UMBERTO CERIO COLLABORATORE DI LEUCADE |
CREATIVITA’: VOCAZIONE O PROFESSIONISMO ?
A CURA DI UMBERTO CERIO
COLLABORATORE DI LEUCADE
I problemi sollevati dalla redazione del
Manifesto culturale “IL BANDOLO”, nato con l’intenzione dichiarata di
“contrastare la dispersione che oggi caratterizza il sistema della produzione
artistica”, non sono nuovi, ma nascono in un passato abbastanza lontano.
Nascono, quantomeno in modo esplicito, nell’immediato secondo dopoguerra, cui
già cerca di rispondere - anche in modo un po’ dimesso, ma deciso – nell’Intervista immaginaria, rilasciata da
Eugenio Montale (in Rassegna d’Italia, 1° gennaio, 1946.), nella famosa “Risposta a Marforio”.
E’ stata la prima cosa a cui ho pensato a proposito della diatriba VOCAZIONE – PROFESSIONISMO posta in primo piano ne “IL BANDOLO”. Qui non c’entra la scintilla tra Montale e i “poeti laureati”.
Eugenio Montale |
E’ stata la prima cosa a cui ho pensato a proposito della diatriba VOCAZIONE – PROFESSIONISMO posta in primo piano ne “IL BANDOLO”. Qui non c’entra la scintilla tra Montale e i “poeti laureati”.
Il
problema riguarda direttamente le condizioni del poeta in quanto tale (come
nella polemica precedente Pascoli - D’Annunzio, nel dualismo “poeta-vate e
poeta del quotidiano e delle piccole cose”, del resto già preannunciata dalla Signorina Felicita e da Totò Merumeni di gozzaniana memoria). Ma
quando vi è la “risposta a Marforio” era appena passata la seconda guerra
mondiale ed il ventennio fascista, momenti non certamente facili per gli
intellettuali italiani (fra l’altro spaccati in due dal manifesto di Gentile e
quello degli oppositori guidati dal Croce. Dell’ultimo è anche firmatario lo
stesso Montale) ed il poeta genovese aveva già pubblicato due edizioni di “Ossi di seppia”, ” Le Occasioni” e le
poesie di Finisterre.
GABRIELE D'ANNUNZIO |
GIOVANNI PASCOLI |
Chiedo
venia, se ho dovuto scomodare Eugenio Montale, per di più con queste lunghe
citazioni. Ma queste parole, così eloquenti e così chiare, io penso debbano
essere ricordate a tutti i poeti agli artisti ed agli intellettuali
contemporanei, perché sono un monito alto e di grande spessore morale ed etico.
Certo
i tempi sono cambiati e non vi possono essere più i condizionamenti cui si
riferiva Montale, ma esistono altri condizionamenti. Da molti anni la crisi
delle Case Editrici rappresenta un grosso ostacolo alla pubblicazione ed alla
diffusione del libro ed anche i fruitori sono in forte diminuzione. Tutto
sembra affogare nella precarietà e nella provvisorietà e talvolta siamo di
fronte al “si salvi chi può”. Per questo c’è troppa gente che sgomita e passa i
limiti della decenza. E non mi pare più tanto strano che Dino Campana, dopo
aver pagato la stampa a proprie spese dei Canti Orfici, li vendesse
direttamente agli avventori dei Caffè e dei Ristoranti, a seconda delle
simpatia che essi gli ispiravano, vendendo (e firmando) agli antipatici
soltanto la copertina.
GIOVANNI GENTILE |
Né
meglio vanno le cose in molti premi letterari, nei quali giurie incompetenti -o
compiacenti- premiano il nome, purché altisonante ed in grado di dare risalto
al premio stesso, del poeta e non la poesia. E speso si tratta di poesie
“costruite a tavolino”, senza vera creatività e vera ispirazione, frutto unico
di un “professionismo” che svela la mancanza di autentica vocazione.
Certo
anche oggi ci condizionano i tempi difficili che stiamo vivendo e la poesia,
anche quella che ha nel fondo vera autenticità e sincera vocazione, non può non
partire dal reale e riflettere il senso del nostro presente, ma, come diceva
Montale, bisogna sempre collegare l’espressione, la parola all’oggetto, perché
la concezione delle vita possa proporre un significato profondo, nello stesso
momento in cui viene concepita. Anche se si tratta di una concezione disperata.
Umberto Cerio
Per approfondire Leggere sul mese di giugno del blog:
IDIOCENTRISMO E ALLOCENTRISMO CULTURALE
( Adesione a “Il Bandolo”)
A CURA DI ROBERTO MESTRONE
E' a dir poco esaltante, per i redattori de "Il Bandolo", prendere atto dell'interesse che gli argomenti affrontati stanno sollevando a così alti livelli. Umberto Cerio, in questo stimolante intervento, ne collega le istanze a precedenti letterari di grande profilo storico e artistico. Particolarmente eloquente e illuminante il riferimento a Eugenio Montale, con il suo "monito alto e di grande spessore morale ed etico". Ma erano altri tempi, giustamente aggiunge e commenta l'autore. Oggi la realtà culturale è assai più arida e compromessa, per cui necessita ritrovare le ragioni profonde del nostro esserci e ripartire per nuovi e vitali cicli di civiltà.
RispondiEliminaFranco Campegiani