Poesia densa, generosa, folta, i cui versi, con
eufoniche inarcate, abbracciano le volute di un’anima tutta intenta a dirsi, a
fuggire dal corpo per farsi trasportare da un vento che “loda/ le stirpi di
rimando alle passioni”; a rincasare pregna di tutto ciò che la natura offre. Una
natura che, qui, si fa attore primo nella simbologia del canto. Nella
distribuzione di una metaforicità che attraverso commistioni fonico-iperboliche
aggrappa la pienezza ontologica di Soldini. Tre quartine che, introdotte da un
incipitario avverbio temporale, si dispiegano anaforicamente fino alla quarta
dove il poeta raggiunge l’acme di un’ascensione meditata e sofferta. Dove
azzardando sguardi oltre gli etimi, oltre il canonico esercizio morfosintattico,
raggiunge vie “che svelano il dicibile dal suono”. Ed è così che: “e mi
accompagna sola nel silenzio/ l'aura del vertice di poesia”. Sì la poesia, quel
misterioso ensemble di suoni, topos, passioni, fughe, ritorni, memorie, che
rivela l’intensità epigrammatica dell’essere; l’altra parte di noi che solo
questa antica arte tiene stretta in pugno e che scopre quando tentiamo strade
di parole; percorsi capaci di farci naufragare nel suo regno. Un canto duttile,
armonico, audace nell’impiego di nessi
verbali, di accorgimenti prosodici, che , attraverso ripetuti enjambements, si
affida al supporto di intrecci narratologici di urgente resa espressiva; di
naturale equilibrio fra dire e sentire. D’altronde è il Poeta che confessa
apertamente “Quando canto il vento esce dalla bocca/ e smuove argini di
terraferma/ e sale verso gli angeli del paradiso/ a dare pace agli occhi di chi
vede”. Impennate verso l’alto, verso quel Bello che pur sfuggendoci, si fa
presente con la sua polimorfica luminosità : “Quando parole e canto mescolano/
fuscelli e risalite alla speranza/ di un introibo al sole che rischiara/ si fa
presente il bello che a me sfugge”.
INTROIBO ALLA BELLEZZA
Quando scrivo ascolto il vento che loda
le stirpi di rimando alle passioni
e la giuncaglia di sospiri avvince
insolite acque di ristagno e felci.
Quando canto il vento esce dalla bocca
e smuove argini di terraferma
e sale verso gli angeli del paradiso
a dare pace agli occhi di chi vede.
Quando parole e canto mescolano
fuscelli e risalite alla speranza
di un introibo al sole che rischiara
si fa presente il bello che a me sfugge.
Allora tento strade di parole
che svelano il dicibile dal suono
e mi accompagna sola nel silenzio
l'aura del vertice di poesia.
NOTIZIA BIOBIBLIOGRAFICA
Maurizio Soldini è nato nel
1959 a Roma, dove vive e lavora.
Scrittore e poeta,
insegna Bioetica e svolge l'attività di clinico medico presso
la “Sapienza” Università di Roma.
Ha all'attivo numerosi interventi, articoli e saggi
anche su riviste internazionali.
Collabora con Riviste e quotidiani, in particolare ha
collaborato come editorialista con il quotidiano Il Messaggero e
ha collaborato e tutt'ora collabora con le pagine culturali oltre
che come editorialista con il quotidiano Avvenire.
Collabora piuttosto assiduamente ormai da qualche anno
con la Rivista Letteraria on-line La Recherche.
Ha pubblicato diverse monografie tra cui: La
bioetica e l’anziano (ISB, 1999),Argomenti di Bioetica (Armando,
1999 e 20022), Bioetica della vita nascente (CIC,
2001), Filosofia e medicina. Per una filosofia pratica della medicina (Armando,
2006), Wittgenstein e il libro blu (Mattioli 1885,
2009), Il linguaggio letterario della bioetica (Libreria
Editrice Vaticana, 2012), Hume e la bioetica (Mimesis
Edizioni, 2012).
Ha pubblicato le seguenti raccolte di versi: Frammenti
di un corpo e di un'anima(Aracne, 2006), In controluce (LietoColle,
2009), Uomo. Poemetto di bioetica(LietoColle, 2010), La
porta sul mondo (Giuliano Ladolfi Editore, 2011) e Solo per
lei. Effemeridi baciate dal sole (LietoColle, 2013).
È presente, inoltre, in diverse antologie
poetiche. Numerosi sono anche suoi interventi di critica letteraria. Ha fatto e
fa parte di giurie in concorsi letterari.
Si sono occupati della sua
poesia tra gli altri: Raffaele Aggujaro, Sandro Angelucci, Pasquale
Balestriere, Giorgio Barberi Squarotti, Franco Campegiani, Franco Caporossi,
Giovanni Caso, Carmine Chiodo, Giuseppe Conte, Salvatore Contessini, Flaminia
Cruciani, Maurizio Cucchi, Rosaria Di Donato, Riccardo Duranti, Cristiana
Freni, Emerico Giachery, Marco Godio, Giovanni Guanti, Giuliano Ladolfi, Maria
Lanciotti, Giorgio Linguaglossa, Dante Maffia, Roberto Maggiani, Valerio
Magrelli, Salvatore Martino, Cinzia Marulli Ramadori, Enrico Mattoccia, Eugenio
Montale, Roberto Mussapi, Eugenio Nastasi, Nazario Pardini, Elio Pecora, Plinio
Perilli, Alberto Pucciarelli, Maria Pia Quintavalla, Roberto Raieli, Merys
Rizzo, Paolo Ruffilli, Antonio Spagnuolo, Antonietta Tiberia, Stefano Verdino,
Giuseppe Vetromile, Marcello Vitale.
la poesia e il vento si incontrano si alimentano e si mescolano l'una nell'altro e ne nasce una sinergia che alimenta l'emozione. In questa poesia di Maurizio Soldini si sente questa sinergia proprio nell'abilità del poeta, di afferrare i fili del vento e tessere una trama di impareggiabile poesia.
RispondiEliminaQuesto gioco del vento mi riporta alla mente dei versi scritti qualche giorno fa in una giornata di favonio, un vento da Nord che spesso spira sulla pianura padana.
Un ricciolo di vento innalza le foglie al cielo
altre ormai accartocciate cantano rotolando
e strisce di nuvole né rivelano la sua direzione.
Un caro saluto
Francesco
Grazie, Francesco!
EliminaCari saluti
Maurizio Soldini
Queste quattro quartine, di Maurizio Soldini, rivelano (oltre il richiamo all'ascolto delle voci della natura) l'indissolubile legame che unisce la parola poetica alla musicalità della stessa. Voglio dire che il Poeta si rende conto, e vuole comunicarlo al lettore, dell'"incantesimo" della poesia.
RispondiElimina"Quando scrivo ascolto il vento..." - "Quando canto il vento esce dalla bocca" - "Quando parole e canto mescolano / fuscelli e risalite alla speranza...". Quando tutto questo avviene, solo allora - scrive - "si fa presente il bello che a me sfugge".
E arriva il momento di grazia, che "(svela) il dicibile del suono": è la nascita di una parola diversa, come quella della saetta che precede il tuono, che illumina prima di parlare.
Sandro Angelucci
Il verso possiede la musica ondeggiante di un vento che alita nel ristagno paludoso, avvivandolo. Sono quattro quartine dove prende corpo la metafora del soffio vitale che anima il mondo; la metafora del moto e della stasi, del vento che "smuove argini di terraferma / e sale verso gli
RispondiEliminaangeli". Una levità, una liberazione da cui sgorga la poesia, parole e canto mescolate insieme per inseguire una bellezza ineffabile, che non si fa catturare e che sempre sfugge. Il mistero dell'Essere viaggia maestoso e inconoscibile nell'etere,. La poesia è a bordo, trascinata dalle sue ali possenti, ma del fascino cui assiste può balenare non più di qualche luce nel "dicibile".
Franco Campegiani
Una poesia, questa di Maurizio Soldini che si veste di sacralità sin dal titolo. La scrittura poetica è un atto, un rito sacro: ascolto, canto e com-unione volto al raggiungimento di uno stato di grazia in cui penetra in quella bellezza che altrimenti sfugge. E’ “quando… quando… quando” un vento ascensionale dal basso, a guisa di “giuncaglia di sospiri”, sale, facendosi canto, smuovendo la terraferma, sino agli “angeli del paradiso” e poi ancora più su sino “all’introibo” solare della bellezza. E’ in quel momento che il vento, canto e parola in com-unione diventa “aura del vertice di poesia”. Parola e musica in un panico afflato si mescolano svelando il “dicibile del suono”. Per tre volte, in anaforico incipit strofico, è ripetuto l’avverbio temporale: una triangolarità allegorica che trova il suo acme, appunto in quel “vertice”. Il Poeta, in questo rito purificatorio e sacro, intraprende, illuminato, la strada della Parola.
RispondiEliminaLorena Turri
Grazie, Lorena!
EliminaCari saluti
Maurizio Soldini
Chiedo venia, mi è rimasta una paroletta nella tastiera:
RispondiElimina"...stato di grazia in cui si penetra..."
Versi belli ci propone Maurizio Soldini, che apre al lettore la fucina del poeta. Siamo dentro, anche noi. Sentiamo quel vento nelle nostre "giuncaglie" che "avvince insolite acque di ristagno e felci", quel canto che il poeta può tradurre "solo" a parole, che però "svelano il dicibile dal suono".
RispondiEliminaIl nocciolo è questo: "smuove argini di terraferma/ e sale verso gli angeli del paradiso". La bellezza appare come un lampo e poi svanisce e la poesia deve cogliere la stella cadente prima che scompaia, ne rimane appunto "un'aura", un vertice sublime, che ci toglie parole e respiro lasciandoci la sensazione di essere stati illuminati da "un sole che rischiara".
La metafora creativa ha un andamento lento, lento come il ritmo dei versi: somiglia al primo vento che si alza e che poi all'improvviso fa volar via il cappello dalla testa, per poi placarsi nuovamente.
Grazie a Nazario per la sua accurata introduzione.
Un caro saluto a tutti voi,
Aurora De Luca
Maurizio Soldini ci invita nel suo mondo poetico: prova a dirci non cosa è la poesia, ma il suo accadere. Un “ introibo”, verbo latino che trova il suo primo significato più vero nel linguaggio religioso, ma anche in una misteriosa introduzione alla Bellezza, metafora e simbolo di poesia
EliminaCon assoluta calma, mista a stupore, il vento-protagonista- produce incantamento.
Da una realtà costituita, naturale- la giuncaglia di sospiri che avvince insolite acque di ristagno e felci, - argini di terraferma -complessivamente una entità unica, rimanda e si sostituisce a una realtà non più vicina, né immediata: “sale verso gli angeli del paradiso”.
L’autore passa così dalla dimensione fisica ad una dimensione concettuale, che vive poeticamente, traducendola in metafora linguistica e allegorica: la poesia come un luogo da raggiungere, ma anche da ricomporre “un introibo al sole che rischiara /si fa presente il bello che a me sfugge”.
E allora …trovato un sentiero fra le nuvole, un sentiero di parole, può giungere al punto d’osservazione giusto “sola nel silenzio/l'aura del vertice di poesia..”
Solo allora sarà apparsa come significativa la sua voce e “il dicibile” avrà acquisito altro senso, nuovo. E solo allora, la vetta, il vertice -la poesia- avrà dato vita, possibilità di respirare e “pace agli occhi di chi vede”
L’individuazione di un sentiero di parole è la rappresentazione definitiva della capacità della poesia che si è dispiegata. Si annuncia l’allentamento della fisicità naturale, ed i sentieri immaginati- attenuano i sensi; la solitudine chiama.: il luogo della quiete, dove potersi coricare, il luogo della distensione, il luogo della contemplazione.
Scrivere infatti è come scalare un monte, avere una direzione, ricordare che c’è una meta.
La natura stessa fa poesie per proprio conto e le metafore sono fluttuanti nel vento e in un perpetuo mutamento: nessuna di esse può diventare solo simbolo
Suggerimenti di pause sintattiche e di declamazione, possibili accentuazioni, costituiscono il ritmo poetico proprio di questo testo, elegante e simmetrico, semplice e armonico, dote rara e sempre preziosa dei poeti. Lo smarrimento disarmato che il soggetto prova di fronte alla destinazione finale, nel ritmo sempre sorvegliato, non si concede al virtuosismo, ma l’ asciuga fino all’essenziale, cercando una medietà elegante e razionale che non lascia spazio all’abbassamento di tono, né alla ricerca del termine stupefacente, aulico, artefatto.
M.Grazia Ferraris
Grazie, Aurora!
EliminaCari saluti
Maurizio Soldini
Ringrazio tutti a cominciare da Nazario Pardini per le parole spese per l'introibo alla bellezza.
RispondiEliminaUn cordiale saluto
Maurizio Soldini
C'è quasi una simbiosi tra il poeta e la natura. Egli scrive "ascoltando la voce del vento", voce che gli riporta ricordi antichi. La natura, quindi, ha capacità evocative per chi sa ascoltarla. E i ricordi che evoca non sono tristi ché il vento loda le passioni mentre i sospiri, come "giuncaglia", avvolgono la memoria che indugia "in acque di ristagno". Immerso nella natura, il poeta riesce ad essere solo con sé stesso e il suo vissuto. E sono balsamo per il poeta le voci della natura, ché il vento diventa il suo il canto e le sue parole si mescolano al vento, e così come il vento "smuove argini di terraferma", così tutto può il canto, è voce angelica che al paradiso s'innalza, dona pace agli occhi di chi sa guardare, apre la strada alla speranza di "un inizio di sole" e, persino, il poeta stesso riesce a vedere " il bello che gli sfugge" normalmente. E prende coraggio dal suo stesso dire il poeta, scopre che le parole sono suono, che il suono può dire: "il dicibile del suono". E qual è quel suono che può dire se non la Poesia? E in quel momento egli scopre che nel silenzio quindi non è solo, ché il vento della natura, è diventato brezza dolce, è diventato il suo canto, è diventato Poesia. E la simbiosi è perfetta. La natura dà al poeta la capacità di cantare e il canto esalta la bellezza della natura stessa. Del resto, il titolo della lirica recita "Introibo alla bellezza". Lirica seducente, questa di Maurizio Soldini, ricca di suggestioni, di richiami ancestrali, che parla al nostro Io, presente e passato e, forse, suggerisce qualcosa anche a quello futuro...
RispondiEliminaEster Cecere
Grazie, Ester.
RispondiEliminaCordiali saluti
Maurizio Soldini
Introibo, come se non si potesse andare oltre, perché c’è sempre un velo di pudore che copre la bellezza più profonda; lei, la bellezza, non può essere che accennata, perché è così grande, così potente, che se disvelata per intero ci lascerebbe senza fiato né parole, ci renderebbe folli. La si può solo accennare: le parole, i suoni, i colori, non sono mai abbastanza per chi si concede a noi solo a piccole dosi, lentamente, per paura di farci del male con la sua grandezza.
RispondiEliminaCosì, solo accennata, può dirci: “eccomi, sono qua, vieni a prendermi, ma taci, perché un solo suono, un solo respiro mi renderebbe troppo umana per essere quello che sono”.
Il verso, giustamente pregno di contorsioni e di tormenti, sembra predisporre il poeta (e il lettore) al tormento profondo che ci assale quando siamo soli con noi stessi e con il nostro silenzio, in attesa del momento più intimo che abbraccia l’anima.
Così, quando scrivo ascolto il vento che loda / le stirpi di rimando alle passioni / e la giuncaglia di sospiri avvince / insolite acque di ristagno e felci, dopo un primo verso contemplativo, che ci fissa nell’istante chiedendoci silenzio, il brusio interiore tace, e ci impone di leggere ad alta voce, articolando, sentendo il movimento della lingua e delle labbra, che nella sua dirompente complessità si dissolve in felci, suono dolce, quasi un meritato riposo dopo tanto lavoro, che lascia un senso di sospensione. Succede anche nella seconda quartina, che termina con chi vede. E nella terza con sfugge. Infine, l’ultima quartina, quasi una conclusione che risveglia da questo breve abbandono ipnotico, dandoci una soluzione: allora tento strade di parole / che svelano il dicibile del suono, perché il suono è dicibile, mentre la bellezza non lo è, per questo Soldini ci prende per mano facendoci suoi complici in questo processo, e siamo con lui, diciamo “caspita, hai ragione” quando leggiamo mi accompagna sola nel silenzio / l’aura del vertice di poesia. È nel silenzio che si ritrova quest’aura, non la poesia, l’aura, e non tutta, semmai quella del vertice, ciò che la poesia ha di più alto.
Profondo rispetto per questa bellezza che non può essere svelata né rivelata, perché la bellezza è pudica, e da dietro il suo velo ci porge la sua fede.
Claudio Fiorentini
Grazie, Claudio!
RispondiEliminaCari saluti
Maurizio Soldini
Grazie ancora a tutti!
RispondiEliminaGrazie ancora al Professor Nazario Pardini che ci consente col suo Blog di poter fare poesia.
Maurizio Soldini