M. Grazia Ferraris collaboratrice di Lèucade |
21-5-2015 Ansa- “Siria: Palmira in mano al Califfato. Si festeggia tagliando teste.
Ad
essere pesantemente minacciata è Palmira, l’antica città siriana che racchiude
beni archeologici inestimabili, già dichiarata patrimonio dell’umanità
dall’Unesco. ..I jihadisti dell'Isis, sono penetrati nella parte moderna della
città.di Palmira,… importante centro carovaniero nel deserto siriano fin
dall'antichita', che e' stata poi parte dell'impero romano, a cui risalgono
gran parte delle rovine esistenti, del I e II secolo dopo Cristo.
Dopo i
numerosi siti distrutti in Iraq, tra cui quello di Nimrud, che fu capitale
dell'impero assiro, sono state prese a picconate grandi statue e altri manufatti
del museo di Mosul . ., poi i resti di Hatra, antica citta' a 100 chilometri a
Sud di Mosul, fondata nel III secolo avanti Cristo dalla dinastia dei Seleucidi…
Prima di cominciare a picconare i resti di Hatra, gli uomini del Califfato
hanno anche rubato le monete d'oro e d'argento che erano custodite presso il
museo locale….. La furia distruttrice ha raso al suolo anche il sito
archeologico di Khorsabad nella provincia settentrionale di Ninive….”
Questa
la cronaca drammatica e sconvolgente. segna
la distruzione della nostra memoria, della nostra civiltà, delle radici
culturali da cui proveniamo. E non è meno grave delle morti umane. Tocca nel
profondo, annichila ogni emozione.. e purtroppo molti, troppi di noi poco sappiamo
di questa memoria perduta, di questo sfacelo storico, culturale, identitario.
Dopo
un viaggio in Siria ho dedicato un racconto a un personaggio emblematico della
storia siriana, la regina Zenobia,(in Occhi
di donne, ed. Il Porticciolo,2012) , che alla morte del marito (266-67)
tenne il potere in nome del figlio Vaballato, seguendo una politica ostile
all'Impero romano ed estese il suo dominio prima sulla Siria e sui paesi
limitrofi, allargando la sua conquista all'Asia Minore, senza riuscire peraltro
a impadronirsi della Bitinia..Strinse anche con l'imperatore Aureliano una
convenzione che le lasciava i territorî conquistati … La sua sorte, dopo la
sconfitta, non fu quella che Roma
riservava ai re vinti, ma ebbe salva la vita; concluse la sua vita a Tivoli, dove morì, sembra, nel 300.
Una
parte del mio racconto è la rievocazione nostalgica della sua Palmira: ve lo
propongo almeno in parte:
“Ha
truccato i grandi occhi neri, vigili ed intelligenti, enigmatici, ha indossato
l’abito lungo a larghi panneggi, di broccato di seta col fondo dorato e la
lavorazione minuta arabescata che delinea la sua snella figura, sottolinea il
suo incedere elegante e le sue flessuose gambe. È ancora bella, ancora
affascinante. I capelli sono raccolti alti sopra la testa e sono disposti come
quando la corona di regina, di basilissa di Palmyra, veniva appoggiata a degno
coronamento della sua altera figura. Non dimentica di essere discendente di
donne rese famose dalla tragedia della storia, come Didone e Cleopatra, sorelle
della sua vita infelice. Una sorellanza che è un segno di consapevolezza della
differenza femminile. La storia, se la sai leggere, è più lungimirante, saggia
della vita che stai vivendo, sempre contingente, tutta al presente,
indecifrabile come il gioco dei dadi….
Aspetta
il legato romano, il segretario ambasciatore di Lucio Domizio Aureliano,
subdolo ed infido, che ha il compito e il dovere di visitarla periodicamente e
di riferire all’imperatore romano del suo stato di salute, dei suoi cedimenti,
delle sue esitazioni, dei suoi minuti cambiamenti di parola e decisione: la spiano
senza arrendersi. Aureliano spera sempre in una supplica finalmente timida,
umile, da sottomessa. Lei confida solo
in se stessa… e nei suoi dei che hanno dato prova di aspettarsi la sua presenza
nella vita, facendo brillare in cielo una stella nuova e sgorgare una nuova
sorgente nell’oasi al momento della sua nascita.
Fuori
c’è un leggero vento primaverile, che affascina con i profumi che vengono dalla
vicina valle dell’Aniene. C’è un verde tenero diffuso in tutto il giardino e la
montagna. Quei monti che chiamano Tiburtini posti a nord della grande e ricca
villa che la ospita, le ricordano la posizione della sua Palmyra protetta da
montagne che rinserrano l’oasi. Cambiano solo i colori, ma se chiude gli occhi
può illudersi: simile le pare il rumore del vento, simile gli alberi che in
questa stagione le ricordano il giardino di palme rigoglioso che circondava le
mura della città. Simile all’Oronte il fiume che in secca perde la violenza
della corsa alle cascate. O forse no, nulla c’è di simile, solo la sua
nostalgia che la spinge a illudersi, a trovare ogni possibile, dolorosa e
inconsueta similitudine.
Tibur
si chiama questo villaggio romano che la ospita, è circondato da mura in opera
quadrata e racchiudono l’acropoli……
O
Palmyra dolce e lontana! Guarda dall’alto verso la villa costruita
dall’imperatore Adriano… Anche lei aveva amato la cultura eclettica ellenistica
e romana, ne era stata affascinata al tempo del suo matrimonio con il principe
Odenato, Governatore romano di Siria e Fenicia . Per questo aveva affidato ad
architetti romani la costruzione di Palmyra. Era diventata infatti
l’imperatrix, dotta compagna del Principe e Corrector totius Imperii, e destava
lo stupore dei Romani che erano costretti a riconoscerlo: sapeva le lingue,
l’egiziano, il greco e il latino, conosceva la storia egiziana e di Alessandria
tanto bene da averne scritto un compendio. …Se pensa ai suoi felici giorni a
Palmyra, il senso della attuale infelicità scardina la sua calma e la sua
determinazione.
Ah, le
acque solforose della sorgente Efqua, la piscina termale, la necropoli nella
distesa rossastra di sabbia e ciottoli ad occidente della città con le torri
funerarie e gli affreschi così vividi da sembrare appena finiti!… Palmyra era
una città colta: a Nebo, dio babilonese della saggezza e della scrittura era
stato dedicato perfino un santuario, lungo la via colonnata sorgevano le terme,
e il teatro a gradinate, l’agorà, circondato da mura porticate con colonne e
mensole che celebravano i personaggi che più si erano distinti nella vita
pubblica…
Lei
aveva sostenuto e valorizzato queste costruzioni a imperitura memoria della
storia della città…
Da
basilissa aveva tenuto a Palmyra una corte fastosa e insieme illuminata,
frequentata dagli intellettuali del tempo, come il filosofo ateniese Cassio
Longino, come il generale Zabda, che ne attuò l’impresa militare di espansione.
Amici carissimi definitivamente persi.
Del
resto la sua terra era vivace intellettualmente e Apamea vide nel tempo
susseguirsi la presenza di pensatori di grande fama, gli ultimi geni della
filosofia pagana, come lo stoico Posidonio, Numenio precursore del
Neoplatonismo, e Giambico che studiò i segni esoterici delle antiche dottrine
egiziane Grandi bagliori dell’epoca che perfino i Romani avevano rispettato e
stimato.
O
Palmyra! Palmyra, oasi del deserto siriano posta fra Antiochia e Babilonia,
leggendaria “città delle palme” che aveva toccato durante il suo breve regno
vertici di grande splendore! Sosta obbligata sia per le carovane decise a
seguire l’itinerario più breve fra l’oceano Indiano e il Mediterraneo, sia per
quelle che seguivano la terrestre “via della seta”, Palmyra era diventata lo
snodo del traffico carovaniero e grazie alla sua politica lungimirante non
cessava di prosperare. “L’impero era un albero troppo vecchio con radici marce
e rami troppo lunghi”….
Lei
era ben consapevole della debolezza dei Romani: ne conosceva situazione e
strategia politica
… l’imperatore Caracalla, siriano, la proclamò
<colonia romana>, titolo assai ambito, perché esonerava dal pagamento di
imposte. I continui transiti e scambi, incoraggiati dalle efficienti strutture
di accoglienza palmirene, rendevano la città ricca e cosmopolita, così come
l’architettura
e
l’urbanistica riflettevano l’osmosi delle diverse culture; fiorenti e
raffinate, di sapore ellenistico: Palmyra la splendida capitale di un regno che
avrebbe cancellato anche il ricordo di Roma, fulgido esempio di cultura mista.
Lei
non dimentica... il carro trionfale dopo la deportazione a Roma, le urla, il
boato, il ghigno infame della folla, l’umiliazione delle catene, di ferro,
strette intorno al collo a mo’ di collare, catene dorate, per dare alla folla
il senso fatale della sua sconfitta e del trionfo dell’imperatore…
Il
cuore le si contrae, ma non un muscolo si muove sulla sua splendida enigmatica
e severa faccia orientale. Aureliano non l’avrà mai consenziente. Lei è stata
l’imperatrix, degna sostituta di Odenato, più sicura e determinata di lui ad
arringare la folla come un imperatore romano, col casco in testa e vestita con
un mantello di porpora, con le frange ornate di perle e fermato da una fibbia
di conchiglia… Pronta a tutto. Giorni definitivamente lontani che le struggono
il cuore…..
Lei
aveva sensibilità e capacità politica. L’intento di espansione politica era
ambizioso, ma tutt’altro che irrealistico, considerata la situazione di
instabilità politica che minava allora la potenza romana; inoltre questi suoi
territori orientali, in cui fianco a fianco, coesistevano etnie, lingue,
culture, religioni diverse - la greca, la persiana, la romana, l’ebrea, la
siriana - si mostravano inclini e disponibili ad assumere una loro propria
fisionomia, un profilo in qualche modo connotato e capace di autonomia.
In un
primo tempo Aureliano tollerò e forse accettò la sua intraprendenza, anche
perché la conosceva ottima amministratrice di stati, ma … quando cominciò a
presentarsi in pubblico avvolta in un manto purpureo, a cavallo, a farsi
chiamare imperatrix - lei stessa, a condurre gli eserciti in battaglia - a
battere monete con la propria effigie e quella del figlio, si allarmò e ritenne
di dover intervenire…
Chiude
gli occhi, nessuno deve sospettare quanto male le facciano i ricordi. La
perseguita il ricordo del terribile momento in cui Aureliano con le sue
milizie, piombò in Siria, attaccò e sbaragliò il suo esercito… Ricorda la sua
strategia sull’Oronte,la decisiva battaglia di Emesa, la devastazione di
Palmyra dopo un assedio durato varie settimane, la presa per fame e per sete…
La cattura durante la fuga disperata dalla città, quando già era arrivata
all’Eufrate, la morte di suo figlio Vaballato, che non aveva retto alla
prigionia e all’umiliazione… Non aveva più speranze. Morire era diventato più
facile che vivere in catene.
Sei anni era durato il suo regno. Non potrà mai
dimenticare. Non potrà mai perdonare.
Racconto affascinante: le descrizioni illuminate da riflessi di sabbia, i personaggi delineati con saggezza interpretativa e finezza analitica, il potere, i ricordi pesanti come macigni e dolci come fresche primavere, l'attualità storica; tutto l'insieme fa di questo brano un elegante e tormentata vicenda che rattrista e fa meditare. Quanto può essere alto l'uomo nelle sue arrampicate artistiche; quanto basso nella sua follia devastatrice!!!. Complimenti all'Autrice per la sua inventiva, per la sua cultura, e per la sua infinita sensibilità di donna e di scrittrice
RispondiEliminaProff. Angelo Bozzi
Una tragedia orribile. Sotto i nostri occhi sempre più avvezzi all'orrore. E' a Palmira che si compie mentre i responsabili dei musei e siti archeologici caricavano sui camion le ultime statue, i tagliagola rapivano, sgozzavano, distruggevano senza alcun brandello di umanità la storia di tutti noi. Sarà la nostra debolezza che ci fa sconfitti? Il fato è che un gran dolore mi attanaglia. Io mi porto nell'anima quei monumenti che ho visto più volte, come, da quello che leggo, la Scrittrice. Brava!!! Attuale e emozionante.
RispondiEliminaAlda
Interessante, ad hoc, e soprattutto condotto con grande agilità espressiva.
RispondiEliminaComplimenti.
Maria
"... Ah, le acque solforose della sorgente Efqua, la piscina termale, la necropoli nella distesa rossastra di sabbia e ciottoli ad occidente della città con le torri funerarie e gli affreschi così vividi da sembrare appena finiti!… Palmyra era una città colta: a Nebo, dio babilonese della saggezza e della scrittura era stato dedicato perfino un santuario...". Una descrizione dai palpiti orientali calda di memorie. Un racconto che fa della Storia un motivo di ispirazione sentito e vissuto.
RispondiEliminaSonia
Ringrazio gli amici lettori così attenti, ricettivi e sensibili, pronti ad entrare in questo mondo palmireno di arte cultura e storia che stiamo perdendo... e che ho avuto la fortuna di poter vedere. Li ringrazio anche per la stima letteraria che mi esprimono: è una fortuna non piccola essere ospitati da Leucade e dal suo grande cultore ed organizzatore prof. Pardini, ed avere lettori di questo valore.
RispondiEliminaM.Grazia Ferraris