Recensione
a
Giovanni
Bilotti: Stazioni dell’anima. Versi di
dentro Edizioni Cinque Terre. La Spezia. 2009. Pagg. 52. € 5,00
Giovanni
Bilotti: Dettagli. Versi sotto traccia
Edizioni
Cinque Terre. La Spezia. 2009. Pagg. 64. € 5,00
Giovanni
Bilotti: I ragazzi del campetto. Un
paradiso chiamato Rebecco
Edizioni
Cinque Terre. La Spezia. 2009. Pagg. 114. € 10,00
Poesie
di evidente freschezza realistico-esplorativa che, distese su un ductus poetico di solida tenuta, evitano
l’insidia dei luoghi comuni. Un realismo lirico di polisemica significanza dove
l’ardore allusivo delle metafore spinge il verbo verso vertigini paniche di grande
impatto allusivo. E l’autore narra il tutto con non chalance, en passant,
osservando l’apparire e lo scomparire simbolico delle configurazioni naturali. Perché
Bilotti fa un grande uso del naturismo. È a esso che si affida normalmente per
raccontarsi. Ed è così che con rampicante visività riesce a dare corpo agli input vicissitudinali e a dare loro un
senso di forte umanità, caricandoli di sostanza fonica e cromatica e di sinergetica fusione fra dire e sentire. Un
dipanarsi di euritmica sonorità dove la coscienza del tempo che implacabilmente
fugge, lascia un melanconico sentimento di precarietà sulla vicenda umana. Ma i
profumi, i colori, le vampe di una solitudine vengono spesso leniti da tramonti
che dormono silenzi. Da riposi di fragorosi usignoli:
Hai smesso di sognare
e ti risvegli in un tramonto
coi fiori che dormono il tuo
silenzio.
Ti accende il dolore, madre,
e t’abbandoni, forse ti
riposi,
ma fragorosi senti anche gli
usignoli (sei rimasta sola. Da Stazioni dell’anima).
E
la parola fa di tutto per seguire gli impulsi emotivi del Nostro. Si svincola,
si addolcisce, si abbrevia, si espande per assecondare il movimentato percorso
di una storia; andando persino contro il canonico uso della morfosintassi
tradizionale per un urgente bisogno di dire, di raccontare, di descrivere
ambienti, emozioni, fughe, ritorni. Sì, di narrare la vita nel suo terreno dipanarsi,
nel suo pascaliano contrasto fra terrenità e naturale spinta a superare la
demarcazione del nostro esistere.
… E mentre ai cancelli
m’incammino
perché l’ora della visita è
finita,
uno sguardo va alla foto e per
incanto
un pensiero ti riporta quasi a
vita
(Nel camposanto. Da Dettagli).
Una
successione di quaternari che dà ritmo al verso; un ritmo che si trasmette
all’anima vogliosa di imprese impossibilmente possibili. Un importante uso del
significante metrico che denota abilità, concretezza, e conoscenza prosodica.
Un poeta che non si disperde in un articolato linguistico di stampo “modernista
d’assalto”. C’è tanta musicalità. La si percepisce non solo dai nèssi semantici.
O dagli incastri versificatori, ma dall’uso del verbo: una vera sinfonia della
parola impiegata con grande frequentazione introspettiva. E se il dolore spesso
si affaccia per un gioco sottrattivo della vita o per un accident voluto dal destino, il poeta sa ricorrere al memoriale
come a un rifugio di edenico sapore. E là ritrova persone care, ambienti
naturali, antiche primavere. E li ritrova con tale generosità emotiva che
tornano a vivere; con tale forza visiva da esplodere in riccioli al sole, in luce
attorno ad una fontana, in donne che giocano a tombola, o in ragazze bionde e
snelle; anche se si stanca la memoria a ricordare, a ricercare, cosciente di
essere parte di quella fragilità umana che segna la coscienza del nostro esser/ci:
Stanca più non cerca la
memoria
quei nomi di amici rimasti
senza storia (La memoria. Da I ragazzi del campetto).
Tre
plaquettes di un ars inveniendi e di una vis
creativa che fanno dell’autore un abile tessitore di sentimenti in velluti
di fulgidi colori. Il ricorso a vaghezze semantiche, ad assonanze, consonanze,
rime interne e a figure stilistiche allusive dànno al tutto un tono di piacevole
vicinanza; un tono di perspicacia sapidità disvelatrice, dove uno strisciante
melanconico sentire fa da leitmotiv
al procedere del canto. Ma, al fine, c’è l’amore per la vita a dominare su
tutto in questi versi. Il poeta è cosciente della sua unicità; dell’unicità
della sua venuta: ed è ad essa che dona tutto se stesso; al miracolo del suo
mistero; cercando di viverla con l’intensità che richiede, con fughe verso
primavere che vincano il mortale autunno della fragilità terrena:
…
Voltati: già t’insegue la memoria
sempre a caccia della vita.
Cercando
di sognare, anche; di sognare il modo di poterla trasferire con sé en haut, col sacro bagaglio del vissuto:
I sogni sai, sono il parlar
dell’anima.
Chi curerà i miei sogni
quando dovrò
lasciarli? (i sogni, sai. Da Stazioni dell’anima),
di
poterla trasferire in cieli che sanno tanto d’azzurro, e che azzardano sguardi
oltre il limen del nostro spazio
ristretto di un soggiorno:
… Ma sarà il primo sogno
che passa per la via
a dirti se sai vedere
oltre le ferite delle cose
e sentire Dio nel vento (se
vuoi sapere. Da Stazioni dell’anima).
26/04/2014 Nazario Pardini
DA
STAZIONI DELL’ANIMA
a
parlare
Nel camposanto con la luce
a parlare di garofani
là agli altri fiori
mentre il sole s’insinua
tra i capelli e accende
le segrete stanze dei ricordi.
DA DETTAGLI
Non
state in ascolto
Sul mio letto di morte
non state in ascolto. Una
preghiera
di silenzio dolce placando
darà all’anima l’indirizzo
della luce.
DA
I RAGAZZI DEL CAMPETTO
Lei
lo seguiva
Lei lo seguiva
con lo sguardo ogni mattina
sino alla fermata del tram
che se lo portava via.
Poi, in attesa del ritorno,
col caldo di quel ricordo
rientrava in cucina.
dopo una lettura critica così accurata e approfondita,è difficile commentare .Provo solo a dire. con umiltà,ciò che sento leggendo queste poche poesie.
RispondiEliminaL'autore riesce a tradurre con parole semplici ed essenziali,ma al contempo poetiche e vibranti,immagini,sentimenti,sensazioni.
Grazie per avercelo fatto conoscere
Ho provato ad entrare nella poesia di Bilotti: ne sono rimasta catturata; ho scritto. Ma Pardini apre, ad esempio con un aggettivo di sintesi, altri spazi, altri percorsi.
RispondiEliminaProfessore, Lei è un "grande" e limpido umanista.
Maria Luisa Tozzi
Carissima Maria Luisa,
RispondiEliminala ringrazio dell'apprezzamento. M'invii due o tre sue poesie accompagnate da una breve nota biobibliografica. Le inseriremo su Lèucade:
nazariopardini@virgilio.it
Auguri
Nazario P.
Professore carissimo e chiarissimo,
Eliminachi è il poeta? E' colui che scrive, compitando un innato, enigmatico spartito, sapendo ascoltare il tempo (psicologico, fisico, metafisico), per diventarne l'interprete, il profeta, lo sciamano di memorie. Non può essere poeta colui che divide questa unità, che professa piccole memorie personali, senza elevarle. Ecco perché, nel definirla frettolosamente "grande", ho ravvisato in Lei la felice, umanistica professionalità, caro "Professore", di suffragare, spiegare con tenerezza culturale gli approdi altrui. Lei è il Poeta. Io non mi ritengo tale, ma Le invierò alcuni miei esercizi, timorosa e a un tempo grata, per apprendere, dalle Sue indicazioni, a consolare il mondo. Quando Le dicevo che "ho scritto", parlavo di un mio modesto lavoro sulla poesia di Giovanni Bilotti. Grazie.
Maria Luisa Tozzi