Serenella Menichetti, collaboratrice di Lèucade
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Poesia affascinante quella di Salvatore Domenico Furiati.
Né troppo poesia, né troppo prosa.
Una poesia di frantumi, di specchi deformati?
Una poetica non semplice la sua.
“La poesia è “matematica applicata” scriveva
Paul Valery “Matematica e Poesia, due
mondi agli antipodi ma intimamente legati dalla comune necessità di perseguire
valori e principi assoluti. Entrambi sono animati da un grande sforzo di
astrazione, per rappresentare e comprendere l'uomo e il mondo, superando i
limiti del finito.”
Durante la lettura mi scopro seduta sulla
poltroncina rossa di un teatro, ad assistere alla successione di varie scene
che mi trasportano in un vortice di mistero.
“La
sublimazione del gatto” il titolo mi conduce al paradosso del gatto di
Schrödinger: Il gatto, vivo e morto contemporaneamente. Allo stesso tempo qui e
altrove.
Su questa effettiva condizione di possibilità
il poeta innesta una dimensione che è radice di più ampie elaborazioni sulla
realtà dell'immaginabile.
La riflessione sull'umanità, sulle paure.
“Un
mostro che cammina in strada, cani inferociti e rabbiosi gli abbaiano contro la
gente scappa impaurita”
Il gatto, il serpente, il ratto, animali con
significati mitologici, osservano.
L'orso improvvisa una danza sciamanica. Forse
con la speranza di salvare il mondo?
“L'età del gatto ha il suo tempo, ha
trasgredito il presente, presto, presto, presto, scalcerà il passato, veglierà
il futuro”
Il gatto
misteriosa creatura e animale senza tempo che non accetta il presente, non
considera il passato ma si proietta nel futuro, domina la scena.
Purtroppo il futuro si prospetta cupo e privo
di aspettative.
“Bambina
saltiamo sul tram non possiamo attendere, sono terminati i piani elaborati”
Il consiglio del gatto è quello di non
considerare quei piani che ormai non hanno più senso.
Ma di resettare e tornare alla libertà. Forse nell'aldilà? Purificarsi e tornare
all'origine e poi ricominciare?
“I
bambini ingenui giocano nel verde del parco” “dal cespuglio si intravede la
volpe” “sputa i pennacchi dopo lo sterminio nel pollaio”
Dall'alto di un cornicione il gatto osserva il
caos che avviene sulla terra: persone in buonafede ingannate da altre, astute.
“Bisogna
decidere da che parte stare.” “La faretra di ognuno deve essere colma, sapere
come svuotarla”
Esso consiglia di non vivere in modo
superficiale e prendere decisioni avventate.
“Scappiamo
a quattro zampe. Siete pronti? Siete pronti?”
Ormai è tardi ed in attesa di una via di
scampo, in attesa della salvezza, il gatto si lecca le ferite.
Il tempo è terminato, non rimane altro che
scappare.
“Scriveremo
nuove pagine di storia” “Soltanto un quadro più grande nient'altro”
Nell'ultima scena appare la speranza di un'
umanità che riesca a cambiare direzione e scrivere nuove pagine di storia.
Questo sarebbe il quadro più importante.
La sublimazione del gatto
Un mostro che cammina in strada,
cani inferociti e rabbiosi
gli abbaiano contro.
La gente scappa impaurita,
nessuno osa sfidarlo.
Calpesta il prato verde della
libertà
come un lenzuolo caldo di una prigione di
Alcatraz.
Il gatto appollaiato sull’albero,
il serpente lucente e infimo,
il ratto ripugnante e latito
fissano l’opera.
La natura si stringe attorno al
mostro.
Come nella notte di Norimberga
si comporta come un invasato,
l’orso ballerino accentua una danza
sciamanica.
L’età del gatto ha il suo tempo,
ha trasgredito il presente
presto, presto, presto,
scalcerà il passato
veglierà al futuro.
Bambina saltiamo sul tram
non possiamo attendere,
sono terminati i piani elaborati
la fine di ogni stratagemma.
Si ritorna liberi.
Nuoteremo fino alla luna,
costruiremo un anfiteatro
in un posto impensabile,
e quando gli occhi si saranno
riaperti
ci troveremo in una legione deserta.
Dov’è il sole?
Brucia, brucia, brucia,
di notte il deserto è gelido,
la luna sparisce nelle tormenti di
sabbia.
Svegliati, svegliati
andiamo a vedere questo spettacolo.
Miagolio, piagnucolio
come un canto spettrale,
basculante sul cornicione
occhi spalancati.
I becchini si rifiutano di seppellire i
morti,
anime vaganti lungo le strade.
Luce di candele,
il corteo funebre ha iniziato la sua
marcia.
Correte scappiamo,
lacrime di sangue solcano le gote.
Volto diafano del marciante,
treno in corsa senza nessuna
destinazione.
Ci siamo dentro
Caos rivolte
nei vicoli e in strada.
Ci hanno insegnato a rischiare
glissare l’incertezza,
sono tutti vivi ma sono già morti.
I bambini giocano nel verde del
parco,
dal cespuglio si intravede la volpe
ancora presa nel completare la sua
valchiria,
sputa i pennacchi
dopo lo sterminio nel pollaio.
Bambina la notte è cieca,
ci abbraccia fino in fondo,
il giorno è saggio
illumina i nostri itinerari.
Bisogna decidere da che parte stare.
La faretra di ognuno
deve essere colma,
sapere come svuotarla.
Giorni riluttanti
in attesa della redenzione,
il gatto lecca
le sue leggendarie ferite
per sette volte e per sette anni,
come hanno prodigato gli antenati.
Il tempo è scaduto,
scappiamo a quattro zampe.
Siete pronti? Siete pronti?
Ahahahah!!!
L’incoronamento e la celebrazione
procedono senza alibi,
come nelle notti di Bacco
vino che sgorga dai rubinetti
baccanti indossano veli trasparenti,
danze virtuose.
La nostra follia è mescolata alla carica
della natura.
Strade ornate di orchidee,
un cielo pallido.
Chi è senza posto attenderà il prossimo
spettacolo.
In procinto ad entrare nella città natale
come conquistatori
vagheremo nella notte disperata,
vogliamo essere pronti
riprendendoci quello che abbiamo
tralasciato.
Scriveremo pagine di storia,
accompagnati da un bisbetico
clericale.
Prostratevi dinanzi al fluttuante
sacerdote,
ultimo Gesù.
Soltanto un quadro più grande,
nient’altro...
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