezioni
vengono dal dolore, dal grido, dalla sofferenza, il suo canto spesso si avvia
alla denuncia, alla protesta, all’introspezione, ai bollori della passione,
ma anche all’incanto dell’innocenza e alle meraviglie che iniziano all’alba e
che percorrono le luci del giorno fino al tramonto, la sua parola ha la
sostanza dell’intuito, il sudore della ricerca, il cuore che contiene la
lacrima e ogni viaggio fino alla ruga, alla solitudine e al silenzio. Nei
suoi versi alloggia la vera voce dell’umanità, l’intima verginità dell’io più
nascosto. La crudele essenza, nella sua spudorata innocenza. Il poeta è
figlio del suo tempo di cui è legittimo interprete.” (dalla Nota a Nuovi Salmi).
Ritengo
sia opportuno, a questo punto, far riferimento al “Discorso agli artisti” di
Papa Benedetto XVI, tenuto in Vaticano il 21 novembre 2009 davanti a più di
300 artisti di ogni categoria e di tutto il mondo, che suona come un augurio
e un invito a rivoltarsi le maniche e continuare a lavorare: “Voi siete
custodi della bellezza. Voi avete grazie al vostro talento la possibilità di
parlare al cuore dell’umanità, di toccare la sensibilità individuale e
collettiva di suscitare sogni e speranze di ampliare gli orizzonti della
conoscenza e dell’impegno umano. Siate grati perciò dei doni ricevuti e
pienamente consapevoli della grande responsabilità di comunicare la bellezza
di far comunicare nella bellezza e attraverso la bellezza e non abbiate paura
di confrontarvi con la sorgente prima e ultima della bellezza. Non abbiate
paura di dialogare coi credenti con chi come voi si sente pellegrino nel
mondo e nella storia verso la bellezza infinita. La fede non toglie nulla al
vostro genio alla vostra arte anzi li esalta e li nutre li incoraggia a
varcare la soglia e a contemplare la feritoia con occhi affascinati,
commossi, la meta ultima e definitiva il sole senza tramonto che illumina e
fa bello il presente.”
Dopo Nuovi Salmi è venuto il momento di dare ancora la
parola a poeti e scrittori, ma stavolta con un lavoro URGENTISSIMO d’impegno
civile. Un’operazione culturale per poeti desti e coraggiosi, disposti a un
lavoro poetico-filosofico-politico-economico-sociale, che possa intervenire
significativamente, con stimolanti proposte, idee, oltre che con consigli
utili, efficaci e costruttivi per trovare possibili soluzioni ai problemi che
in questi difficili anni di crisi il nostro paese sta vivendo. Un lavoro di
poesia che aiuti a riflettere e a prendere coscienza, attraverso il quale sia
possibile percorrere vie praticabili per uscire dalla crisi.
Tutti
non esitano a confessare di star male economicamente e chi ancora peggio,
basta parlarne con chiunque. Nessuno si salva da questa mattanza. Eppure
nessuno si è mosso in concreto o ha fatto qualcosa di
diverso, fosse anche di sbagliato, da quello che ha sempre fatto. Se
guardiamo un po’ in giro: nel condominio, nella propria strada, nelle code
agli sportelli, in parrocchia, ci si accorge che la crisi c’è ed ha il volto
anche dei nostri parenti e i vestiti dei nostri amici più cari. Se facciamo
un giro con l’auto, forse meglio a piedi, per i quartieri della nostra città,
e ci allontaniamo un po’ dagli alti palazzi, ci accorgiamo che il terzo mondo
possiamo toccarlo con mano. Sempre più spesso si vede gente anziana e non
solo rovistare nei cassonetti dell’immondizia. Un lento e continuo, quasi
invisibile, retrocedere anno dopo anno, ha portato circostanze economiche e
lavorative in crisi, e nessuno sa, politici compresi, il come e il perché ci
ritroviamo con le spalle al muro, ad occhi bendati. Ma quel che fa più male
non è il mal di testa che si ha ma il non sapere quando finirà e se una cura
c’è.
Le
notizie fatte veicolare alla radio, alla televisione, nei giornali, sono
spesso filtrate, attutite, o i giornalisti stessi, in buona fede, sono allo
scuro di quali siano i reali ingranaggi, nazionali ed internazionali. Faremo
ancora più male – poeti artisti intellettuali tutti – a noi stessi e ai
nostri figli, se restassimo ancora silenziosi, perdendo tempo a delegare
altri a trovare soluzioni valide e durature alle situazioni di crisi, invece
che rimboccarci le maniche e far qualcosa di utile e di risolutivo, al più
presto possibile. Non c’è più tempo per perdere tempo. Non c’è più tempo per
guardare il cielo e aspettare: chi o cosa? Dio ci chiederà conto della nostra
vita e del nostro tempo e come li abbiamo usati per noi e per gli altri.
Intanto
è un dato di fatto: perdendo tempo sprechiamo energie, intelligenza, e forse
anche buone maniere e pazienza. Oltre tutto, questo nostro perder tempo sta
procurando, a una sparuta percentuale di persone, grosse cifre di guadagno e
di occulto potere, mandando e mantenendo il resto della popolazione ai limiti
della sopravvivenza. Ci troviamo dentro l’imbuto di una teorizzazione
imperialista economica mondiale, congegnata da menti raffinate e ciò già in
ERA pre-euro, con conseguenti e talvolta imprudenti sottoscrizioni da parti
di Stati sovrani, che hanno ceduto parti vitali della loro sovranità, e
quindi consegnando libertà, lavoro e risparmi dei cittadini (particolarmente
fasce deboli allo stremo e un plurimassacrato ceto medio), che ne hanno
esperimentato e continuano a esperimentarne le tristi conseguenze.
Credo
che mai come adesso l’Italia abbia avuto ed abbia bisogno anche dell’anima
dei poeti, per dare una sterzata e uscire dal percorso a senso unico in cui
ci ritroviamo. Si chiede, dunque, l’intervento dei poeti con un contributo
significativo sui problemi della crisi economica che attanaglia, in vario
modo, a vasto raggio, il nostro paese. La grande macchina della produzione e
del commercio nazionale e internazionale si è rotta e con essa ogni settore
lavorativo. Ma pare che, fra i nostri politici, nessuno si consideri
responsabile. Preferiscono rimbeccarsi in trasmissioni televisive,
continuando intanto a tirare, come si suol dire, acqua al proprio mulino.
Con
l’introduzione dell’euro, in pochissimi mesi, si sconquassarono anni e anni
di esperienze, di accordi, e si neutralizzarono parametri convenzionali,
nazionali e internazionali, che avevano consentito ai ceti medi e alle forze
attive della produzione e dell’economia di andare avanti con i loro ritmi
che, vuoi o non vuoi, davano garanzia di guadagno e favorivano l’occupazione.
Molte
braccia oggi sono inattive, altre stanno per incrociarsi. Date uno sguardo,
con i vostri occhi, alla campagna, all’artigianato, all’industria,
all’edilizia, alla pesca: ogni settore è in crisi o a riposo forzato. Fate un
giro per negozi, centri commerciali, nelle zone industriali di periferia e
avrete la sensazione di trovarvi in desolazioni cimiteriali. Ospedali senza
garze, siringhe, anestetici, reparti chiusi….Uffici regionali o statali senza
carta per stampanti o con computer rotti, l’elenco potrebbe continuare e non
mancano, per fortuna, trasmissioni televisive e servizi giornalistici di
aperta denuncia.
È
dalla seconda metà degli anni ’90 (e forse un po’ prima) che assistiamo
inermi e deboli alla discesa, un gradino per volta, nella scala
dell’impoverimento. Tante famiglie di onesti lavoratori sono costrette ad
attingere costantemente ai loro risparmi, per non dire di quelle a cui non è
rimasto più nulla e vivono come in trincee di sopravvivenza. Molti italiani
hanno perso il lavoro, altri stanno per perderlo. Non poche famiglie si
rivolgono al sindaco del proprio paese o al parroco per bollette o rate di
affitto che non riescono a pagare, molte si rivolgono alla Caritas e
al Banco alimentare. Numerosi anziani fanno cena con una tazza di
latte. Chi aveva contratto un mutuo per dare un tetto alla propria famiglia,
ha perduto, con il lavoro, anche la casa e i soldi che aveva versato. Pare
che il lavoro non sia più un diritto tutelato dalla Costituzione. Ai figli
che stanno preparando il loro futuro o a quelli che si sono già preparati a
costruirlo con sacrifici - studi e specializzazioni -, il lavoro appare come
una vergognosa negazione. Rarissime le possibilità occupazionali per i
giovani che si avviano al loro primo impiego, perché mancanti di esperienza,
ma anche persone mature ed esperte, stroncate da un licenziamento, non
trovano lavoro dopo perché non più giovani. Chi ha un lavoro o un impiego o
un “lavoricchio” lo vive con la febbre addosso per paura di perderlo da un
momento all’altro.
È
un dato di fatto: negozi ditte e fabbriche licenziano o chiudono perché un
infamante squilibrio ha avvelenato il cuore dell’attività-produzione
economica, nazionale o internazionale. Non esiste più un parametro logico e
onesto tra vendita e guadagno, tra tasse e spese. Sia che le cose vadano bene
sia che vadano male, chi guadagna oggi è solo lo Stato, afflitto da uno
spaventoso debito pubblico, che vuole il suo e non guarda in faccia nessuno.
A volte si ha l’impressione di sentirsi come in guerra, sotto le bombe e/o
con la paura che da un momento all’altro si blocchino stipendi, pensioni,
buonuscite o che possano entrare in casa persone con una divisa qualsiasi a
requisire anche quel poco che è rimasto. Poche sono le aziende che
sopravvivono e resistono alla crisi, alcune delle quali reggono grazie al
fatto che dipendenti tutti, dal dirigente al fattorino, hanno deciso di
ridursi e di parecchio lo stipendio, pur di salvare l’azienda e non essere
licenziati: criterio tipico nella cultura nipponica.
La
disoccupazione continua a generare sconforto e povertà e come se non bastasse
aumentano le tasse e il costo di medicine e dei viveri di prima necessità. Le
statistiche solitamente diffuse per il popolo talvolta sono addomesticate
affinché tutto scivoli senza rumore verso l’eutanasia delle classi
medio-basse.
Lo
stipendio normale dell’operaio o dell’impiegato non riesce a garantire, come
prima, il minimo e indispensabile per le necessità della famiglia. La
pensione una volta dava un sereno respiro ad anziani dopo una vita di lavoro
e di contributi. Oggi su quell’emolumento gravano continue trattenute “alla
fonte” (ma calcolate, al lordo, come reale reddito del pensionato), per non
dire dei tanti casi di figli sposati che, con i loro figli, si appoggiano
alle risorse dei genitori. Se oggi lo stipendio di chi lavora - e occorre
specificare: di chi lavora o meglio di chi ha la fortuna di
avere ancora un lavoro - non basta per vivere sereni con la propria famiglia,
provate a pensare cosa accade nelle famiglie i cui membri siano disoccupati.
Aumentano i suicidi di povertà, ma sono veramente tali o
sottilmente indotti dalle situazioni che sono venute a crearsi?Imprenditori
e commercianti, disoccupati e pensionati, presi da un senso di abbandono, si
sentono come falliti, traditi. Qualcuno anziché gridare in piazza decide di
farla finita.
Eppure
eravamo così fiduciosi, sul finire del secolo scorso, quando ci preparavano
ad accogliere nelle nostre case l’arrivo di quell’euro, tanto inneggiato dai
nostri politici, che avrebbe dovuto far stare meglio tutti, che ci avrebbe
reso più forti e più ricchi, alleandoci con altri stati europei! Ne eravamo
convinti, attendevamo speranzosi e sereni l’euro, come un ricco parente che
arrivasse da lontano. Nessuno sospettò né ci avvisò dei rischi. Il suo
ingresso fu come quel riccio che chiese riparo alla lepre in una
notte piovosa e fredda, ma una volta entrato nella tana in breve tempo iniziò
a cacciar fuori la lepre e ne capovolse le sorti (da una antica
fiaba popolare). Con il passaggio dalla lira all’euro il destino degli
italiani si capovolse in una sola notte: l’Italia fu impoverita con
un’impressionante spinta inflazionistica in sole poche ore (un euro mille
lire anziché quasi il doppio), la moneta forte si rivelò una bluff che
in breve tempo avrebbe prosciugato i risparmi degli italiani, impoverendoli
non solo nelle tasche ma anche nella speranza e nella possibilità di poter e
saper reagire per difendersi. Nessuno ci ha avvisato che l’euro avrebbe
sterilizzato il lavoro, che avrebbe stravolto le regole di mercato conosciute
(anche per il semplice fatto di essere moneta non emessa da alcuno Stato),
che le sorti degli italiani fossero affidate a un GOVERNO INTERNAZIONALE DI
BANCHE e non dai nostri politici. E chi mai avrebbe immaginato che stipendi e
paghe, nella conversione dalla lira all’euro, sarebbero rimasti invariati
all’adeguamento, mentre i prezzi dei beni di consumo sarebbero lievitati e
spesso raddoppiati? Con l’avvento dell’euro, inevitabilmente, siamo stati
trascinati nel micidiale scacco matto di una partita, obbligati a giocarla,
ma che mai nessuno avrebbe voluto giocare se ci avessero fatto conoscere le
vere regole.
Mi
chiedo, dopo anni di un così inarrestabile declino di tutte le categorie di
lavoro e di tutte le classi sociali, perché non siamo stati preparati a
conoscere il vero programma dell’euro e a riflettere su cosa avrebbe
comportato nelle case di tutti gli italiani. Perché non siamo stati avvisati
che con l’euro ci saremmo trovati derubati e impoveriti, cacciati via dalle
nostre case, dal nostro posto di lavoro, dai nostri risparmi in banca,cacciati
come la lepre dalla tana? È mai possibile che nessuno sapesse o
sospettasse che l’euro si sarebbe rivelato un attentato alla dignità
dell’uomo? Un atto di guerra contro il lavoro i risparmi e la sopravvivenza
di tutti gli Italiani? E se qualcuno sapeva perché non ha parlato?
Ci
sarà pure, oggi, qualcosa da fare per fermare questa infernale macchina che
ci porta sempre più giù alla nuda caverna prima che si arrivi all’urlo più
disperato? E cosa occorrerebbe fare?
Dare
ancora altra chance a uomini stregati da strani incantesimi
che non hanno mostrato buona e onesta volontà nel saperci
rappresentare-amministrare? Fare guerra contro tutti i partiti politici,
crearne di nuovi o rinforzarne qualcuno in particolare? O sarebbe meglio
chiuderci in monasteri con tutta la famiglia e alzare ogni tipo di muro al
mondo?
E
se invece fosse la poesia a dare risposte concrete? Cosa manca al poeta per
non essere all’altezza di un simile impegno? Chi o cosa può impedire di dare
la parola ai poeti per intervenire sui fatti del suo tempo?
Dopo Nuovi Salmi è venuto il momento di dare ancora la
parola a poeti e scrittori ma stavolta con un lavoro URGENTISSIMO d’impegno
civile.
Un’operazione
culturale per poeti desti e coraggiosi disposti a un lavoro di poesia
etico-filosofico-politico-economico-sociale che possa intervenire
significativamente con stimolanti proposte, idee, consigli utili, efficaci e
costruttivi per trovare possibili soluzioni ai problemi che in questi
difficili anni di crisi il nostro paese sta vivendo e con molta sofferenza.
Un lavoro di poesia che aiuti a riflettere, a prendere coscienza in modo pacifico
e democratico sui problemi del nostro paese, per tutelare dal collasso e dal
fallimento tantissime famiglie italiane destinate a una caduta sempre più
rovinosa verso la povertà.
Penso
sia venuto il momento per poeti e scrittori di uscire dai libri e scendere
nelle strade e nelle piazze, armati non con bastoni e pietre né ghigliottine
bensì “con le armi della poesia”, per sensibilizzare coscienze e chiedere di
aver restituita quella dignità, quella tranquillità economica e lavorativa
che avevamo fino a poco tempo fa.
Per
le modalità di partecipazione all’antologia poetica di impegno civile e per
ulteriori informazione: giovannidino@alice.it o
cell. 3409378202.
Colgo
l’occasione per ringraziare per l’accoglienza di questo scritto gli autori di
questo blog e ringraziare anche tutti i blog che hanno creato una sorta di
cenacolo con scambi di idee e serene discussioni attorno all’antologia Nuovi Salmi. Ringrazio anche le Riviste che hanno
accolto l’iniziativa di Nuovi Salmi, pubblicando notizie, articoli, recensioni,
poesie. Ringrazio gli autori che hanno scritto su Nuovi Salmi con recensioni lettere giudizi e un
grazie grande anche alle associazioni e ai poeti che si sono adoperati per
presentare Nuovi Salmi nelle loro città e divulgare l’opera.
Un
abbraccio col cuore
Giovanni
Dino
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E ti rivissi, vita,con un sentire lieve e tanto amato che in ogni fatto lieto o meno lieto,ma scampato, vidi un superbo dono
Pagine
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