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sabato 19 dicembre 2015

PIETRO RAINERO: "IL VOLO TRA I RAMI"


Pietro Rainero, collaboratore di Lèucade, e famiglia



                                  IL VOLO TRA I RAMI



“Eccolo là!” notò Picchio.
“Sì!… Spirito Santo..”  Cardellino era solito esprimersi in modi non usuali, non fateci eccessivo caso.
“Avete proprio ragione,”  si intromise  Passero “è laggiù che dobbiamo andare”.
Allocco disse allora “ Dobbiamo dirigerci là ?! E perché? Chi ce lo ha ordinato?”.
“Non lo so davvero, ma la pergamena delle Virtù così recita.” asserì il vecchio Pettirosso.
 Questa strana discussione avveniva, tanto tempo fa, ad Acqui Terme, nei pressi della fontana delle Ninfe, dove il non troppo numeroso stormo, dodici uccelli, si era posato per rifiatare ed abbeverarsi.  La fontana suddetta dista circa 250 metri (fidatevi ) dalla cupola della chiesa di Santo Spirito ( ah…Cardellino! ) e la nostra dozzina di amici vide che tra i due monumenti vi erano esattamente 18  alberi ( vi prego di credermi nuovamente, li ho contati) allineati a regola d’arte.
 “Beh,” tagliò corto a questo punto Gheppio “ se è quella la nostra meta, cosa aspettiamo?”.
“ D’accordo, partiamo.” Confermò Pettirosso.
I nostri amici, dopo aver sbattuto energicamente le ali per asciugarle, spiccarono quel volo che ritenevano si sarebbe svolto in brevissimo tempo ma che, al contrario, si rivelò ricco di eventi, infarcito di sorprese ed irto di difficoltà. Il primo incidente accadde a pochi metri dal decollo, proprio al primo albero, dove Codirosso  sbatté  violentemente il piccolo capo contro qualcosa di duro , strabuzzò gli occhi e stramazzò a terra. Gli undici compagni invertirono istantaneamente la direzione del volo e, dipingendo nel cielo un cerchio perfetto, atterrarono circondandolo premurosamente. 
 “ Atipsac !” urlò Cardellino.
 “ Ma che dice?” gli fece eco Allocco.     
“ Nessuno lo ha mai capito, proviene da un bosco lontano” disse Rondine.  
 “ Bando alle chiacchiere “ ordinò Pettirosso” Aiutiamo piuttosto Codirosso”.
“ Che ti è successo, Codirosso?” chiese Ghiandaia.          
 “ Io… non…. io ….non so .. dove sono?” rispose  Codirosso.  
“ Intontito marcio!” diagnosticò  Gheppio.
“ Lassù, guardate! Ecco cosa lo ha fermato.” Osservò  Fringuello ( Fringuello era abituato a parlare poco e riflettere molto ).                 
Gli undici uccelli, con in coda Codirosso che nel frattempo si era ripreso dalla botta ma manifestava un assetto di volo assai precario, si avvicinarono con la dovuta cautela all’oggetto che aveva attratto la loro attenzione e si trovarono di fronte ad una piccolissima casupola, dipinta di blu, con impresso in alto, ben visibile, il numero 1. Non avevano ancora fatto in tempo neppure ad aprire il becco ( è proprio il caso di dirlo )   che videro, sbigottiti, un Colombo con in testa un basco verde a pois rossi ( sono della vostra opinione: non il massimo dell’eleganza, neppure per un uccello ) che li accolse con un “ Alla buon ora! Cominciavo a stufarmi di aspettare e poi fa freddo a quest’ora ( le 18.55, per i pignoli ) d’inverno. Mettete in ordine cronologico questi personaggi: Giotto, Mozart, Napoleone, Carlo Magno, Omero, Giulio Cesare, Newton.”    Tutti si guardarono in faccia, stupiti e straniti, incapaci per la sorpresa di biascicare una sillaba dopo un’ altra.            
Il più veloce a riprendersi fu  Passero, il quale tra l’altro aveva spulciato qualche giorno innanzi una enciclopedia storica,  che diede la risposta al quesito ordinando correttamente i nomi. ( a proposito: voi come li avreste collocati? ).
“ Benissimo!” fu il commento del colombo “ vi siete meritati il primo foglio.”
E consegnò nelle loro mani ( pardon, zampe ) un microscopico foglietto rettangolare, ricavato dal taglio di un antico papiro egiziano, arrotolato e chiuso con un vivacissimo fiocco rosso. I vari componenti dello stormo si appollaiarono stretti stretti su di un solo ramo per assistere alla apertura del foglio ( gli uccelli sono animali curiosissimi ),  onore che ovviamente toccò al vecchio e saggio  Pettirosso.      
Sul papiro vi era rappresentata soltanto una foglia di edera sormontata da uno svolazzo.        
I nostri amici si scambiarono qualche sguardo perplesso, fecero una alzata di spalle ( ali, scusate ancora ) e , tutti insieme, spiccarono il volo.     
Ancora tutti uniti arrivarono al secondo albero.    Alcuni rami erano ancora infarinati di neve, altri no; proprio questi, col buio della sera, rendevano insidiosa l’avanzata, perfino per dei professionisti dell’aria quali eran loro.  
“ Ah! Non poter disporre di un dispositivo radar come quei mammiferi ( questa parola fu pronunciata in tono decisamente spregiativo ) di pipistrelli”, scappò detto a  Regolo  mentre cambiava repentinamente direzione per evitare una zuccata in un nodoso ramo scuro come la pece. La zuccata, e che zuccata, non riuscì ad evitarla invece Picchio, ed il rimbombo particolare dell’urto, un suono di legno vuoto colpito, segnalò al gruppo che un secondo oggetto strano era collocato tra i rami, seminascosto.  
Era un’altra casetta, contraddistinta però dal numero tre ( lo stormo appurò poi che non esisteva la numero due ).
Questa volta li attendeva sulla soglia un piccione conciato con un cappotto blu, verosimilmente per il freddo, ed un basco a strisce verdi e grigie. 
“ Una patologia comune “ pensò  Ghiandaia.
Subito chiese loro a bruciapelo, senza alcun preambolo “ Se volo da Roma fino a Stoccolma passando per Berna, Parigi, Berlino e Copenaghen, quali nazioni sorvolo?”.
A voi sembrerà un quesito da quattro soldi, ma provate ad immaginarvi di essere un uccello e dover imparare la geografia solo mediante viaggi così lunghi ed impegnativi.   
Dopo frenetiche consultazioni e qualche titubanza  Rondine, portavoce in questa occasione dell’insieme dei nostri amici, rispose “ Italia, Svizzera, Francia, Germania, Danimarca e Svezia ”.
“ Perfetto!” confermò il piccione imbacuccato e consegnò loro il secondo papiro, raffigurante una castagna.    
Una scena analoga si svolse in seguito sul terzo albero, dove vi erano due casette con difficili domande di matematica, del tipo “ Quanto fa 11 + 5 ? ” ( dovete sapere che gli uccelli hanno molte difficoltà a destreggiarsi con numeri eccessivamente grandi, diciamo maggiori di 12 ) o addirittura, come nella quinta casetta, “ Qual è il risultato della divisione di 10 per 2 ? ” .
Sulla quarta pianta, che ospitava ben quattro casette ( vi risparmio i colori dei baschi dei quattro colombi nonché il commento delle varie zuccate: ho pietà di voi ), albero evidentemente tutto dedicato alla musica, il nostro gruppo di uccelli dovette indovinare alcune arie liriche, elencare almeno sei sommi compositori, fischiettare alcuni brani pop ( Usignolo lo fece in modo sublime) e persino comporre una breve ninna nanna.
Dopo altre inenarrabili avventure accadute tra il quinto ed il diciassettesimo albero e che non vi verranno descritte ( proprio perché inenarrabili, cioè che non si possono raccontare), la nostra sporca dozzina ( ormai erano tutti inzaccherati e fradici ) approdò finalmente all’ultimo albero, il diciottesimo.       
I nostri eroi si sparpagliarono per perlustrare velocemente tutte le ramificazioni,  trovando una sola casetta contraddistinta dal numero 21.      Regolo entrò con circospezione nella piccola scatola, dal momento che questa volta nessun loro simile era sulla porta ad aspettarli con un quesito pronto.       Mentre dall’esterno provenivano distintamente i commenti dei compagni ( ad esempio Regolo sentì  Allocco chiedere “Cosa sono quelle quattro luci accese là a destra, a quest’ora della vigilia di Natale?” e  Ghiandaia replicare “ Oh, nulla. Non farci caso, è il numero 28, uno studio di avvocati, quelli lavorano fino a tardi” ), egli guardò attentamente nei vari angoli della costruzione di legno e finalmente scorse l’agognato foglio, saldamente fissato ad una parete con quattro spille da balia.      
Lo recuperò prontamente, uscì e disse agli ansiosi astanti “ Eccolo, ce li abbiamo tutti, possiamo infine andare ”.          
“ Cosa c’è su quel foglio?” chiese  Fringuello.        
 “Solo un punto esclamativo.” rispose Regolo.
“ Ovitamalcse otnup nu ?” disse Cardellino.
“ Che ha detto stavolta  Cardellino?” intervenne  Usignolo .         
 “Ah, ” fece  Fringuello
“ Ho capito!  Cardellino è arabo: parla al contrario!” ( l’avevate già scoperto, vero?)
“Bene, in volo per gli ultimi cento metri, grazie al cielo” ordinò il vecchio, saggio e stanco Pettirosso.
A questo punto i protagonisti della nostra storia avevano recuperato diciotto foglietti, contenenti i più svariati disegni, rappresentanti tutti cose familiari al regno degli uccelli, di cui vi fornisco l’elenco dettagliato:
3 ESCHE
2 CASTAGNE
3 OCHE
2 API
2 NOCI
1 FOGLIA DI EDERA sormontata da uno svolazzo
1 MELA
1 PUNTO ESCLAMATIVO
1 RATTO
1 SEME
1 ZAPPA
Lo stormo, stanco, dolorante per le zuccate prese, sporco, bagnato di neve, provato, infangato…… insomma.. al limite dello svenimento, ma raggiante, si pose pochi istanti dopo sulla cupola , argentea per il chiarore lunare, della chiesa di Santo Spirito.   
Il lungo viaggio era finito.  Dalla sommità della cupola ventiquattro vispi occhietti osservavano la pace che emanava dai candidi tetti, dalle luminarie accese nelle vie, dall’infervorato via vai delle persone cariche di pacchi.          
Nessuno avrebbe potuto formulare brutti pensieri in quella magica sera della vigilia di Natale.           L’incanto venne rotto da un rumore improvviso; con uno scatto si aprì nella cupola una piccola botola, ne uscì un loro simile che, dopo averli squadrati uno ad uno proruppe:
 “Benarrivati, mi chiamo Cristoforo, la nostra comunità è costituita da un centinaio di elementi. Alcuni di noi , i piccioncini certosini, ricopiano pazientemente e diligentemente vecchi volumi di zoologia e botanica, ricchi di illustrazioni, perché non sappiamo usare la macchina fotocopiatrice delle suore, che comunque non fornirebbe copie a colori.          
Altri, i colombi custodi, vegliano sui bambini che giocano, svolazzando in ogni angolo del cortile interno, pronti a richiamare l’attenzione delle mamme o delle educatrici non appena un bambino sta per farsi male o cacciarsi nei guai.       
Altri ancora, i piccioni buffoni, tollerano di essere spaventati dai ragazzi che li rincorrono, lieti di vedere radiosi sorrisi sui loro volti ed accontentandosi di venir ripagati dalle allegre melodie provenienti dalle aule della scuola di musica.
Ancora altri poi, i colombi pii, non appena si allungano le prime ombre della sera e le porte della chiesa vengono sigillate, descrivono volando ampie spirali sotto la parte interna e più alta della cupola, osservandone gli affreschi come per rendere omaggio alla bellezza della Creazione. Insomma noi, i celebri Colombi Salesiani, mediante l’organizzazione tipica dei monasteri medioevali diamo un aiuto rilevante al lavoro delle suore.
So che arrivate da luoghi lontani e avete sopportato dure fatiche per giungere qui, desiderosi di unirvi a noi per divenire membri del nostro stormo.      
So anche che noi, nelle ultime centinaia di metri, con il volo notturno tra i rami vi abbiamo richiesto un’ulteriore prova tutta speciale, improntata sull’aiuto reciproco per rispondere su contenuti di molteplici discipline. Ma, mi spiace, vi attende ancora una prova, quella finale. Un’ultima domanda vi aspetta, un’ultima risposta ci occorre.”             
Dopo qualche secondo, che a  Codirosso sembrò interminabile, il vecchio, saggio, stanco e  sofferente Pettirosso chiese “Quale è la domanda? Siamo pronti.”               
“ Itnorp omais ” confermò  Cardellino.
Riprese allora il Priore dei colombi: “Voi, nel vostro avventuroso viaggio, avete seguito scrupolosamente le indicazioni contenute nella Pergamena della Virtù. Bene: cosa è la virtù?”.
Quando Colombo Cristoforo ( gli uccelli antepongono tassativamente il cognome al nome ) finì questa frase essi videro alle spalle del loro interlocutore una striscia di carta contenente 21 caselle vuote.
                  .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    .    . 
Allibiti, si scambiarono occhiate che lasciavano trasparire una crescente angoscia.
 Dopo pochi minuti di assoluto silenzio, il viso di  Fringuello si illuminò; la sua acuminata intelligenza gli suggerì una soluzione.  
Doveva metterla alla prova.
Recuperò freneticamente tutti i fogli raccolti dai propri compagni, controllò l’ordine cronologico in cui erano stati trovati e la numerazione delle varie casette e infine, dopo averli disposti nei posti vuoti sulla striscia, disse: “ Tranne l’ultimo che era su carta normale, tutti gli altri erano raffigurati su papiri e quindi vanno interpretati come geroglifici, anche se un po’ particolari; l’edera accentata è una E’, la mela una M, l’ape una A e così via.  Vanno disposte nell’ordine nel quale sono state recuperate e occorre lasciare vuoti gli spazi numero 2, 13 e 15, corrispondenti a case non esistenti.  Guardate!”.
Ed ecco cosa videro:
                     . E’ .    . C . O . N . O . S . C . E . N . Z . A .    . E .    . A . M . O . R . E . ! .   
“E’ proprio così” sentenzio Cristoforo “ e voi lo sapete bene, perché lo avete sperimentato durante  il volo tra i rami, condotto da voi in modo veramente virtuoso: siamo onorati di accogliervi nel nostro grande stormo”.
Passero si voltò allora verso un raggiante Pettirosso dicendogli: “ tu lo immaginavi, un epilogo del genere, non è vero?”.          
 Il vecchio, saggio, provato, sofferente e  felice Pettirosso chinò leggermente il capo verso  Passero, aprì impercettibilmente il becco e gli strizzò l’occhio destro.


Pietro Rainero

1 commento:

  1. Una piacevole storia, che oscilla, come genere letterario tra il racconto, la fiaba e la favola, con in più l'arguzia e la benevola ironia del narratore che, spiritosamente interloquisce a volte con il lettore. Con il quale quasi quasi interloquisco anch'io. Così: sapresti ricordare tutti i nomi degli uccelli dello stormo? Vabbè, è un colpo basso, un'autentica crudeltà. Li dico io: Picchio, Pettirosso, Gheppio, Regolo, Passero, Fringuello, Codirosso, Ghiandaia, Rondine, Allocco, Cardellino, Usignolo. Sono a parte, perché non fanno parte dello stormo, Colombo e il piccione.
    Grazie, Rainero. Ho trascorso una decina di divertenti minuti.
    Pasquale Balestriere

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