Claudio Fiorentini collaboratore di Lèucade |
Comunemente vengono chiamati premi. Ve ne sono a bizzeffe, per
tutti i gusti, alcuni sono prestigiosi, onesti, validi, interessanti, altri
l’esatto contrario. In questo marasma, però, rimane poco chiaro quale sia
l’utilità di questi concorsi, a parte la soddisfazione dell’ego dello scrittore
o l'arricchimento del CV. Mi spiego: un contesto competitivo è sempre utile, ma
deve quantomeno favorire l’incontro. Se il concorso si esaurisce con una
premiazione cerimoniosa
dove nessuno parla con nessuno, vincere un premio serve a ben poco. Invece, se
la gente si parla e nascono incontri, scambi, appuntamenti, associazioni…
allora qualcosa di buono è successo. Di fatto, però, la cerimonia di
premiazione è un preludio al post cerimonia (il vero momento arricchente). Ma
il concorso in sé, a parte essere occasione d’incontro, a cosa serve se non a
portarsi a casa, in caso di vincita, una nuova pergamena? Credo che qualcosa
debba cambiare in questi contesti, e che gli organizzatori debbano cominciare a
chiedersi: cosa posso dare all’autore affinché la sua opera percorra il cammino
che merita? Sostengo che il premio non debba esaurirsi in una inutile coppa o
in un (raro, ma gradito) assegno, ci vuole qualcosa che non finisca con il
ritorno a casa, ci vuole qualcosa che attivi una dinamica costruttiva per
l’autore e per gli organizzatori. Perché, ad esempio, i giurati non scrivono
una breve recensione, non dico dei primi tre, ma almeno del primo classificato?
Questa recensione può essere divulgata nei vari blog amici e darebbe all’opera
vincitrice una briciola di visibilità. Si può anche parlare deli vincitori in
un forum creato appositamente, e seguito dai partecipanti. Si può promuovere
l’opera vincitrice su FB, proporla a un club di lettori... Sono piccoli gesti
che danno un seguito al concorso. Inoltre, perché non creare qualche
collaborazione tra librerie e organizzatori del concorso? Perché non scrivere
tra i commenti su IBS (e simili), in caso di editi, che l’opera ha vinto
qualcosa? Sarebbe una piccola vetrina. Insomma, credo che i concorsi, oggi, a
parte quelli mediatizzati, non lasciano molto all’autore, ma credo anche che
basta poco per trasformare questi stimolanti contesti in una dinamica
promozionale di valore per la nostra sofferente cultura.
Claudio Fiorentini
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