Floriano Romboli: nota critica su Eros e la nudità
di
Ninnj Di Stefano Busà, Ed Tracce-Pescara, 2013
Ninnj Di Stefano Busà |
Eros e la nudità (
Pescara, Tracce, marzo 2013) mi ha confermato nell’idea della continuità e
dell’alto grado di coerenza che caratterizzano la tua ricerca poetica.
Ho pensato
all’incipit di una lirica compresa nella raccolta pressoché coeva: La distanza
è sempre la stessa (Catanzaro, Ursini, maggio 2013), ove si legge:
“Entriamo,/nel solo ineludibile linguaggio:/ quello del corpo, quando l’anima è
affranta…”(vv. 1-3); è qui la radice – le due sillogi accolgono d’altronde due
medesime poesie, di cui solo una lievemente modificata – dell’attenzione
appassionata e approfondita alla dimensione corporea, carnale (“Col sudore e le
carezze del corpo/contenderemo alla vita la sua mortale vanità”, Inganneremo la
dolcezza del canto,vv.3-4) della tensione erotica, la quale a partire dalla
fisicità sensualistico-naturale, da una nudità che è innanzitutto libertà e
schiettezza afferma la propria rilevanza assoluta di fondamentale energia
vitale.
L’autrice coglie con
perspicacia ed esprime felicemente il duplice “movimento” insito
nell’esperienza di Eros, che è inizialmente auto-espansione, sollecitazione a
uscire da sé, condizione di smarrimento (“Magico ciò che osammo:/ dentro la
vertigine accecante/ di azzurre armonie, estranei al mondo…”, L’allerta è per
quel viluppo d’ali, vv.7-8), e in seguito ritorno consapevole, accrescimento
interiore che può rimotivare l’ordine delle cose e assicurare un vero
significato all’esistenza:
Solo un guizzo di
luce nel tuo sguardo
un lampo in cui vi
ammutolisci
il vento di soavi
piaceri, di stordimenti.
Qui è la spola, qui
l’arcolaio per tessere la tela,
dalla nostra carne
sboccerà l’aurora.
Mi pare che tutto il
libro risulti percorso da un moto diadico, da un desiderio di sostare sull’“orlo dell’abisso/ in cui morire e poi risuscitare”( Mentono ora le tue notti,
vv.8-9, corsivi miei), giacché il valore si precisa contrastivamente
nell’opposizione al suo contrario: l’unione amorosa alla solitudine, la luce al
buio, il calore al freddo, la primavera all’inverno, la gioia al dolore; mi
limito in proposito a una sola citazione:
Se scrivo è per
amore,
per comporre le
minime radici (…)
E’ questa fedeltà ai
luoghi, ai margini sottili
delle cose che ci
affina il fiuto alla magìa,
e poi lo strappo
dalle tue braccia,
migrare altrove, nel
germinare mesto
del dolore o della
perdita (Assente è la parola che sorregge il mondo, vv.3 e 7-11, corsivo nel
testo).
In altra occasione
mi è capitato di sottolineare la centralità della figura dell’antitesi nella
strategia formale-compositiva della Di Stefano Busà, e anche in questi testi le
antitesi sono molto frequenti, indizio di un’elaborazione problematica che non
conosce soluzioni definitive, sintesi pacificanti.
Nei versi emerge
talvolta l’aspirazione a una condizione più alta, a un altrove, a un oltre (
“Una canzone senza tempo, il punto esatto/ del nostro tracimare oltre il
guado,/esser(ci) dono, riparo dal naufragio,/oltre noi stessi ”, Vorrei tra il
divenire e il sonno, vv.12-15, corsivo nel testo), che però rimane
indeterminato oppure si risolve nell’idea-valore dell’ “istante perfetto”,
nella situazione manifestamente ossimorica della “breve eternità”,
dell’esperienza momentanea e nondimeno indefettibile:
Siamo fragili ed
eterni
nell’amplesso
impudico della passione,
nell’eresia ardente
dell’oblìo
che scioglie i
silenzi, come fragranza di rosa ( Strazia l’anima questa malinconia, vv.9-12)
Attraversare il
tempo ordinario forti di una grande carica intellettuale-morale, fecondandone
l’impersonale opacità con intensi, creativi apporti soggettivi, significa
assicurare ad esso tratti incomparabili, realizzare quella plenitudo vitae che
un pensatore del primo Medioevo cristiano come Severino Boezio ne La
consolazione della filosofia riteneva impossibile stabilmente nel tempo storico
e tuttavia in certi momenti avvertibile pure in questo per emulazione
dell’ideale della vita superiore. Più laicamente e modernamente per Ninnj Di
Stefano Busà l’amore e la poesia possono conferire all’esistenza qualità e
valore indimenticabili, prolungandone la durata oltre i limiti temporali.
Floriano Romboli
Non è la prima volta che i versi di N. Di stefano Busà diventano corde di una lira appassionata, percorse da fremiti vitali , stimolanti e coinvolgenti.
RispondiEliminaPeccato non poter leggere di più dalla nota critica di Floriano Romboli, ma già i versi riportati sono visibili specimina di una cristallina espressione di forza di forza interiore, di densa versificazione, di materica oggettivazione di un sentire vicino il senso dell'oltre:"dalla nostra carne sboccerà l'aurora". Veramente bello! Complimenti anche all'autore del commento esegetico.
Umberto Cerio