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sabato 11 luglio 2015

LORENA TURRI SU "DONNA" DI SERENELLA MENICHETTI

Lorena Turri collaboratrice di Lèucade


SILLOGE "DONNA" 
DI SERENELLA MENICHETTI

Serenella Menichetti ci raggiunge sulla solatìa spiaggia di Lèucade con questa piccola e incandescente silloge sulla Donna, partendo da una laconica ed incisiva citazione del premio Nobel per la medicina Rita Levi Montalcini in cui sollecita ad uscire dalla mediocrità, dal grigiore di ogni passiva rassegnazione e dall’abitudine, trovando il coraggio della ribellione.
E pensando a una donna ribelle, mi balza in mente una grande artista e donna coraggiosa, quale Artemisia Gentileschi che seppe dire “no” alla violenza del suo stupratore, che seppe dire “no” ai condizionamenti di una società maschilista. Il suo coraggio e la sua determinatezza la portarono ad essere la prima donna nella storia iscritta all’Accademia del disegno, ed eravamo solo nel 1616. Artemisia si ribellò al silenzio e portò il suo stupratore in Tribunale. Il processo fu lungo e travagliato. Dagli atti risultano persino delle torture fisiche e psicologiche a cui la stessa venne sottoposta (macchina della verità, cordicelle legate ai pollici che, tirate, le provocavano atroci dolori), ma ella non mostrò mai segni di cedimento ed ottenne alla fine la condanna del suo carnefice.
Qui non si tratta di femminismo fanatico, becero o chiassoso, ma di un grido vigoroso, come deve essere il grido del poeta che mette la poesia al servizio delle idee e delle giuste cause a discapito, forse, di un emozionale lirismo, ma a vantaggio di un messaggio chiaro e inequivocabile.
Serenella, donna, moglie, madre di donne, nonna di future donne si sente in dovere di alzare la sua voce per incitare ad opporsi a una mentalità che da sempre ha segregato la Donna nei bassifondi della vita togliendole dignità  ed essenza umana. E lo fa rivolgendosi alla Donna stessa, senza retorica, tralasciando ogni tono inquisitorio verso l’altro sesso. E’ la trasmissione della sua stessa presa di coscienza.
A proposito dell’abitudine, scriveva Marcel Proust:
“L'abitudine! ordinatrice abile ma terribilmente lenta, che comincia con il lasciar soffrire il nostro spirito […] in una sistemazione provvisoria…”.
Ecco: non è possibile restare provvisorie, precarie della vita, è necessario evolversi, come esordisce la nostra poetessa:
“Ero rigagnolo.
Diventai fiume d'argento
un giorno che mi ribellai.
Impossibile abituarsi al grigio.
 ….
Sconfinai nell'azzurro.” (Evoluzione)

Serenella procede con versi stringati, compiti e telegrafici che denotano tutta la sua urgenza di dire, perché non è più il tempo di rimanere madre col rischio di cadere come la pascoliana “rondine caduta con l’insetto nel becco” o come un martire cristiano, portare sul petto “acuminate frecce!Tante quante, pensano, siano le tue colpe.”(Ancora non hanno capito).
La luce di una Donna non potrà mai essere spenta, neppure dalla morte, afferma l’autrice; parole, queste,  da leggersi come un biblico richiamo alla stessa etimologia del nome di  Eva, ovvero “colei che vive”.
Con azzardi metaforici forti e con toni perentori, atti al tempestivo convincimento di se stessa e conseguentemente dell’ “Altra”, la Menichetti ci indica il percorso interiore da seguire per rinascere: ri-fecondazione,  ri-gestazione e, infine, nuovo parto di sé. Una sorta di abdicazione a un’essenza passata, distorta dall’abitudine, per una totale rigenerazione, nonostante “ la colpa di non essere/come ti vogliono/rima(ne)rrà il tuo marchio indelebile.”(Immutabile) Una conclusione, questa, un po’ sconfortata e sfiduciata ma plausibile allo stato degli orrendi  fatti di cronaca ai quali siamo ancora, purtroppo,  giornalmente abituati.
La poetessa infatti si pone molte domande su cosa questa donna davvero rappresenti per l’uomo, quale egli pensi essere il suo ruolo e quali le sue colpe “adesso che sparg(o)e nel mondo margherite “ e chiede, semplicemente di essere guardata con occhio diverso e di essere amata, perché fintanto che l’uomo non smetterà di sentirsi giustiziere, la donna resterà “equilibrista ancora, senza rete.”(La funambola).

Lorena Turri



SILLOGE “Donna”



“Nella vita non bisogna mai rassegnarsi, arrendersi alla mediocrità, bensì uscire da quella “zona grigia” in cui tutto è abitudine e rassegnazione passiva, bisogna coltivare il coraggio di ribellarsi.”

Rita Levi Montalcini




EVOLUZIONE


Ero rigagnolo.
Diventai fiume d'argento
un giorno che mi ribellai.
Impossibile abituarsi al grigio.

Complice fu la pioggia.
Un varco nella nuda terra.
Sconfinai nell'azzurro.

Serenella Menichetti




ANCORA NON HANNO CAPITO

Ti muovi tra panorami di universi nudi
in sussurri di passi.
Ogni rumore un sussulto.

Sei l'allodola non più messaggera
del mattino.
Sei la farfalla senza pulviscolo
precipitata negli inferi.
Sei mamma rondine caduta
con l'insetto nel becco.
Sei la pianticella dalla furia
del vento divelta.

Contro il tuo petto: acuminate frecce!
Tante quante, pensano, siano le tue colpe.

Per tramutarti:
In ombra, alla ricerca del suo corpo,
in Robot all'obbedienza programmato.
In involucro vuoto, accartocciato.
Preso a calci,
per sfogare la cieca rabbia 
dovuta all' amaro risultato
dal confronto con te. 

Per sopprimerti:
una lama conficcata nel cuore.
Il colpo letale.
Gioco da niente.

E benché il coltello venga sempre
loro offerto, dalla parte del manico.
Ti posso assicurare:
-La perdente non sei tu! 

Ancora, non hanno capito
che neppure il soffio della morte
riuscirà a spegnere la tua luce!

Serenella Menichetti



Ella fu

Tu, continui a fissare la ragazza
della foto.
A cercare quella che era.
A sciorinar rimpianti.

Immagine sorridente, ferma, statica.
Facile bersaglio delle tue traiettorie trasversali.
Cieco, alla vita in divenire di quel sorriso.
A pezzi di occhi che reclamano di guardare
a modo loro.

Venti anni in quella foto.
Embrioni che s'impiantano e generano vite
nel tempo lineare degli eventi.
Aperto al seme della consapevolezza
anche la sua anima ha un utero

L'attesa ha una durata soggettiva.
Infilata in un tempo che si rincorre:
in un girotondo  di morte e nascita -nascita e morte.
Attende l'autoparto.

Incontro- confronto-scontro
Senza epidurale.
Ed è RINASCITA
Ella fu.

Serenella Menichetti




 IMMUTABILE

E' vento di burrasca che spinge dentro rive impervie.
E' fuoco che fagocita le fiamme dell'inferno.
Il cielo apre le sue ali bianche e fugge.
I tuoi passi sono sordi alla luna.
I tuoi lamenti si perdono nel buio.

Musica che non si nota.
Rimane  tutto immobile
pur nella successione
degli eventi

La quiete le sue vittime miete.
Senza cambiamento di genere.
Sei sempre tu!
Non mutamento nelle menti

Seppure un movimento circolare
ripeta l'allora nell'ora
e il là nel qui.

Ma la colpa di non essere
come ti vogliono
rimane il tuo marchio
indelebile.

Serenella Menichetti




METTERE A FUOCO

Rosso ventaglio vermiglio
Aquilone senza filo
Materia leggera
Zavorra a terra
Velo sospeso
Tulle di mille occhi.

Dall'alto osservi paesaggi infiniti
Con la leggerezza di una piuma
E' seta pura il cielo.
Tessuto grezzo, la terra.
Ti svela adesso le sue trame.

La recisione dei coriacei fili che ti legano
a contaminazioni mentali.
Ti hanno ferito le dita.

Fotografi attenta ogni granello di sabbia.
E inizi la tua metamorfosi.

Serenella Menichetti




NON E’ IL MIO VOLTO

Un cerchio chiuso il mio spazio!
Inscritto il mio tempo.
Un boomerang la mia rabbia!

Corpo e mente legati a fili d'oro.
La mia povera anima annientata.

Ero forse un animale braccato? 
Ero la gheisha che s'inchina ai tuoi bisogni?
La tua preda? La tua concubina?
Ero solo la madre dei tuoi figli?
Un barattolo di miele che si butta, dopo il nutrimento?

Adesso che spargo nel mondo margherite,
colpevole, mi appelli?
Inadeguata, contro natura?
Senza istinto materno?

E' l'ora di stracciare quella foto
che hai preso nel cassetto di tua madre.
Quello non è il mio volto!

Per questo non mi devi condannare,
né devi ritenerti giustiziere.
Ma devi solo prendere coscienza
della vera donna che io sono.
E, innamorarti un poco anche di me!

Serenella Menichetti




 LA FUNAMBOLA

In equilibrio su una corda tesa.
Sotto: precipizio.
Voragine d'un mondo che fagocita.
Troppi venti contrari ti sballottano.
Ad intaccar la corda, roditori voraci.

Affondi angosce, che dopo riemergono.
Bella la rosa che strappasti.
Rossa, come una ciliegia.
Denso di trasgressione il suo profumo.
Gocce scarlatte sulle mani scendono.

Tu, in bilico.
Per necessità funambola.
Nel vento volteggi, come carminio petalo.

A braccia aperte.
Rondine che non vola.
Passi lenti, misurati, attenti.
Equilibrista ancora, senza rete.

Serenella Menichetti






2 commenti:

  1. Poesia schietta, di gradevole comunicazione seppur fortemente impegnata; di lirico impatto. Ben disegnata da un'ottima esegesi. Complimenti alle due Autrici.

    Proff. Angelo Bozzi

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  2. Un plauso ed un immenso ringraziamento a Lorena Turri, cara amica, donna intelligente, poetessa sensibile e critica attenta.
    E’ stata una piacevole sorpresa trovare la sua ineccepibile esegesi alla mia silloge.
    Molto pertinente il riferimento ad Artemisia Gentileschi che nonostante i costumi ha trovato la forza di reagire ad una vile ingiustizia.
    Purtroppo oggi, sono ancora troppe le donne che subiscono, e siamo molto distanti dalla giusta forma di rispetto tra i generi. Il poeta è consapevole di questo, ma certo, non si vanta di essere portatore di verità né di essere dispensatore di formule capaci di cambiare il mondo e/o modificare al meglio i rapporti tra gli esseri umani.
    Si limita a scendere nell’ abisso dell’odierno, a prendere coscienza del dolore, dell’ingiustizia, del degrado, del buio ed incapace di tacere, affida alla parola la denuncia sperando di fare un po’ di luce nella nebbia.
    Serenella Menichetti.

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