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lunedì 31 agosto 2015

LIDIA GUERRIERI SU "IL MASTINO DI GULLAN" DI M. DONTE


Maurizio Donte collaboratore di Lèucade

Il mastino di Gullan 
di
Maurizio Donte 

Mi si permetta una breve osservazione sull'opera " Il mastino di Cullan" che ho avuto il privilegio di leggere

Mai avrei pensato di trovare, alla mia età e dopo una vita passata tra i libri, qualcosa di veramente nuovo , qualcosa che mi stupisse e mi affascinasse, che mi invogliasse ad affrontare sentieri sconosciuti.
Questo, finchè non mi sono imbattuta in Maurizio Donte e finchè, tramite lui, non ho incontrato il Mastino di Cullan.
Quando ho cominciato la lettura del Mastino, pur essendo nuova all'epica e alla mitologia nordica, non ero già più una completa estranea in quanto, su consiglio di Donte, avevo letto i suoi canti di Erin e mi ero timidamente e goffamente affacciata su questo mondo così diverso e così uguale a quello della mitologia a cui sono abituata. Diverso per i personaggi, per i nomi dal suono così nuovo, per i paesaggi di torba e di nebbia, uguale perchè le passioni che agitano l'animo umano sono le stesse sotto qualsiasi cielo.
Cosa mi è piaciuto in questo poema? Se mi si chiedesse risponderei :" Leggetelo e lo capirete da soli!" Come si fa a dire in due parole perchè c'è piaciuta l'Iliade e perchè l'Odissea? Non è possibile!
Il mondo del Mastino di Cullan è un mondo di magia, di fascino, di cieli sanguigni dove vola la Morrigan dalle ali di corvo ! Questo della Morrigan è un personaggio stupendo: vedere la dea della guerra, la furia scatenata che beve il sangue dei nemici, il corvo che banchetta con le loro carni, e immaginare dietro il suo volto spietato la tenerezza di una madre che l'uccisione del figlioletto ha portato ad un livello tale di disperazione da trasformarla nella quintessenza della vendetta e della crudeltà, è di un impatto emotivo che lascia il segno!
E' spietato, dunque, il mondo di questi eroi, ma rifulge al contempo della bellezza della fragilità umana.
Setànta che, in preda all'ira, si trasforma in un essere irrazionale e capace di ogni violenza, è anche il bambino che ha sofferto per la mancanza dell'affetto del padre putativo; essere figlio di un dio non l'ha messo emotivamente su un piano privilegiato, anzi...l'ha emarginato come figlio della colpa. In lui io amo soprattutto questo lato: la sua debolezza umana, quella tenerezza che gli farà amare con tutta l'anima la sua donna, quell'apparente scontrosità che lo terrà in disparte quando , dopo la battaglia, gli amici gozzoviglieranno nei fumi del bere e dell'amore...il suo desiderio, il suo pensiero, sono solo per lei, per l'unica. Io vedo il bambino che cresce solo, senza l'amore di una madre che è spesso perduta nei veli della sua follia, fragile, dolcissima , eterea figura femminile che Maurizio Donte ha cantato con una delicatezza insuperabile in una pagina che è fra quelle che preferisco, vedo l'uomo vittima di una donna gelosa che si vendica mettendogli contro il suo stesso figlio ( oh, Medea! Quante vesti sai indossare!) e lo vedo, tormentato nell'anima, cadere sotto il peso dei rimorsi. Lo vedo far di tutto per evitare lo scontro con l'amico fraterno e doverlo, invece, accettare perché questo vogliono le leggi della guerra e dell'onore, lo vedo colpire ed essere colpito e provo pena a vederlo curare, la sera, le ferite dell'amico ed essere da lui curato; mi chiedo quanto strazio debba aver provato! Lo accompagno con la mente all'incontro con la Banshee che lava nel fiume la sua tunica sporca di sangue...è il suo destino di morte....il tempo di una vita breve e luminosa è allo scadere...Setànta sa, e accetta col suo solito coraggio.
S'alza il rogo dopo la sua morte e le fiamme illuminano un mondo privo di uno dei suoi eroi più umani e più grandi.
La forma metrica del poema è varia e ricca, e questo è una rarità al giorno d'oggi in cui la poesia rischia di perdere la sua anima a vantaggio della prosa poetica e spesso procede all'insegna dell'improvvisato, per cui riconosco a questo giovane autore non solo l'impegno e la passione che l'ha portato ad affrontare un argomento complesso come la mitologia nordica e a dedicare energie e tempo al lavoro di cernita fra le varie versioni degli stessi miti, ma anche una funzione di custode della poesia in quanto cosa diversa dalla prosa (pur poetica che essa sia), della poesia in quanto regno di quel ritmo che deve governarla, così come governa le leggi dell'universo.

LIDIA GUERRIERI



PREMIO LETTERARIO "ENRICO FURLINI"

“Riflessioni su…nel mezzo di cammin di nostra vita”

Nasceva nel 2009, in occasione del primo anniversario della scomparsa del Dr Enrico Furlini, la prima edizione del premio letterario. L’obiettivo del premio era –ed è – la celebrazione del ricordo di una figura importante e carismatica del nostro territorio quale è indubbiamente stata quella del Dr. Furlini: per 26 anni Medico di Famiglia ed amministratore comunale in Volpiano.
Oggi, giunti alla quarta edizione, proponiamo di condurre la nostra riflessione biennale attraverso l’affascinante universo dantesco, ricordando al tempo stesso la ricorrenza dei 750 anni della nascita del sommo poeta. Le opere potranno trattare i temi danteschi riferiti alle tre cantiche ed in particolare l’inferno, il purgatorio ed il paradiso.
Allo scopo di stimolare sempre nuovi pensieri, il Premio Letterario 2015 ha un tema nuovo:
“Riflessioni su….nel mezzo di cammin di nostra vita”

La premiazione si svolgerà il 07 Novembre 2015 a Volpiano (TO) nella Sala Polivalente di Via Trieste n°1 a partire dalle ore 20:30 in uno spettacolo creato ad hoc per l'occasione
DESTINATARI DEL PREMIO: cittadini maggiorenni residenti in Italia
OGGETTO DEL PREMIO: presentazione di una poesia in lingua italiana, inedita
TEMA: INFERNO, PURGATORIO E PARADISO nella visione dantesca
NON NECESSARIAMENTE OCCORRE RIPRODURRE UN CANTO DANTESCO. ESEMPI DI TEMI: PENTIMENTO, PUNIZIONE, PELLEGRINAGGIO-VIAGGIO, FELICITA', DIO, IL DIAVOLO, IL MALE, IL BENE, LA GIOIA DI VIVERE, .....

scadenza: 15 Settembre 2015
Il bando di concorso e tutte le informazioni sono disponibili sul sito www.tavoladismeraldo.it
FACEBOOK: Premio Letterario Enrico Furlini

tel: 347-6826305
e-mail: tavoladismeraldo@msn.com



C. FIORENTINI: "ESTATE: LA POESIA A ROMA"



Claudio Fiorentini collaboratore di Lèucade

Un piccolo segnale incoraggiante

L’estate a Roma la poesia vive come dovrebbe, e quest’estate ancora di più. Molte letture pubbliche, all’ex mattatoio, all’Isola del Cinema, in periferia, a Castel Sant'Angelo, a Porta Portese… molti eventi che hanno portato poeti d’ogni dove a leggere in pubblico. Queste encomiabili iniziative dimostrano che c’è un fermento di cui non si parla mai abbastanza. Molti poeti hanno capito che partecipare a questa dinamica, uscire dalle librerie, dagli scaffali e dai cataloghi, che tanto non portano lettori, è il cammino da seguire. L’incontro, il confronto, lo scambio e la condivisione sono valori che arricchiscono tanto il poeta quanto il pubblico di appassionati, e attraggono anche un pubblico casuale che si ferma solo per curiosità. Bravi gli organizzatori, e bravi i poeti che hanno partecipato. Ritengo che il messaggio sia da cogliere con entusiasmo, perché portare la poesia in piazza è un gesto vitale che coinvolge anche chi passa di là e prima non ci pensava neanche un po’.

Claudio Fiorentini



CONCORSO LETTERARIO "NARRATE'"

PRIMO CONCORSO LETTERARIO per FOOD SOUVENIR CULTURALI
“NARRATÈ, anche la SCRITTURA ha scoperto l’acqua calda”

Organizzato da Narrafood srl - Milano (www.narrafood.com)

Premessa
Narrafood srl, titolare in esclusiva della licenza di produzione e distribuzione dell’inedito format Narratè (vedi “Allegato A”), allo scopo di far emergere scrittori di talento e realizzare un nuovo progetto editoriale, denominato “Food souvenir culturali”, indice la prima edizione nazionale del concorso letterario di racconti brevi “NARRATÈ, anche la SCRITTURA ha scoperto l’acqua calda”.
Art. 1 – Tema
Il concorso riservato a racconti brevi, in lingua italiana, ha come tema tre città d’arte italiane:
• Roma;
• Firenze;
• Venezia.
Art. 2 – Caratteristiche
Il racconto della durata di 5 minuti circa di lettura (indicativamente 5.500 caratteri), dovrà ispirarsi al tema souvenir culturale. In sostanza si dovrà riuscire a esprimere l’essenza, l’anima, il mood, la personalità di una delle città, oggetto dell’Art. 1.
Art. 3 – Scadenza
L’opera andrà inviata entro e non oltre il 30 settembre 2015, dovrà essere originale e inedita, quindi mai pubblicata su qualsivoglia supporto e/o attraverso qualsivoglia strumento e/o piattaforma distributiva.
Art. 4 - Modalità
La partecipazione è gratuita e aperta a tutti i maggiorenni di ogni nazionalità. Si potrà inviare una sola opera per ciascun iscritto partecipante. A partire dal 01 settembre 2015, i partecipanti potranno iscriversi, compilando il form sul sito narrateworld.com. Successivamente dovranno inviare il proprio racconto sia a mezzo posta, all’indirizzo: Adriano Giannini via Fortezza, 21/h - 20126 Milano, che via mail a: info@narrateworld.com, entro e non oltre il 30 settembre 2015. Il formato richiesto per l’invio digitale è il “.doc” (word). All’interno della mail si dovrà indicare: nome, cognome, età, indirizzo completo, recapito telefonico ed eventuale pagina social (fb/tw). Sia l’invio mail che quello cartaceo, dovranno contenere la dichiarazione che l’opera è inedita e frutto del proprio ingegno oltre all’autorizzazione al trattamento dei dati personali (è sufficiente scrivere in calce al foglio: “Dichiaro che l’opera presentata è inedita ed è frutto del mio ingegno” e “Il/La sottoscritto/a, acquisite le informazioni dal titolare del trattamento ai sensi dell’articolo 13 del D.Lgs. n. 196/2003, presta il suo consenso al trattamento, da parte di Narrafood srl, dei dati ai fini inerenti il concorso NARRATÈ, anche la SCRITTURA ha scoperto l’acqua calda” firmando in maniera chiaramente leggibile).
Art. 5 - Premi
Il primo classificato di ogni città avrà diritto a:
• pubblicazione del racconto vincitore sul format Narratè accompagnato dal nome dell’autore;
• contratto di royalties (4% relativo ai guadagni derivati dalla vendita dei Narratè contenenti il proprio racconto);
• 50 copie omaggio;
• premio in denaro, 200€.
Art. 6 - Giuria

Vi saranno 3 giurie, una per ogni città, composte da 3 esperti più due membri di Narrafood srl. (che saranno gli stessi per ogni giuria). I nomi verranno comunicati quanto prima sulla pagina facebook narrateworld.

Art. 7 - Tempistica
L’iscrizione prima e l’invio poi, saranno possibili a partire dal 01 settembre e si concluderanno entro le 00:00 del 30 settembre 2015 (per la modalità si veda art. 4). Farà fede l’ora e la data che compaiono sulla stringa informativa della mail. A partire dal 02, fino all’08 ottobre p.v., saranno selezionati i 4 racconti finalisti per ciascuna città che verranno proposti al vaglio delle tre giurie. Entro il 16 ottobre 2015 ogni giuria proclamerà, a suo insindacabile giudizio, il racconto vincitore relativo alla propria città (salvo cause di forza maggiore).
Nel caso nessuna delle opere selezionate soddisfi appieno la giuria, non sarà proclamato nessun vincitore e tutti i diritti rimarranno dei rispettivi autori.
Art. 8 - Criteri di valutazione
Ogni giuria valuterà le opere attraverso i seguenti criteri:
• rispetto del numero dei caratteri usati (min. 5.000 max 5.500);
• veridicità dei contenuti;
• capacità di aver colto l’essenza della città;
• stile di scrittura (originale, informale, appassionante e coinvolgente);
• semplicità di comprensione;
• completezza (capacità di coniugare territorio, personaggi, cultura, aneddoti
curiosi e poco noti, storia, presente e futuro);
• adatto sia a chi conosce la città sia a chi non la conosce; ;
• che possa funzionare come souvenir culturale della città scelta.
Per facilitare la stesura e avere un esempio di riferimento, Narrafood mette a disposizione il testo relativo al primo racconto realizzato per Narratè: “L’essenza di Milano in un tè”. Il file verrà inviato per mail solo a chi ne farà richiesta e risulti iscritto al concorso. Testo che potrà essere usato esclusivamente per fini personali, non potrà quindi essere diffuso in nessuna forma.
Art. 9 – Diritti
I partecipanti si obbligano, in caso di vittoria, a cedere in esclusiva alla Narrafood srl, tutti i diritti di sfruttamento del testo inedito da essi prodotto, senza limiti di tempo, spazio o mezzi, alle condizioni in questo regolamento enunciate e che saranno oggetto del contratto di royalties. Qualora le opere vincitrici risultino, anche parzialmente, non originali o opera d’ingegno non attribuibile al partecipante che l’ha presentata, sarà motivo di esclusione immediata. Inoltre la Narrafood srl si riserva qualsiasi azione di rivalsa e risarcimento per eventuali danni riconducibili a tale inadempienza che in ogni momento e luogo dovessero verificarsi.
I diritti dei racconti che non sono risultati vincitori, rimangono di proprietà dei singoli Autori.
N.B. Ai fini dell’effettiva pubblicazione potrebbe verificarsi la necessità di un’ulteriore, ragionevole, ottimizzazione dei racconti vincitori, che non potrà essere negata dagli autori.
Art. 10 – Comunicazioni ed esito
L’esito sarà comunicato ai vincitori a mezzo mail e diffuso sul network mediatico della Narrafood srl, entro il 16 ottobre 2015. Notizie ed eventuali informazioni sul concorso si potranno rilevare dalla pagina facebook narrateworld. Oppure richiederle via e-mail all’indirizzo: info@narrateworld.com
Art. 11 – Tutela della privacy
In relazione agli artt. 13 e 23 del D.Lg n. 196/2003 recanti disposizioni a tutela delle persone ed altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali, i dati anagrafici, personali ed identificativi dei partecipanti, saranno inseriti e registrati nell’archivio degli autori della Narrafood Srl, ed utilizzati esclusivamente ai fini inerenti gli scopi istituzionali e i fini del concorso cui in epigrafe. I dati dei partecipanti non verranno comunicati o diffusi a terzi. L’interessato potrà esercitare tutti i diritti di cui all’art. 7 del D.lgs 196/2003 e potrà richiederne gratuitamente la cancellazione o la modifica scrivendo al «Responsabile del trattamento dei dati personali della Narrafood srl – viale Stelvio, 21 - 20159 Milano ».
Allegato: 
Indirizzo web: 




domenica 30 agosto 2015

SALVATORE COMES "PIOGGIA" DA POESIE SULL'AUTUNNO

E nella notte nera come il nulla,
sul cielo
nuvole dense
camminano
urtandosi in fretta.
Poi il vento
enorme ventaglio
che le nubi sfiocca
per un sogno celeste
le dondola un poco
le disperde lontano.

Salvatore Comes da Poesie sull’autunno


QUADERNI DEMOCRATICI "L'ARRIVISTA"





Recensione
a
Emanuele Marcuccio: Anima di Poesia
Casa Editrice Limina Mentis. Villasanta (MB). 2015. Pg. 110

Poesia come ricerca di cospirazioni iperboliche

Poesia nitida, chiara, coinvolgente per il  tentativo di scalare la montagna della vita e carpirne da là gli orizzonti più lontani. Ho avuto il piacere di seguire l’evoluzione della poetica di Marcuccio, e, sinceramente, in questa silloge, Anima di Poesia, continuano e si sviluppano le tematiche introspettive e analitico-formali del Nostro: l’attenzione per il figurato, per l’essenzialità della forma, per un crescendo di stilemi che diano corpo ad un sentire generoso e gorgogliante. Un andare malizioso e al contempo spontaneo in cui versi estremamente brevi, trisillabi, si alternano a stesure più ampie (novenari, decasillabi, endecasillabi), per concretizzare le modulazioni dei patemi vicissitudinali:

la punta di un albero in piazza
espande
propaggini
profumi

nella notte

la punta di un iceberg nel glaciale
propaga
bufere

all’aurora (Punte).

Una struttura metrica originale e rampante per forzatura significante e sintattica:  il verso incipitario è formato da una successione di trisillabi, ed è seguito da tre versi  trisillabi a formare la prima strofa. Ne segue una seconda di un solo quaternario, e un’altra ancora di un endecasillabo e due trisillabi. Lo spartito prosodico si chiude con un verso quinario. Una versificazione che intreccia immagini e note musicali di eufonica sonorità da richiedere nel suo ascolto l’accompagnamento di uno strumento musicale. I versi sono sapientemente distribuiti in vista di un effetto euritmico suasivo, generato da una successione di misure alternate: il primo novenario e il sesto endecasillabo dànno il via ad una cadenza che si fa vera sinfonia con la somma degli ultimi tre versi (propaga bufere all’aurora).     
 Ma qui la ricerca del termine è più puntigliosa, più meditata e lavorata, nei confronti delle opere antecedenti. Emanuele sa e ne è cosciente che la parola non arriverà mai a ritrattare a pieno l’immensità dello spirito umano; per questo le assegna un compito determinante, incisivo, evolutivo, diacronico: prolungarne il senso oltre la sintassi, oltre il valore canonico e storico-linguistico, con invenzioni morfologiche e neologiche di grande maturazione personale. Un climax che denota una volontà di azzardare oltre,  con l’uso di geminatio,  enjambements, iterazioni, anastrofi, sinestesie, metonimie, anacoluti, percorsi anaforici, accentuazioni verbali in contesti di estrema densità emotivo-paradigmatica; una concretezza lirica e una asciuttezza verbale di polisemica vis creativa. D’altronde la poesia è un continuo sforzo di cospirazioni iperboliche per avvicinare il più possibile il linguismo alle grandi fughe dell’essere, e dell’esistere; per renderlo fedele esecutore degli intenti emotivi. Troppo lungo sarebbe, e forse anche freddo e retorico, soffermarci sulle tante figure stilistiche che il Nostro usa per dare vivacità esecutiva al suo poetare. Ma quello che possiamo dire è che tutti gli stilemi e tutte le performances tecnico-foniche vanno a vantaggio di una resa d’ensemble considerevole. Un labor limae che si fa sottile intreccio di nèssi nella produzione del canto. Parlare di “Forma” desanctisiana non è di certo eccessivo, se intendiamo per tale quell’equilibrio fra dire e sentire che è prerogativa indispensabile per ogni forma di arte. Sì, il sintagma, la parola, il verbo vòlti a combaciare gli input esistenziali; ed è qui la novità nella novità della poetica di Emanuele. In questa evoluzione sistematica di intensificazioni verbali, di assemblaggi lessicali, di accentuazioni sintagmatiche che dànno forma al logos di una versificazione in cui l’ieri, l’oggi e il domani si embricano indissolubilmente per ovviare alle ristrettezze del tempo. Un canto di meditazione, di inquietudine, di sottile riflessione, di melanconia, di memoria, ma soprattutto di interrogativi sulla vita ed i suoi accadimenti. Non vogliamo parlare certamente di frattura fra i primi testi del Nostro e Anima di Poesia, ma quello che era in germe ora si fa dettato personalissimo, e di maggiore risonanza visiva ed artistica. Una pluralità di suoni e di immagini che fa da prodromico accostamento ad un melologo di antico sapore prepericleo, rinvigorito, però, di nuovo umanesimo. Già ebbi a dire a  proposito del testo Per una strada: “… La sua filosofia di vita: essere ed esistere per amare, non solo eroticamente, ma per amare, dal profondo del cuore, l’arte, la letteratura, la pittura, la natura!, la natura sì!, in tutte le sue paniche sfaccettature. E sarà la natura stessa ad accompagnare il poeta in questo suo plurale e contaminante percorso. È lei che si assume il compito di rivelare in gran parte i segreti più intimi dell'autore. Perché il Nostro affronta gli aspetti più disparati della realtà: quelli  emotivo-esistenziali, quelli artistici, quelli civili. E con energia linguistica, con innovazione verbale, con l’uso anche di un lessico arcaico in particolari nèssi letterari, esonda tutto se stesso…”. Una profondità di abbrivi interiori che eleva il messaggio di questa silloge dal reale al sublime; un’ascesa di perspicua e polisemica fattura, che parla dell’uomo in quanto tale, con tutte le sue sottrazioni, illusioni e delusioni che trovano rifugio in un amore vasto e incondizionato per questa antica arte. Un’arte che già nei versi della grande Saffo esprimeva il malum vitae. E tanti e plurali i motivi ispirativi:
il panismo, appunto, dove la notte, il mattutino, il cicaleccio, il mare, l’autunno, la luna, i girasoli, gli alberi, le aurore sono tanti simboli di un’anima tutta volta a concretizzare il suo sentire:

Torna l’estate
col suo incessante cicaleccio,
torna l’estate
per gli arbusti accesi
e per le vie,
per le montagne
e per le valli amiche… (Torna l’estate);

il memoriale:

Com’eri piccolo e indifeso
in quel letto d’ospedale,
caro papà mio… (Caro papà);

le impressioni sensoriali di una realtà sublimata che si sfumano nell’oblio:

   … l’aria serena della notte
dolce e cristallina
si rabbuia nella notte;
dolce al mattutino
si dilegua nell’oblio (Gli odori della notte),

dove la serenità, la notte (ripetuta), e il nulla hanno molto a che vedere con la Bellezza e la precarietà della vicenda umana;

l’impegno civile

Tutto hanno perduto,
(…)
I sopravvissuti che sopraggiungono
si perdono in quel mare di cemento,
si confondono nella rovina di quelle case,
e chiedono aiuto, a tutti chiedono aiuto! (Per i terremotati d’Abruzzo);

l’abbraccio del canto nella poesia eponima:

Anima di poesia, non svegliarmi,
lasciami ancora sognare… (Anima di poesia);

e, soprattutto, la coscienza della brevità della vita. L’azzardo a superarne i limiti, lo slancio oltre le soglie che delimitano il nostro essere:

… c’è una soglia che io voglio varcare
in questa pioggia del mio vegetare,
in questo mare del mio non vivere (Eternità).

Una poesia totale, in cui l’Autore abbraccia l’universo umano, delineandone con stupore e meraviglia le bellezze, mutandole in sorprese, ma che ne esprime, anche, quell’inquietudine terrena, quella  voglia di elevazione, che è e sarà sempre il nutrimento della grande poesia.
Ed è proprio in lei, in questa eterna avventura che il poeta si rifugia. È lì che trova il terriccio fertile per fiorire e ri-fiorire. Perché è proprio la Poesia a dargli il respiro della vita, la luce della notte, un sole che lo illumini:

Siamo come girasoli
ed è la poesia il nostro sole,
che ci fa poeti,
che dà vita ai nostri
caotici pensieri… (Girasoli).


 Nazario Pardini 

CLAUDIO VICARIO: "UDII UNA VOCE"


Claudio Vicario collaboratore di Lèucade

Udii una voce


Tra cupe forre

serrate da pareti di roccia nuda
chiazzate a tratti
da macchie scure di terriccio
odoroso di muschio;
tra innumeri querce
generose di rame e foglie
agl’implumi dei nidi nuovi;
tra rovi pungenti
in siepi infinite
punteggiate di more selvagge;
tra larici, abeti e mirti e l’acuto
olezzar dei ciclamini,
e il fresco profumar d’erbe non tocche,
e il chioccolar sommesso
tra smeraldine sponde
d’una linfa d’argento,
tenue carezza danzante
sui sassi muscosi,
e il sospirar delle fronde
appena mosse
dall’invisibile mano insidiosa
del vento,
udii un giorno
levarsi possente una voce:
“Qui regna Iddio!”

Sussultai,

e le mie fibre tremarono.
E andai, andai
come automa ch’altro non oda
che la voce interiore
e il canto misterioso
della natura che vive.
Scesi sui campi
ondeggianti di messi odorose,
tra chiazze chiare
di ulivi d’argento
dai miseri tronchi incavati,
inverosimili esempi d’anime generose,
tra lunghi pendagli di pampini
fùmidi di tenue rugiada,
tra alberi ricchi di molteplice frutta,
che tutto davano di sé
ne le gagliarde braccia tese
a prodigar doni,
tra il tenue pigolare innocente
di piccoli esseri
paghi dell’ombra di una fronda
e qualche grano
dolce dell’amor d’una madre,
e udii una voce:
“Qui regna Iddio!”

E andai, andai ancora:
lambii col piede
l’acque dorate del fiume;
sfiorai l’aspre
sabbie d’argento,
volai sui prati di velluto
costellati di rustiche margherite,
su terreni palustri,
su Oceani sterminati,
nell’immenso infinito fragore
delle onde irrequiete
schiaffeggiate
dalla pazza furia del vento,
e udii una voce:
“Qui regna Iddio!”

E venne la sera.
E intorno scesero
tremolanti di paura e pensosi
di sogni
i fantasmi della notte:
vagarono un poco danzanti
nel crepuscolo soffuso di pace,
poi si posarono,
come l’inesorabile artiglio della morte
implacabili su tutte
le cose.
Guardai in alto, lassù,
ne l’immenso lenzuolo
ricamato di stelle…..
E dall’alto, come portata
sull’ali misteriose del vento,
una voce mi toccò
con mano di fuoco:
“Qui regna Iddio!”

Infinito, incomparabile mistero

dell’Universo!
Nulla io dissi,
ma mi aprii alla vita.
E andai ancora, andai
per le turbinose strade
dell’uomo,
tra la tumultuosa incessante folle
corsa delle macchine
dal cuore d’acciaio,
e una voce insistente
metallica, cupa
gridò:
“Qui regna l’uomo!”

Cieco uomo!

Perduto nel vortice

della vacuità della vita,
altro non chiedi
che la gioia dell’oggi
e tutto vuoi per te,
a tutto agogni, e ridi
dei mali altrui o non ti curi
e sogghigni
sulle bare che passano,
e inganni il fratello,
e rubi la pace altrui, e tradisci
l’amico, e porti guerra,
e stermini, e uccidi…..
Cieco uomo!
Ch’entro le caduche spoglie
della vita che passa
freme eterno uno spirito,
un qualche cosa
che sfugge al comune sentir
perché, l’Eterno,
solo a chi sa guardare
è destinato.

Claudio Vicario

sabato 29 agosto 2015

UN INFATICABILE POETA PALERMITANO D'OGGI: E. MARCUCCIO

Lorenzo Spurio: Un infaticabile poeta palermitano
d'oggi: Emanuele Marcuccio. Edizioni Open. Napoli. 2013. Pg. 80


… il Nostro affronta gli aspetti più disparati della realtà: quelli  emotivo-esistenziali, quelli artistici, quelli civili. E con energia linguistica, con innovazione verbale, con l’uso anche di un lessico arcaico in particolari nessi letterari, esonda tutto se stesso. Il verso scorre leggero, fluido, chiaro, come l’acqua di un torrente alla sorgente, dove lucide traspaiono le pietruzze dal suo fondale. E così si snoda la poesia di Marcuccio. Varia e articolata, ma sempre arrivante e suasiva per l’efficacia delle immagini nitide e vissute con grande intensità emotiva (…) Ma a dare compattezza e unicità al dipanarsi del tessuto poetico c’è un senso di malinconia, e una profonda coscienza di essere, che renderebbero umano, troppo umano il messaggio dell’autore se non intervenisse quell’aspirazione a un “Eterno” che convalida e rende prezioso il fatto di esistere pur nello spazio ristretto di un soggiorno (dalla prefazione a Per una strada).

Nazario Pardini