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mercoledì 4 novembre 2015

VIOLA BOSIO: "INTERVISTA A N. DI STEFANO BUSA'"



Ninnj Di Stefano Busà collaboratrice di Lèucade


INTERVISTA a Ninnj Di Stefano Busà rilasciata a Viola Bosio di “Versante Ripido”

D.Avendo letto il suo notevole curriculum e le tante attestazioni di stima che ha ricevuto nella sua lunghissima carriera, vorrei tornare con lei al nocciolo della questione, all'inizio di tutto. Quale è stato il motivo che l'ha spinta a scrivere quando aveva tredici anni?
R. Nessuno può spingerci tanto, da farci decidere alla scrittura, in così tenera età. Credo che chi scriva debba avere già in sé predisposizione e determinazione che originano dall’interno. La Poesia e il poeta non sono legati a nessun ambito particolare. Vi è sempre una spinta interiore che necessita l’attività di scrittura. Quando poi ciò avviene in giovane età, è ancora più evidente che non avvenga dall’esterno, vi è ìnsita e quasi impellente la determinazione alla narrazione, un desiderio di comunicare agli altri il rovello che nasce dal proprio intimo o ti sollecita a trascrivere sulla carta quel che “ti ditta...dentro”. Poi, più avanti negli anni, avviene la consapevolezza, subentra la riflessione, il distacco tra sè e il mondo, oppure, (quel che si può definire: momento creativo, isolamento dell’artista) ma il più delle volte avviene che chi scrive lo fa in fondo per se stesso, come esigenza più propriamente individuale. Per quanto mi riguarda io mi sento l’esecutrice di un progetto che è indipendente dalla mia volontà. Quando avverto l’ispirazione sono come in trance, perchè ho la consapevolezza di non essere io a scrivere, ma un folletto o un genietto estraneo che m’impone la scrittura. Perciò che a volte mi capita di stare per alcuni mesi ferma, mentre in altri periodi sono fertilissima. In quanto al ruolo del poeta oggi...dirò che né oggi né mai il poeta ha avuto un ruolo, chi scrive versi lo fa quasi involontariamente, lo esegue come un privilegio, non come un diritto che può reclamare un riconoscimento. Io ad es. non ricordo mai una mia poesia, un verso, una strofa, sono del tutto estranea a me stessa: scrivo e dimentico, scrivo sotto la spinta ispirativa, ma poi si spegne la luce e si ripiomba nella banalità, senza più sogni. La Poesia è il sogno dell’uomo, la Poesia esige il rispetto per ciò che di trascendente essa origina e trasferisce –null’altro- 


D.Essendo lei grande conoscitrice delle opere di molti autori, critico ed esperta di Poesia, vorrei farle una domanda importante, di difficile risposta, che quasi tutti gli esperti o non si pongono: cos'è un Poeta? Lei, se dovesse definire la sua inclinazione, come definirebbe se stessa Poeta? Sempre nello stesso ambito: secondo lei qual è il ruolo del Poeta oggi? Se lei dovesse proporre un autore per indurre un allievo, un auditorio, un pubblico generico ad interessarsi della poesia come arte, passione e vocazione, quale proporrebbe? Quale è stato per lei il più influente fra gli autori letti?
R. In verità, ho svolto questo lavoro, ho tenuto per lunghissimi anni Corsi di Letteratura e di Storia delle Poetiche all’Università Terza di Milano. Ho realizzato diverse panoramiche di Poeti illustri, di grande rilievo che hanno influenzato la Storia delle Lettere o sono stati precursori di movimenti letterari, (vedi, ad es. Leopardi, D’Annunzio, Montale, Ungaretti, solo per citare poeti più contemporanei a noi, o tra gli stranieri: Mallarmè, Baudelaire, Lawrence, Blake, Valery, Apollinaire, E. Poe, Yoyce etc. Da tutti ho appreso, e quindi tentato di proporre ai miei allievi. Posso affermare che non è un respiro soltanto. La poesia per me è la seconda pelle e non ho remore a dichiararlo. Poeti si nasce e non si diventa. Pur se non si passa alla Storia, o non si verrà riconosciuti per strada, la Poesia la si tiene dentro: è il respiro profondo dell’anima, il senso d’infinito, la certezza che all’interno di noi stessi avviene il miracolo della scrittura. Ti senti creatura del mondo, t’identifichi con la vita che è in te e negli altri, come parte di un ciclo vitale che passerà il “testimonial” a chi verrà dopo. Non importa se la tua condizione di poeta non è riconosciuta ai livelli alti, o  se resterà “lettera morta” per la storia della Letteratura. Anche con un solo libro si è poeti. Io ne ho pubblicati 23 e mi sembra che ho iniziato solo ieri. Ne ho ancora tanta di strada da fare, se Dio vorrà. 
D.Nel leggere alcune delle sue opere poetiche, ho notato che talune affermazioni del suo stile sembrano essere delle “bolle” o sigilli di significato, dei sintagmi giustapposti che creano dei nodi nel fil rouge delle sue esposizioni, ad esempio silenzi di campane, incognita di terra, pietà dall'empietà, promessa piovuta dal cielo (tratte da Ti ascolto). Da lettrice, mi hanno colpito perchè paiono essere dei nuclei fondanti su cui si sviluppano i versi e di conseguenza la sua poetica si muove su una cifra stilistica tutta sua. La mia domanda è: questi sintagmi di significato (o metafore se preferisce, ma ritengo siano molto più pregni di senso di una semplice metafora) scaturiscono in modo istintivo? oppure sono frutto di lenta distillazione; fanno parte della sua scrittura da sempre? oppure c'è arrivata con il tempo a questo stile? Come avviene per lei la scrittura di una poesia?
R. Non c’è niente in me di preconfezionato, di scritto a tavolino, a freddo, niente di strumentale. Io scrivo nel modo più spontaneo e aderente alla mia vocazione, poi rileggo e, in questa fase, (ma solo in questa) modifico, correggo eventuali errori, distonie, guai se non lo facessi...è indispensabile una pulizia, una revisione appropriata, perché nello spasmo di scrivere, si corre il rischio di essere affrettati e negligenti. Se non si scrive nell’immediatezza, sotto la spinta dell’ispirazione, può sfuggire il momento clou. Lo sanno bene i veri poeti, che se solo vi è una distrazione, si perde il filo logico e il senso. Come il musicista con le note, il poeta trova nutrimento dalle parole, dalle immagini visionarie, dai minimi sintagmi, ma devono essere posti in giusta collocazione per essere opera d’arte, non risultare “raffazzonati” o inconcludenti. I miei sintagmi, i miei versi che possono apparire frutto e risultato di speculare addestramento, sono invece istintivi, naturali, non li ho mai studiati a tavolino, e le metafore sono sempre la logica conseguenza di immagini particolari, di significati pregni di senso, non a caso il nucleo fondante è quasi sempre testo inclusivo di un “fil rouge”, come lei lo definisce, che fa parte integrante del tema. Certo nella scrittura l’esperienza e l’addestramento contano, e in ogni periodo di vita le emozioni, le condizioni del sentire sono diversificate, ma sempre bisogna cogliere l’attimo fuggente per dare il meglio di sé, (e questo meglio si ottiene con gli anni, con il perseverante coinvolgimento di sé, con la volontà di dare tutta se stessa alla parola, al linguaggio che ti forgia e ti distingue...)

Grazie del tempo concessoci.




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