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martedì 11 ottobre 2016

N. PARDINI: LETTURA DI "POESIE EDITE" DI FLOREDANA DE FELICIBUS

Dall’ultima silloge “MILLE VOLTI




Poesia fresca, morbida, impegnata; poesia che guarda, osserva, appunta e soffre; poesia i cui versi si affratellano, con generosa eufonia, agli input emotivi volti ad analizzare il mondo; le sue storture; i suoi malanni; la sua disumanità fattasi cosa normale per noi tutti che viviamo con gli occhi bendati. Gli accorgimenti tecnici si diluiscono in uno scorrere poematico ispirato e sentito. Non è vero che certi contenuti siano di difficile traduzione poetica. Ogni tematica, dal momento che è sentita, dopo che si è crogiolata in una interiorità densa e fattrice, dopo una riposata decantazione, può essere oggetto di una liricità di accattivante resa; sì, ogni contenuto può farsi canto, basta che sia filtrato dall’anima per  rendersi immagine. Ed è quello che ci dimostra l’Autrice con i suoi versi intrisi d’animo e di storia; di risentimento e di attualità.  “… Ma tra i mille volti accecati  dal petrolio,/ali di aironi nidificano ancora tra le canne/ e fiori di pruno tra voli di farfalle,/ qui a Madaoua ogni primo vagito di bimbo/ reclama la svolta di un destino…”; suoni che ci arrivano puliti, accarezzati da una natura che imperterrita continua a produrre bellezza in netta contrapposizione con le aporie di un mondo imbarbarito in ossimorici scempi di umanità. E sono proprio i vagiti dei neonati a reclamare la svolta di un destino che li condanna fin da subito alla sofferenza, all’inferno, dove  “Anche un lampione che pende/ può diventare una giostra/ nel  suburbio di Shujaiyya,/ strappa un sorriso al dolore/ un'auto distrutta nel centro di Kobane”, e dove le uniche cose di cui poter sorridere sono i resti sberciati di una assurda guerra. “…Alle “regine delle dimore” non resta che vegliare inermi sul fumo e sulle fiamme, non resta che ricucire ricordi di bambole scomposte e sbrogliare capelli di carezze nelle favole magiche di pezza.”. Il tutto sembra nascere da una dicotomica melanconia empatica; da un pariniano gioco di intuizioni visive: da una parte: ali di aironi, canne e fiori di pruno, voli di farfalle, bambole scomposte, capelli di carezze, favole magiche di pezza; dall’altra: ordigni a grappolo, terra di nessuno, macerie, polvere di mitraglia, campi minati…, a Sahel, bordo del deserto, deserto del Sahara, savana del Sudan, terra di miseria, siccità, guerre, dove spesso gli occidentali sono intervenuti solo per interessi economici;  è là che vivere significa soffrire per una natura ostile; è là, in quei paesi deboli, che è più facile soddisfare l’insaziabile ingordigia dei potenti; là dove “Succede, magari è già tutto scritto,/ il nascere tra fame e sabbia,/ il vivere restando al margine/ dove tutto finisce e inizia/ nel grembo arido del Sahel”.
La cifra verbale corre mansueta e fedele ad un  pathos che si concretizza in sinestetici giochi, in rocamboleschi andirivieni metaforici; per concludersi in rime di piacevole  e armonica soluzione.

Nazario Pardini



NOTIZIA BIOBIBLIOGRAFICA


  Insegnante di scuola elementare, Floredana De Felicibus è nata e risiede ad Atri (TE), una bellissima cittadina situata in collina a pochi chilometri dal mare e dai meravigliosi monti del Gran Sasso e della Maiella, lì svolge la sua professione. Ama dipingere e scrivere poesie: due passioni attraverso le quali estrinseca i suoi pensieri in un connubio di pennellate e versi. L’affascina tutto ciò che è arte, intesa come espressione viva e autentica dei sentimenti che scaturiscono dalla sensibilità e dalla sfera più intima dell’artista.
Ha partecipato a numerosi concorsi nazionali e internazionali di poesia e narrativa, riscuotendo costanti e lusinghieri riconoscimenti. Moltissime sue liriche sono state inserite in volumi antologici, editi da Aletti Orizzonti Editori, dalla casa editrice Il Filo, da Montedit, da Albus, da Nicola Calabria Editore,  ecc …ed altri suoi testi compaiono in antologie e riviste di premi letterari, nelle cui competizioni si è spesso classificata al primo posto o nella terna di eccellenza, moltissime le segnalazioni e le menzioni d’onore.
A marzo 2010 ha presentato il suo primo libro, una raccolta di liriche dal titolo ” I confini dell’ombra” che si è classificata al primo posto al Premio Hombres 2010 , città di Pereto (AQ).
Ha vinto il prestigioso Premio Internazionale di Poesia Jacques Prevért 2010, Melegnano (MI); quale premio la casa editrice Montedit ha pubblicato la sua seconda raccolta poetica dal titolo “Germogli di viole” che si è classificata al secondo posto al Premio Internazionale di Poesia “Poseidonia Paestum, 2012”, Capaccio (SA). 
Sempre nello stesso anno ha pubblicato la sua terza raccolta poetica dal titolo “Con gli occhi della mente” quale premio dell’Associazione Foedus Ars, in quanto vincitrice del Premio Giorgio Belli, 2012, Fumone di Frosinone.
L’ultima raccolta poetica “Mille volti” le viene pubblicata a cura dell’Accademia Barbanera” in quanto, De Felicibus, è risultata vincitrice assoluta del Premio Nazionale di Poesia “Vito Ceccani” - V Edizione - 2016 , Castiglione sulla Teverina (VT).


DAL TESTO


I MILLE VOLTI DEL SAHEL


Succede, magari è già tutto scritto,
il nascere tra fame e sabbia,
il vivere restando al margine
dove tutto finisce e inizia
nel grembo arido del Sahel .
Succede di sbocciare in spazi di parole,
tra passi di distanze vuote
e restare fermi nelle orme contorte
in sillabari d’erba sfiorite sulla bocca.
Succede lì a Fabri ai suoi passi incerti
ammaliati dagli sfavillanti ordigni a grappolo,
mirabolanti giocattoli
brillati tra le sue ali, sulla sua faccia.
C'è sempre da qualche parte un destino
e dall’altra un tizzone ardente
che balugina e scrive su un altro cielo.
Qui nel Sahel tutto è già scritto ai margini,
su una terra di nessuno;
qui la polvere finisce e ricomincia
e ombre vuote restano appese
su radici di danze illusorie.
Ma tra i mille volti accecati  dal petrolio,
ali di aironi nidificano ancora tra le canne
e fiori di pruno tra voli di farfalle,
qui a Madaoua ogni primo vagito di bimbo
reclama la svolta di un destino…

In un mosaico di sfumature brulicanti
tra le braci di un tramonto palpitante,
in un tripudio di vesti cangianti!




YA RABB!

( Mio Dio)

Anche un lampione che pende
può diventare una giostra
nel  suburbio di Shujaiyya,
strappa un sorriso al dolore
un'auto distrutta nel centro di Kobane.
Ciò che resta di un parco giochi
divelto tra le macerie, diviene
subitanea gioia e spensieratezza.
Quando si spengono i colpi
e, momentanee le ansie,
i pigri silenzi escono a frotte
a impastare fantasie e carezze
con terra e polvere di mitraglia.
Solitari timori si lasciano cullare,
allegrie effimere,  innocenti,
giocano la pace con la propria terra.
Lì, dove l’aria arida riporta
antichi odori di spighe di grano,
sanguinano di papaveri le voci
e le corse nei campi minati.
Lì, a sera si sperdono le nenie
e i sogni d’infanzia naufragati.
Ya Rabb,
sanno ancora inventare sorrisi
tra mozziconi di palazzi impietriti!
Ya Rabb,
testimoni di un cielo impazzito!
Nella luce gelida del mattino
lanciano ancora un ultimo sasso da una fionda
contro dolorose crepe di sogni martoriati.
O sono loro bersaglio …
e cadono come schegge di dialoghi inesistenti
come boccioli di pietra su polveri di prato,
come l’ultimo fiore su specchi di rugiada!
Ya Rabb!



SAYYDAT AL BIUT

(La regina delle dimore)

S’attarda Amina a rammendare ciocchi
del passato al focolare spento,
scende il gelo sui volti pallidi dei figli addormentati,
mentre va in fiamme Homs in un adagio lento d’ore.
Alle “regine delle dimore” non resta che vegliare
inermi sul fumo e sulle fiamme,
non resta che ricucire ricordi di bambole scomposte
e sbrogliare capelli di carezze
nelle favole magiche di pezza.
Era bella Amina, con il niqab marrone,
occhi di falena e sorriso aperto,
la primavera colorata in fondo al petto.
Viveva di fretta Amina,
i figli, il suo uomo, la speranza,
le grida, i giochi nel cortile,
l’allegria speziata del khubz arabi,
la chiave girata nella toppa della sera.
Affonda il cuore Amina nell’uggioso grigiore del domani
nello strazio lento di un sogno di mandorlo fiorito
e non sa se ha ancora senso lottare per un ideale
se anche il corpo di sua figlia
è divenuto terreno di conquista.
Oramai il tempo ha portato via ogni cosa
ogni frammento di libertà, ogni lembo di dignità;
la prepotenza e l’ipocrisia degli umani
han tolto tutto, anche l’essenziale.
“E’ rimasto solo un filo d’erba nel cortile,
piccolo sguardo chiaro in mezzo ai detriti,
forse una speranza, una nuova vita
e all’umana desolazione non può che essere
lo specchio di un’anima che ancora sa cercare,
nonostante tutto, la luce nelle tenebre,
l’incanto di un respiro di vita, la bellezza,
e non si piega dinanzi alla logica di tante nefandezze.”

Dinanzi ad un esile respiro pensa
ed ancora spera in un pugno di grano, Amina!


1 commento:

  1. Grazie per questa lettura. Amina chiede solo pane, chiede solo vita. Sono poesie intense che si allacciano bene ad un sentire senza frozoli, libere, poiché hanno sete di libertà. Al di là delle nostre piccole paturnie esistenziali, il mondo soffre "la prepotenza e l'ipocrisia degli umani", come fossero un'altra specie, un altro dei mille volti della storia. Complimenti.

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