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lunedì 16 maggio 2016

SERENELLA MENICHETTI: "CLAUDIO NOME PROPRIO DI PERSONA..."



Serenella Menichetti collaboratrice di Lèucade

CLAUDIO NOME PROPRIO DI PERSONA...........

Quell' odore acido possedeva artigli di tigre che raschiavano le pareti della gola.  
La notte si prospettava avara di astri.
Accovacciata in un angolo umido, mi abbracciavo le ginocchia con le mani. Il sospiro gelido del freddo entrava in ogni cellula del mio corpo. Una paura sconosciuta mi aveva attanagliata, infiltrandosi in ogni fibra e facendola vibrare come una corda di violino pizzicata dalle dita di un violinista pazzo.
Una sinfonia di note basse e stonate, violente e assordanti mi pervase.
Sfinita, mi aggrappavo alle briglie di un cavallo bianco e galoppavo insieme al mio cuore in una corsa frenetica, verso nuovi orizzonti.
Avrei trovato la mia terra promessa?
Il cavallo si trasformava in un ippogrifo che si librava in alto, trasportandomi in universi sconosciuti, con la speranza di trovare qualcosa, che qui non c'era.
In fondo cosa cercavo: Un pizzico d'amore? Una manciata di comprensione? 
Improvvisamente l'ippogrifo mi disarcionò e caddi vertiginosamente nel vuoto, mi ritrovai acciambellata sul pavimento freddo ed umido, con la gola dolente e gli occhi che lacrimavano colpiti da quell'odore troppo acuto.
Nella mente, le parole della frase del Vangelo, pronunciata dalla voce chioccia di Don Carmelo, si divertivano a saltare come pulci, da un emisfero all'altro del mio encefalo, sconvolgendone completamente il significato, ed assumendone altri, misteriosi e terrificanti.
(Le profezie scompariranno, il dono delle lingue cesserà la scienza svanirà, ma l’amore non avrà mai fine. La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia, ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto sparirà.)
La minuscola intelaiatura di una finestrella quadrata incorniciava un fazzoletto di notte senza lume. Tutti i rumori si erano spenti, anche il rumore del mio cuore si stava affievolendo, scemando gradualmente, per passare dal galoppo al trotto, fino a stabilizzarsi finalmente sul passo.  
Il buio non mi faceva paura, nemmeno la solitudine.
La paura nella sua tonalità più accesa, l'avevo percepita quando all'uscita della messa ero stata importunata da un ragazzo, che mi aveva apostrofata volgarmente, a lui se ne erano aggiunti altri, in breve tempo si era formato un gruppo coeso e minaccioso che perseguiva il comune scopo di usarmi violenza. “ Quello che è imperfetto sparirà!” gridava il mostro dalle mille teste, rincorrendomi.
Era stato orribile, via via che il gruppo si avvicinava la paura si trasformava in terrore.
Gridavo, ma nessuno sentiva.  
Intanto percepivo la maschera dell'urlo di Munch, incollarsi al mio volto, modificandone i lineamenti.
Nella corsa, avvertivo il tessuto muscolare delle gambe mutare consistenza, sentivo la fibra sciogliersi, ed avevo la brutta percezione che di lì a poco, le gambe, avrebbero sicuramente ceduto.  
Il gruppo inferocito si fermò un attimo a raccogliere pietre sul selciato.  
Io, ancora, non ho capito per quale miracolo, sia riuscita a scantonare, ed a tuffarmi nella prima porticina che provvidenzialmente mi si presentò.
Era una piccola porta sverniciata, dotata di un chiavistello interno, che tirai prontamente nel suo alloggio.
Se non avessi trovato quel nascondiglio mi avrebbero sicuramente presa.
Dentro di me avvertivo tutto il terrore dei condannati a morte, le grida di Giovanna D'Arco mi si appiccicarono ad ogni lembo di pelle che non smetteva di tremare.
L'angoscia devastante delle donne del Pakistan lapidate mi scivolò dentro le vene.
Avvertii un freddo intenso, come se al posto del sangue scorresse neve liquida.
Era evidente che quel gruppo di ragazzi, volesse finirmi, magari prendendomi a sassate.  
Mi passò nella mente l'immagine di Safia una donna Pakistana lapidata, perché trovata in possesso di un cellulare.  
Il suo volto era divenuto una maschera di sangue, i suoi aguzzini dissero che era stata giustiziata.
Ed io perché avrei dovuto essere giustiziata?  
Qual era il reato da me commesso?
Il mostro mi aveva cercata dappertutto, avvertivo il rumore dei passi dei suoi innumerevoli piedi, scalpitare sulla strada vicino al mio rifugio di fortuna, smanioso di compiere il suo assurdo progetto.  
Mi era difficile comprendere il motivo di così tanta ferocia nei miei confronti.
L’avevo sentivo vagare in quel raggio d'azione per diverse tempo, e solo sulla sera, si era deciso a rinunciare, alla mia caccia.
Adesso a notte fonda, quando la maggior parte della gente era abbracciata a Morfeo, era calato il silenzio.
Io, non osavo muovermi dall'angolino in cui mi ero appollaiata.
Nessuno, da tempo usava, quella specie di bagno, anzi “logo” come era da molti denominato,, sporco ed antigienico.  
E nemmeno avrebbe pensato, che io così schizzinosa, avrei osato nascondermi proprio lì. 
  Mi toccai la fronte, era fredda e bagnata.
Il fazzoletto della notte si faceva sempre più scuro.  
Udii uno scricchiolio, poi silenzio, un altro ancora ed ancora silenzio, poi delle voci   sommesse si fecero avanti, non riuscivo però  a distinguere le parole.
Mano a mano che le voci si avvicinavano, il cuore ricominciava a tuonare, ed io mi ritrovavo ancora sopra la groppa del cavallo imbizzarrito. 
Finché sentii una voce invocare un nome: Claudio, Claudiooo!
Non avrei voluto rispondere, perché ancora una volta, lei, aveva violato il nostro patto.
La voce  si intensificava:-Claudioo, dove sei!-
Non è il mio nome gridavo dentro. Non quello!
Erano ben quindici anni, che ero costretta all'interno di quel nome.
La voce ripeteva: Claudioooo!
Il cuore adesso aveva ricominciato a trottare, questa volta per la rabbia.  
Una pausa di silenzio.  
Pregavo, perché capisse che quel nome, non mi apparteneva.
Pregavo perché mi appellasse, finalmente, con un nome di genere contrario a quello.
“Con il mio nome!”
  Poi la voce riprese, questa volta, la avvertii: abbigliata di dolcezza, amore, comprensione.
 “Claudia per l'amor di Dio, rispondi.”  
 Ancora il cavallo galoppava, forte troppo forte, per giungere ad una meta quasi raggiunta.
  Ecco, ci era riuscita!
 Lei mi aveva trovato, finalmente mi aveva riconosciuta!
 La voce mi uscì dal petto rauca, poi sempre più chiara:
 “Mamma sono qua! Sono io, la tua Claudia.”
 
Serenella Menichetti



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