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venerdì 13 maggio 2016

CARLA BARONI "LA RINA"


Un poemetto di intensità ontologica che una maestra del verso, dell’endecasillabo libero in tutte le sue misure, dedica alla madre; e lo fa con ritmi asso consonantici, onomatopeici e fonico-significanti distesi su un tappeto di allitterazioni che richiamano non di rado suggestioni pascoliane. La natura, i giochi di una gioventù altra, le memorie, le luci ora meridie, ora crepuscolari, accompagnano la poetessa in questo suo viaggio di particolare vivacità emotiva. 

N. Pardini


Carla Baroni, collaboratrice di Lèucade


Carla Baroni: La Rina. Edizioni ETS. Pisa. 2016






ERA TEMPO D’ALLODOLE E DI MERLI

Era tempo d’allodole e di merli,
i salici solcavano con l’ombra
le acque chiare del Taro a San Secondo.
Rina gioca coi granchi – non lasciate
che vada tra i filari la bambina,
i figli dei mezzadri e gli altri bimbi
fanno giochi da adulti,
si spogliano, si mostrano, si toccano -.
Sì, i fanciulli qui sono precoci
non si mettono
a tirar con la fionda ai passerotti
e le fanciulle poi col padroncino
che ha le pretese
di quello ius antico primae noctis
vanno con finta ritrosia avendo
già fatto mille prove col garzone
o nella stalla o in mezzo ai pomodori
mangiati a morsi quasi fosse l’uva
del San Giovese o quella dl Trebbiano,
la bocca cola e il bacio sa di sole
di latte buono e di campagna sana.
(…)
E sempre qui in questa pace mistica
Rina vede una mano dietro un drappo
-un drappo rosso quasi come un manto –
Che accende tremolante una candela.
Dirà per anni d’aver visto Cristo…


L’ULTIMO ANNO DEL GINNASIO

(…)
E se al cinema si va in settimana
coi cugini e la serva al matinée
nella sala risuonano festose
le note della Carmen, Toreador
sottolinea le scene più importanti
sia nel pianto o nel riso, stessa musica.
Ed un  giorno d’inverno, forse è sera,
c’è una ressa di folla al botteghino
-la pellicola nuova ora richiama
più persone al cinema Odeon –
alla Rina recidono i capelli
lunghe trecce che arrivano alla vita.
Lei non sente lo sfregio, solamente
quando fa per portarsele davanti
non le trova, le cerca e non ci sono.
E con le trecce un’epoca finisce;
ora è grande, il suo corpo si trasforma
e diventa una donna, la bambina
che cercava i porcini sopra i colli
troppo tardi al mattino non c’è più.
La Rina qui descritta era mia madre.





2 commenti:

  1. La poesia sfumata di campo e di campagna sa di cose buone....la madre nei ricordi. Bella anche l'immagine in copertina. M.Binda

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  2. Un racconto in versi che, per me, ha sapori e sentori gozzaniani. Anche se so perfettamente che qui Carla non ha inteso imitare né Gozzano, né altri, ma mettere la sua ars poetica al servizio di una storia: quella che vede sua madre come protagonista e interprete di situazioni e atmosfere tardo-ottocentesche per caratteristiche letterarie, ma primo-novecentesche per aspetti biografici.
    Una piacevole lettura, anche per il tono ironico e disincantato che alimenta la narrazione. Con questa nuova prova Carla Baroni amplia e ulteriormente arricchisce la sua già notevole varietà e pluralità creativa.
    Rinnovo i complimenti che già le ho rivolto in privato.
    Pasquale Balestriere

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