Fulvia
Marconi: Amore che d’amor si nutre e
sazia
Di
Felice Edizioni. Martinsicuro (TE). 2014. Pagg. 104
L’ambiente
si fa tutt’uno con lo stato d’animo di Fulvia Marconi
Ed ora… senza foglie resta il
ramo,
la brezza non sospinge la mia
vela,
guardando questo viso nello
specchio
giovane è il cuore mentre… il
corpo è vecchio.
Iniziare da questi versi
significa cogliere a pieno la plurivocità della poesia di Fulvia Marconi, le
molteplicità ispirative del suo canto che fanno della vita un patrimonio a cui
attingere per innervare i versi di substantia
e focus di polisemica significanza.
Sì, un canto che nasce dall’amore, dal dolore, da quella malinconia congenita
nell’animo umano, e che costituisce il leitmotiv
del “Poema”, garantendone compattezza e organicità. La poetessa è cosciente della
precarietà del vivere, dei limiti della nostra vicenda umana; e di quanto precario
sia, anche, il sentimento di felicità che i poeti rappresentano abitualmente
con immagini di resti autunnali, di nubi disciolte dal vento, di rivi
strozzati, o foglie accartocciate. E sa che i sogni stessi si disperdono sopra
i prati come il languore di una rosa ormai sbocciata:
L’abbandono alla vertigine
leziosa,
nel languore d’una rosa ormai
sbocciata
in lusinghe di sospiri casti e
arditi
nel disperdere di sogni sopra
i prati (Una corsa a piedi nudi incontro al tempo).
Ma c’è l’amore a vincere con tutta la sua forza emotiva e passionale; un amore che coinvolge a pieno l’animo della Nostra fino a rapirla, fino a farle dimenticare le sottrazioni del vivere in un vortice che dall’umano si eleva a punte di d’incosciente ebrietudine:
Respiri di topazi sopra il
corpo,
sentore di mirtilli e bacche
rosse
e gli occhi belli, complici e
ruffiani,
non d’arroganza il magico
potere (Amore che d’amor si nutre e sazia).
È
proprio in questa poesia eponima che:
L’audacia della vita si
dispiega,
correre il tempo fieri
dell’andare
su zattere trainate dall’amore,
vestiti degli albori di un
tramonto (Amore che d’amor si nutre e sazia).
E
con similitudini azzardate, con iperboli allusive, con metafore esplosive, e
con rime modernamente usate la poetessa riesce a dare corpo a questo sperdimento
etimo-erotico:
Mi sento foglia e tu tappeto
erboso,
mi sento gelo e tu… guanto di
lana,
con la ragione sveglia, il
cuore dorme,
ma quando canta il cuor la
mente impazza.
Amore che d’amor si nutre e
sazia” (ibidem),
servendosi
di una natura viva e colorita, armoniosa e disponibile per concretizzare questi
stati emotivi trasmessi con intensificazioni verbali, e assemblaggi lessicali: mirtilli, bacche rosse, foglia, tappeto
erboso, e ciocco che arde o legna resinosa. Ha bisogno di dare corpo ai suoi
impulsi vitali la Marconi, sente viva la necessità di visualizzarli in ambiti
naturali di grande efficacia creativa. Un’opera che ha il sapore di effluvi di
foglie di lavanda, di campanelle ai bordi delle strade, di meriggi assolati, e
di sere che tanto sanno del finire del giorno, del consumarsi inderogabile
della vita. Ma c’è il sogno e il sogno fa parte del nostro esserci. Ed è in
esso che ci abbandoniamo in cerca di una verità che è improbabile agguantare.
Costituisce pur sempre un’alcova in cui rifugiarci per sopperire alle nostre sottrazioni, dato che:
Costituisce pur sempre un’alcova in cui rifugiarci per sopperire alle nostre sottrazioni, dato che:
Veglia quel cielo stanco,
il colle mesto e il poggio
dove illusione è vita
dove la vita… illude (Dove
la vita illude).
L’ambiente
si fa tutt'uno con lo stato d’animo di Fulvia: il colle si fa mesto, il cielo
stanco. E a dare una particolare sonorità al significante metrico del verso
interviene quel chiasmo fra “illusione… vita” e “vita… illude”. Accorgimenti
metrico-semantici che denotano una maturità poetica ed una generosità
esplorativo-psicologica di rilievo. Se, poi, consideriamo che la silloge si
sviluppa su un andatura di armoniche armonie dettate da versi ben costruiti in tutte le loro varianti,
possiamo ancor di più avere un’idea chiara delle capacità poetiche della
Nostra. E ancor di più se le commisuriamo con una certa poesia contemporanea
che si avventura in sperimentalismi metrico-verbali tesi a distruggere lirismo
e musicalità, vere funzioni di una tradizione letteraria di memoria italiana.
L’opera si distende su uno spartito di cinque
sezioni, per niente disunite le une dalle altre per un dettato poetico giocato
su tematiche di ampio respiro: dal politico-sociale, dove spicca una commovente
poesia dedicata ad una famiglia distrutta dall’ira nazista:
E più non sorride nella valle,
il fiume scorre e mormora
domande,
soltanto dieci croci senza
effigi
in quella casa estinta fra i
ciliegi (La casa tra i ciliegi);
all’analisi
interiore:
Ma sento ancor l’odore delle
rose
e vedo, ognor, dei glicini
fioriti,
continuo coraggiosa la mia
strada
stringendo in mano briciole di
vita
(Briciole di vita);
dal
memoriale:
S’addobba ancor di nebbia la
mia valle
e sempre è schiva la spinosa
siepe,
vado gustando l’aria,
avidamente,
per ritornare ancora un po’
fanciulla.
Dolci ricordi dell’età più
bella
una castagna, e di delizie… un
ciocco! (Profumo di castagne cotte al ciocco);
alla
sacralità delle feste:
Gesù, che la stella conduce
alla paglia
tra braccia amorose di grazia
profuse,
sorride dal trono, qual re
dell’Amore,
scegliendo per culla la paglia
e la neve (Rinasce il roseto);
dai
canti per la nostra bella Italia:
Stringiamoci le mani tutti a
schiera,
salviamo quest’Italia con
l’ardore
di quei soldati che, con aria
altera,
son morti per la patria e pel
suo amore (Avere dentro il cuore una bandiera);
alla
natura che occupa un posto preminente nell’opera con il suo carico di simboli
allusivi:
L’esistenza è quell’attimo
solo
che imprigiona la vita a
promesse
piedi scalzi e speranze a
calcare
… quel sentiero odoroso di
mare
(Un sentiero odoroso di mare).
E
il tutto si snocciola su una versificazione varia e articolata per supportare
le motivazioni di forte intimità: endecasillabi, settenari, decasillabi,
novenari (dove il succedersi di tripli trisillabi invita l’anima ad una
rattenuta meditativa), e un sonetto, in cui, se ce ne fosse ancora bisogno, la
Marconi dimostra il suo attaccamento ad una tradizione di grandi nomi di cui è
impreziosita la nostra letteratura, oltre alle sue notevoli abilità metriche.
Dunque l’amore, il dolore, l’esistere, il
sogno, la speranza, e la natura; sì, tanta natura. Direi che questo forte
sentimento panico, vivo e vitale nella Nostra, unito ad uno spiccato senso
civico, e ad una scia di tragiche o liete memorie, fa da trait d’union al corpo
della plaquette. Ma va detto anche che a vincere sulla malinconia, alla fin
fine, c’è un palese senso di rinascita, un grande senso della sacralità della
vita; perché è ad essa che Fulvia è avvinta, ed è ad essa che è legata con
tutta se stessa, compensando, anche, certi momenti di inquietudine terrena con
slanci di religiosa meditazione:
Sorride stanco il corpo abbandonato,
in quella notte di magia
ricolma
ed un calore nuovo lo pervade,
il senso di una casa e il
Paradiso (Il miracolo del Presepe).
E aggiungere che si leggono,
soprattutto in questa ultima sezione,
sfumature di un sottile spirito di decadentismo pascoliano sul mistero cosmico
che cade sugli uomini, non è certo sminuirne il valore, anzi significa potenziarne quell’afflato di vena
poetica, e di vicinanza al succedersi di una tradizione letteraria che le fa
grande onore.
Nazario Pardini
05/04/2014
Nazario Pardini
05/04/2014
Gentile Professore,
RispondiEliminaveramente commossa dal Suo autorevole giudizio rivolto alla raccolta poetica ‘’Amore che d’amor si nutre e sazia’’, ringrazio per le parole che racchiudono una miscela esistenziale nella quale è compreso tutto il mio mondo.
Ritrovo, nelle Sue parole, l’esatto sentire degli intendimenti che ho provato nel descrivere i versi che Lei, tanto sapientemente, ha illustrato.
Un compagno di giochi, complice dei miei segreti e desideri, è ciò che ho percepito sin dalle prime righe dello scritto.
E così, trovo, nell’amico che non mi è ancora dato di conoscere personalmente, il confidente dei momenti più o meno belli disseminati lungo il percorso dell’esistenza.
Una voce, la Sua, che dal profondo si erge sino ad arrivare alla mente e allo spirito, aiutandomi a trovare la giusta dimensione.
Il tempo passa, ma il sapore delle sensazioni restano e questo giudizio a ‘’Amore che d’amor si nutre e sazia’’ resterà, caparbiamente, impresso nei momenti più graditi.
Riuscire a captare immagini e pensieri, oltre la cortina delle emozioni altrui, è sinonimo di grande sensibilità e propensione al meditare.
Ho terminato di leggere ‘’Alla volta di Leucade’’ dove mi sono sentita avviluppata da magici momenti e dove il sogno si arrende con consapevolezza ad ogni illusione, nostalgia e speranza.
Mi affaccio, forse timorosa, al davanzale di una dotta, ricercata, romantica ed evanescente poesia variegata e impreziosita da una costellazione linguistica oltremodo raffinata: la Sua poesia.
Ringrazio infinitamente per l’importante giudizio critico, ma ancor più per insegnarmi, attraverso il Suo poetare, i molteplici aspetti della buona poesia.
Con infinita stima, ancora ringraziando, porgo i più cordiali saluti.
Fulvia Marconi
Respiro su respiro, poesia su poesia questa pagina di Fulvia Marconi. Le parole scorrono liscie e piacevoli, ancora intinte di quella vena creativa che è l'anima della raccolta. Di questa bella plaquette di vita e d'amore.
RispondiEliminaUn grazie col cuore in mano per il suo commento.
Nazario