Era l’estate
Era
l’estate. A serpe la sentivo
crepitare
sul piano e sulle foglie
riarse di
calura. Penzolavano
sopra il
solco sonore allo svolare
delle siepi
dell’ali. Mi accostai
ai suoi
folti capelli profumati
di tasso e
di verbena. Biancheggiavano
le spighe
al secco fiato del maestrale
asciutto
dalle stoppie. Che fulgore
e potenza.
Incedeva e poi sensuale
seduceva
qual donna che si abbronza
seminuda
sul mare. Oltre indagai.
Si pose
sopra l’argine irridente
l’astro
verticale come se
niente
potesse sulle infiorescenze
cromatiche
di mammole, di bocche
di lupo, di
denti di leone,
di
campanule perla di vilucchio.
Straboccavano
i garriti alle golene
sul
maturare delle pigne brune
alle balze
di creta ed il crescione
m’invitava
piccante a inumidire
la fronte
alla chiarìa. Le attastai
l’odorosa
carnagione e mi donò
vermiglie
lune al gusto di sapore
succulento
e gentile. Ho ancora zeppo
alle
papille il succo della pesca
e il giallo
saporito del melone.
Mi salutò
sommerso il millefoglio
dall’acqua
sonnolenta ed esalò
sgradevole
l’arancio di fusaggine
tra l’inodore
fulvo del giaggiolo
dalle
foglie prolunghe. Per la mano,
ora turgida
e calda, ora dai tigli
ventilata,
ora dai salici, la presi
e a piedi
nudi insieme tra le dune
muovemmo
verso il mare.
Lasciava il
suo sospiro sulla bàttima
che
tremolante le lambiva l’anima
ansimante
dal viaggio, mentre i flutti
argentavano
rotti la sua voce
nei becchi
delle sule e degli aironi.
Non ebbi
più la forza di aspettare
che la sera
venisse ad indorarla
con veste
voluttuosa, ed io mi immersi
nel caldo
fresco del suo salso ventre.
Paradossale e vivificante miscela di classicismo e ruralità, di ricercatezza e semplicità. Valori elementari, puliti ed arcaici, certamente inusuali per una cultura babelica e confusionaria come quella attuale, ma proprio per questo fortemente problematici, se si considera che non c'è nulla di più complesso e profondo della semplicità. Si potrebbe pensare che la grande maestria metrico-musicale di Nazario Pardini si sia qui voluta attardare in un lezioso ed aulico paragone fra la donna e l'estate, ma non è così. Qui non c'è alcun paragone intellettualistico, non c'è alcuna metafora forbita, né alcun esibizionismo letterario. Il poeta dice pane al pane, non ha bisogno di espedienti o citazioni, Non nomina Venere, non sente il bisogno di dire "a guisa di". La Donna e l'Estate sono la stessa cosa, ed entrambi sono la Terra e il Mare, identificati in un arcaico inno alla vita, all'ebbrezza dei sensi, alla Femminilità.
RispondiEliminaFranco Campegiani
Una sensualità dolce e nostalgica pervade la lirica. Nostalgia appena scandita nell’incipit da quel verbo all’imperfetto: “Era”.
RispondiEliminaCome in una favola, c’era una volta. Inzia così la descrizione fantasfagorica e melodica dell’estate di Nazario Pardini. Ad una prima lettura ho pensato narrasse dell’incontro con una Donna ma quel paragone “Incedeva e poi sensuale/seduceva qual donna che si abbronza/seminuda sul mare” mi ha condotta altrove. L’estate è descritta in tutta la sua prorompente e allegorica femminilità ma il Poeta qui ci narra della stagione calda e fresca e salsa della Vita. E lo svela negli ultimi versi:
“Non ebbi più la forza di aspettare
che la sera venisse ad indorarla
con veste voluttuosa, ed io mi immersi
nel caldo fresco del suo salso ventre.”
Passata l’età primaverile, adolescenziale, e fattosi uomo dopo aver un poco indagato, come un ragazzo curioso (“oltre indagai”), si immerge nel pieno della vita, nel suo ossimorico ventre salso. Non è soltanto una subdola seduzione, ma un vero e proprio richiamo a vivere. La vita va vissuta, si deve “ attastarne la carnagione”, sperimentarla . Non si può passivamente (“non ebbi più la forza”) aspettare il tramonto senza prima goderne i sapori, i profumi , le tentazioni (“a serpe la sentivo crepitare”), i suoni e la voce. Senza prima vivere! E il Nostro ha vissuto intensamente ricevendo doni (“mi donò /vermiglie lune al gusto di sapore/succulento e gentile.”) e ancora porta dentro ogni attimo, ogni sensazione, ogni sapore:
“Ho ancora zeppo
alle papille il succo della pesca
e il giallo saporito del melone.”
Con la maestria di sempre, Pardini , in un susseguirsi armonico di endecasillabi qua e là movimentati da novenari e settenari, ci ha cantato la stagione vitale più maestosa: la maturità.
Lorena Turri
e.c. "fantasmagorica"
EliminaC'è tutto Pardini in questa lirica.
RispondiEliminaC'è il Nazario cantore che resta estasiato dalla straripante bellezza della natura, rapito dal suo richiamo irresistibile e ancestrale che lo induce a godere intensamente di sensazioni penetranti e vive.
Ma c'è anche il Nazario sensuale, terreno, terrigno, che trasfigura l'estate, la rende corporea (..."Incedeva e poi sensuale / seduceva qual donna che si abbronza / seminuda sul mare...").
Così, le spighe diventano capelli da accarezzare, la bàttima del mare un respiro ansimante cui unire il proprio. E l'eros esplode, in tutta la sua soavità, potenza e verità, nella strofa finale (splendida) dove il poeta si abbandona ai sensi e si immerge "nel caldo fresco del...ventre" della sua amante, l'Estate.
Sandro Angelucci
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EliminaGrande musicalità, grande passione.
RispondiEliminaPardini rivela ancora il suo immenso amore per la natura con una forza che ci trascina in una dimensione sensuale quasi afrodisiaca.
In un testo che esalta la bellezza della stagione più luminosa. I suoi colori caldi, i suoi frutti profumati e saporiti, dal colore del sole, ispirano al poeta forti emozioni. Egli ha la capacità di percepire con tutti i sensi la bellezza conturbante dell’estate e la bontà di trasmetterceli in questi versi eccelsi.
La lettura di questo testo, ha per me, l’enorme potenzialità di tramutare la calura fastidiosa di questi giorni, in carezze di fuoco.
Serenella Menichetti.
Ringrazio, emozionato, tutti gli amici che hanno dedicato ilo loro tempo alla lettura della mia estate.
RispondiEliminaCon grande affetto
Nazario
Ecco un altro capolavoro, per ispirazione, concetto e versificazione, di Nazario Pardini, che da par suo ancora ci offre un altro dono prezioso, sullo scoglio di Lèucade. "A serpe la sentivo / crepitare sul piano e sulle foglie". E già dall'incipit Nazario ci immerge nella calura dell'estate, nei profumi della natura, nelle onde vibranti del mare, nel pieno respiro dell'estate: elementi che spesso sono la profondità e l'essenza di un sentire vivo del mondo. E le metafore -la METAFORA- cardine di tutta l'opera (che va al di là di una semplice lirica per divenire -ancora una volta- l'oltre impellente ed urgente) : la vita stessa, la vita. E il senso della profondità dell'amore che dona la vita. Perciò il dono di "vermiglie lune al gusto di sapore succulento e gentile". Una sorta di panismo nuovo, moderno nella concezione e nella proposizione, non di stampo dannunziano, per intenderci, ché Nazario Pardini non ha bisogno di prendere da altri, né tantomeno dal sorpassato poeta abruzzese. Qui vi è la vita, la vita dolce e saporosa, nella pienezza della sua essenza più vera e feconda.
RispondiEliminaUmberto Cerio
Torno sul blog dopo parecchio tempo e m'imbatto in questo carme di divina opulenza verbale e iconografica. L'estate è lì, incombente, in essenza e dettagli. Completa. Sfolgorante e sensuale. Ampia, ben oltre ogni possibile metafora.
RispondiEliminaComplimenti a Nazario!
Pasquale Balestriere
Una poesia d'amore per la vita, per quella calda stagione che porta con sé tutto il carico di attese, di colori e di sapori. Un sentimento che Nazario Pardini modula ed arpeggia in ogni sua variabile, singolare, quotidiana, ancestrale e piccola o grande sfaccettatura, con tutti gli echi spirituali od emotivi che da esso si dipartono.
RispondiEliminaQui vi è un’espressione dell'amore legata ad uno stato d'animo, al ricordo di un’estate che continua a far palpitare ciò che nasce da dentro e che sboccia in ogni stagione. Era - ed è - una fitta improvvisa di calore dentro l'anima, un profumo nel silenzio antico del cuore “l’odorosa carnagione…vermiglie lune al gusto di sapore succulento e gentile”, che accompagna il quotidiano che scorre, e si staglia come ricamo di infinito a cantare una nuova estate che si scuote dal sonno e dall'affranto inverno.
Qui è la parola poetica che è ammaliante, che attira come una danza d'amore, qui l'amore più grande è quello per la bellezza alta della parola del poeta e, con lui, galleggia sotto il sole di un'estate che sempre sa rinascere in chi ha amore e rispetto per la vita.
Sonia Giovannetti
Un ritorno in toto della Poesia: avvincente ed avvolgente -Era l’estate-: evocazione, limpida, chiara, suggestiva, in un corteggiamento invasivo e seducente dei sensi che comunica sfinimento voluttuoso eppur elementare, naturale, nondimeno sapiente : nella ricerca fonico- musicale magistrale, nell’alternarsi di suoni, “ a serpe la sentivo/ crepitare- Straboccavano i garriti alle golene” –di profumi, odori: “ capelli profumati/ di tasso e di verbena”, in pause ritmiche: “penzolavano/..sonore allo svolare/ delle siepi dell’ali.., al secco fiato del maestrale/ sommerso il millefoglio/ dall’acqua sonnolenta” , - di colori : biancheggiavano/le spighe- vermiglie lune al gusto di sapore/succulento e gentile.”.. fino all’apice dell’immedesimazione terminale:
RispondiElimina- “la presi/e a piedi nudi insieme tra le dune/muovemmo verso il mare”..
Il linguaggio ha dato ali possenti alla natura. Splendida nell’immagine e nel ritmo.
Natura, donna, estate. sintesi e simbiosi. Raffinatissima ricerca e naturalità rassicurante.
Ma ancor di più intrigano i commenti che l’accompagnano. Quelli maschili: lineare, diretto, “semplice”, senza esibizioni letterarie (grazie della tua autentica profondità e capacità di sintesi !) quello di Campegiani, quello tutto maschile, erotico, virile di Angelucci (che sottolinea: sensuale, terreno, terrigno, che trasfigura l'estate, la rende corporea….), e l’inno ampio alla Vita evocante un nuovo moderno panismo di Cerio. la “divina opulenza verbale e iconografica dell’estate “lì, incombente, in essenza e dettagli… Completa. Sfolgorante” di Balestriere, cui segue l’accompagnamento delle donne, le poetesse- tutto femminile-.
Colgono la metafora della vita giovanile nella sua straripante vitalità e sensualità seduttiva e tentatrice la raffinatissima Turri, sottolinea la musicalità,- grande passione, bellezza conturbante- poesia come carezze di fuoco- la Menichetti e la “singolare, quotidiana, ancestrale e piccola o grande sfaccettatura, con tutti gli echi spirituali od emotivi che da esso si dipartono”, così “ammaliante, che attira come una danza d'amore” la Giovannetti
Che bella consapevole lettura!, grazie.
M.Grazia Ferraris
Abbacinato dal fulgore verbale di Cerio: "... Una sorta di panismo nuovo, moderno nella concezione e nella proposizione, non di stampo dannunziano, per intenderci, ché Nazario Pardini non ha bisogno di prendere da altri, né tanto meno dal sorpassato poeta abruzzese. Qui vi è la vita, la vita dolce e saporosa, nella pienezza della sua essenza più vera e feconda"; dalla voce poeticamente raffinata di Balestriere "... Completa. Sfolgorante e sensuale. Ampia, ben oltre ogni possibile metafora"; dalla straripante incursione emotiva della Giovannetti: "... Qui è la parola poetica che è ammaliante, che attira come una danza d'amore, qui l'amore più grande è quello per la bellezza alta della parola del poeta e, con lui, galleggia sotto il sole di un'estate che sempre sa rinascere in chi ha amore e rispetto per la vita"; dalla sensualità analitico-descrittiva della Ferraris: "Un ritorno in toto della Poesia: avvincente ed avvolgente -Era l’estate-: evocazione, limpida, chiara, suggestiva, in un corteggiamento invasivo e seducente dei sensi che comunica sfinimento voluttuoso eppur elementare, naturale, nondimeno sapiente : nella ricerca fonico- musicale magistrale, nell’alternarsi di suoni, “ a serpe la sentivo/ crepitare- Straboccavano i garriti alle golene” –di profumi, odori...", non mi resta che gioire di così tanta benevola amicizia. Un infinito abbraccio a tutti per il tempo dedicato alla lettura della mia/vostra estate.
RispondiEliminaNazario