Dall’ultima silloge “MILLE VOLTI”
Poesia fresca, morbida, impegnata; poesia che guarda,
osserva, appunta e soffre; poesia i cui versi si affratellano, con generosa
eufonia, agli input emotivi volti ad analizzare il mondo; le sue storture; i
suoi malanni; la sua disumanità fattasi cosa normale per noi tutti che viviamo
con gli occhi bendati. Gli accorgimenti tecnici si diluiscono in uno scorrere
poematico ispirato e sentito. Non è vero che certi contenuti siano di difficile
traduzione poetica. Ogni tematica, dal momento che è sentita, dopo che si è
crogiolata in una interiorità densa e fattrice, dopo una riposata decantazione,
può essere oggetto di una liricità di accattivante resa; sì, ogni contenuto può
farsi canto, basta che sia filtrato dall’anima per rendersi immagine. Ed è quello che ci dimostra
l’Autrice con i suoi versi intrisi d’animo e di storia; di risentimento e di
attualità. “… Ma tra i mille volti
accecati dal petrolio,/ali di aironi
nidificano ancora tra le canne/ e fiori di pruno tra voli di farfalle,/ qui a
Madaoua ogni primo vagito di bimbo/ reclama la svolta di un destino…”; suoni
che ci arrivano puliti, accarezzati da una natura che imperterrita continua a
produrre bellezza in netta contrapposizione con le aporie di un mondo
imbarbarito in ossimorici scempi di umanità. E sono proprio i vagiti dei
neonati a reclamare la svolta di un destino che li condanna fin da subito alla
sofferenza, all’inferno, dove “Anche un lampione che pende/ può diventare
una giostra/ nel suburbio di Shujaiyya,/
strappa un sorriso al dolore/ un'auto distrutta nel centro di Kobane”, e dove
le uniche cose di cui poter sorridere sono i resti sberciati di una assurda
guerra. “…Alle “regine delle dimore”
non resta che vegliare inermi sul fumo e sulle fiamme, non resta che ricucire
ricordi di bambole scomposte e sbrogliare capelli di carezze nelle favole
magiche di pezza.”. Il tutto sembra nascere da una dicotomica melanconia empatica;
da un pariniano gioco di intuizioni visive: da una parte: ali di aironi, canne e
fiori di pruno, voli di farfalle, bambole scomposte,
capelli di carezze, favole magiche di pezza; dall’altra: ordigni a grappolo,
terra di nessuno, macerie, polvere di mitraglia, campi minati…, a Sahel, bordo del deserto, deserto del Sahara, savana del Sudan, terra di miseria,
siccità, guerre, dove spesso gli occidentali sono intervenuti solo per
interessi economici; è là che vivere significa
soffrire per una natura ostile; è là, in quei paesi deboli, che è più facile
soddisfare l’insaziabile ingordigia dei potenti; là dove “Succede, magari è già
tutto scritto,/ il nascere tra fame e sabbia,/ il vivere restando al margine/
dove tutto finisce e inizia/ nel grembo arido del Sahel”.
La cifra verbale corre mansueta e fedele ad un pathos che si concretizza in
sinestetici giochi, in rocamboleschi andirivieni metaforici; per concludersi in
rime di piacevole e armonica soluzione.
Nazario Pardini
NOTIZIA
BIOBIBLIOGRAFICA
Insegnante di scuola elementare, Floredana De
Felicibus è nata e risiede ad Atri (TE), una bellissima cittadina situata in
collina a pochi chilometri dal mare e dai meravigliosi monti del Gran Sasso e
della Maiella, lì svolge la sua professione. Ama dipingere e scrivere poesie: due
passioni attraverso le quali estrinseca i suoi pensieri in un connubio di
pennellate e versi. L’affascina tutto ciò che è arte, intesa come espressione
viva e autentica dei sentimenti che scaturiscono dalla sensibilità e dalla
sfera più intima dell’artista.
Ha
partecipato a numerosi concorsi nazionali e internazionali di poesia e
narrativa, riscuotendo costanti e lusinghieri riconoscimenti. Moltissime sue
liriche sono state inserite in volumi antologici, editi da Aletti Orizzonti
Editori, dalla casa editrice Il Filo, da Montedit, da Albus, da Nicola Calabria
Editore, ecc …ed altri suoi testi
compaiono in antologie e riviste di premi letterari, nelle cui competizioni si
è spesso classificata al primo posto o nella terna di eccellenza, moltissime le
segnalazioni e le menzioni d’onore.
A
marzo 2010 ha presentato il suo primo libro, una raccolta di liriche dal titolo
” I confini dell’ombra” che si è classificata al primo posto al Premio Hombres
2010 , città di Pereto (AQ).
Ha
vinto il prestigioso Premio Internazionale di Poesia Jacques Prevért 2010,
Melegnano (MI); quale premio la casa editrice Montedit ha pubblicato la sua
seconda raccolta poetica dal titolo “Germogli di viole” che si è classificata
al secondo posto al Premio Internazionale di Poesia “Poseidonia Paestum, 2012”,
Capaccio (SA).
Sempre
nello stesso anno ha pubblicato la sua terza raccolta poetica dal titolo “Con
gli occhi della mente” quale premio dell’Associazione Foedus Ars, in quanto
vincitrice del Premio Giorgio Belli, 2012, Fumone di Frosinone.
L’ultima
raccolta poetica “Mille volti” le viene pubblicata a cura dell’Accademia
Barbanera” in quanto, De Felicibus, è risultata vincitrice assoluta del Premio
Nazionale di Poesia “Vito Ceccani” - V Edizione - 2016 , Castiglione sulla
Teverina (VT).
DAL TESTO
I MILLE VOLTI DEL SAHEL
Succede,
magari è già tutto scritto,
il
nascere tra fame e sabbia,
il
vivere restando al margine
dove
tutto finisce e inizia
nel
grembo arido del Sahel .
Succede
di sbocciare in spazi di parole,
tra
passi di distanze vuote
e
restare fermi nelle orme contorte
in
sillabari d’erba sfiorite sulla bocca.
Succede
lì a Fabri ai suoi passi incerti
ammaliati
dagli sfavillanti ordigni a grappolo,
mirabolanti
giocattoli
brillati
tra le sue ali, sulla sua faccia.
C'è sempre da qualche parte un destino
e dall’altra un tizzone ardente
che balugina e scrive su un altro cielo.
Qui nel Sahel tutto è già scritto ai margini,
su una
terra di nessuno;
qui la
polvere finisce e ricomincia
e
ombre vuote restano appese
su
radici di danze illusorie.
Ma tra
i mille volti accecati dal petrolio,
ali di
aironi nidificano ancora tra le canne
e
fiori di pruno tra voli di farfalle,
qui a
Madaoua ogni primo vagito di bimbo
reclama
la svolta di un destino…
In un
mosaico di sfumature brulicanti
tra le
braci di un tramonto palpitante,
in un
tripudio di vesti cangianti!
YA RABB!
( Mio Dio)
Anche un lampione che pende
può diventare una giostra
nel suburbio
di Shujaiyya,
strappa un sorriso al dolore
un'auto distrutta nel centro di Kobane.
Ciò che resta di un parco giochi
divelto tra le macerie, diviene
subitanea gioia e spensieratezza.
Quando si spengono i colpi
e, momentanee le ansie,
i pigri silenzi escono a frotte
a impastare fantasie e carezze
con terra e polvere di mitraglia.
Solitari timori si lasciano cullare,
allegrie effimere,
innocenti,
giocano la pace con la propria terra.
Lì, dove l’aria arida riporta
antichi odori di spighe di grano,
sanguinano di papaveri le voci
e le corse nei campi minati.
Lì, a sera si sperdono le nenie
e i sogni d’infanzia naufragati.
Ya Rabb,
sanno ancora inventare sorrisi
tra mozziconi di palazzi impietriti!
Ya Rabb,
testimoni di un cielo impazzito!
Nella luce gelida del mattino
lanciano ancora un ultimo sasso da una fionda
contro dolorose crepe di sogni martoriati.
O sono loro bersaglio …
e cadono come schegge di dialoghi inesistenti
come boccioli di pietra su polveri di prato,
come l’ultimo fiore su specchi di rugiada!
Ya Rabb!
SAYYDAT AL BIUT
(La regina
delle dimore)
S’attarda Amina a rammendare ciocchi
del passato al focolare spento,
scende il gelo sui volti pallidi dei figli
addormentati,
mentre va in fiamme Homs in un adagio lento d’ore.
Alle “regine
delle dimore” non resta che vegliare
inermi sul fumo e sulle fiamme,
non resta che ricucire ricordi di bambole scomposte
e sbrogliare capelli di carezze
nelle favole magiche di pezza.
Era bella Amina, con il niqab marrone,
occhi di falena e sorriso aperto,
la primavera colorata in fondo al petto.
Viveva di fretta Amina,
i figli, il suo uomo, la speranza,
le grida, i giochi nel cortile,
l’allegria speziata del khubz arabi,
la chiave girata nella toppa della sera.
Affonda il cuore Amina nell’uggioso grigiore del
domani
nello strazio lento di un sogno di mandorlo fiorito
e non sa se ha ancora senso lottare per un ideale
se anche il corpo di sua figlia
è divenuto terreno di conquista.
Oramai il tempo ha portato via ogni cosa
ogni frammento di libertà, ogni lembo di dignità;
la prepotenza e l’ipocrisia degli umani
han tolto tutto, anche l’essenziale.
“E’ rimasto
solo un filo d’erba nel cortile,
piccolo sguardo
chiaro in mezzo ai detriti,
forse una
speranza, una nuova vita
e all’umana
desolazione non può che essere
lo specchio di
un’anima che ancora sa cercare,
nonostante
tutto, la luce nelle tenebre,
l’incanto di un
respiro di vita, la bellezza,
e non si piega
dinanzi alla logica di tante nefandezze.”
Dinanzi ad un esile respiro pensa
ed ancora spera in un pugno di grano, Amina!
Grazie per questa lettura. Amina chiede solo pane, chiede solo vita. Sono poesie intense che si allacciano bene ad un sentire senza frozoli, libere, poiché hanno sete di libertà. Al di là delle nostre piccole paturnie esistenziali, il mondo soffre "la prepotenza e l'ipocrisia degli umani", come fossero un'altra specie, un altro dei mille volti della storia. Complimenti.
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