Roberto Benatti collaboratore di Lèucade |
Sul valore della Parola
“Non c’è peggior sordo di chi non vuol
sentire”, così almeno sostiene la saggezza popolare. Non tutti hanno facilità
di parola. Non a tutti piace raccontarsi per farsi conoscere. A molti poi, non
piace ascoltare ciò che l’altro vuole comunicare. Eppure l’ascolto è la chiave
della comunicazione. Spesso si preferisce stare chiusi dentro torri costruite
intorno, con mani e polsi legati dall’orgoglio. Chiusi in compartimenti
stagni per paura di compromettersi, per non rischiare, per non condividere di
sè. Ci sono cuori che si tengono lontani dal naturale percorso di
socializzazione, che solo ha la funzione di farci sentire meno soli. C’è chi,
per un personale ed esclusivo vantaggio, apre il proprio forziere a danno degli
altri, pronuncia soltanto parole vuote, e quelle blasfeme le rivolge al cielo,
che poi rimane chiuso. Le parole sono ponti per raggiungere e unire sponde
diverse, strade di incontro per abbracciare storie. Parole di pace, di
tenerezza, parole di bene, di solidarietà. Parole vere, parole menzognere,
parole di pane condiviso, parole di pane rubato. Parole volgari, suoni striduli
di guerra, parole piene di rancore, insulti gratuiti per conquistare spazi.
Siamo fatti di parole, consegna di noi stessi agli altri, e altri consegnati
alla nostra attenzione. Ogni parola è un seme che produce frutto; un seme
piantato nel giardino di chi ci sta accanto perché l'altro fecondato del mio
possa partorire. Se il seme è malato, il frutto è compromesso, se invece è
speranza di riscatto, gioia di futuro, condivisione di fiducia e di speranza,
il seme produce bene in abbondanza e genera frontiere di luce. Le parole, anche
per chi non le vuol sentire, si fanno sguardo, incontro inimmaginabile per
costruire un mondo nuovo e pacificato. Una semplice parola, detta al momento
giusto, è una carezza che trasforma. Anche un semplice “buongiorno”,
pronunciato col sorriso sulle labbra, può avere questo potere. La parola
“buongiorno” semplicemente scritta è solo una sequenza di lettere, il lemma di
una giornata che inizia. E’ arido forse, ma è anche uguale per tutti. Però
quando si prova a pronunciarlo, allora qualcosa cambia. Trasmette lo stato
d’animo, trasferisce un sentimento che genera un altro sentimento. E’ una
semplice parola ma può condizionare anche l’intera giornata di altre persone.
E' come quando si percepisce che qualcuno ci vuole leggere dentro...spogliarci
della membrana amniotica che protegge la nostra impenetrabilità. Che dire
della sensazione che si prova quando senti le dita di qualcuno avvicinarsi per
spogliarti piano? E' l'intervallo emotivo che si pone fra l'attesa del contatto
e il brivido tra la pelle e la distanza. E' il sudore freddo nell'istante in
cui gli spilli d'adrenalina ti pungono avvertendoti del pericolo. Sensazione
che stranamente si oppone all'attrazione del rischio. E' anche simile a ciò che
si prova nel leggere qualcosa che ti riguarda. C'è differenza fra l'ascolto di
una voce e la lettura delle stesse parole su pagine scritte. La differenza sta
nel tono della voce, nelle pause, nell'espressione del viso. Ogni creatura ha
una voce con la quale si esprime e comunica la propria esistenza. Anche un
oggetto inanimato, come una pietra, trasmette il suo messaggio. Sì, anche una
semplice pietra, a pensarci bene, ha una vita e una sua storia da raccontare. Essa
è come un registratore statico di tutte le immagini e i chiaroscuri, i cui
fotoni sono rimasti intrappolati nei reticoli delle sue molecole,
cristallizzando il respiro del tempo che le ha attraversate. Le pietre ci
invitano a compiere un viaggio tra le vestigia di tutto un mondo, molto
lontano, ma sempre presente. Un mondo silenzioso e nascosto, a volte
misterioso, per rivelarne insieme oltre alla storia, alla poesia e alla
bellezza, anche il suo significato. Esse liberano il loro spirito, nel silenzio
e nella luce. E’ bello sentire l’ebbrezza del vissuto dove le emozioni sono
condivisibili, e i sogni diventano “tangibili. Le pietre, quantunque essendo
oggetti inanimati, raccontano cose, ci trasportano come una macchina del tempo.
Basta saperle ascoltare. Parlano tutte con il loro silenzio. Raccontano di
fatiche eroiche di intere generazioni impegnate a spietrare i suoli alluvionali
per ricavarne coltivi, costruire muri, case, strade, chiese e conventi. Parlano
per ricordare l'antica saggezza di un popolo operoso e geniale capace di
plasmare con amore e perizia quest'umile materia, dandole vitalità e risalto
per riaverne beneficio materiale e godimento spirituale. Sì, anche una semplice
pietra ha una vita e una storia da raccontare! Le pietre in ogni
luogo, sembrano mute, e invece parlano. Se non riusciamo a sentirle, la colpa
non è loro, ma certamente di chi non ne ha ancora compreso il linguaggio. Certo
non tutti sono in grado di recepirlo. Chi ci dovesse provare, oggi, potrebbe
anche rischiare di essere considerato fuori della realtà. La voce delle pietre
però, come quella degli oggetti inanimati, non è fatta di semplici parole. E
nemmeno di suoni. Noi per fortuna, disponiamo di molti modi per comunicare. I
cinque sensi, con i quali veniamo in relazione gli uni gli altri. E le parole
sono suoni intelligenti, che qualche volta però, vorremmo non avere mai
pronunciato. Mentre esse libere, come soffi nel vento, possono aver ferito,
angosciato, ucciso, trascinando con sé, tra i filacci della corrente, rimpianti
e rimorsi. Poi ci sono le parole scritte, che colorano d’inchiostro i suoni
della voce. Parole lette, ricordate e ridette o perché ascoltate o rammentate,
perché già lette e trasferite in un dialogo, in un pensiero, in un desiderio
espresso, o coltivato e cullato segretamente. Brevi sequenze di sillabe, che
spesso scivolano via senza che nessuno se ne accorga. Parole lette e dette con
tonalità e sfumature diverse, con l’intenzione di esprimere i propri entusiasmi
e le proprie pene, con risonanze ed echi a volte sorprendenti e diversi da
quelli attesi. Importanza mai sufficientemente dimensionata da chi scrive o un
articolo di giornale o un libro, o una poesia. Mai abbastanza proporzionato o
valutato, è l’impatto sull’immaginario di un qualsiasi lettore. Basti osservare
come la sensibilità di chiunque venga stimolata dalla lettura di una storia,
quasi volesse che essa diventasse la sua stessa storia. Succede come quando si
va a vedere un film, al cinema, e ci si immedesima nel ruolo avventuroso o romantico
dell’attore, il quale però, dà solo un volto al protagonista di un evento o di
un’avventura. Permane per ore questa presenza nella mente e nella sensibilità
di chi ha percepito quelle immagini e quelle parole. E forse finisce anche per
condizionarne il comportamento. L’importanza delle parole anche di quelle
apparentemente insignificanti. Esse sempre coabitano nei nostri cuori, con le
anime di chi ci ha parlato. Vi sostano e poi proseguono nel loro peregrinare,
gettando altri semi di arricchita sensibilità in altri cuori. Esse spesso
scivolano via, non senza però aver lasciato la propria impronta dentro di noi.
Impronte che quasi sempre, non consideriamo e delle quali ci dimentichiamo
troppo rapidamente, solo perché non gli abbiamo dato il giusto valore. Occorre
solo fare attenzione che il vento non le inghiottisca come soffi. Anzi mi piace
pensare che siano i tanti soffi di parole rimaste inascoltate, quelli che
formano il vento.
Personalmente mi considero una persona
semplice, che più il tempo passa, più si accorge di essere un contenitore
“finito” dell’infinito Amore di Dio che in esso, comunque, continua ad essere
versato, e che proprio per questo, non può esservi contenuto. Così, per sua
natura, fuoriesce, non prima di averlo colmato, e scivola piano, andando in
ogni direzione, fino a toccare chi incontra. Così anche esprimersi in “poesia”,
può essere un modo, tra i tanti, per andare incontro agli altri e verso chi ci
sta più vicino. A me serve per farmi presente e per trasmettere l’energia che mi
fa vivere. La poesia allora per me, è come un palcoscenico, dove le parole
danzano al ritmo dei sentimenti. Succede che la danza non piaccia, i ballerini
neppure, e neppure il ritmo della musica. Per questo motivo, in tanti non vanno
a teatro, e in pochi assistono a un balletto. Ciò non toglie che le
danzatrici danzino, che le musiche suonino, e che i sipari continuino a
richiudersi su di loro, spegnendo ogni luce e smorzando ogni suono..non senza
però aver prima lasciato una traccia, aver seminato qualcosa. Anche questo fa
parte di quell’Amore che, non potendo restare compresso e represso dentro la
persona, esce nella forma, nella quantità e nella qualità che è propria di
ciascuno di noi. Io sono uno che semplicemente scrive quello che prova, ogni
volta che gli capita di provare dei sentimenti e delle emozioni. E questo
capita molto spesso, per fortuna! Mi piace scrivere tutto quello che
mi passa per la mente, soprattutto nel buio della notte e nel silenzio del
mattino. Il pensiero sempre scivola dalla mente fino alla mano, ma non prima di
avere attraversato il cuore. Il cuore che è sempre avido di emozioni, di
desideri, del bisogno di donarsi e di sentirsi accolto. L’immaginazione e la
fantasia sono gli umili utensili che mi aiutano ad esprimere tutto quello che
mi tocca profondamente. Mi fa vivere dentro come vivessi in un mondo parallelo,
che troppo spesso, mi è difficile spiegare. Per questo uso le parole che
conosco, che sono poche purtroppo, e nonostante tutti gli sforzi che mi
impongo, non riesco mai a dare l’esatta connotazione a ciò che vivo. Mi
immagino di stare dipingendo un quadro e provo a colorare i toni dando le
sfumature e le pennellate che meglio fanno avvicinare l’idea al soggetto
dipinto. Per questo mescolo le parole come fossero colori, proprio per rendere
più verosimile quello che di volta in volta, si genera dentro di me. Penso
spesso che i colori base sono solo sette, ma miscelandoli opportunamente, danno
origine a infinite tonalità. Le espressioni che talvolta ho usato, possono non essere
state le migliori, ma sono le uniche che in quel momento mi hanno aiutato a
dare una risposta, una dimensione a quello che provavo. Sono, comunque, sempre
parole generate da un sentimento e che entrano in chi le legge generando un
altro sentimento. Parole, lettere, sillabe, collegate e connesse, legate col
filo del senso, diretto, metaforico o astratto, ma capaci di nutrire o
inaridire un cuore; capaci di suscitare emozioni, generare quei sentimenti che
sono i motori della vita, le spie dei nostri bisogni più profondi e nascosti.
Parole, frasi, pensieri, espressioni....sorgenti di amarezze dolorose ma anche
di dolcezze smisurate. Motori che servono a far volare l’aereo della nostra
vita presente, mediante un dinamismo che avvolge e permea con i colori e gli
odori della realtà verosimile, come fossimo nel mezzo della scena, di cui si è
attori co-protagonisti. Aereo dai cui oblò si osservano squarci di
realtà possibile, o angoli di esistenza immaginata, dove le scene sono dipinte
come quadretti di luce appesi alla memoria e dove le parole vengono usate come
pennelli inzuppati nel colore della fantasia, per dare spessore alle
espressioni, o per sfumare le rotondità degli eventi, o per dare
profondità agli sfondi. Un dinamismo nuovo, e molto personale, che spazia,
inventando anche espressioni insolite, pur di impressionare e permettere di
calarsi dentro quella realtà verosimile, usando i paradossi e le metafore come
fossero dei ceselli affilati in grado di spellare la monotonia degli stereotipi
e l’opacità del prevedibile e del convenzionale; per fare affiorare, come da un
melograno sbucciato, i grani gonfi di tenerezze nascoste. E’ un modo semplice
per condividere la poesia, vivendola dal di dentro e non soltanto da semplice
lettore.
Parole
Parole,
bisbigli d’anima,
liberi s’arrampicano
sull’acero dei sogni.
Aspettano che il vento li scompigli,
come i capelli nel momento del risveglio.
Lì, al riparo, dall’uragano delle angosce,
scrollo la polvere nel vento dei rimorsi.
Ad uno ad uno si staccano piano
e spinti da setacci d’aria,
scendono, girando, con le eliche rosse.
Lì, ti parlo, lì, mi parlo,
perché mi senta faro del tuo mare.
E m’affogo nel tuo intimo pensiero,
fra i tanti ricordi scalzi,
deserti come inverni spogli.
bisbigli d’anima,
liberi s’arrampicano
sull’acero dei sogni.
Aspettano che il vento li scompigli,
come i capelli nel momento del risveglio.
Lì, al riparo, dall’uragano delle angosce,
scrollo la polvere nel vento dei rimorsi.
Ad uno ad uno si staccano piano
e spinti da setacci d’aria,
scendono, girando, con le eliche rosse.
Lì, ti parlo, lì, mi parlo,
perché mi senta faro del tuo mare.
E m’affogo nel tuo intimo pensiero,
fra i tanti ricordi scalzi,
deserti come inverni spogli.
Roberto Benatti
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