Claudio Fiorentijni collaboratore di Lèucade |
Claudio
Fiorentini: Piricotinali col ruspetto (e altre storie dementi). Blanco
Edizioni. Serrungarina (PU). 2015. Pg. 108. € 13,90
“Racconto
veloce, incalzante, saggiamente aggressivo (…), che, con spirito di autoptica
venatura ironica, anche struggente, o drammatica, se si vuole, snocciola un
significante che tiene avvinti fino alla fine. Sì, perché l’Autore ci porta alla
conclusione con un crescendo di suspense di effetto emotivo-esistenziale. Un
gioachimismo di tale realtà storica che presuppone il supporto di una vis
creativa… dove il paradosso e l’iperbole rendono i fatti ancora più veri… Nuovo
nel dire e nel trattare l’escatologismo sfumato nel terreno, in questo nostro
tanto problematico mondo. E il tutto è fatto con eleganza e grazia, senza
cadere mai nella becera urticante aggressione; è così che i risultati sono più
concreti sia a livello artistico che umano. Ed è alla fine, nella conclusione,
che si attua gran parte del pensiero sociale filosofico e escatologico di
Fiorentini…: “… Al diavolo Dio,
gli Angeli e quella stupida trafila. Io ero vivo, avevo tante di quelle cose
insignificanti da fare… mi restavano da vivere tanti giorni prima di parlargli,
meglio viverli senza far storie. Guardai quelle guardie alate, guardai la sala
d’attesa, guardai la porta socchiusa da dove sarei entrato e, con una giravolta
elegante, senza perder tempo, senza riflettere, feci marameo e me ne tornai a
casa, dove Dio è solo un’opinione”. Questo ebbi già a scrivere sulla vèrve
inventiva, introspettiva, narrativa, ironica, sarcastica, e personalissima di
Claudio Fiorentini. E ebbi a dirlo su L’appuntamento,
racconto che occupa la seconda posizione della raccolta, dato che il primo porta
il titolo eponimo del testo: Piricotinali
col ruspetto. E’ importante insistere su questa particolarità narrativa dell’Autore;
sul suo dire fortemente metaforico, allusivo, comico anche, ma di una comicità da
cui trapelano note di melanconia, e di disagio; di rammarico e di sfiducia
sugli eventi e sulle questioni che riguardano l’arte, la metafisica, e il
rapporto fra l’uomo-scrittore e la società. E pur emergendo dall’insieme la sua
perplessità su tante situazioni inspiegabili; il suo disappunto e la sua critica su un mondo
per niente vicino al dipanarsi della storia umana; al manifestarsi ingiusto,
anomalo, irriguardoso, direi, verso una parte degli esseri che meriterebbero
altra considerazione; alla fin fine non fa altro che dimostrare un saldo
attaccamento alla vita; a questo miracoloso caso; a questa irripetibile
occasione di cui tiene gran conto. Per non parlare del tempo, e del suo fuggire irrimediabile;
della sua corsa talmente accelerata da non lasciarci la possibilità di guardare
attorno. C’è l’uomo qui, con tutte le sue magagne, le sue strane vicissitudini,
le sue anomale situazioni; c’è la vita trasferita su un piano surreale, anche
comico dacché l’Autore ne accentua la drammaticità col sorriso sulle labbra, osservando
da una torre d’avorio i compulsivi movimenti di esseri presi dalle fregole, e
magari dimentichi di quell’insieme che riguarda il rapporto fra l’uomo e il suo
essere; fra l’uomo e la morte. Di certo non è solamente un invito a
spassarsela, né a prenderla sottogamba, ma, piuttosto, a riflettere sui perché,
e sui meccanismi di un esistere che lascia poco spazio alle soluzioni. Si susseguono,
con ritmo incalzante e coinvolgente, quattordici racconti dai nomi quantomeno
strani; titolati o frammezzati da neologismi che tengono significativi
accostamenti prodromici ai contenuti: dal 'Piricotinali col ruspetto', dove il protagonista si
trova in un negozio di alimentari i cui avventori chiedono prodotti dai nomi
quantomeno impronunciabili, come
il "tapacurico brontolato"; al "branchiatore", con la lite assurda che ne segue; per giungere, dopo varie eccentriche
peripezie, all’ultimo brano “La crisi del contemporaneo”, estratto
dall’intervista a Jason Lafava, dove lo Scrittore denuncia l’ingiustizia nei
confronti di talenti destinati al dimenticatoio: “… Gli altri, che sono sempre
lì a servire da paragone, sono stati storicizzati, riconosciuti e ammirati…
eppure anche loro sono stati una volta contemporanei, anche loro si sono
esposti al rischio della derisione…”; per concludere con un lapidario credo sull’evoluzione
dei linguaggi artistici: “Alla fine non importa se si passerà alla storia,
importa contribuire a questo meraviglioso movimento che determina l’evoluzione
dei linguaggi artistici, e vi assicuro che farne parte è un onore”.
Un libro che investe il tema della
vita, della cultura, della società, della quotidianità con una forma veloce,
concreta, arrivante, e avvincente; con un linguismo che, con la sua
brillantezza, invita, sì, a non prendere troppo sul serio questa avventura; ma
che nasconde anche una certa melanconia sotto vesti dai fiori primaverili.
Nazario Pardini
Un'analisi attenta e precisa che mette in evidenza il valore della scrittura di Claudio Fiorentini.
RispondiEliminaQuesto commento è stato eliminato dall'autore.
RispondiEliminaI racconti di Claudio investono velocemente ogni aspetto del vivere. Siamo comici nelle nostre piccole vite quotidiane, ma anche grotteschi e dunque amari. Ritrovarsi, nell'apparente assurdità di tante situazioni, è bellissimo. Scrittura teatrale per molti aspetti poiché induce il lettore alla favola del personaggio. Come sempre, il prof. Pardini, sa entrare in ogni piega di un'opera con curiosità e sapienza. Complimenti Claudio! Prima o poi, reciterò, col tuo permesso, un paio di racconti. :)
EliminaLa tragicomicità del vivere , il senso del paradosso , l'iperbole variamente declinata nelle varianti ironiche che più le se addicono ; ma soprattutto modernità di linguaggio come pochi della sua generazione .
RispondiEliminaGrato all'Autore e al suo Recensore
leeopoldo attolico -