Claudio Fiorentini collaboratore di Lèucade |
IL PIUISMO
Leggo che una star di Hollywood di neanche
trent’anni fattura ottanta milioni l’anno, un’altra, a soli ventisette anni, ha
avuto sei nomination all’oscar, un rapper tatuato insieme alla sua compagna
vale un miliardo, una top model chiede per una sfilata di mezz’ora qualche
valigia di bigliettoni, e un narcotrafficante messicano appena evaso è più
ricco di Bill Gates… soldi, soldi, soldi… dati dallo star system… e successo,
successo, successo… decretato dallo star system… e prime pagine nei
media, concesse dal media system (se poi non troviamo più le parole in italiano
per esprimerci è una triste conseguenza di quello che dico in questi primi
paragrafi).
L’uomo più ricco, l’attore più bello, il
giocatore più pagato, la cantante con il miglior didietro, il principe che
pilota gli elicotteri, la donna più potente, il CEO più influente, la donna più
attraente, tutti americani, o eventualmente inglesi… questo propongono i
“media”. A noi rimangono le veline, i ballerini, i politicanti, i valletti, i
palafrenieri, le belle amanti, quelli che sono arrivati e quelli che hanno
svoltato, quelli che hanno trovato la panacea e quelli che si sono sistemati… e
comunque è questione di soldi, solo soldi… e apparenza, apparenza, apparenza…
che però te la permettono i soldi, soldi, soldi, perché una con un bel didietro
non finisce sui giornali se non è ricca, e un bravo (brava) attore (attrice)
non è nessuno se non ha ingaggi milionari…
Questi ed altri, dello stesso tenore, sono
i nostri modelli, che in comune hanno il segno più, il superlativo…
polarizzando il desiderio dei comuni mortali o, meglio, delle masse.
Miti, miti contemporanei. O falsi miti.
Tutti fuoriusciti dalla fabbrica di immagini che invade le nostre giornate, che
sia attraverso i media, la rete o le foto sui giornali, che sia attraverso il
sentito dire, la chiacchiera al bar o in mensa con amici o colleghi, che sia
attraverso il commento critico di qualche sociologo o di qualche intellettuale,
il risultato è che se ne parla, li si pensa, li si combatte o li si subisce, e
pur nolenti li abbiamo tutti ben piantati nelle nostre teste. Miti, o falsi
miti, non importa. Sono loro, le immagini dei “più” che influenzano le nostre
scelte e che determinano i nostri ritmi. Nessuno uscirà illeso da questo
continuo bombardamento. Anche il più refrattario, alla fine, si troverà un
giorno a parlare di queste figure, di questi personaggi, costruiti ad hoc dalla
stampa e dai media, e dovrà fare i conti con ciò che oggi è diventato il nostro
desiderio nascosto e il nostro modello. Anche per questo la diffusione delle
arti, la critica, l’editoria segue la strada dei falsi miti, perché porta
denaro, perché porta pubblico, perché porta… comunque porta… La stampa non
parlerà di un romanzo meraviglioso che però non risponde alle esigenze (in
forma diretta, indiretta o antagonista) dei modelli e dei miti di cui si parla
sempre, ed ecco che i romanzi diventano sceneggiabili e i protagonisti spesso
assomigliano a un personaggio da film, ed ecco perché la poesia (quella
ufficiale) ha perso l’orientamento… questione di miti e del contesto di valori
che si portano dietro… che si riassume in una parola: mercato! O in quattro
parole: voglia di farne parte.
Ma non scoraggiamoci. Esiste un’altra
fabbrica di miti, silenziosa, persistente, penetrante… una fabbrica di miti
diversa, che percepisce il vuoto e la falsità delle immagini dei “più” e vi si
ribella, una fabbrica profonda e rigenerante da cui non possiamo fuggire. Loro,
i “più”, provano a neutralizzarla, e forse ci riescono, in parte, in buona parte…
loro ci provano, forse neanche lo sanno, ma tentano di convogliare le energie
di questa fabbrica diversa verso le loro “piuità”, verso le loro mire… e ci
convincono che anche loro sono parte di questo mondo silenzioso che si muove
alla ricerca del mito, fabbricando o rigenerando un mito, vivendo con un mito
in testa che non sia quello dei media, ma quello dei valori, per questo di
quelle star da ottanta milioni l’anno si parla tanto, inneggiando alla loro
“disinteressata” opera di volontariato o di sostegno al volontariato…
Invece, questa fabbrica che pullula di
operai squattrinati, di impiegati senza risparmi, di disoccupati che danno il
proprio tempo (l’unico valore che gli rimane), e di manager laboriosi, questa
fabbrica dove lavora la gente comune (che però a volte, anzi, spesso si fa la
guerra, o si organizza in caste, o si ghettizza o si organizza in consorterie)
costruisce, ci prova almeno, i nuovi miti.
Non è una fabbrica ideale, però è una
fabbrica di ideali, anche se un po’ pasticciata, disorganizzata, umanizzata e
contaminata dalla “piuità”… è una fabbrica di miti silenziosa, persistente,
penetrante… e si manifesta attraverso l’arte, la creatività, l’intelletto, la
libertà… la voglia di fare, la necessità di vivere e di affermare il solo ed unico
principio per cui vale la pena combattere fino alla morte, che è quello che ti
permette di dire: “io sono vivo, e sono io, sono me, sono la mia voce
interiore, la ascolto, la seguo… per questo non solo esisto, ma sono, e mi
manifesto per quello che sono ”…
Questa seconda fabbrica di miti, pur nella
sua imperfezione, ci propone un’alternativa alla più roboante e inimitabile
fabbrica dei (falsi) miti contemporanei, proprio perché i falsi miti, spiegati
all’inizio di questa mia alzata di scudi, sono schiavi del loro tempo, quando
invece i miti di questa seconda fabbrica sono eterni, e si traducono in valori,
sentimenti, sogni. Sono cose che non si toccano e che, pur non allineandoci ai
desideri del “piuismo”, semplicemente, ci rendono migliori.
Se solo la fabbrica fosse meglio
organizzata, libera da contaminazioni “piuistiche” e maggiormente fondata sul
senso di appartenenza, sulla voglia di collaborare, sulla presa di coscienza
che un mito prodotto lì dentro può cambiare il mondo, allora se ne vedrebbero delle
belle, e quella pletora di falsi miti si vedrebbe ridimensionata a fotografie
da rotocalco di serie B, di cui parlare solo trenta secondi e basta, sì, basta!
Perché alla fine tutti abbiamo di meglio da fare!
Claudio Fiorentini
Totalmente in linea, Claudio (lo sai), con questo tuo modo di pensare. Aggiungo tuttavia (sono riflessioni recenti) che i veri miti lavorano nel silenzio, nella vita interiore e rifiutano di venire organizzati platealmente. L'organizzazione ha un che di perverso (anche se non si può fare d'ogni erba un fascio), ed è quanto di più lontano dagli orizzonti del mito (del vero mito). Il quale, misteriosamente, si fa strada nel mondo a prescindere, e a volte anche a dispetto, di ogni organizzazione sociale. Si potrebbero portare molti esempi a supporto di questa tesi. Mi sovviene, in proposito, il disappunto del Poverello d'Assisi nei riguardi della Regola, che egli dovette subire, sentendola stridente con il suo modo di pensare. Ma io credo di poter dire che se il Francescanesimo si è potuto diffondere nella storia e nel mondo, non è certo grazie all'Ordine, ma grazie alla predicazione e all'opera del suo Fondatore, che è andata molto al di là dei limiti conventuali. Comunque ti ringrazio per la provocazione che sento anche mia e cui mi sento, per molti versi, legato.
RispondiEliminaFranco Campegiani
Sono convintamente in linea con il pensiero sopra descritto del Prof.Fiorentini
RispondiEliminaUn'analisi socilogica che rispecchia la realtà contestuale che si percepisce a pelle se si ha o si vuole avere un minimo di sensibilità protesa verso quel -bipede eretto- che si chiama, oramai per convenzione, UOMO ma che più tale non lo è se per amore dei soldi,soldi,soldi vende o meglio svende la propria dignità di essere pensante fatto a Sua immagine. Rimasi e rimango ancora scandalizzato, quando in TV, in un'intervista a una coppia, ancora giovane, questi risposero convintamente che sarebbero stati consenzienti mandare la propria figlia una notte in un determinato posto (elegante.signorile) per -guadagnare- appunto, in una sola notte, non meno di 15 mila Euro. Un uomo che svende la dignità della propria carne per quei maledetti soldi può essere ancora denominato UOMO ??? Grazie Prof. Fiorentini per questa vibrante denuncia. Pasqualino Cinnirella
Grazie Franco,grazie Prof. Cinnirella, grazie Nazario e grazie Lèucade... permettetemi questo sogno... la seconda fabbrica, quella dove lavora la gente comune (che però a volte, anzi, spesso si fa la guerra, o si organizza in caste, o si ghettizza o si organizza in consorterie) costruisce, ci prova almeno, i nuovi miti.Se solo il "che però..." tra parentesi fosse ridotto al minimo... allora sì, questi miti, quelli veri... troverebbero un po' più di spazio togliendolo ai falsi miti... dipende un po' da noi... sogno? Claudio Fiorentini
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