Ninnj Di Stefano Busà
(a cura di Antonio Coppola)
L'ampia premessa a questo poderoso
studio critico, nell'ordine,
si avvale di una dotta indagine approfondita e di un coraggioso resoconto
sullo stato quantitativo e qualificativo della produzione poetica nell'ultimo trentennio. Le verità, esposte
sui poteri culturali, editoriali ed economici, sono solari. Laccusa contro la gestione tribunizia è
molto ben documentata, frutto, oltre che di esperienze dirette anche di
autorevoli interventi su come naviga la cultura poetica di questo fine
secolo. La colpa principale del degrado sta nella complicità e nella
debolezza della critica, che ha perso per fini di lucro la sua tradizionale
autonomia.
Le recensioni che glorificano tantissima poesia banale e inetta, o perché sono fatte da persone amiche incompetenti o perché sono pagate, deturpano e inficiano il bene ultimo del valore poetico. Anche ben note personalità del mondo universitario dispensano fumi dincenso, purché ben remunerate. Le voci del dissenso sono come lucciole dinverno. La frana è inarrestabile. Le poche voci oneste non fanno coro, muoiono confuse nel vasto franare. La poesia è tutta una moda. Tutti oggi vogliono essere poeti e pubblicare, far sapere che hanno vinto tanti, tantissimi primi premi. Se così stanno le cose, per la salute della poesia, non bisogna che tacere. II lavoro di indagine passa per espressioni di un folle, di uno che predica sventure, che confonde e non discerne il bene dal male, una poetica bella da quella brutta. Si vive in una società che non ama la verità; vuole, anzi, predilige linganno, la magia ottusa del travestimento, del travisamento, subisce il fascino delle mode inconcludenti che si fanno beffa del fatto estetico. Lelaborazione critica di questo poderoso volume, attenta, severa, meditata, frutto di giornate intense di letture, di organizzazione del pensiero, è una ulteriore prova del possesso di acuta intelligenza, di finezza intuitiva, di assoluta padronanza dei mezzi espressivi, analitici, logici che sono stati con obiettività e coscienza tracciati e centrati, utilizzati con saggezza ed acume per scandagliare in profondità tutte le complesse ramificazioni di una produzione poetica di tutto rispetto, anche inedita, della Di Stefano Busà, la quale per registri espressivi tocca vertici di invidiabile purezza e per ricchezza di immagini esercita attrazione nell'anima del lettore. Questa della Di Stefano Busà, da ciò che ho letto, è poesia non certo per menti comuni. Fra tante voci di rozze e rotte campane, la poetessa in questione ha una spiritualità lirica inconfondibile e fruibile da spiriti eletti. La metodologia esegetica di Antonio Coppola si rivela un punto di partenza e non di arrivo della produzione letteraria di questa figura interessante e autorevole della cultura contemporanea, e si prefigge come punto di riferimento per altre e più approfondite indagini a chi volesse penetrare il mondo lirico e le ragioni molteplici di questo caso letterario. In definitiva si potrebbe dire che Coppola ha coraggio e fede nella poesia: coraggio di esporre le sue idee in contrasto con le regole comuni del gioco, e in opposizione al malcostume imperante che vede nella poesia un fenomeno trascurabile dellartificio e della speculazione redditizia. Niente di meno indicato e deprecabile per la voce che viene dall'anima, come potrebbe essere il fatto poetico. |
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E ti rivissi, vita,con un sentire lieve e tanto amato che in ogni fatto lieto o meno lieto,ma scampato, vidi un superbo dono
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