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venerdì 22 maggio 2015

MARIA GRAZIA FERRARIS: "PALMIRA E LA REGINA ZENOBIA"







Siria: Palmira e la regina Zenobia


M. Grazia Ferraris
collaboratrice di Lèucade

21-5-2015 Ansa- “Siria: Palmira in mano al Califfato. Si festeggia tagliando teste.
Ad essere pesantemente minacciata è Palmira, l’antica città siriana che racchiude beni archeologici inestimabili, già dichiarata patrimonio dell’umanità dall’Unesco. ..I jihadisti dell'Isis, sono penetrati nella parte moderna della città.di Palmira,… importante centro carovaniero nel deserto siriano fin dall'antichita', che e' stata poi parte dell'impero romano, a cui risalgono gran parte delle rovine esistenti, del I e II secolo dopo Cristo.
Dopo i numerosi siti distrutti in Iraq, tra cui quello di Nimrud, che fu capitale dell'impero assiro, sono state prese a picconate grandi statue e altri manufatti del museo di Mosul . ., poi i resti di Hatra, antica citta' a 100 chilometri a Sud di Mosul, fondata nel III secolo avanti Cristo dalla dinastia dei Seleucidi… Prima di cominciare a picconare i resti di Hatra, gli uomini del Califfato hanno anche rubato le monete d'oro e d'argento che erano custodite presso il museo locale….. La furia distruttrice ha raso al suolo anche il sito archeologico di Khorsabad nella provincia settentrionale di Ninive….”
Questa la cronaca drammatica e sconvolgente. segna  la distruzione della nostra memoria, della nostra civiltà, delle radici culturali da cui proveniamo. E non è meno grave delle morti umane. Tocca nel profondo, annichila ogni emozione.. e purtroppo molti, troppi di noi poco sappiamo di questa memoria perduta, di questo sfacelo storico, culturale, identitario.

Dopo un viaggio in Siria ho dedicato un racconto a un personaggio emblematico della storia siriana, la regina Zenobia,(in Occhi di donne, ed. Il Porticciolo,2012) , che alla morte del marito (266-67) tenne il potere in nome del figlio Vaballato, seguendo una politica ostile all'Impero romano ed estese il suo dominio prima sulla Siria e sui paesi limitrofi, allargando la sua conquista all'Asia Minore, senza riuscire peraltro a impadronirsi della Bitinia..Strinse anche con l'imperatore Aureliano una convenzione che le lasciava i territorî conquistati … La sua sorte, dopo la sconfitta,  non fu quella che Roma riservava ai re vinti, ma ebbe salva la vita; concluse la sua vita  a Tivoli, dove morì, sembra, nel 300.
Una parte del mio racconto è la rievocazione nostalgica della sua Palmira: ve lo propongo almeno in parte:

“Ha truccato i grandi occhi neri, vigili ed intelligenti, enigmatici, ha indossato l’abito lungo a larghi panneggi, di broccato di seta col fondo dorato e la lavorazione minuta arabescata che delinea la sua snella figura, sottolinea il suo incedere elegante e le sue flessuose gambe. È ancora bella, ancora affascinante. I capelli sono raccolti alti sopra la testa e sono disposti come quando la corona di regina, di basilissa di Palmyra, veniva appoggiata a degno coronamento della sua altera figura. Non dimentica di essere discendente di donne rese famose dalla tragedia della storia, come Didone e Cleopatra, sorelle della sua vita infelice. Una sorellanza che è un segno di consapevolezza della differenza femminile. La storia, se la sai leggere, è più lungimirante, saggia della vita che stai vivendo, sempre contingente, tutta al presente, indecifrabile come il gioco dei dadi….
Aspetta il legato romano, il segretario ambasciatore di Lucio Domizio Aureliano, subdolo ed infido, che ha il compito e il dovere di visitarla periodicamente e di riferire all’imperatore romano del suo stato di salute, dei suoi cedimenti, delle sue esitazioni, dei suoi minuti cambiamenti di parola e decisione: la spiano senza arrendersi. Aureliano spera sempre in una supplica finalmente timida, umile, da sottomessa.  Lei confida solo in se stessa… e nei suoi dei che hanno dato prova di aspettarsi la sua presenza nella vita, facendo brillare in cielo una stella nuova e sgorgare una nuova sorgente nell’oasi al momento della sua nascita.
Fuori c’è un leggero vento primaverile, che affascina con i profumi che vengono dalla vicina valle dell’Aniene. C’è un verde tenero diffuso in tutto il giardino e la montagna. Quei monti che chiamano Tiburtini posti a nord della grande e ricca villa che la ospita, le ricordano la posizione della sua Palmyra protetta da montagne che rinserrano l’oasi. Cambiano solo i colori, ma se chiude gli occhi può illudersi: simile le pare il rumore del vento, simile gli alberi che in questa stagione le ricordano il giardino di palme rigoglioso che circondava le mura della città. Simile all’Oronte il fiume che in secca perde la violenza della corsa alle cascate. O forse no, nulla c’è di simile, solo la sua nostalgia che la spinge a illudersi, a trovare ogni possibile, dolorosa e inconsueta similitudine.
Tibur si chiama questo villaggio romano che la ospita, è circondato da mura in opera quadrata e racchiudono l’acropoli……
O Palmyra dolce e lontana! Guarda dall’alto verso la villa costruita dall’imperatore Adriano… Anche lei aveva amato la cultura eclettica ellenistica e romana, ne era stata affascinata al tempo del suo matrimonio con il principe Odenato, Governatore romano di Siria e Fenicia . Per questo aveva affidato ad architetti romani la costruzione di Palmyra. Era diventata infatti l’imperatrix, dotta compagna del Principe e Corrector totius Imperii, e destava lo stupore dei Romani che erano costretti a riconoscerlo: sapeva le lingue, l’egiziano, il greco e il latino, conosceva la storia egiziana e di Alessandria tanto bene da averne scritto un compendio. …Se pensa ai suoi felici giorni a Palmyra, il senso della attuale infelicità scardina la sua calma e la sua determinazione.
Ah, le acque solforose della sorgente Efqua, la piscina termale, la necropoli nella distesa rossastra di sabbia e ciottoli ad occidente della città con le torri funerarie e gli affreschi così vividi da sembrare appena finiti!… Palmyra era una città colta: a Nebo, dio babilonese della saggezza e della scrittura era stato dedicato perfino un santuario, lungo la via colonnata sorgevano le terme, e il teatro a gradinate, l’agorà, circondato da mura porticate con colonne e mensole che celebravano i personaggi che più si erano distinti nella vita pubblica…
Lei aveva sostenuto e valorizzato queste costruzioni a imperitura memoria della storia della città…
Da basilissa aveva tenuto a Palmyra una corte fastosa e insieme illuminata, frequentata dagli intellettuali del tempo, come il filosofo ateniese Cassio Longino, come il generale Zabda, che ne attuò l’impresa militare di espansione. Amici carissimi definitivamente persi.
Del resto la sua terra era vivace intellettualmente e Apamea vide nel tempo susseguirsi la presenza di pensatori di grande fama, gli ultimi geni della filosofia pagana, come lo stoico Posidonio, Numenio precursore del Neoplatonismo, e Giambico che studiò i segni esoterici delle antiche dottrine egiziane Grandi bagliori dell’epoca che perfino i Romani avevano rispettato e stimato.
O Palmyra! Palmyra, oasi del deserto siriano posta fra Antiochia e Babilonia, leggendaria “città delle palme” che aveva toccato durante il suo breve regno vertici di grande splendore! Sosta obbligata sia per le carovane decise a seguire l’itinerario più breve fra l’oceano Indiano e il Mediterraneo, sia per quelle che seguivano la terrestre “via della seta”, Palmyra era diventata lo snodo del traffico carovaniero e grazie alla sua politica lungimirante non cessava di prosperare. “L’impero era un albero troppo vecchio con radici marce e rami troppo lunghi”….
Lei era ben consapevole della debolezza dei Romani: ne conosceva situazione e strategia politica
…  l’imperatore Caracalla, siriano, la proclamò <colonia romana>, titolo assai ambito, perché esonerava dal pagamento di imposte. I continui transiti e scambi, incoraggiati dalle efficienti strutture di accoglienza palmirene, rendevano la città ricca e cosmopolita, così come l’architettura
e l’urbanistica riflettevano l’osmosi delle diverse culture; fiorenti e raffinate, di sapore ellenistico: Palmyra la splendida capitale di un regno che avrebbe cancellato anche il ricordo di Roma, fulgido esempio di cultura mista.
Lei non dimentica... il carro trionfale dopo la deportazione a Roma, le urla, il boato, il ghigno infame della folla, l’umiliazione delle catene, di ferro, strette intorno al collo a mo’ di collare, catene dorate, per dare alla folla il senso fatale della sua sconfitta e del trionfo dell’imperatore…
Il cuore le si contrae, ma non un muscolo si muove sulla sua splendida enigmatica e severa faccia orientale. Aureliano non l’avrà mai consenziente. Lei è stata l’imperatrix, degna sostituta di Odenato, più sicura e determinata di lui ad arringare la folla come un imperatore romano, col casco in testa e vestita con un mantello di porpora, con le frange ornate di perle e fermato da una fibbia di conchiglia… Pronta a tutto. Giorni definitivamente lontani che le struggono il cuore…..
Lei aveva sensibilità e capacità politica. L’intento di espansione politica era ambizioso, ma tutt’altro che irrealistico, considerata la situazione di instabilità politica che minava allora la potenza romana; inoltre questi suoi territori orientali, in cui fianco a fianco, coesistevano etnie, lingue, culture, religioni diverse - la greca, la persiana, la romana, l’ebrea, la siriana - si mostravano inclini e disponibili ad assumere una loro propria fisionomia, un profilo in qualche modo connotato e capace di autonomia.
In un primo tempo Aureliano tollerò e forse accettò la sua intraprendenza, anche perché la conosceva ottima amministratrice di stati, ma … quando cominciò a presentarsi in pubblico avvolta in un manto purpureo, a cavallo, a farsi chiamare imperatrix - lei stessa, a condurre gli eserciti in battaglia - a battere monete con la propria effigie e quella del figlio, si allarmò e ritenne di dover intervenire…
Chiude gli occhi, nessuno deve sospettare quanto male le facciano i ricordi. La perseguita il ricordo del terribile momento in cui Aureliano con le sue milizie, piombò in Siria, attaccò e sbaragliò il suo esercito… Ricorda la sua strategia sull’Oronte,la decisiva battaglia di Emesa, la devastazione di Palmyra dopo un assedio durato varie settimane, la presa per fame e per sete… La cattura durante la fuga disperata dalla città, quando già era arrivata all’Eufrate, la morte di suo figlio Vaballato, che non aveva retto alla prigionia e all’umiliazione… Non aveva più speranze. Morire era diventato più facile che vivere in catene.
 Sei anni era durato il suo regno. Non potrà mai dimenticare. Non potrà mai perdonare.

Maria Grazia Ferraris

5 commenti:

  1. Racconto affascinante: le descrizioni illuminate da riflessi di sabbia, i personaggi delineati con saggezza interpretativa e finezza analitica, il potere, i ricordi pesanti come macigni e dolci come fresche primavere, l'attualità storica; tutto l'insieme fa di questo brano un elegante e tormentata vicenda che rattrista e fa meditare. Quanto può essere alto l'uomo nelle sue arrampicate artistiche; quanto basso nella sua follia devastatrice!!!. Complimenti all'Autrice per la sua inventiva, per la sua cultura, e per la sua infinita sensibilità di donna e di scrittrice

    Proff. Angelo Bozzi

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  2. Una tragedia orribile. Sotto i nostri occhi sempre più avvezzi all'orrore. E' a Palmira che si compie mentre i responsabili dei musei e siti archeologici caricavano sui camion le ultime statue, i tagliagola rapivano, sgozzavano, distruggevano senza alcun brandello di umanità la storia di tutti noi. Sarà la nostra debolezza che ci fa sconfitti? Il fato è che un gran dolore mi attanaglia. Io mi porto nell'anima quei monumenti che ho visto più volte, come, da quello che leggo, la Scrittrice. Brava!!! Attuale e emozionante.

    Alda

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  3. Interessante, ad hoc, e soprattutto condotto con grande agilità espressiva.
    Complimenti.
    Maria

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  4. "... Ah, le acque solforose della sorgente Efqua, la piscina termale, la necropoli nella distesa rossastra di sabbia e ciottoli ad occidente della città con le torri funerarie e gli affreschi così vividi da sembrare appena finiti!… Palmyra era una città colta: a Nebo, dio babilonese della saggezza e della scrittura era stato dedicato perfino un santuario...". Una descrizione dai palpiti orientali calda di memorie. Un racconto che fa della Storia un motivo di ispirazione sentito e vissuto.
    Sonia

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  5. Ringrazio gli amici lettori così attenti, ricettivi e sensibili, pronti ad entrare in questo mondo palmireno di arte cultura e storia che stiamo perdendo... e che ho avuto la fortuna di poter vedere. Li ringrazio anche per la stima letteraria che mi esprimono: è una fortuna non piccola essere ospitati da Leucade e dal suo grande cultore ed organizzatore prof. Pardini, ed avere lettori di questo valore.
    M.Grazia Ferraris

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