Poesia
apodittica, concisa, dove, la carenza di locuzioni, l’espansione etimo-fonica, e una penna adusa ad ambiti culturali creano
un insieme di soluzioni linguistiche originali e personalissime. L’Autrice
offre tutta se stessa al verbo, al suo significante, per farne il nerbo del poièin;
un insieme di sonorità di polisemico effetto creativo. Una immissione, dunque, plurale,
totale, polivalente, innestata in cospirazioni creative di efficace resa
poetica, dove il verso, con dovizia di scarti semantici, abbraccia e
concretizza le soluzioni o le insoluzioni del fatto di esistere. Ma è la realtà
che attrae la Poetessa; è il mondo che ci circonda a calamitare la sua
curiosità, è la sproporzionata estensione dei cieli, la disumana forza motrice
della natura, quella di ogni configurazione fenomenica, a giocare un ruolo determinante
nella poetica di Francesca Diano. D'altronde è quel mondo a offrirle
l’occasione di tramutare in simboli di ontologica valenza sideree unioni di
mondi, saette, soluzioni cosmiche, vortici di fuoco, e quella reiterazione di
un eterno verso cui è proiettata l’anima della Nostra. Ma non un’anima che si
spaura o si annulla nella indefinita lucentezza delle galassie, ma quella che
fa di esse e del loro scontro-incontro un gioco in cui si attua la potenza
della vita e dell’amore.
Nazario Pardini
LA
LUMACA
Lumaca, luna, lunula
Dell’unghia labirintica
Che l’universo congloba
In un’ansa ellittica
Spiralata meteora
Dal cammino tortuoso
Universale pronuba
Del dio meraviglioso
Microcosmo di regole
Di circonvoluzioni
Galattiche e sintattiche
Microrivoluzioni
Strisciando lenta dondoli
Sospesa tra due interi
L’immenso ed il minuscolo
Spiralati emisferi
Da Bestiario, 1981
KAIRÓS
Non avevo che tre anni
nell’alba
Folgorante del mio
silenzio
E ti ho sognato – come
il limite della porta da cui sfocia
Come un fiume il tuo
sguardo
Tu – non ancora nato – come fu
scritto e segnato.
Non è notte il silenzio.
Tu – un faro travestito da
bambino
A cui tendere il viso.
Non ho trovato rotte o lucenti
comete
Che non mi disfacessero le
mani.
Limpide – come pietra levigata
–
Le tue parole travasate a
colmare lo iato
Pulsante come un cuore.
Di quali soli arde il simbolo
E prende vita la notte?
Oggi – guardando il segno
Che il mare traccia resecando
il cielo
Blu fondo contro azzurro e
l’oro acceso
Di fiori gialli e rossi
Dilatati come corolle sopra
prati di sabbia
Oggi ho lambito per la
prima volta la tua essenza.
Ci sono amori che traboccano
come vasi ricolmi
Ed altri che si imprimono
strisciando
Lentamente nelle carni –
lasciando un’orma certa.
Altri ancora che sonnecchiando – all’improvviso
Esplodono da dentro come una
nana bianca
Scavando il buio di bagliori
d’acanto.
Ci sono amori che tracimano
Sorgente sotterranea – tinti
di tenuità
E amori il cui passo è tortuoso,
guizzante , labirintico.
Affidi alle parole la sete d’infinito
Costruisci manieri e bastioni
e fortezze
Dentro di me - solide cose fatte
Di sostanza del sogno.
Lasciamo a chi si ammanta di
saggezza
L’illusoria certezza della
sostanza
Fatta di cose.
Lì – dove infinito respira il
desiderio
Dove si tende l’arco dello
sguardo
Ogni forma si strugge e poi
svanisce e pura
Riluce la tua essenza che
cangiante
Nella sua radianza mi
sostenta
2002
TIBI
Così distante il segno della
tua forza
Che in me s’innesta e diventa
tempesta e sacro fonte.
Nuova – come una foglia nuova
– la parola
Sinusoide genera forme che
l’anima conosce
Ma non scioglie – austera si
ritrae – come ghiacciata.
Suoni che in vibrazioni si
coagulano
Graffiano pelle docile – messa
a nudo per te.
Vorrei essere docile – un
umido rifugio tra le pietre
Offrirti la mia sete perché in
te trovi fiamma
E arsura ancor più grande che
l’accenda.
Stendersi piana sull’ellisse
del mare
Perché i due centri ellittici
– uniti nel cantare
L’unione della carne –
celebrino nel rito
L’orgia dell’ombra e
dell’azzurro
Dualismo dei pari – mai più su
altri mari
Navigando a cercare oltre la
rotta.
Libera come l’iride che
s’allarga sul mondo
Unendo in un abbraccio i tuoi
occhi al mio sguardo
Le mie dita alle tue – come due loti -
Scorre la linfa – un rivolo
stillante giada nera
Danza di api bronzee –
versatile sorella della notte.
Le parole la notte s’inarcano
con grazia
Saziano antichi strazi –
ricolmano vallate
Tracimano e travolgono – con
forza di sferzate.
Allumano la tenebra –
ribollono di lava
Sfumando nel silenzio pudori
senza patria.
2002
L’ORFICA
Di
Mnemosine è questo sepolcro.
Posando il corpo sulla roccia
scabra
Ho sentito il mio peso contro
il mondo –
Dove cede la rosa il sollievo
dei petali
Lì in quel regno aereo voglio andare –
Levare la grevezza dalla terra
Perché si faccia nuvola e
vapori d’ozono –
I miei occhi hanno veduto
I boschi nebbiosi di ulivi e
di viole
Cingere il golfo dalle acque purpuree –
Il cielo dai riflessi di giacinto
Si fondeva nel mare di
smeraldo
Dove il solco spumoso delle
navi
Indicava la via verso l’ignoto
–
Tra iniziati il percorso s’è
compiuto
Che mi conduce libera alla
vita –
Luce della mia terra che
m’abbaglia
È in me – non tenebra a
erodere l’alone
Di questo stretto mio ultimo
letto -
Il tintore ha tinto di croco
La mia veste e il mio sposo
m’ha cinto
Il dito d’una fascia d’oro puro
Che sfiora il dolce latte
della pelle –
Sul mio seno ha posato con il
rito
Prescritto la lamina d’oro
battuto
Che m’è compagna e maestra nel
cammino -
Pura sono del mondo
Ora che lungo la via m’accingo
Al vero viaggio lasciando la
vita -
Non berrò alla fonte ch’è
posta
Sotto il cipresso bianco –
Mnemosine m’attende
A placare la sete di cui ardo
–
La memoria di quel che fui
Di quello che sarò m’è
compagna
Perché sappia la via verso la
luce –
Pura vengo da puri e sono
figlia
Della Terra pesante e del
Cielo Stellato.
Vibo Valentia Hipponion 29
marzo 2012
FISIOLOGIA DELLE COMETE
a James Harpur
I
Sciamando
come pesci di barriera
Corallina
le comete saettano
Guizzanti
nel ventre del cosmo
Che le
attira come un amante
Avido
di energia.
Angeli
dalle ali di farfalla
Tempestate
di occhi
Ardenti
serafini fuochi pii
Sfiorano
il sole invidioso
Dei
loro corpi liberi e veloci
E
dell’esattezza del ritorno.
Sassi
neri più dell’atro carbone
I loro
cuori si sfrangono in frammenti
Di
vita trascinati dal vento solare
Cauda pavonis et fulminatio
Nella
putrefazione
Perché
la nigredo si compia.
Percorrendo
l’antico sentiero
Oscurano
abbagliano incendiano
Attraverso
la trasparenza della chioma
Le
quiete costellazioni fisse in cielo.
Da
pascoli distanti si lanciano
A
esplorare – astri fulgenti dell’istante -
Incaute
nell’ardore che le consuma
Innamorate
del vuoto s’immolano
Alla
sete della scoperta
Compiendo
il rito primigenio
Della
creazione
Fiat lux
II
Cuori
di ghiaccio di carbonio e metano
Fusi
insieme in un nucleo
Cui
l’esigua albedo sottrae
In
apparenza il lampo mercuriale
Sprofondano
nel crogiuolo dello spazio
Perché
si compia la trasmutazione
Della
materia in luce e in energia
Nella
sublimazione di un’anima volatile.
Sventagliando
le chiome lievitanti
Come
soli viventi nell’istante
Esplodono
segnando tracce auree
Scrivono
in cielo caducei eterei.
Fenici
risorgenti dall’incendio
Del
proprio corpo – pavoni siderali
Si
raccolgono in branchi ai confini
Dell’universo
ma per poco
Poiché
amore le attira come calamita
Il
metallo, fatto sacro dal sacrificio,
Nella
lestezza esatta del percorso.
III
Rebis sidereo unione dei
mondi
Creatori
di vita
Sfranto
il nucleo in frammenti sulfurei
Tutto
saetta attratto dal sovrano
Pianeta
che si volve come le ruote
Di
Ezechiele - corpo olimpico
Striato
di rossi vapori violacei
S’apre
all’unione cosmica
Inghiotte
e fonde
Rifonda
e genera
In
vortici di fuoco
Divina
rubedo
L’atto
primo d’amore
Quintessenza
creatrice
Perché
sia eterno inizio
E fine
eterna
Nell’eterno
ritorno
Che si
compie tra le galassie.
IV
Fiamma
vivente
Come
cometa l’anima
Si
stacca dalla fonte dell’arsura
Che
bruciando non arde
Che
ardendo non brucia
Divampa
nell’istante
Perché
l’evento sia.
Vivida
luce si riflette
Nella
scia incandescente
In
mille soli disgiunti
Che si
fondono insieme
Come
neumi – si scontrano
Cedono
luce liquefatta
Creatura
- si fa eterna nell’istante
Istantanea
nell’eternità
Del
proprio essere
Torna
alla fonte vivente fiamma
Nebula
contemplata e contemplante.
Maggio
2014
Francesca Diano è nata
a Roma e a due anni si è trasferita a Padova, dove il padre, il filosofo e
grecista Carlo Diano, era stato chiamato a ricoprire la cattedra di Letteratura
Greca che era stata di Manara Valgimigli. Laureatasi in Storia dell’Arte con
Sergio Bettini, nel 1971 si trasferisce a Londra, dove lavora al Courtauld
Insitute e all’Istituto Italiano di Cultura. Ha vissuto in Irlanda, dove ha
insegnato italiano all’University College Cork e dove ha tenuto corsi pubblici
di arte italiana contemporanea. Inoltre ha curato per l’editore Collins la
ristampa anastatica della prima edizione delle Fairy Legends di Thomas Crofton Croker (1825), autore di cui è
studiosa. Ha tenuto corsi di arte
italiana per stranieri presso l’Università per Stranieri di Perugia. Una parte consistente
dei suoi interessi e studi si concentra sul folklore e la tradizione orale
irlandese. Dai primi anni ’80 è traduttrice letteraria di narrativa, saggistica
e poesia e ha collaborato con Cappelli,
Fratelli Fabbri, Neri Pozza, Donzelli, Guanda, Crocetti. Fra i molti autori è
anche la traduttrice italiana delle opere della scrittrice indiana Anita Nair e
si interessa di poeti irlandesi contemporanei.
Ha
ideato e organizzato convegni, concerti ed eventi in collaborazione con
Istituzioni pubbliche e private.
Alcune
sue traduzioni sono state segnalate al Premio Monselice per la Traduzione. Ha
collaborato con il Festival dei Due Mondi di Spoleto con l’evento “Una terrazza
sull’India”, partecipato a numerosi convegni nazionali e internazionali come
relatrice e ha scritto su riviste e quotidiani.
Nel 2012 ha vinto il 42° Premio
Teramo.
Nel 2010 ha pubblicato il
romanzo La Strega Bianca – una storia
irlandese e la raccolta di racconti Fiabe d’amor crudele, 2013, Edizioni La
Gru.
Ha
iniziato a scrivere poesia dall’infanzia e solo successivamente prosa. Suoi
testi poetici sono comparsi in antologie e su vari blog letterari. Nel 1988,
alla Sala dei Giganti dell’Università di Padova si è tenuto l’evento Poesia e Musica, con la lettura pubblica
delle sue poesie, presentate dall’italianista e
Sovrintendente del Vittoriale degli Italiani, Emilio Mariano e la
presenza del critico musicale Franco Fayenz e del Maestro compositore Wolfango
Dalla Vecchia.
Interverrà
al prossimo Festival internazionale Poetry
on the Lake con la lettura di alcune sue poesie in inglese e un intervento
sul poeta irlandese James Harpur, che per prima ha fatto conoscere in Italia.
Ha un
suo blog, Il Ramo di Corallo, https://emiliashop.wordpress.com/
Grazie, grazie per la presentazione splendida e profonda, davvero troppo generosa. Ti sono grata di aver posto anche me sulla rotta per Leucade, dove mi trovo a casa.
RispondiEliminaGiustamente Nazario Pardini richiama la "carenza di locuzioni" di questa "poesia apodittica", per nulla discorsiva, ma profondamente realistica, anche laddove l'impianto fantasmagorico potrebbe far pensare ad un onirismo sfrenato. La realtà di cui ci parla Francesca Diano è labirintica ed antischematica, misteriosa e complessa nella sua semplicità. Questa poesia è una finestra aperta sul vortice dell'universo, sulla dualità del microcosmo e del macrocosmo, dovunque presente in natura. Dualità incastrata, ad esempio, nel corpo spiraliforme della lumaca che rispecchia in piccolo il moto delle galassie, ma soprattutto presente nella dualità della materia e dello spirito, della luce e delle tenebre, del maschile e del femminile, come d'ogni altra coppia d'opposti in armonia: l'armonia dei contrari, il modo filosofico di definire l'amore. Mi complimento vivamente con l'autrice. Il suo è un canto originale, uranico e tellurico nello stesso tempo.
RispondiEliminaFranco Campegiani
Gentile Campegiani, che emozione leggere le sue parole, scritte in special modo da lei. Il suo sguardo acuto ha colto esattamente l'essenza di quella che è la mia visione - l'eco di fondo - di quanto sento e che cerco, spero, di riuscire a esprimere. Sì, mi ha sempre affascinato il tentativo di descrivere con la parola poetica l'essenza unitaria - alchemica, come in Fisologia delle comete - dell'apparente dualità del reale, il cercare un mezzo che manifesti quello che lei ha definito "l'armonia dei contrari, il modo filosofico di definire l'amore". Se anche in modo grossolano ci sono andata vicino, con una poesia che capisco non facile o immediata da leggere quale è la mia, al punto che lettori attentissimi ne scorgano il tentativo, è per me fonte di grande gioia e mi sprona a proseguire su questa strada. E davvero non avevo mai pensato al mio linguaggio come "apodittico", come già Pardini acutamente l'ha definito. Ma in effetti è vero. Grazie!
RispondiEliminaLeggendo alcune delle poesie sopra riportate, mi sono giunti, scolpiti, echi di Saffo e richiami intensi alle lamelle auree del culto orfico, segnatamente a quella di Hipponion (che, a quanto mi risulta, è l'ultima ad essere stata scoperta, ed è stata tradotta per la prima volta -almeno così credo- da Giovanni Pugliese Carratelli verso il 1975).
RispondiEliminaDi Francesca Diano - che ho conosciuta sul blog di Linguaglossa, dove ho con lei piacevolmente discusso - mi convince il dettato poetico, persuaso e potente, che risponde a una profonda partecipazione emotiva a questa nostra vita che per molti è banale e piatta, ma che, nei veri poeti, accende illuminazioni, barbagli, visioni e dà alle loro parole la dimensione estrema della bellezza e dell'arte. Perché la poesia nasce -sempre- dalla vita, ma trova dimora in un altrove dove la dimensione spazio-temporale ha contorni molto meno nitidi e cogenti.
I versi di Francesca Diano hanno la forza e il fascino della poesia vissuta, la grazia profumata del mondo antico che si trasferisce e si annulla (per rivivere in altro modo) in quello attuale. Mai però fuori dei confini della venustà. Perciò attira la mia lettura. E mi convince.
Pasquale Balestriere
Grazie davvero! In effetti l'Orfica nasce proprio durante uno dei miei ritorni alla città dov'era nato mio padre, Vibo Valentia, nel rivedere la laminetta aurea di cui parli, laminetta che mi tocca sempre corde molto profonde. Di tutte quelle poche fino ad ora trovate è la più bella e completa. Quella era terra di orfici e la loro presenza, in qualche modo, non si è dissolta, è ancora molto forte. Questa Orfica voleva parlare e io mi sono limitata a darle voce.
EliminaE poi grazie per questa tua nota attentissima in cui mi riconosco pienamente. Grazie!
Poesia, questa di Francesca Diano che "affid(i)a le parole alla sete d'infinito", cosmica, di astrazione spirituale e di ricerca simbolica e cosmogonica che, dal microcosmo di una lumaca, si staglia nel macrocosmo universale con una struttura architettonica complessa , un alto linguaggio e una figurazione retorica di grande efficacia.
RispondiEliminaMicro e macro vengono infine ad indentificarsi in un processo alchemico. L'anima, in questa trasformazione, diventa cometa e " Torna alla fonte vivente fiamma/Nebula contemplata e contemplante."
Complimenti, dunque, a questa autrice che con queste poche liriche già ci mostra tutto il suo spessore stilistico e poetico, nonché tutta la sua passione per lo Spazio Universale e i suoi Corpi Celesti.
Lorena Turri
Grazie Lorena, apprezzo molto, davvero molto gentile.
EliminaQueste poesie di Francesca Diano rivelano, a mio avviso, una inconfutabile aspirazione all'oltre, intendendo con il termine non ciò che si trova semplicemente al di là ma ciò che, al contrario, costituisce il fondamento della nostra stessa essenza.
RispondiEliminaMi spiego: l'attenzione rivolta all'infinitamente grande, così come quella riservata all'infinitesimale è chiaro segno di una ricerca - costantemente in atto - di verità, di completezza ("Lasciamo a chi si ammanta di saggezza /
L’illusoria certezza della sostanza / Fatta di cose..."): questi versi dicono molto in proposito, perché è "Lì – dove infinito respira il desiderio /
Dove si tende l’arco dello sguardo" che si deve cercare per perdersi e, quindi, ritrovarsi. E' lì che le circonvoluzioni della "Lumaca" acquistano il potere di divenire microrivoluzioni, pacifiche microrivoluzioni. E la parola poetica è sempre una pacifica rivoluzione. Un'anima tesa a guardarsi dentro, che non si spaura, che fa degli incontri-scontri tra le galassie "un gioco in cui si attua la potenza della vita e dell’amore" come acutamente sostiene Nazario. Da qui, i versi più emblematici: "L’atto primo d’amore /Quintessenza creatrice / Perché sia eterno inizio / E fine eterna /Nell’eterno ritorno / Che si compie tra le galassie.".
Sandro Angelucci
Gentile Sandro, grazie anche a lei di queste bellissime parole. E sono molto felice che lei abbia commentato i versi di "Fisiologia delle comete", (l'atto primo d'amore ecc) perché la mia grande attrazione per le comete si è intensificata quando, nel 1993, la cometa Shoemaker-Levy 9 cadde su Giove (il sovrano pianeta) e seguii come molti le immagini di questo straordinario evento cosmico. Quello che mi colpì soprattutto fu che la cometa si comportava come uno spermatozoo che feconda un ovulo di proporzioni immense, rispettando persino le proporzioni. E si sa che nelle comete sono presenti i mattoni della vita. Dunque era come assistere a una fecondazione celeste (l'atto primo d'amore). Ancora una volta "così in alto come in basso", per dirla con Ermete Trismegisto nella sua Tabula smaragdina. E lì mi sono state improvvisamente chiarissime le parole di Dante nel 33° del Paradiso:
RispondiEliminaNel suo profondo vidi che s’interna
legato con amore in un volume,
ciò che per l’universo si squaderna: 87
sustanze e accidenti e lor costume,
quasi conflati insieme, per tal modo
che ciò ch’i’ dico è un semplice lume. 90
Grazie ancora