L’ULTIMA
SPIAGGIA
Culla i
giorni nella fretta di un dolore
maledici
il vespro che non ti baciò
nel grembo
delle storie che furono dei padri
e
delle madri, infauste, di storie il confine.
Traccia
un gioco che porti il tuo seme
volgi lo sguardo altrove… e perdilo
l’ultima
spiaggia sa di tramonti
e
dentro una rupe una conchiglia riposa.
(Da
Guardami. RUPE MUTEVOLE. 2014)
Patrizia Stefanelli
Una poesia quella di Stefanelli in questi pochi versi che batte come il battaglio di una campana a morte, che conosce tutto il dolore del mondo, e quel "vespro che non ti baciò/ nel grembo delle storie che furono dei padri/e delle madri" appare come un sottile erotèma o magari anticipazione di un più grande discorso dell'essere consequenziale al suo divenire che ne indichi la struttura e la forma più erudita di un dolore "essenziale". Fanno eco al discorso: "l'ultima spiaggia sa di tramonti/ e dentro una rupe una conchiglia riposa" quasi a dimostrare il tumultuoso moto di un'esaltazione che stronchi sul nascere ogni velleitaria forma di contrastabile dubbio più apodittico.
RispondiEliminaChiedo scusa, ho dimenticato di firmare lo stralcio critico di Patrizia Stefanelli.
RispondiEliminaNinnj Di Stefano Busà
Che bella sorpresa, Maestro mio, da Guardami, il primo amore non dimenticato. Grazie! Grazie a Ninnj Di Stefano Busà per le sue parole che entrano nel testo con magistrale intuizione. C'è un errore nel testo: "giogo" e non gioco, usato per estensione.
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