Giusy
Frisina: IL CANTO DEL DESIDERIO. Con
traduzione in inglese. Song of longing. Edarc Edizioni. Bagno a Ripoli. (FI).
Pag. 112. € 12,00
Giusy
Frisina guarda il mondo dal suo angolo segreto;
da un canto (cantuccio) indefinito e vago; dentro o fuori; e lo fa per
assecondare il desiderio della sua immaginazione poetica: una cavalcata verso
l’ignoto accompagnata dalla musica di Cohen che la elettrizza facendole vivere
momenti di abbrivi esistenziali. I poeti sono esseri strani; non sono capaci di
restare a terra più di un dato tempo, hanno bisogno di spiegare le ali per
donarsi al cielo, per creare un loro giardino virtuale fatto di fiori e di
spine, come d’altronde è la vita. E Giusy vive tutte le irrequietezze
dell’esistere: l’amore, il desiderio, il sogno, la coscienza del tempo che
fugge, le illusioni, le delusioni; ma soprattutto la necessità di fare del
quotidiano un trampolino di lancio verso un’alcova che la culli e la ripaghi
delle sottrazioni. Il fatto che non esista questo angolo ha un valore
poeticamente positivo, dacché niente di definitivo è in poesia; dacché il
poièin non è altro che una continua ricerca di un’isola che ci completi. Se un
poeta è convinto di esserci approdato, ha finito le sue cartucce; non ha altro
da spendere: esserlo significa fortemente desiderare, significa fare di questo
sentimento una passione viva e cocente, di questa ricerca il motivo del canto.
Eccolo il focus della poesia: passione,
ritmo, e parola; un verbo che con il suo slancio al di là del significato cerchi
di farsi involucro, timbro e volume oggettivante di un sentire singolare,
complesso e estremamente personale, come lo è il faro di un poeta. Il canto del desiderio, il titolo di
questa plaquette, la cui copertina, un uccello con la chitarra appesa al ramo
che lo sostiene, fa da prodromico invito alla lettura delle 37 composizioni che
con la loro morbida elasticità accompagnano l’anima assorta e meditativa della
poetessa; occorre una scala che scende nell’acqua; la musica di Leonard Cohen, la
luminosità come fine di un desiderio da appagare:
(…)
Mio occhio interiore
Che oltrepassa
La buia inconscietà
Dei corpi opachi
Con l’unicità risplendente
Di una metafora…
Allora la luce arriva
Inesplicabile
Come una ferita aperta
Che non può guarire (Solo
anima).
In
un ossimorico gioco di luci ed ombre, in un insieme di empatie contrastanti, si
dipana un poema vitale e armonico, prudente e delicato, contemplativo e
ascensionale; sì, teso ad una scalata verso una torre d’avorio da cui poter
contemplare “tutto questo nostro tempo che se ne va”.
Una notte con te
-o la vita eterna-
Solo per poter contemplare
Con il tuo sguardo veggente
Sotto un lume calmo di luna
Tutto questo nostro tempo che
se ne va
(…)
(Alchimia).
Un
volo con ali troppo umane, fatto di cadute e di riprese, di lacrime e di
alchimie, ma sempre voglioso di una luce, poesia-musica, per traforare
l’incertezza dell’orizzonte. Questa è la densità del canto della Frisina: tutto
è aspirazione, tutto è indirizzato a “L’irraggiungibile che sei” di una poesia
visionaria che fa la storia di ognuno di noi fra fiamme accecanti e cecità di notti;
travestimenti e sguardi incrociati; chiarori di luna per una Bellezza inattesa;
ritorno di angeli dal cuore di fiamma:
Raggiungimi
Con la tua spada di fuoco
Proprio quando più assurda e
vuota
Sembra ogni parola
E la tua voce si nasconde
Nella gola di uno strano
uccello
Dal canto silenzioso
Mistica tristezza
Del cuore infranto-
(…)
Trasforma questo dolore stanco
Lascia che apra un varco
Lascia che nella notte esploda
La bellezza inattesa
Lascia che tornino gli angeli
Dai cuori di fiamma
(preghiera all’inatteso).
E
tutto è intarsiato da un simbolismo baudelairiano di fascinosa metaforicità; da
un’inquietudine verticale che si fa sangue di vene; mentre la natura con i suoi
corpi evanescenti, con tramonti d’oro e argento, con tappeti verde-arancio
mare, o con notti sfumate di sabbia, si fa generosa compagna di una solitudine
che cerca con tutta la forza ontologica di vedersi concretizzata in sospensioni
di misteri e naufragi. La luna, l’acqua, la barca, il mare, la notte, la luce,
il mistero, eros e thanatos sono i vocaboli che più ricorrono nella silloge. E
sono anche quei sintagmi che più si inanellano al fatto di esistere, alla sua
tragica fusione di vita e morte. Ed è alle fasi principali della vita di Cohen che
la poetessa dedica le ultime tre poesie della raccolta: “Sono tre canzoni, tre
stupende poesie in musica, che fanno capo a tre periodi diversi della vita
dell’artista, forse tre momenti fondamentali di un cammino spirituale”, scrive Giusy.
Ma è forse nel Prendi questo valzer,
la famosa canzone dedicata a Lorca, che la Frisina abbandona tutta se stessa
all’estasi della musica e allo scivolare della parola; alla saudade di un tempo
che va a mo’ di valzer; al patire di un soggiorno fatto del mistero di vivere e
morire; dell’esserci e non esserci. E’
forse qui che ritrova la sua misteriosa
solitudine, ascoltando una melodia di sensazioni e di accoramenti; un rincorrersi
di frammenti staccati dal mattino; di amori mai stati; di gridi di passi e
sabbia; di tristezze e soffitte dove i bimbi stanno giocando; di un valzer di
iteranti intermezzi vocali che vuole dirci del tutto e del niente; dell’andare
lento e ripetitivo del giorno; di una spalla dove va a piangere la morte; di un
bosco dove morivano i colombi… Una ballata che ci dice di gioia e di tristezza; di solitudine e di amore; di
melanconia e catene di dolore; insomma di una danza donata: “Prendi questo
valzer, prendi questo valzer,/ adesso è
tuo. E’ tutto quel che c’è”:
(…)
C’è a Vienna una sala di
concerti,
dove la tua bocca ha migliaia
di echi.
C’è un bar dove i ragazzi
hanno smesso di parlare,
Condannati a morire per la
tristezza
Ah, ma chi si sta arrampicando
ora sulla tua immagine,
con una fresca ghirlanda di
ritagli di lacrime?
Ahi, ahi, ahi, ahi
Prendi questo valzer, prendi
questo valzer,
prendi questo valzer che stava
morendo per l’età.
C’è una soffitta dove i bimbi
stanno giocando,
Dove mi sono appena disteso
con te. (Prendi questo valzer).
Mi
piace chiudere questo mio scritto accompagnando la complessità dei turbamenti
di Giusy col suo canto preferito; con un grido dolce-amaro che certamente starà
ascoltando, danzandolo; come si danza sul palcoscenico della vita.
Nazario
Pardini
POESIE TRATTE DAL TESTO
Stupore
POESIE TRATTE DAL TESTO
Stupore
Frammenti
di un caleidoscopio infinito
ruotante nei sonni di bambini
Gocce di universo distillate dalla luce
Invisibili spirali di suono
fluttuanti nel silenzio siderale
Impercettibili monadi
disperse nelle nebbie di deserti
sconfinati
Immersi nel crepuscolo
di
un eterno fluire …
Avvolti nello spazio-tempo quotidiano
Non sappiamo scorgere che tracce di meraviglia
Riflesse
nel cielo stellato
Negli echi di una musica interminabile
Nell ’attimo fuggente di un pensiero
Stupito di sè.
Canto
magico del desiderio
Arriverà presto
In un luogo che ci somiglia
Un canto fatto di Luce soffusa
E vibrante
In una notte insolita e speciale
E sarà notte di Natale
In
Settembre
Al tempo del Raccolto
Alla vigilia di una festa ebraica
Che
prescrive il Silenzio
Ma proprio tu sarai lì
In quella veglia ecumenica
Senza tempo
Ed io vedrò apparire
Un fiore d’oro
Sul
ramo azzurro dove canta
Il misterioso uccello trasfigurato
Dove da sempre oscilla la tua chitarra
E i miei occhi brilleranno
Nel cielo delle stelle danzanti
Mentre una farfalla dalle ali d’argento
Svolazzerà su un angolo di prato
Finalmente libera
E
felice
E sotto una magica mezzaluna d’Oriente
Si avvererà il tuo desiderio
O comunque così
Voglio
credere.
Fragilità
Il mio cuore è
Il mio
povero cuore
Un
cono di carta velina
Riempito di cristalli
di sale
O un abisso di stelle morte
rimaste nella memoria della luce
O l’ eco di un’oscura nenia
Dimenticata nell’alba
Tra i
dolci cespugli del sonno
Nascosta nei vicoli ciechi dei gatti perduti
Confusa
negli sciami di vespe
Dai pungiglioni sottili
O
forse, talvolta, una fragile coppa
Che
raccoglie / come nuova
l’acqua piovana di una sola notte
E la conserva preziosa/ perché basti
Alla
sete inestinguibile
di
una vita
Preghiera
ingenua
Rimboccami
Con un lenzuolo trasparente
di luce tenue
e una coperta di lune marine
ritagliate dalle notti d’estate
Dopo avermi ferita a morte
fino al midollo del desiderio
senza che io abbia mosso una foglia
nella mia vita passata a scrollare alberi.
Fammi pure ancora male al cuore
se proprio devi
purché io possa toccare la bellezza
profonda
che vibra come un diapason
nei miei sentieri di nebbia
fino a farla accendere di fiamma perenne
proprio ora che transita per mondi
così lontani e così vicini
a centomila leghe sotto i mari
e fusi orari interiori.
Lascerai che mi assalga ancora la tormenta
d’inverno
senza battere ciglio, ed io senza sciarpa
né cappello
Ma poi usciremo “a riveder le stelle”
in una notte serena e memorabile
e i fiumi che attraversiamo come lame di
ghiaccio
saranno di luminosa madreperla.
E
tu parlami ancora d’amore,
dolce menestrello della notte,
mentre l’argento dell’onda più lunga
ora abbraccia l’ orizzonte di sguardi
con le sue
piccole lamelle d’oro
mentre mi immergo
nella tua gratitudine silenziosa
intensa come una preghiera sommersa
nell’ombra-luce che cerca ancora
la
tregua
Prendi
questo valzer
Prendi questo walzer
Tragico e dolce come la poesia di Lorca
E conducimi
Con
quelle a cui non hai mai rivolto la parola
E
Quella col vestito d’azzurra acqua gelata
Benedetta tra le donne
Sacra immagine di ogni donna
E quella nuda coi riccioli
Che cammina assorta
E
tanto mi somiglia
Più casta di Atena
E più sensuale di Messalina
Ma
scampata all’Olocausto
Prendimi l’anima
E
trasportami
Nel
vorticoso arcobaleno
Di falene e fuochi fatui
Di lucciole e tempeste astrali
Di inaspettati nomi di rose
E brulicanti scie di polvere d’oro
E mari oscuri e luminosi
Sulla rotta del tuo D-o
E
mio Dio
E lascia l’ultimo ballo per me
Ma
conducimi – e conduci te. E
tutti.
Proprio con un ballo
Fino alla fine dell’Amore.
Sospensione
Il
tramonto d’argento e d’oro
È’
una collana di desideri
Da
sgranare nel silenzio acceso
sul
tappeto verde-arancio del mare
E
trasmette sogni inevasi
Alle
notti sfumate in sabbia
che si stendono sul mistero
Mentre
schizza pennellate di
Voli d’angelo e gabbiani
E
risponde con onde di luce
Alla
domanda di vetro e luna
Con
cui ho rivestito la mia barca
Dimenticando
lo scheletro nudo
Perduto
nel naufragio
Via
del sogno
Riprendi
cuore
il tuo
viaggio irreale
con magici anelli di luce
e
raggi d’argento come talismani
E
pattina verso il tramonto
come
un pesce a pelo d’acqua
tra
sentinelle di spuma in processione
Riprendi
sogno
la tua
strada dorata
che mai nessuno ha saputo tracciare
Attraversa
il cielo delle sparse scintille
Disegna
quell’unica stella
che solo tu
puoi inventare
Affascinante e avvolto nelle arie del surreale questo libro di Giusy Frisina sempre alla ricerca del concetto più alto e nobile della bellezza, la quale ritrova in Cohen una guida spirituale con la quale condividere un percorso poetico e di purificazione esistenziale in una visione di platonica filosofia, cogliendo al meglio l'anima e la fede ebraica del cantautore, illuminandone i contenuti vitali e incrociando con essi le proprie esperienze esistenziali composte da mille sfumature umorali felici e dolorose nei percorsi memoriali e visionari.
RispondiEliminaVersi che sono armonica simbiosi tra parole e musica dove la bellezza assurge a verità ultima, a grande amore, quello divino, alla ricerca di quel Dio che la accomuni con la religiosità di Cohen. Carmelo Consoli
Ancora un vivo ringraziamento a Nazario Pardini per voler continuare a credere in me, e per la sensibilità eccezionale che lo contraddistingue e che gli permette di immergersi empaticamente nelle acque della mia ricerca poetica.
RispondiEliminaE grazie a Carmelo Consoli, che per primo mi ha commentato su quest'Isola, per l'interpretazione attenta che sa fare delle mie immagini simboliche, rivelandone un aspetto essenziale. Grazie davvero di cuore a due poeti da cui ho imparato molto. Giusy Frisina
Una scrittrice che ancora non conoscevo ma che mi si è rivelata per la suasività e musicalità della sua versificazione, dal ricco apparato fonoprosodico di assonanze ed allitterazioni.Ecco infatti affacciarsi dalle pagine del libro della nostra Autrice, pensieri stupiti di sé, come recita la lirica "Stupore", un valzer tragico e dolce come la poesia di Lorca ("Prendi questo valzer"),e ancora, tramonti come collana di desideri da sgranare nel silenzio(da Sospensione". Non posso che rivolgere a Giusy Frisina l'invito a presentare il suo scrigno poetico nell'ambito degli Incontri Letterari dell'Ussero e partecipare alla nuova edizione del Premio Astrolabio 2016.
RispondiEliminaComplimenti anche a Nazario per la sua esaustiva nota critica.
Valeria Serofilli
(WebSite www.valeriaserofilli.it).
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RispondiEliminaRingrazio vivamente Valeria Serofilli delle sue parole e del gentilissimo gradito invito.Spero di avere presto occasionw di.incontrarla e di.parlare di.poesia nell'affascinante ambiente culrurale che ha saputo creare!
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